Emigrazione
–
–
L’EMIGRAZIONE MOLISANA, UNA DIASPORA:
600 MILA ORIUNDI IN OGNI ANGOLO DEL MONDO

Il Molise, per numero di residenti (circa 280mila, meno di due secoli fa) è la più piccola regione italiana dopo la Valle d’Aosta. Molti dei residenti, tra l’altro, vivono fuori regione e mantengono la residenza principalmente per ragioni fiscali.
E’ anche la regione più montuosa (78% del territorio), sempre dietro la Valle d’Aosta, e questo spiega – sebbene in parte – la fuga di tanti abitanti verso migliori condizioni ambientali ed economiche.
Il Molise è la prima regione in Italia per tasso di emigrazione, l’unica che dal dopoguerra ha meno abitanti: se negli anni Cinquanta i molisani residenti in regione erano più di 400mila, oggi sono circa 280mila.
Qualche esempio: la cittadina di Agnone (Isernia), che dopo l’unità d’Italia sfiorava i 12mila residenti, oggi è un paese di poco più di 4mila abitanti; Bagnoli del Trigno (Isernia), dai circa 5mila residenti nel ventennio fascista agli attuali 600; Casacalenda (Campobasso), che agli inizi del Novecento contava ben 7.300 residenti, oggi ne ha 1.800; Castelmauro (Campobasso) che agli inizi del Novecento superava i 5.300 residenti, oggi ne ha un migliaio; Cercemaggiore (Campobasso), che soltanto negli anni Cinquanta aveva 6mila residenti, oggi ne conta poco più della metà; Frosolone (Isernia) che nell’Ottocento era ben oltre i 6mila residenti, oggi ne ha meno della metà; Guglionesi (Campobasso) che nel 1951 superava gli 8mila residenti, oggi è sotto i 5mila; più che dimezzata anche la popolazione di Jelsi (Campobasso), dai 3.600 residenti del censimento del 1951; Macchiagodena (Isernia), che dagli inizi del Novecento fino agli anni Cinquanta è stata quasi sempre sopra i 4mila residenti, oggi ne ha 1.600. Comuni che avevano 3mila residenti oggi sono praticamente scomparsi.
Al di là delle massicce partenze già nel Settecento da un territorio fondamentalmente povero, a fine Ottocento, la provincia di Campobasso, la sola del Molise (Isernia è nata nel 1970), è la terza – dietro Potenza e Salerno – per numero di emigrati. Tra il 1876 ed il 1915 dal Molise si verificarono ben 307mila espatri, cui se ne aggiunsero almeno 50mila nel decennio seguente. Un territorio letteralmente svuotato.

I “rientri”, in genere, non hanno mai superato mai un terzo delle partenze.
Destinazioni principali: Stati Uniti, Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela, Australia. In epoche più recenti si sono aggiunti l’Europa e il Canada.
Soltanto durante il periodo fascista, a causa delle leggi “rurali” e “demografiche” del regime e alle norme restrittive adottate dagli Usa con la crisi del 1929, il fenomeno si è attenuato. Tuttavia, tra il 1936 ed il 1938, numerosi molisani sono partiti come operai per i cantieri romani, per l’Africa orientale (circa 2mila), per la Germania e per l’Albania.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il flusso dell’emigrazione ha ripreso con forza. E’ stata la volta di Stati Uniti e Canada, quindi dell’Europa: Germania, Belgio, Svizzera e Francia e, più recentemente, Inghilterra e Irlanda. Ma anche Roma e Napoli. I dati ufficiali parlano di almeno altre 300mila partenze. Per un totale, nel corso di poco più di un secolo, di oltre 600mila persone sradicate dalla propria terra di nascita.
–
L’ANTICO SOGNO DELLE “AMERICHE”.
POI IL BOOM DELL’ITALIA E L’INDUSTRIA IN EUROPA

