Un’altra manovra miope e inadeguata

Dopo i tanti svarioni nelle proposte, su cui è dovuta intervenire per le necessarie correzioni la Ragioneria di Stato, con diverse inversioni di rotta il Governo Meloni è riuscito a far approvare sul filo di lana grazie al voto di fiducia la legge di bilancio 2023.

Intanto vorrei subito sottolineare che in essa ci si limita a gestire in maniera molto discutibile le scarse risorse finanziarie apparentemente fruibili senza che si sia riusciti a trovarne altre che pure potevano essere cercate se ci fosse stata una precisa volontà in tale direzione.

Ben ventuno miliardi di euro, due terzi della manovra complessiva, sono destinati al bonus bollette per le famiglie in condizioni di disagio economico e fisico con soglia Isee a 15.000 euro e per le imprese e gli esercizi commerciali energivori.

Non si affronta di certo l’emergenza retributiva con la definizione del salario minimo e di norme per i diversi tipi di lavoro né si prevede una decontribuzione adeguata se non la proroga dell’esonero contributivo ai datori di lavoro privati per le assunzioni a tempo indeterminato degli under 35 nel 2023.

Il taglio del cuneo fiscale del 3% per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 20.000 euro e del 2% per quelli fino a 35.000 euro non produrrà se non un aumento in busta paga di soli 35 euro per i primi e di 46 per i secondi.

La precarietà del lavoro, già presente con lo stage, il contratto a progetto o a tempo determinato, i tirocini e le finte partite IVA, viene rinforzata con i voucher i quali rappresentano davvero una mercificazione indecente del lavoro.

La questione elusa completamente non è solo quella della piena occupazione, che purtroppo rimane un’utopia, ma anche l’altra, sicuramente più abbordabile, della riduzione della disoccupazione giovanile con la creazione di forme di lavoro stabili e adeguatamente retribuite.

Nel sistema pensionistico si escogitano la nuova “quota 103”, ancora penalizzante per i lavoratori, e “l’opzione donna”, fortemente discriminante, mentre si dovrebbe solo prevedere un’uscita flessibile dal lavoro a seconda della sua gravosità fisica e psicologica e comunque non oltre i quarantuno anni di contributi.

Questa legge finanziaria accentuerà pesantemente le differenze di reddito tra le classi sociali sia con la struttura fiscale iniqua della flat tax al 15%, prevista tra l’altro per i soli lavoratori autonomi con redditi fino a 85.000 euro e dunque con la penalizzazione di quelli dipendenti e dei pensionati, ma anche con la progressiva eliminazione del Reddito di Cittadinanza che certo aveva bisogno di una ridefinizione ma non di una totale soppressione a partire dal 2024.

Le alternative al momento per chi si trova in povertà assoluta sarebbero il “Reddito Alimentare”, consistente nella distribuzione di pacchi da sperimentare nel 2023 nelle sole città metropolitane, ma anche un fondo di 500 milioni di euro che dovrebbe coprire i buoni spesa per i redditi bassi fino a 15.000 euro erogati dai Comuni e indirizzati all’acquisto di beni alimentari di prima necessità.

Siamo davanti al grottesco di misure che sanno di elemosina e sono la negazione della dignità delle persone!

Si smantella con la tassa piatta la struttura progressiva del sistema fiscale previsto tra l’altro chiaramente dalla nostra Costituzione nell’art. 53 e si copre l’evasione fiscale con la cosiddetta “tregua” che altro non è se non un condono con stralci, sconti e rateizzazioni sulle cartelle per chi le tasse non le ha pagate.

È previsto anche l’aumento al limite nell’uso del contante che doveva essere di mille euro dal 1° gennaio 2023 e che invece salirà a cinquemila euro facilitando le diverse forme di economia sommersa e di evasione.

