Gente sannita

La carica dei 123

Roberto de Niro
nel film “Novecento”

Per i tanti che si trovano in difficoltà nell’individuare un molisano famoso, anche uno solo, abbiamo “ricostruito” le biografie di oltre un centinaio di persone con origini molisane. Del resto la nostra azione di monitoraggio è partita parallelamente alla nascita della nostra associazione (1989) e abbiamo via via incrementato questi elenchi, a beneficio anche di altre testate.

Dal momento che le segnalazioni (anche le “autosegnalazioni”) di altri molisani ci arrivano costantemente, precisiamo che il criterio di scelta di questo elenco tiene conto di un’ampia e riconosciuta notorietà. Altri elenchi sono presenti nel sito 2009-2019, in “Altri protagonisti” e “Gli Amici”.

Si tratta per lo più di personaggi che sono nati e si sono affermati professionalmente al di fuori della propria terra d’origine, a causa dell’emigrazione che ha dissanguato questi territori. Ma con il Molise, il più delle volte, mantengono un rapporto saldo, per quanto poco enfatizzato.

Le schede sono di Giampiero Castellotti.

PERSONAGGI D’ORIGINE MOLISANA

MIRCO ANTENUCCI
Il Molise in serie A

Mirco Antenucci è uno dei pochi giocatori nati in Molise approdati in serie A. Nato a Termoli l’8
settembre 1984, è cresciuto a Roccavivara, piccolo paese del Molise in provincia di Campobasso, con i genitori e due fratelli.
Comincia a giocare a calcio a buoni livelli nel Giulianova, dove viene lanciato in prima squadra nella stagione 2002-2003 in serie C1. Qui segna il suo primo gol in carriera, il 19 gennaio 2003, nei minuti di recupero della gara interna contro il Paternò.
È un attaccante, veloce e soprattutto abile nell’uno contro uno. Predilige giocare nel ruolo di seconda punta.
La stagione successiva viene confermato in rosa, ma con il nuovo mister Francesco D’Arrigo non è più titolare Il 15 settembre 2004 viene ceduto in prestito all’Ancona, in serie C2. Qui firma il suo
primo gol l’8 dicembre accorciando le distanze nella sconfitta esterna contro il Ravenna (2-1). Segnerà ancora un gol, decisivo, il 20 marzo 2005 nel 2-1 al Castel San Pietro. A fine stagione non viene riscattato e torna a Giulianova.
Nella stagione 2006-2007, in cui gioca titolare, realizza 11 reti nonostante la retrocessione della squadra in serie C2.
Il 20 luglio 2007 viene acquistato dal Catania, che lo cede in prestito al Venezia, dove disputa una stagione con 27 partite e 8 reti.
Tornato a Catania, l’allenatore Walter Zenga lo fa esordire in serie A il 31 agosto 2008. Ma gioca poco.
Nel 2009 va in prestito al Pisa e segna la sua prima e unica rete il 7 marzo 2009.
Anche qui, la squadra retrocede.
Il 30 giugno 2009 torna a Catania e vi resta fino al 19 agosto, quando la società etnea lo cede in prestito all’Ascoli in serie B fino al 30 giugno 2010. Segna 24 gol. Torna al Catania, in serie A. Il 23 gennaio 2011 passa in compartecipazione al Torino. Nella stagione 2011-2012 la compartecipazione viene rinnovata e Antenucci è gestito dal nuovo allenatore Gian Piero Ventura. Segna dieci gol e raggiunge la promozione in Serie A con la squadra granata.
Il 31 agosto 2012 passa allo Spezia, neopromosso in serie B. Conclude la stagione con 33 presenze e 6 gol. A fine stagione fa ritorno al Catania e passa in prestito alla Ternana, dove viene nominato capitano. Conclude la stagione in rossoverde con 40 presenze e 19 gol. La sua rete in rovesciata contro lo Spezia viene premiata da “Striscia la notizia” come “Gol dell’anno”, mentre un sondaggio realizzato da Sky Sport lo colloca al secondo posto dopo il gol di Paul Pogba realizzato contro il Napoli.
Il 21 agosto 2014 si trasferisce al Leeds Utd, che acquista il suo cartellino dalla Ternana. Il successivo 16 settembre segna il suo primo gol in Inghilterra nella vittoria esterna contro il Bournemouth. Il 25 ottobre 2014 segna il suo centesimo gol in carriera. Chiude la prima stagione con 36 presenze (24 da titolare) e 10 gol.
Nella stagione successiva, sempre in Inghilterra, segna 9 gol in 39 presenze.
Nel 2017 torna in Italia con la Spal, neopromossa in serie B. Realizza 18 gol, comprensivi di una tripletta contro l’Avellino. Il 27 agosto 2017 fa il suo esordio con la Spal neopromossa in serie A, subentrando al compagno di squadra Sergio Floccari contro l’Udinese. Il 15 ottobre segna la sua prima rete in serie A con gli emiliani, a danno del Bologna, ritrovando così il gol nella massima serie italiana dopo sette anni da quella con il Catania. Diventa capitano, beniamino dei tifosi e contribuisce a far raggiungere la salvezza ai ferraresi: 11 gol in 33 partite. Anche la stagione successiva si chiude con la salvezza in massima serie, cui Antenucci contribuisce con 5 gol in 35
presenze.
Nonostante ciò, il 13 luglio 2019 Antenucci, quasi 35enne, 141 reti realizzate dal 2002, finisce al Bari in serie C come uomo-vetrina della famiglia De Laurentiis, che un anno prima ha fatto ripartire il calcio in città Mirco Antenucci è sposato con Eleonora e ha due figlie, la prima nata nel 2014 e la seconda nel 2016.