Oggi, quindi, ci sono almeno tre “altri Molise” al di fuori dei confini regionali, considerando ovviamente le nuove generazioni: due sono all’estero, dove vivono almeno 600mila persone con origini molisane (vere e proprie “colonie” soprattutto in Argentina, Canada e Stati Uniti).
Qui spesso si verifica la concentrazione in una cittadina “di adozione” da parte di intere comunità “paesane” (provenienti dallo stesso Comune molisano d’origine), che quindi conservano saldi legami tra loro e con il borgo d’origine.
Dei molisani all’estero, circa 90mila sono iscritti all’Aire, il registro dell’emigrazione contemporanea. Si tratta di un numero enorme: rappresenta circa il 30% della popolazione locale (primato nazionale).
L’America è in testa per espatri con 48mila iscritti, poi l’Europa con 37mila, l’Oceania con 3mila. Percentualmente la distribuzione nel mondo vede quindi primeggiare l’America (51,8%), seguita da Europa (44,1%), Oceania (3,7%), Africa (0,3%) e Asia (0,1%), dove vivono un centinaio di molisani che hanno conservato la cittadinanza italiana.

Non è un caso che una regione così piccola abbia espresso spesso parlamentari all’estero (come Narducci in Svizzera o Berardi negli Usa), ma anche tante personalità di origine molisana di primo piano nella politica (ad esempio Nancy D’Alessandro Pelosi), nel cinema (Robert De Niro), nella cultura (Don DeLillo), nella musica (Toquinho, Ariana Grande).
Agnone garantisce il tributo maggiore, seguito da Montenero di Bisaccia, Jelsi e Casacalenda.
Per il rapporto tra emigrati e popolazione residente – dati di qualche anno fa – al primo posto c’è Filignano (843 emigrati contro 561 residenti), seguito da Jelsi, Carpinone (un migliaio di emigrati), Civitanova del Sannio (728), Montecilfone (1.107). Oltre mille emigrati anche per i centri più grandi – Campobasso, Isernia, Bojano, Termoli, Riccia, Larino – ma anche per alcuni più piccoli come Guglionesi e Castelmauro.
A ridosso del migliaio per Mafalda, Bonefro, Sant’Elia a Pianisi, Cercemaggiore, Busso e Ripalimosani. Frosolone ha 795 emigrati, Palata 766.


–
LA COMUNITA’ MOLISANA A ROMA:
UN’ARTICOLATA “CITTADELLA” DA 43 MILA PERSONE

Passando all’Italia, escludendo ovviamente il Molise, ci sono almeno 200mila persone d’origine molisana, di cui circa 40mila a Roma (circa 10mila nati in Molise, numero incrementabile con la prima e la seconda generazione e circa 3-4mila persone che vivono nella Capitale ma risultano residenti nella “madrepatria”).
Un’approfondita ricerca per Forche Caudine, purtroppo datata, è stata compiuta negli anni Novanta dal molisano Augusto Ruberto, compianto dirigente Isfol.
In tutta la Lombardia ce ne sono altre 30mila (14mila quelle nate in Molise). Forti presenze anche in Abruzzo, Campania, Marche, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria.
Molti figli di molisani, che nella regione d’origine non hanno mai vissuto (se non qualche giorno all’anno d’estate) riscoprono le origini. Alla terra degli avi, seppur senza clamori, dedicano tesi di laurea, ricerche, libri. Promuovendo anche associazioni ed eventi.
Per quanto riguarda Roma, esistono fenomeni migratori originali, spesso oggetto di studio.
–
L’ORIGINALE MONOPOLIO DI ALCUNE CATEGORIE LAVORATIVE:
LE OLTRE 200 PROFUMERIE


Un significativo esempio di concentrazione di comunità “paesane” verso la stessa professione a Roma (e non solo) è costituito dai circa duecento profumieri romani, tutti originari di Sant’Elena Sannita (Isernia), paese oggi ridotto ad appena 280 residenti, che cresce – come tutti i paesi del Molise – anche dieci volte in più a ferragosto (e dintorni).
Oltre ai 200 punti vendita di profumeria gestiti a Roma – ma oggi dominano le chiusure, purtroppo, perché il negozietto di quartiere che ha resistito per decenni non regge più la concorrenza della grande distribuzione e del commercio elettronico – la comunità originaria di Sant’Elena Sannita è stata proprietaria di un altro centinaio di profumerie tra Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise.
I numeri, con il passare delle generazioni e con l’attuale predominio del commercio elettronico, sono ovviamente in calo: molti figli o nipoti di profumieri fanno ormai altro.
Ma quali sono le radici e le cause di tale originale fenomeno?