C’è da augurarsi che i cittadini, sempre più dotati di senso etico e garanti della legalità fiscale,
ricorrano all’uso dei pagamenti elettronici visto che rimane comunque per gli esercenti commerciali
l’obbligo di accettarli.
Vorrei ancora sottolineare che una flat tax non applicata solo per fasce di reddito e orientata
selettivamente a determinate categorie come le partite IVA lascia pensare a un vero e proprio regalo
per un certo elettorato di riferimento delle forze di governo.
Viene prorogato per il 2023 il bonus prima casa per under 36 mentre il Superbonus 110% passerà
dal prossimo anno al 90%.
Prorogato anche il bonus psicologico che passa da 600 a 1.500 euro e diventa una misura
strutturale e dunque permanente dal 2024; in ogni caso, compatibilmente con il fondo di appena 5
milioni di euro per il 2023 e di 8 milioni per il 2024 a confronto dei 25 milioni del 2022 già
rivelatisi insufficienti rispetto alle richieste, potranno accedervi pochissimi cittadini con reddito Isee
inferiore ai 50.000 euro.
La concretizzazione del provvedimento si avrà con un decreto attuativo.
Al posto del Bonus generalizzato prima esistente per gli studenti viene introdotta una Carta
Cultura Giovani di 500 euro ai diciottenni che provengono da famiglie con un Isee fino a 35.000
euro e una Carta del merito a quanti raggiungeranno il massimo dei voti alla maturità.
Sono previsti l’aumento dell’assegno unico, il congedo parentale per entrambi i coniugi e un
taglio dell’Iva dal 10% al 5% sui prodotti per la prima infanzia.
I trattamenti pensionistici per gli over 75 salgono a 600 euro, una cifra che comunque mantiene
una persona anziana in condizioni di assoluta precarietà.
La rivalutazione delle pensioni più basse sarà intera mentre si avrà l’adeguamento dell’85% per
quelle fino a 2.600 euro lordi al mese, del 53% per quelle pari a cinque o sei volte il minimo e del
32% per le altre superiori a dieci volte il minimo.
La tassa sugli extraprofitti sarà applicata solo alle società con almeno il 75% dei ricavi derivanti
dall’energia e anche qui è difficile comprendere il criterio di equità seguito.
Si stabilisce un sistema di tassazione sulle plusvalenze da criptovalute, ennesimo strumento
dell’immoralità del sistema finanziario, con una sanatoria sui guadagni eventualmente ottenuti e
non dichiarati attraverso un’imposta di appena il 3,5% cui si aggiunge un ulteriore 0,5% a titolo di
sanzione per ciascun anno.
Meglio tacere sugli emendamenti relativi alla dilazione in sessanta rate dei debiti fiscali delle
società sportive con una maggiorazione del 3% e sul tetto agli stipendi dei manager delle banche
salvate con l’intervento dello Stato che viene fissato a 240.000 euro lordi pari al trattamento
economico del primo presidente della Corte di Cassazione.
Come anticipo della riforma della giustizia annunciata da questo governo di destra un
emendamento alla legge di bilancio prevede già una modifica restrittiva della disciplina delle
intercettazioni preventive che possono essere effettuate da parte dei Servizi d’informazione per la
sicurezza.
È del tutto evidente che la sede per un tale intervento non doveva essere se non quella
parlamentare dopo un accurato dibattito supportato da esperti della materia.
In questa manovra mancano assolutamente risorse adeguate al supporto per la sanità e
l’istruzione.
Insieme allo sviluppo economico dovevano essere i due aspetti della vita sociale cui le legge di
bilancio doveva dare più attenzione e invece nulla di veramente accettabile è previsto in merito.
Nessuna attenzione per i Terzo Settore escluso da ogni sostegno per far fronte ai rincari
energetici.
Ciò rischia di mettere in grande difficoltà le oltre trecentosessantamila associazioni di
volontariato.
Ciò significa che i gravi problemi aperti in tali settori fondamentali dei servizi pubblici
rimarranno irrisolti con le gravi difficoltà nelle quali versano soprattutto i cittadini più poveri.

Questa legge finanziaria dispone di fondi davvero risibili per la viabilità, i trasporti, la transizione
ecologica e le nuove politiche industriali capaci di ridare slancio all’economia e creare nuove
prospettive di lavoro.
A parte la fantomatica riattivazione della società “Stretto di Messina S.p.a.” per la realizzazione
del ponte sullo stretto, per il Mezzogiorno non si intravvede alcun sostegno serio alla difesa del
territorio e al rilancio di un’economia ecocompatibile.
Se dovessimo schematizzare questa legge di bilancio, potremmo dire che insiste soprattutto su
stralci e sconti fiscali per cartelle inevase, riduzione delle imposte ai lavoratori autonomi e taglio
per ora indiscriminato dei sussidi agli indigenti.
Questo governo, senza un vero contrasto delle opposizioni, sta perfino accelerando sul
presidenzialismo e sull’autonomia regionale differenziata proprio in un momento in cui avremmo
più bisogno di democrazia che rafforzi il Parlamento e di grande unità del Paese per uscire dalla
crisi nella quale siamo precipitati da anni.
Sulle critiche aperte ai provvedimenti continueranno con una demagogia sottile ma subdola a
ripetere che la coperta era corta e che con i trentacinque miliardi disponibili non si poteva fare altro.
Vorrei allora ricordare sommessamente ma con estrema chiarezza che le vie per reperire i mezzi
finanziari adeguati a investimenti espansivi ci sarebbero eccome!
La verità è che non si ha voglia di cercarli perché, come sempre, si guarda ai sondaggi e al
foraggiamento dei feudi elettorali piuttosto che al bene collettivo e al progresso del Paese per il fatto
che questa politica è diventata davvero inaffidabile.
Basterebbe recuperare l’evasione e l’elusione fiscale che potrebbero garantire circa ottantasei
miliardi in un anno come pure imporre una patrimoniale progressiva sui redditi medio-alti.
Sono passi che una classe dirigente succube della finanza non vuole porre in essere.
La Destra non lo farà perché dovrebbe penalizzare il proprio bacino elettorale né si muoverà in
questa direzione la cosiddetta area progressista giacché anch’essa ha smarrito la propria identità ed
è incapace di qualsiasi analisi seria sull’impianto socio-economico neoliberista prima egemone e
ormai dominante; non lo sa e non lo può fare neppure la sinistra assolutamente inadeguata a
cogliere le esigenze delle persone inattive, disoccupate o che lavorano in stato di subordinazione e
nella precarietà e alle quali non si riesce a dare più rappresentanza.
Sarebbe opportuno oltre che doveroso per il governo chiarire a quali obiettivi specifici si stanno
destinando i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza perché la sensazione è che una gran
parte rischi di finire ancora in forme di assistenzialismo piuttosto che su progetti legati al
miglioramento della qualità della vita dell’intera collettività.
Dunque andremo avanti con queste leggi di bilancio raffazzonate, miopi, inique e buone solo per
fare da tappabuchi a una situazione socio-economica che, se non stiamo attenti, ci spingerà non solo
nella recessione in cui già siamo ma addirittura in una stagflazione.
La speranza è che il popolo torni finalmente a essere protagonista nelle lotte per i diritti e
nell’elaborazione di una nuova cultura politica.

(Umberto Berardo)

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