ROSA ANTONELLI
Note tra Argentina, Italia e Usa

Rosa Antonelli, nata e cresciuta a Buenos Aires, è una pianista internazionale italo-argentina. Dal 1998 vive a New York.
La famiglia è originaria di Sant’Agapito, in provincia di Isernia. La mamma era incinta di Rosa quando emigrò dall’Italia nel dopoguerra. Il nonno materno era architetto, il padre ingegnere, la madre era cantante d’opera. Ma durante la guerra, la famiglia perse tutte le proprietà. Da qui la necessità di rifarsi una vita.
Cresciuta ascoltando musica classica e opera, Rosa a quattro anni ha cominciato a suonare il pianoforte. Dopo il diploma, ha iniziato a tenere concerti per il mondo, compresa l’Italia, con la quale mantiene uno stretto legame. In un anno ha eseguito oltre 1.500 concerti. E’ una delle pianiste più apprezzate negli Usa. S’è esibita anche alla Carnegie Hall.
Per onorare la memoria della madre, ha tenuto un concerto anche in Molise, a Campobasso.
Dal 2009 ha deciso di interpretare esclusivamente compositori classici dell’America Latina. Un suo cd “Esperanza sounds of hope” (Albany Records) celebra l’emigrazione.

ALBERTO AQUILANI
La garanzia a centrocampo

Gigi Buffon, l’ex portierone della nazionale azzurra, l’ha definito “il miglior centrocampista al mondo”, “un giocatore che farebbe bene ovunque”. Lui, Alberto Aquilani, è nato a Roma il 7 luglio 1984 da padre romano e madre molisana di Filignano (Isernia).
Cresciuto nelle giovanili della Roma, centrocampista (ma anche mediano o trequartista), alto un metro e 84 per 77 chili di peso, fa parte della Roma dal 2001 ed esordisce in serie A il 10 maggio 2003, in un RomaTorino 3-1. La sua maglia è la numero 23.
Si mette in luce nella stagione 2003-2004 nella Triestina, in serie B, dove gioca 41 partite segnando 4 gol.
Viene convocato dalla nazionale under 21 di Gentile, partecipando alle Olimpiadi di Atene 2004.
Tornato alla Roma, trova spazio sia nell’anno doloroso dei quattro allenatori (Prandelli, Völler, Del Neri, Conti) sia nella stagione successiva quando l’ottima Roma guidata da Luciano Spalletti colleziona il primato di 11 vittorie consecutive.
Inizia ottimamente la stagione 2006-2007, mettendo a segno una doppietta nella finale di Supercoppa italiana persa contro l’Inter (4-3 dts). È determinante nella vittoria della Roma a San Siro contro il Milan, grazie all’assist per il brasiliano Mancini (gol del 2-1 ad opera di Francesco Totti).
Il 25 novembre, a causa di un contrasto in allenamento con il compagno Taddei,
subisce la lesione collaterale mediale al ginocchio destro che lo tiene lontano dai campi di gioco per sei mesi. Aquilani disputa un ottimo precampionato con la Roma, culminato con la vittoria della Supercoppa italiana ai danni dell’Inter.