Molti abitanti di Sant’Elena Sannita hanno iniziato a lavorare già nell’Ottocento come arrotini. Ciò grazie alle piccole e artigianali fabbriche di coltelli e di forbici presenti sin dal medioevo a Frosolone, paese a tre chilometri da Sant’Elena Sannita.
Muniti quindi della mola, i santelenesi per anni hanno girovagato (soprattutto a piedi) per le città del centro e del sud Italia per arrotare lame e coltelli. Inoltre vendevano quelli di Frosolone.
A Roma, i primi arrivati, già a fine Ottocento, si sono concentrati soprattutto nel quartiere Casilino – intorno a piazza Malatesta – e a Borgo, presso San Pietro. Quindi, grazie ai barbieri, i clienti più assidui, hanno affiancato alla propria merce i prodotti per barberia, dalle brillantine (ad esempio la Linetti) ai profumi. Da qui il naturale passaggio verso questo settore, soprattutto a Roma, mentre a Napoli sono rimasti più punti vendita di coltelleria.
Così sono nati e cresciuti i negozi dei vari Alonzo, Caruso, Coladangelo, De Paola, De Tollis, Di Bella, Di Gregorio, Durante, Lembo, Muliere, Muzio, Pette, Pettograsso, Ruberto, Sergnese, Stasio, Terriaca, Verdile, Zoppo.
Tra l’altro, grazie alle parentele, ogni negozio è stato in grado di fornire pure profumi non trattati, grazie al negozio del parente che lo vendeva.

Emblematica la “bottega storica” (dal 1871) della famiglia Zoppo in via Merulana 66. Oggi c’è Eleonora a gestirla, nipote di Sergio Zoppo, nato nel 1937, il cui nonno era di Sant’Elena Sannita. Il padre ogni mattina prendeva l’autobus 16 da piazza Montecastrilli, al Tuscolano, e si recava il negozio: ha continuato a farlo oltre i novant’anni, con il buon dna molisano.



In questa fase, ormai lontana da quella pioneristica, si registra un ulteriore salto di qualità verso l’adeguamento all’evoluzione del mercato.
Ecco, allora, i gruppi d’acquisto, l’imprenditoria 4.0 del settore, l’aggiornamento verso le ultime tendenze dell’estetica femminile e maschile, la capacità di distinguersi o di fare squadra, l’irruzione del commercio elettronico, la creazione di propri marchi di profumi, anche con riferimento a Sant’Elena Sannita, come “I profumi di Sant’Elena”.

Molti “santelenesi” di nuova generazione, che del paese conservano soltanto il dna, dimostrano però costante disponibilità a contribuire a qualsiasi iniziativa che possa dar lustro al proprio paese d’origine, dal rifacimento della chiesa locale, all’installazione della statua dell’arrotino fino alla recente realtà dell’allestimento del museo del profumo (con un orto botanico dove sono stati condotti studi dai quali sono nati due profumi realizzati a Sant’Elena, Voira, maschile, e Ventunora, femminile) per non cancellare la preziosa memoria di questa straordinaria storia imprenditoriale e umana che ha riguardato i propri avi.
Tra i libri che negli ultimi anni hanno trattato questa avventura, va ricordato quello scritto da Mario Durante (poco prima di morire) – con Giampiero Castellotti e Claudia Durante – nel 1987, intitolato “I profumieri di Sant’Elena”, che ha raccolto in 272 pagine le schede dei negozi e delle famiglie santelenesi negli anni Ottanta, ma anche la tesi di laurea di Donato Iannone, aggiornata e raccolta poi in un volume collettivo. Sulla storia di Sant’Elena Sannita ha scritto diversi testi il professor Mario Pettograsso.



