Un nuovo paesaggio del lavoro tra digitalizzazione ed esternalizzazione

Siamo a un punto di svolta. Sono bastati questi ultimi mesi per metterci di fronte all’evidenza che le aziende non possono più funzionare come prima. È vero, siamo nel pieno di una crisi inaspettata, ma la storia ci ha insegnato che dalle crisi nascono anche le migliori opportunità. Per creare le condizioni perché questo avvenga, è necessario ripensare ai modelli organizzativi e rendere rilevanti processi e strategie che fino a questo momento, forse, erano stati marginali, come, per esempio, la digitalizzazione o il ripensamento della struttura aziendale.

Qualcosa è già successo nel mondo del lavoro con lo smart working. Il confinamento ha imposto il lavoro da remoto consentendo a tantissime organizzazioni ed aziende di sperimentare un nuovo modo di lavorare, e ha funzionato. Questo momento potrebbe segnare finalmentela fine del rapporto lavorativo solitamente identificato come “subordinato”, a favore di un modello maggiormente collaborativo basato su una più ampia autonomia e fiducia. Con incredibili risultati in termini di efficienza aziendale e benessere per le persone.

L’ora ineluttabile dello smart working

Lo smart working sembra quindi diventata una modalità necessaria per gestire una fase 2 molto complicata, dove il distanziamento sociale è ancora imprescindibile. Lavorare con questa modalità piace: secondo un recente sondaggio di Nomisma il 56% di chi oggi la sta applicando vorrebbe continuare a farlo anche post crisi e, infatti, il 32% delle società intervistate dichiarano che continueranno a lavorare parzialmente in smart working anche dopo la fase di isolamento. Quel cambiamento che da anni promuoviamo e sosteniamo è, quindi, finalmente arrivato. Ma non basta. Dobbiamo provare a fare un ulteriore passo per far ripartire quelle attività imprenditoriali che hanno pesantemente subito gli effetti del lockdown.

Covid-19: gli effetti devastanti sulle PMI italiane

Se da un lato la crisi sanitaria potrebbe avere per le imprese un risvolto positivo, perché ha forzato a scoprire che possiamo lavorare bene in modo più flessibile e agile, la conseguente crisi economica, come dimostrato anche da una recente indagine di Confindustria sugli effetti del Covid-19 su un campione di 4.420 imprese, sta invece generando gravi danni al nostro tessuto imprenditoriale. Il numero di aziende che ha subito l’impatto negativo del coronavirus è pari al 97,2% e ben il 43,7% dovrà affrontare problemi molto gravi. Il 36,5% dei rispondenti, in seguito all’emanazione dei DPCM del 22 e del 25 marzo, ha dovuto chiudere la propria attività, mentre il 33,8% l’ha chiusa solo parzialmente. In media, rispetto alla normalità (marzo 2019), si è assistito ad un calo del 32,6% del fatturato e del 32,5% delle ore lavorate. I cali sono visibilmente più marcati per le imprese con meno di 10 dipendenti (con una diminuzione del 39,7% del fatturato e del 37,3% delle ore lavorate). Non meno rilevanti le problematiche relative alla gestione delle attività riscontrate dal 59,3% dei rispondenti. Molti i disagi riscontrati a causa della mancata ricezione delle forniture per i processi produttivi da parte di altre imprese. Il 19,6% degli imprenditori segnala anche forti disagi legati alla mancanza di materiale sanitario essenziale per lo svolgimento del lavoro in sicurezza.

L’organizzazione a rete: una soluzione possibile

La principale caratteristica di questa crisi è la velocità con cui è esplosa e gli economisti concordano nel dire che sarà anche la più profonda degli ultimi novant’anni. Le imprese non possono essere lasciate sole ad affrontare questo momento. Gli interventi dello Stato volti a regolarizzare lo smart working o a generare liquidità sono stati importanti e indubbiamente utili. Ma alle aziende serve di più. Le imprese devono essere sostenute e essere messe in condizione di continuare a produrre, di ottimizzare le risorse che hanno a disposizione, di ripensare all’organizzazione del business, se necessario, e di tornare ad essere competitive in uno scenario che è completamente stravolto. Solo così potranno riprendere l’operatività in modo sano e sostenere l’occupazione.

Ed è qui che devono entrare in gioco, a fianco allo Stato, soggetti privati come Copernico, che da anni promuovono e lavorano per disegnare un nuovo paesaggio del lavoro,che si basanon solo sullo smart working, ma anche sulla creazione di una rete di imprese capace di produrre valore attraverso la conoscenza e lo scambio. La nostra esperienza ci ha insegnato molto che possiamo mettere a disposizione. Quello che funziona, che rende più produttivi, più competitivi, è fare rete. Mai come nei momenti di crisi abbiamo bisogno, infatti, l’uno dell’altro.

Innovazione, formazione e creazione di competenze: la chiave per ripartire

Quello su cui dobbiamo focalizzarci è rispondere alle esigenze di flessibilità e scalabilità delle imprese. Dobbiamo cercare di mettere a disposizione tempo e risorse specializzate per sollevare le aziende dalle attività di gestione e permettere loro di concentrarsi sui piani di sviluppo. E lo possiamo fare creando organizzazioni a rete in cui le aziende, soprattutto quelle più piccole e con meno risorse, trovino partner fidati con cui collaborare. D’ora in poi, non si potrà prescindere dallo sviluppare processi efficienti, bisognerà puntare su innovazioneformazionecreazione di competenze solide e di contesti stimolanti che aiutano a lavorare meglio.

A livello strutturale, le aziende dovranno affrontare problemi economici e finanziari, dovranno abbattere il più possibile i costi fissi e individuare modelli agili d’impresa, se vogliono ripartire.  Ecco perché non possiamo parlare solo di riorganizzazione degli spazi di lavoro, di sicurezza – questo, seppur importante, non sarà sufficiente, non è la sola chiave di lettura. Il network in cui si è inseriti rappresenterà la chiave di volta. Credo che questo sia quello che devono fare realtà come Copernico, che da anni promuove la cultura del lavoro agile e la costruzione di reti tra le aziende, offrendo soluzioni pragmatiche in risposta ai cambiamenti di paradigma che l’evoluzione attuale impone.

Ecco perché stiamo lavorando alla creazione di servizi a valore aggiunto che vanno proprio in questa direzione. Le nostre imprese avranno a disposizione una piattaforma che le aiuterà come gruppo omogeneo d’acquisto e nella “messa in rete” per supportare rapidamente le svariate esigenze del business attraverso partner qualificati.

Dove i processi decisionali sono incerti e lenti sarà più difficile la ripresa, chi invece saprà cogliere le potenzialità del momento e saprà scegliere gli strumenti, le strategie e i partner giusti, ne uscirà più forte. John F. Kennedy diceva: “The Chinese use two brush strokes to write the word ‘crisis.’ One brush stroke stands for danger; the other for opportunity. In a crisis, be aware of the danger, but recognize the opportunity.”  Ecco noi dobbiamo focalizzarci su quella pennellata che rispecchia l’opportunità, perché i tempi di rottura sono i tempi del cambiamento costruttivo, sono quelli che permettono di immaginare un futuro migliore e di costruirlo. Come? Facendo rete, ma soprattutto restando uniti.

(Pietro Martani, fondatore di Copernico)

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