Nella stagione 2007-2008 segna due gol nelle prime due giornate di campionato, contro Palermo e Siena, entrambi con tiri potenti da fuori area, sua specialità. Il 2 ottobre l’ennesimo infortunio, durante la partita Manchester United-Roma di Champions League: si procura una lesione al retto femorale che lo tiene fuori dai campi da gioco per oltre tre mesi.
Il 24 maggio 2008 conquista con la Roma la Coppa Italia, giocando una partita esemplare.
Nel campionato 2008-2009 esordisce con un gol contro il Napoli (Roma-Napoli 1-1).
L’esordio con la maglia azzurra della Nazionale è a 22 anni, il 15 novembre 2006, nel match amichevole in memoria di Giacinto Facchetti contro la Turchia.
Ha preso parte agli Europei del 2008 in Svizzera e Austria. Il centrocampista della Roma non gioca né la prima partita, persa 3-0 contro l’Olanda, né la seconda, pareggiata 1-1 (gol del compagno di squadra Christian Panucci). Nell’ultima della fase a gironi, contro i vice-campioni del mondo (la Francia), gioca gli ultimi minuti, sostituendo al ’37 s.t. Gennaro Gattuso. La partita finisce 2-0 per gli Azzurri,
consentendo all’Italia di passare ai quarti di finale. Contro la Spagna è titolare ma viene sostituito prima dei supplementari. L’Italia viene eliminata dagli iberici ai calci di rigore.
Il 15 ottobre 2008 firma con una doppietta il risultato di Italia-Montenegro 2 a 1 a Lecce, incontro valevole per le qualificazioni ai mondiali del 2010 in Sudafrica.
Nella stagione 2010-2011 ha vestito la maglia della Juventus, in quella seguente del Milan, in prestito dal Liverpool.
Ultime stagioni al Pescara, al Sassuolo e al Las Palmas.

SALVATORE BACCARO
Il memorabile caratterista

L’attore Salvatore Baccaro è nato a Roccamandolfi il 6 maggio 1932 ed è morto a Novara il 3 ottobre 1984 a 52 anni.
Per il suo aspetto fisico molto particolare, è stato spesso utilizzato nel cinema per ruoli originali.
Trasferitosi giovanissimo a Roma in cerca di lavoro, mentre svolgeva l’attività di fioraio nei pressi degli stabilimenti cinematografici De Paolis di via Tiburtina, è stato notato e quindi scritturato per il cinema a causa di una aspetto fisico decisamente particolare.
In breve tempo è diventato un ricercato caratterista, un ruolo molto richiesto dal cinema italiano specie a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta. Ha preso parte ad una sessantina di film, tra cui alcuni di Franco e Ciccio,
nella serie di Pierino e in alcune pellicole di rilievo, come “Profondo rosso” di Dario Argento (1975), dove interpreta un fruttivendolo.
L’attore ha adottato lo pseudonimo di Boris Lugosi, omaggio a Bela Lugosi, primo interprete del vampiro Dracula.
Negli anni precedenti la prematura scomparsa non è più apparso. Nel 2004 il fratello Armando, in un’intervista rilasciata a Marco Giusti nel corso della trasmissione televisiva “Stracult”, ha rivelato la sua malattia deformante, l’acromegalia.