–
TAXI DRIVER “MADE IN SANNIO”:
A ROMA UN TASSISTA SU TRE HA SANGUE MOLISANO

Analoga la storia del migliaio di tassisti della Capitale originari dei paesi dell’Alto Molise, in primo luogo Bagnoli del Trigno (dove annualmente si svolge la benedizione delle auto pubbliche romane) ma anche Salcito, Pietracupa, Trivento, Pietrabbondante, Torella del Sannio.
La cooperativa RadioTaxi 3570, la più grande organizzazione del settore in Europa grazie a 2.700 vetture e 25mila richieste ogni giorno, ne raccoglie moltissimi.
I più anziani ricordano l’arrivo a Roma. Se oggi tra “il paese” e la città ci sono due ore d’auto, allora ce ne volevano cinque. La Casilina al posto dell’autostrada. E tante stradine di montagna, tutte curve: San Pietro Infine, l’attraversamento di Isernia, le montagne di Macchiagodena e di Frosolone.

Molti loro antenati sono venuti a Roma già a metà Ottocento come stallieri, data la propria esperienza con i cavalli. Hanno servito i palazzi nobiliari, qualcuno anche i palazzi del potere.
Quelli di Bagnoli del Trigno si sono concentrati al Trionfale, quelli di Salcito all’Alberone, ricostruendo le comunità locali.
I più anziani ricordano perfino l’arrivo di commercianti del proprio paese, intenti a vendere merci e servizi alla comunità dei compaesani a Roma.
I molisani – allora “abruzzesi” – hanno monopolizzato l’attività dei guidatori delle celebri “botticelle romane” (le carrozzelle turistiche), passando poi alla licenza delle auto pubbliche. I più anziani ricordano le antiche rimesse dei cavalli a Testaccio e a San Giovanni, in via Sannio. E’ stato proprio un molisano ad ottenere la prima licenza di taxi dal Comune di Roma.
La “grande fuga” dal Molise a Roma ha coinciso con la morte dei paesi. Significativi i dati di Bagnoli del Trigno: 4.779 abitanti ad inizio novecento (censimento del 1901), pur avendo già pagato un altissimo prezzo all’emigrazione estera (un migliaio di emigranti solo tra il 1906 ed il 1913). Sotto il fascismo raggiunse i cinquemila residenti. Con gli anni cinquanta, la diaspora: 3.532 residenti nel 1951, 2.727 nel 1961, 1.866 nel 1971, 1.388 nel 1981, 1.131 del 1991 ed agli attuali circa 600 residenti.

Nel corso di un’intervista al giornalista Fabrizio Caccia, un tassista molisano usò un’immagine efficace: “Avete presente quegli stormi di passeri che prendono il volo tutti insieme al minimo rumore? Noi molisani abbiamo fatto lo stesso”.
Molti hanno fatto incetta di licenze, dandole in gestione. Altri ne hanno acquisite più di una per lasciarle ai figli. Ma il numero dei tassisti molisani è in calo, i giovani preferiscono l’università. Però ancora un tassista su cinque ha origini molisane, oltre un migliaio sugli oltre 7mila totali.
Un momento di “buona visibilità” della categoria è coinciso con la presenza del Campobasso calcio in serie B, anni Ottanta. I tassisti finanziarono uno striscione che è rimasto a lungo sugli spalti del “Romagnoli” di Campobasso.

Oltre al “3570”, ci sono altri numeri – ed altri organismi – che raccontano analoghe storie di emigrazione: 4157, 4994, 5551, 6645, 8822, ecc. Ad ogni numero corrisponde un’organizzazione. “La Capitale”, ad esempio (via Marsala 96/b, tel. 06-44341050), è stata presieduta da anni da un molisano, Tonino Di Tosto, anche lui di Bagnoli.
La cooperativa “Samarcanda”, invece, rimanda a maggio 1992 quando undici tassisti, molisani compresi, firmarono l’atto costitutivo per applicare le più moderne tecnologie al trasporto. “La scelta del nome non fu casuale – raccontano i responsabili di “Samarcanda” – la magnifica città, che ben raffigura l’idea iniziale, è nota con l’appellativo “Roma d’Oriente”.
Molisani anche Arnaldo Mastrodonato (di Bagnoli) e Ennio Di Schiavi (di Pietrabbondante), a lungo presidente e vicepresidente della cooperativa “Progresso” di via Suor Maria Mazzarello 27, al Tuscolano.

