
E’ di questi giorni la notiziona che il Molise “beneficerà” dell’ennesima campagna istituzionale di promozione (il costo?) – stavolta sui social – che, siamo sicuri, riempirà la regione di automobili da ogni dove, di cicloturisti folgorati dalla provinciale per Venafro come sulla strada di Damasco, di camminatori che rinnoveranno i fasti delle vie medievali, di torpedoni imbottiti di gente incurante di Covid, di aerei di turisti cubani alla ricerca di un aeroporto nel territorio, casomai nei pressi di Cantalupo del Sannio.
La nuova campagna di promozione turistica ha una denominazione che è tutto un programma: Moli-Sano. A cominciare dall’originalità, dal momento che chi ha buona memoria ricorda la campagna sanitaria “Moli-Sani” promossa dalla CuoreSano onlus qualche anno fa. Perlomeno quella, con “marchio” plurale, esprimeva un’idea di collettività. Ma anche Moli-Sano ha un precedente, un marchio dell’officina culturale EduCult.
La dichiarazione del governatore per l’occasione: “Non abbiamo bisogno di enfatizzare, il Molise parla da solo”. E che dice? Per ora ben poco, visto che gli italiani continuano a non conoscerlo.

Ma l’aspetto che colpisce di più è che il progetto nasce da un gruppo di studio coordinato da un consigliere di Toma per la comunicazione istituzionale. Ebbene, dal momento che il governatore molisano è nella parte bassa delle classifiche nazionali dei governatori per gradimento (14° posto su 18 per “Governance poll 2020” pubblicata nei giorni scorsi sul “Sole 24 Ore” e addirittura al penultimo posto su venti nella ricerca di Lab21- Università Roma Tre, pubblicata su Affari Italiani a maggio scorso), davvero è una scelta saggia affidarsi a chi cura la comunicazione istituzionale di un governo che non riesce ad arrivare nemmeno a metà classifica dei rilevamenti sul gradimento?