Film

Salvatore Baccaro in “Profondo rosso”


La moglie più bella, regia di Damiano Damiani (1970)
Uomo avvisato mezzo ammazzato… parola di Spirito Santo, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
e lo chiamarono Spirito Santo, regia di Roberto Mauri (1971)
Il grande duello, regia di Giancarlo Santi (1972)
Salomè, regia di Carmelo Bene (1972)
Le notti peccaminose di Pietro l’Aretino, regia di Manlio Scarpelli (1972)
Le mille e una notte… e un’altra ancora!, regia di Enrico Bomba (1972)
…E poi lo chiamarono il Magnifico, regia di Enzo Barboni (1972)
Jesse & Lester – Due fratelli in un posto chiamato Trinità, regia di Renzo Genta (1972)
Decameron nº 2 – Le altre novelle del Boccaccio, regia di Mino Guerrini (1972)
I due figli di Trinità, regia di Osvaldo Civirani (1972)
Il gatto di Brooklyn aspirante detective, regia di Oscar Brazzi (1972)
Anche gli angeli mangiano fagioli, regia di Enzo Barboni (1972)
Spirito Santo e le 5 magnifiche canaglie, regia di Roberto Mauri (1972)
Le favolose notti d’Oriente, regia di Mino Guerrini (1973)
Provaci anche tu Lionel, regia di Roberto Bianchi Montero (1973)
Le cinque giornate, regia di Dario Argento (1973)
La rivolta delle gladiatrici, regia di Joe D’Amato (1973)
Terror! Il castello delle donne maledette, regia di Dick Randall (1973)
4 marmittoni alle grandi manovre, regia di Marino Girolami (1973)
Scusi Eminenza… posso sposarmi?, regia di Salvatore Bugnatelli (1974)
Farfallon, regia di Riccardo Pazzaglia (1974)
Anche gli angeli tirano di destro, regia di Enzo Barboni (1974)
Mondo candido, regia di Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi (1974)
Profondo rosso, regia di Dario Argento (1975)
Qui comincia l’avventura, regia di Carlo Di Palma (1975)
Un urlo dalle tenebre, regia di Franco Lo Cascio (1975)
L’esorciccio, regia di Ciccio Ingrassia (1975)
L’educanda, regia di Franco Lo Cascio (1975)
Salon Kitty, regia di Tinto Brass (1975)
40 gradi all’ombra del lenzuolo, regia di Sergio Martino (1975)
Cassiodoro il più duro del pretorio, regia di Oreste Coltellacci (1975)
Quant’è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda, regia di Lucio Giachin (1975)
Spogliamoci così, senza pudor, regia di Sergio Martino (1976)
La vergine, il toro e il capricorno, regia di Luciano Martino (1976)
Emanuelle in America, regia di Joe D’Amato (1976)
Casa privata per le SS, regia di Bruno Mattei (1976)
Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa, regia di Castellacci e Pingitore (1976)
La bestia in calore, regia di Luigi Batzella (1977)
Von Buttiglione Sturmtruppenführer, regia di Mino Guerrini (1977)
Il mostro, regia di Luigi Zampa (1977)
La soldatessa alle grandi manovre, regia di Nando Cicero (1978)
Scontri stellari oltre la terza dimensione, regia di Luigi Cozzi (1978)
Squadra antigangsters, regia di Bruno Corbucci (1978)
Sabato, domenica e venerdì, regia di Castellano e Pipolo (1978)
La liceale, il diavolo e l’acquasanta, regia di Nando Cicero (1979)
Il casinista, regia di Pier Francesco Pingitore (1980)
Il pap’occhio, regia di Renzo Arbore (1980)
Zucchero, miele e peperoncino, regia di Sergio Martino (1980)
Uno contro l’altro, praticamente amici, regia di Bruno Corbucci (1980)
Caligola e Messalina, regia di Joe D’Amato (1981)
Pierino contro tutti, regia di Marino Girolami (1981)
Pierino medico della Saub, regia di Giuliano Carnimeo (1981)
Il tifoso, l’arbitro e il calciatore, regia di Pier Francesco Pingitore (1982)
Pierino colpisce ancora, regia di Marino Girolami (1982)
Ator l’invincibile, regia di Joe D’Amato (1982)
Sfrattato cerca casa equo canone, regia di Pier Francesco Pingitore (1983)
Se tutto va bene siamo rovinati, regia di Sergio Martino (1984)
Tutti dentro, regia di Alberto Sordi (1984)
Dagobert, regia di Dino Risi (1984)