Una curiosità per chiudere: la società “Taxi Tevere” (largo Paolo Mattei Gentili 35, tel. 06-4181319) è caratterizzata dalla denominazione delle trecento auto pubbliche con i nomi dei fiumi.
Da tempo molti fanno pressione per avere nomi specifici sulle proprie vetture: gettonatissimo il Trigno, a seguire Sangro, Volturno e Biferno. Chissà perché.
–
MOLISANI A ROMA:
UN ESERCITO DI RISTORATORI, SARTI, GARAGISTI. E NON SOLO…

Nell’ambito dell’artigianato e del commercio, altri molisani a Roma sono ben radicati in precise categorie professionali.
Tanti, ad esempio, sono i sarti, per lo più originari di Capracotta, alcuni legati ai più prestigiosi marchi della moda.
Citiamo Sebastiano Di Rienzo, che è stato a lungo presidente dell’Accademia dei sartori, nome di prestigio internazionale del campo, da sempre vicino all’associazione Forche Caudine.
Decine di famiglie di Poggio Sannita si sono invece concentrate nella gestione di un garage.

Almeno una settantina i ristoranti con proprietari molisani, i più di Pietrabbondante.
In molti casi, i molisani hanno ricreato situazioni ambientali analoghe a quelle dei propri paesi: nei quartieri a ridosso di Boccea (Montespaccato, Selva Candida, Casalotti ecc.), ad esempio, molti corregionali hanno innalzato le proprie case con caratteristiche simili a quelle del proprio paese, ricavando l’immancabile orto e finalizzando la metratura alla casa futura per i figli.
Al di là del commercio, tanti molisani sono giunti a Roma per esigenze universitarie. Il fenomeno s’è rafforzato soprattutto nel dopoguerra, quando Roma ha soppiantato Napoli in tal senso. Oggi i giovani molisani che vengono a frequentare l’università nella Capitale sono sempre di meno, sia perché il numero dei giovani decresce sia perché preferiscono o frequentare l’università del Molise o andarsene nelle università del Nord Italia o all’estero.
Molti molisani – in linea con la cultura umanistica meridionale – si sono orientati all’insegnamento, altri sono entrati nella pubblica amministrazione, ricoprendo anche incarichi di prestigio.



–
MOLISANI A ROMA:
I “TANTI” PAESI D’ORIGINE E LA DISTRIBUZIONE NELLA CITTA’

Sui paesi d’origine dei Romani-molisani domina il peso della provincia di Isernia. Bagnoli del Trigno è il borgo-simbolo, con circa 4mila individui a Roma. Segue Poggio Sannita con circa 3mila.
Originari di Salcito sono quasi duemila, un po’ meno quelli di Sant’Elena Sannita e di Agnone (molti i professionisti: professori, medici, avvocati, notai).
Circa un migliaio le persone originarie di Frosolone.
A Roma vivono, inoltre, quattrocento famiglie originarie di Pietracupa (paese ridotto a 200 residenti) per cui, ad esempio, nelle utenze domestiche in paese i non residenti superano gli abitanti. Trivento ha a Roma circa 400 unità. Ben rappresentata anche Capracotta, che conta una forte comunità anche nell’area di Guidonia.

Nella provincia di Campobasso si segnalano le zone di Casacalenda (qualificata comunità nella Capitale) e di Riccia.
I molisani costituiscono il 4,4% dei meridionali a Roma contro l’1,6% che rappresenta i residenti del Molise rispetto a quelli del sud. Infine, per quanto riguarda la distribuzione dei molisani nelle diverse zone della città, c’è una causa logistica, simile a quella che ha portato al monopolio di intere categorie lavorative: i primi arrivati hanno chiamato amici e parenti. Così s’è finito per abitare tutti nella stessa strada, addirittura nello stesso palazzo. Persino nella stessa casa.
Poi c’è stata l’esigenza ambientale: meglio zone periferiche, meno problematiche, spesso più adatte a qualche abuso edilizio o a ricostruire le condizioni analoghe di partenza. A furia di orti da coltivare e di una riconquistata libertà.

