
Da una manciata di anni a questa parte abbiamo incominciato a conoscere un miliardario con vocazione alla politica e che cerca di asservirla alla logica di un cambiamento epocale. Interessi che si pongono alla nostra attenzione in quanto questo nuovo personaggio si presenta “nudo” con le sue parole e il suo agire che va al sodo senza compromessi e il dialogo ridotto al minimo.
Ci dice, ad esempio, che anche le parole hanno un valore economico e la forza di un cambiamento rapido se sanno accorciare i tempi tra il dire e il fare.
Ci dice che non basta fare ma è necessario farlo in fretta e bene.
Ci dice che è finito il tempo dei lunghi discorsi, delle feluche.
Ci dice che è un lusso che non possiamo più praticarlo.
Ci dice che i mutamenti sono nell’aria e vanno catturati senza indugi. Le nazioni e persino i continenti che non se ne avvedono sono condannati all’estinzione. E l’Europa comunitaria è uno di questi. Anzi è il tipico esempio di chi usa la parola sino a ricercarne un piacere carnale mentre c’è chi agisce, e lo fa senza esitare.
La stessa democrazia, nei suoi rituali e ricerca di consensi e voglia d’intrecciarli in un lavoro lungo e laborioso, e così lavorando perde la sua ragione d’essere. Dum Romae consulitur, Seguntum expugnatur.
Questo “miliardario” può apparire brutale, arrogante e saccente ma è dotato di una forza che lo rende figlio dei momenti nuovi e che lui riesce a vedere con chiarezza e ne applica le sue regole. I posteri, un giorno, guardando il nostro tempo, comprenderanno il motivo per il quale l’Europa comunitaria si è dissolta come neve al sole diventando di fatto una civiltà che ha fatto il suo tempo come la Grecia antica e la Roma imperiale. Le svolte epocali, si sa, non arrivano inaspettate. Già da anni misuravamo i limiti di questa “borghesia del potere” che si limita a considerare una guerra la continuazione della diplomazia e a ricercare compromessi che mettono toppe e non fanno altro che rimandare le controversie alle generazioni future. Per Trump non è più la strada da percorrere. L’aggressore non può essere umiliato con una pace che non trovi il suo tornaconto e il vinto deve pagare il prezzo dell’essere stato il più debole, il non avere più carte da giocare. Così Trump è colui che inaugura il nostro futuro e a noi non resta che stare dalla parte dello spettatore senza diritto di parola. Anche noi non abbiamo più carte da giocare.
(Riccardo Alfonso, giornalista molisano a Roma – Fidest)