SILVIA BARALDINI
La paladina dei diritti

Silvia Baraldini nasce a Roma il 12 dicembre 1947. La mamma è molisana di Monteroduni (Isernia).
Nel 1961, all’età di quattordici anni, si trasferisce negli Stati Uniti per seguire il padre, inizialmente dipendente della Olivetti a New York e successivamente funzionario della ambasciata italiana a Washington. Qui Silvia consegue la laurea presso l’università statale del Wisconsin, una delle più impegnate degli Stati Uniti dal punto di vista sociale. La sua attività politica ha inizio
nel periodo scolastico, specie contro la guerra del Vietnam. Prosegue quindi sull’onda del movimento sessantottino, con la protesta in difesa dei diritti civili dei neri e di quelli delle donne, abbracciando presto l’attività dei movimenti politici radicali statunitensi.
E’ componente del partito rivoluzionario Black Panther Party.
Dal 1975 appartiene all’organizzazione comunista “19 maggio”, movimento legalmente riconosciuto dal governo statunitense, che fiancheggia appunto il movimento BLA. Si mette in luce rivelando il programma illegale “Cointelpro” dell’Fbi, che spia gli oppositori politici interni, nonché nel sostenere le ragioni di Mumia Abu-Jamal, giornalista afroamericano condannato a morte in Pennsylvania.
Il 2 novembre 1979 fa parte di un commando che realizza l’evasione dal carcere di Assata Shakur, “anima” del Black Liberation Army (BLA), che sconta una condanna all’ergastolo per l’omicidio di un agente di polizia stradale. Viene quindi arrestata una prima volta il 9 novembre 1982 per associazione sovversiva, legata al suo attivismo politico comunista e di appoggio ai movimenti afro-americani di liberazione.
Scarcerata sotto cauzione, viene arrestata nuovamente cinque mesi dopo, il 25 maggio 1983 a causa di una rapina messa a segno il 20 ottobre 1981 dalla formazione comunista di cui fa parte e che provoca l’uccisione di una guardia giurata e di due poliziotti di Nyack, l’ufficiale Waverly Brown e il sergente Edward O’Grady. Nel processo, di fatto, viene accusata di essere un’ideologa del movimento “19 maggio” e di altri movimenti afro-americani di liberazione nonché di aver preso parte ai preparativi di rapine, mai portate a termine, di un furgone blindato a Danbury, nel Connecticut, e di un furgone blindato alla Chemical Bank di Nanuet, a New York.
Inoltre è accusata di “ingiuria al tribunale” (“contempt of court”), per aver rifiutato di fornire testimonianza sui nomi di altri militanti del movimento “19 maggio”.
La sentenza del luglio 1983 è durissima: 20 anni per concorso in evasione, appunto di Assata Shakur; 20 anni per associazione sovversiva e per i due preparativi di rapina; 3 anni per “ingiuria al tribunale” per aver rifiutato di fornire testimonianza sui nomi di altri militanti del movimento “19 maggio”. Viene pertanto rinchiusa nel carcere di New York, poi in quello di Pleasanton, in California, quindi a Lexington, per scontare una pena decisamente eccessiva rispetto ai capi d’accusa. Viene sottoposta al carcere duro: isolamento, censure nella posta, limitazioni nelle visite, sorveglianza continua.
Nel 1988 le viene diagnosticato un tumore all’addome. E’ operata più volte. In Italia cresce un movimento di sostegno che richiede l’applicazione della convenzione di Strasburgo per il trasferimento dei condannati. Nasce il “Coordinamento nazionale Silvia Baraldini” e vi aderiscono, tra gli altri, Umberto Eco, Dario Fo, Franca Rame e Antonio Tabucchi. Nel 1992 l’accordo e l’estradizione sembrano vicini, ma la Baraldini riceve dalla magistratura americana lo status di pericolosità altissima. Nel 1993 il cantautore Francesco Guccini le dedica “Canzone per Silvia” nell’album “Parnassius Guccinii”. Il 24 agosto 1999 Silvia Baraldini è rimpatriata per scontare in Italia il resto della sua pena anche a seguito della forte mobilitazione dell’opinione pubblica italiana e per alcune iniziative parlamentari. Decisivo l’impegno dell’allora ministro della giustizia Oliviero Diliberto, il quale va ad accoglierla all’aeroporto.
Nell’aprile 2001 le vengono concessi i domiciliari.
Nel 2003, non senza polemiche, ottiene una collaborazione con il Comune di Roma per occuparsi di un progetto di ricerca sull’occupazione femminile.
Il 26 settembre 2006, per effetto dell’indulto, Silvia Baraldini viene scarcerata.
Ottiene la cittadinanza onoraria dai Comuni di Cazzago San Martino, Mola di Bari, Castagneto Carducci e Venaria Reale, quest’ultima l’8 maggio 2007.
La sua storia è raccontata nel documentario “Ore d’aria: la storia di Silvia Baraldini” a cura di Antonio Bellia”.