C’è infine un’ipotesi più originale, collegata ai capilinea dei pullman provenienti dal Molise: i corregionali non avrebbero perso tempo a cercare un’abitazione. Meglio chiedere nelle vicinanze e sistemarsi lì.
Certo, di tempo da allora ne è passato. Ma nemmeno troppo. Stiamo parlando di settant’anni fa, anche se sembra che la realtà sia molto più lontana. E’ la Roma che Pasolini ha descritto egregiamente nelle sue pagine e sulle sue pellicole.
Roma di calabresi, di siciliani, di abruzzesi, di marchigiani. E, ovviamente, di molisani. Anche se l’emigrazione dei paesi sanniti appare più coesa, perlomeno nella fase dei trasferimenti.
Se Roma è città di “tracce” per antonomasia, trovare i fili della matassa non è così difficile. Ci possono venire in aiuto, ad esempio, ciò che rimane delle Pagine Bianche. Si prenda qualche cognome molisano, ad esempio quelli di Salcito. Un D’Alisera o un Dell’Armi. Non sarà difficile scoprire che abitano quasi tutti nello stesso quartiere. Perché? I salcitani s’insediarono in zona Alberone, sull’Appia. E molti sono rimasti lì, trovando nelle vicinanze la casa per i propri figli. Prassi tipicamente molisana. Cioè, “le caratteristiche strutturali e distributive del contingente relativo alla “seconda generazione” non si discostano sostanzialmente da quelle dell’universo da cui tale generazione proviene – come spiega Augusto Ruberto nella sua ricerca.

Anche se il fenomeno, con il passar del tempo, tende a scolorirsi. Causa le vertiginosa crescita del prezzo delle abitazioni, molti giovani preferiscono allontanarsi dal cuore della città.
Ma qual è la distribuzione territoriale dei molisani nel territorio capitolino?
E’ diffusa uniformemente in quasi tutti i “municipi” romani. Tuttavia esistono concentrazioni più forti in determinate aree. Un primo e più importante polo di concentrazione si colloca nella zona est-sud-est della città, più specificamente nella fascia che si sviluppa attorno a via Casilina, via Prenestina e, in parte, a via Appia Nuova e via Tuscolana: in quest’area si concentra il 40% dei molisani residenti a Roma.
Per tale localizzazione valgono alcune ipotesi iniziali: la zona è la prima che si incontra venendo dal Molise e, in più, prima dell’avvento dell’autostrada, la via Casilina (e in parte la Prenestina) era la strada percorsa dai mezzi di trasporto (specie dalle corriere) provenienti dal Molise; poi, sull’insediamento nell’area, ha giocato un ruolo la “catena dei richiami”.
Altro polo di concentrazione è rappresentato dall’area tra via Cassia Nuova e via Aurelia: vi si localizza un 14-15% dei molisani residenti a Roma. Cause: l’influenza dei capilinea delle corriere provenienti dal Molise, la vocazione agricola nonché lo sviluppo edilizio (con conseguente richiesta di manovalanza) che, negli anni Cinquanta, caratterizzavano l’area.
Bassa, invece, la densità di molisani nei quartieri più prestigiosi: centro storico, Parioli-Trieste, Nomentano, Ostiense, Eur, Prati, Cassia. Se qui si raccoglie il 36% dei Romani, i molisani sono meno del 24%.

Più nel dettaglio, è possibile individuare concentrazioni di molisani provenienti dallo stesso paese ed insediati nel medesimo quartiere. Fenomeno che tende ad allentarsi con le nuove generazioni, anche se molti figli continuano a vivere vicini ai genitori.
Oltre alla comunità originaria di Salcito, di cui già s’è detto, la folta comunità degli originari di Bagnoli del Trigno presenta forti concentrazioni al Trionfale.
Le persone originarie di Sant’Elena Sannita si insediarono soprattutto al Pigneto (Casilino) e lungo la parte iniziale della Prenestina. Ma qui, causa le profumerie, c’è stato un forte rimescolamento.
La comunità romana di Capracotta conta numerosi appartenenti nel quartiere intorno a piazza Malatesta e, più recentemente, a Guidonia.
C’è poi l’agglomerato di Selva Candida-Montespaccato (Aurelia-Boccea) dove sono insediate circa 300 famiglie originarie di Frosolone.
