“Deng Xiaoping nel 1979 spiegò al Primo ministro giapponese Masayoshi Ohira che la Cina – ancora allo stremo dopo il trentennio di devastanti follie maoiste – si riprometteva di quadruplicare in termini reali il Pil e il Pil pro capite entro il 2000 per rientrare nel gruppo di testa delle economie mondiali. Sembrava fantascienza, invece entrambi gli obiettivi furono raggiunti in anticipo, rispettivamente nel 1995 e nel 1997”.
Così si apre il pezzo di Fabio Scacciavillani, economista molisano con curriculum di peso internazionale e Alberto Forchielli, l’imprenditore bolognese esperto di economia e affari internazionali, ospitato oggi nella pagina dei commenti del quotidiano “Il Sole 24 Ore”.
Secondo i due esperti, la recessione da Covid-19, invece di interrompere la progressione della Cina, potrebbe paradossalmente imprimerle un’accelerazione. Se è vero, infatti, che la quarantena draconiana nell’Hubei e le altre misure anti-contagio su scala nazionale hanno tramortito l’economia (il Pil del primo trimestre 2020 è collassato del 6,8% su base annua e tutti i dati mensili di febbraio sono sprofondati) da marzo il quadro ha assunto tinte più rosee, con previsioni di crescita per il 2020 riviste al rialzo dall’1 ad oltre il 2 per cento.
I due autori ricordano che la produzione industriale a maggio è salita del 4,4 per cento, dopo il 3,9 per cento di aprile ed è destinata a espandersi. Analoga conferma viene dagli investimenti: il tracollo del 24,5 per cento nel bimestre gennaio-febbraio, è stato in buona parte riassorbito nei mesi successivi, tanto che a maggio il calo è stato contenuto a poco più del 6 per cento. Anche le vendite al dettaglio (incluse quelle di auto) precipitate di oltre il 10% a gennaio, sono state inferiori di appena il 2,8 per cento rispetto a un anno prima a maggio.
Qual è la “ricetta”? “L’impulso alla ripresa deriva, in parte, dallo stimolo a cui il governo ricorre ogni qualvolta l’economia rallenta: aumento del debito pubblico per finanziare infrastrutture (più 10,9 per cento a maggio) e costruzioni (ospedali, reti di telecomunicazioni, impianti elettrici, ristrutturazioni urbane ecc.) – scrivono Scacciavillani e Forchielli sul quotidiano confindustriale. “Non a caso la produzione di cemento e acciaio è tornata rapidamente ai livelli pre Covid-19 – aggiungono, sottolineando che, in rapporto al Pil, le cifre degli interventi di emergenza in Cina finora sono state una frazione di quelle varate in America, Europa e Giappone.
I due economisti rilevano che, a giudicare dalle dichiarazioni, il governo intende affidarsi meno alle politiche di stampo keynesiano e spingere sulle riforme strutturali che irrobustiscano i mercati, sostengano l’adozione di tecnologie avanzate e migliorino l’allocazione delle risorse.
“In sostanza i prossimi stimoli, invece di concentrare gli investimenti nelle infrastrutture fisiche, svilupperà i settori del futuro come i veicoli a guida autonoma, l’intelligenza artificiale, la telemedicina o le reti 5G – precisano. Una lezione che l’Italia impantanata nelle kermesse da ville storiche, stridenti con le cronache da Mondragone, o nei progetti faraonici che stonano con le difficoltà nel far ripartire persino le scuole materne, dovrebbe imparare.
La Cina, si legge in conclusione del contributo dei due esperti, potrebbe infliggere agli Stati Uniti un distacco di circa 12,5 punti percentuali di crescita e all’area euro di ben 14.