GIULIO BASE
Il regista dello spirito

Giulio Base è nato a Torino il 6 dicembre 1964 da madre molisana di Mirabello Sannitico (Campobasso). Vive a Roma. E’ sposato con la nota pierre Tiziana Rocca, dalla quale ha avuto un figlio.
E’ laureato in storia del cinema presso la facoltà di lettere e filosofia dell’università “La Sapienza” di Roma.
Attualmente sta conseguendo una seconda laurea in teologia presso l”Institutum Patristicum Augustinianum di Roma (Città del Vaticano).
Nasce professionalmente come autore e attore teatrale. S’è infatti diplomato alla Bottega di Gassman.
In teatro ha cominciato la carriera diretto da Vittorio Gassman nei “Misteri di San Pietroburgo”.
Come attore cinematografico ha partecipato a “Il portaborse” di Nanni Moretti del 1991; “Teste rasate” di Claudio Fragasso del 1992 con Flavio Bucci (anch’egli di origine molisana) e Gianmarco Tognazzi; “Caro diario” di Nanni Moretti del 1993; “Lovest” del 1997 (di cui è stato anche regista),
con Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi, vincitore del gran premio speciale della giuria ad Annecy; “Il macellaio” di Aurelio Grimaldi del 1998, con Alba Parietti; “La lingua del Santo” di Carlo Mazzacurati del 1999, con Antonio Albanese,
Fabrizio Bentivoglio e Isabella Ferrari, in concorso alla 57a mostra del cinema di Venezia nel 2000; “Il compagno americano” di Barbara Barbi del 2002 con Nancy Brilli e Tosca D’Aquino.
Come regista ha firmato: “Crack” del 1991 con Gianmarco Tognazzi, portato al successo tanto al cinema quanto al teatro e vincitore del premio alla migliore opera prima al festival di San Sebastian; “Poliziotti” del 1995 con Michele Placido, Kim Rossi Stuart e Claudio Amendola (premio per la regia al “Festival du cinéma des monde latins”); “Lest” del 1996 con Gianmarco Tognazzi; il già ricordato “Lovest” del 1997 con Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi; “La bomba” del 1999 con Vittorio Gassman, Alessandro Gassman, Rocco Papaleo ed Enrico Brignano.
Nel 1999 ha lavorato nella serie tv “Indagine al microscopio” per la regia di Gian Francesco Lazotti e nella serie “Lui e Lei 2”, prodotta da Rai Fiction e realizzata dalla Lux Vide. Nell’autunno 2000 ha diretto la miniserie “Tra cielo e terra” per la Rai. Ha quindi diretto due film “religiosi” per la televisione: “Padre Pio – Tra cielo e terra” del 2000, e nel 2003 “Maria Goretti”.
Nel 2001 è tra gli interpreti della fiction in due puntate su Raidue, “Nessuno escluso”, per la regia di Massimo Spano. Ancora attore protagonista nella fiction televisiva “Valeria medico legale”.
Racconta che l’interesse per il cinema lo deve al padre, che lo portava a vedere molti film insieme al fratello.
Nel 2006 è regista di “The final inquiry” (“L’inchiesta”), produzione storica.
Nel 2007 gira il documentario “Cartoline da Roma” con la partecipazione di Pietro Mennea, Ornella Muti, F. Murray Abraham, Fausto Brizzi ed Elena Bouryka.
Nel 2008 firma “Don Matteo 6” insieme a Elisabetta Marchetti e Fabrizio Costa.
Nel 2010 recita nella serie tv “Tutti pazzi per amore 2”.
Nel 2011 dirige una versione televisiva del romanzo giallo “La Donna della Domenica” di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, già stata trasposta sul grande schermo nel 1975 da Luigi Comencini.
Nel 2012 fa parte del cast della serie tv “Una grande famiglia”.
Nel 2013 dirige “Il pretore”, film basato sul romanzo “Il pretore di Cuvio” di Piero Chiara, con Francesco Pannofino e Sarah Maestri, che esce nelle sale italiane nell’aprile 2014.
Il suo film “Mio papà” ha aperto il Festival del Cinema di Roma del 2014.
Nel 2015 prende parte come concorrente alla terza edizione di “Notti sul ghiaccio”, in onda in prima serata su Rai 1.
Nel 2016, tre film per le sale cinematografiche: “La coppia dei campioni” (scritto e diretto), “La grande rabbia” e “Ciao Brother” (di cui ha scritto la sceneggiatura).
Nel 2017 è uno dei concorrenti della dodicesima edizione de “L’isola dei famosi”.
Nel 2017 partecipa come attore al film “Tutti i soldi del mondo” diretto da Ridley Scott.

STEFANO BENNI
Lo scrittore dei paradossi

Stefano Benni è nato a Bologna il 12 agosto 1947 da padre emiliano e madre molisana di Baranello (Campobasso), paese dove ha ancora molti parenti e torna spesso. Dice: “Sono un meticcio e me ne vanto, sono emiliano e molisano”.
Giornalista, scrittore e poeta, ha collaborato con i quotidiani La Repubblica e il Manifesto, con i
settimanali L’Espresso e Panorama, con i periodici satirici Cuore e Tango, con il mensile Linus.
È autore di libri di successo: con uno stile di scrittura ricco di neologismi, calembour, giochi di parole e parodie, costruendo vicende fortemente fantasiose, deformate e paradossali, muove una satira arguta alla società italiana degli ultimi decenni.
Numerosi i titoli: “Bar Sport” (1976), il primo libro, è ormai considerato un classico della narrativa umoristica italiana. Descrive in modo surreale, ma decisamente verosimile, la realtà dei bar italiani, soprattutto quelli di provincia. Seguono: “La tribù di Moro Seduto” (1977), “Non siamo stato noi” (1978), “Il Benni furioso” (1979), “Spettacoloso” (1981), “Prima o poi l’amore arriva” (1981), “Terra!” (1983), “I meravigliosi animali di Stranalandia” (1984), “Il ritorno del Benni furioso” (1986), “Comici spaventati guerrieri” (1986), “Il bar sotto il mare” (1987), “Baol” (1990), “Ballate” (1991), “La Compagnia dei Celestini” (1992), “L’ultima lacrima” (1994), “Elianto” (1996), “Bar Sport Duemila” (1997), “Blues in sedici” (1998), “Teatro” (1999), “Spiriti” (2000), “Dottor Niù. Corsivi diabolici per tragedie evitabili” (2001), “Saltatempo” (2001), “Teatro 2” (2003), “Achille piè veloce” (2003), “Margherita Dolcevita” (2005), “Misterioso. Viaggio nel silenzio di Thelonius Monk” (2005),
“Baldanders” (Audiolibro, 2006), “La grammatica di Dio. Storie di solitudine e allegria” (2007), “Miss Galassia” (2008), “Pane e tempesta” (2009), “La traccia dell’angelo” (2011), “Di tutte le ricchezze” (2012), “La bottiglia magica” (2016), “Prendiluna” (2017).
Nel 1987 è stato sceneggiatore del film “Topo Galileo” di Francesco Laudadio, interpretato dall’amico Beppe Grillo e musicato da Fabrizio De André e Mauro Pagani.
Nel 1989 con Umberto Angelucci ha diretto il film “Musica per vecchi animali”, tratto dal suo romanzo “Comici spaventati guerrieri” e interpretato da Dario Fo, Paolo Rossi e Viola Simoncini.
Con il jazzista Umberto Petrin è autore di “Misterioso”, viaggio nel silenzio di Thelonius Monk.
Nel 1998 ha scritto e allestito con il musicista Paolo Damiani uno spettacolo di poesia e jazz, “Sconcerto”, È ideatore della Pluriversità dell’Immaginazione. È autore di numerosi romanzi di successo.
Dal 1999 cura la consulenza artistica di “Rumori mediterranei”, festival internazionale del jazz che si svolge ogni anno a Roccella Jonica nell’ultima decade di agosto.
All’inizio del 2010 ha presentato la serata “Bennac”, incontro tra Benni e lo scrittore francese Daniel Pennac.
Il 29 settembre 2015 pubblica sulla sua pagina Facebook ufficiale una lettera in cui spiega le sue ragioni nell’aver rifiutato il premio Vittorio de Sica, attribuito annualmente ad alte personalità italiane e straniere che si sono distinte nelle arti (e solitamente consegnato ufficialmente dal Presidente della Repubblica o da un ministro), in protesta contro i tagli alla cultura e alla scuola attuati dal governo Renzi.
Dal 2018 è supervisore artistico della Scuola e Accademia di Recitazione del Teatro Stabile di Roma, diretto da Maria Beatrice Alonzi.
A Stefano Benni e al suo mondo letterario è dedicata la Bennilogia, un’enciclopedia online interamente e liberamente costruita dai suoi lettori.

LAURA BIAGIOTTI
La regina del cachimire

Il Presidente Giorgio Napolitano e ilpPresidente del Comitato Leonardo Luisa Todini, con la vincitrice del Premio Leonardo 2010, Laura Biagiotti
(foto Quirinale.it)

Laura Biagiotti, classe 1943, è nata a Roma, sotto il segno del Leone, da famiglia d’origine molisana e marchigiana. E’ morta a Roma il 26 maggio 2017.
E’ uno dei più grandi cognomi della moda italiana. E’ conosciuta e apprezzata soprattutto per la sua moda in cashmere. Il prestigioso “New York Times” l’ha definita “The queen of cashmere” per la passione verso questo filato, usato fin dalla prima collezione.
Nel 1988, a Pechino, 30 modelle cinesi hanno presentato le più significative creazioni della carriera della stilista, 125 abiti incentrati su cashmere e seta.
Nel 1992, a New York, ha ricevuto il premio “Donna dell’anno” per il contributo all’immagine del “made in Italy” nel mondo. Il 5 febbraio 1995 ha partecipato ad una sfilata-spettacolo al Cremlino, a Mosca.
Nel 1995 è stata insignita dell’onorificenza di cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Nel novembre 1997 ha sfilato al Cairo, in Egitto, in una serata benefica per raccogliere fondi a favore della Croce rossa egiziana. Madrina Madame Moubarak, moglie del presidente egiziano.
Dal 1980 ha vissuto e lavorato nella campagna romana, nel comune di Guidonia Montecelio, in un castello dell’XI secolo, riportato all’antico splendore dopo anni di restauro, assieme al marito Gianni Cigna, prematuramente scomparso nell’agosto 1996.
Nell’ottobre 1991 ha presentato alla stampa il progetto del “Marco Simone golf club”: nei 150 ettari attorno al castello ha realizzato un percorso di 36 buche che nel 1994 ha ospitato il 51° Open d’Italia. Per onorare la memoria del marito Gianni Cigna, Laura Biagiotti con le figlie di Gianni, ha costituito nel 1997 la Fondazione Biagiotti Cigna che ha ricevuto in donazione la raccolta di 170 opere di Giacomo Balla.
La Balmoda rappresenta il nucleo più importante della collezione privata che Laura Biagiotti e Gianni Cigna hanno acquisito nel tempo da Elica e Luce Balla, le figlie del pittore. Presente anche nel mondo della profumeria. Ha infatti creato tre fragranze di grande successo: Emotion, Roma e Tempore. Per il lancio del profumo Emotion, nel 2001, in linea con il suo stile stravagante-chic, Laura Biagiotti ha optato per un cocktail mattutino a base di cibi biologici. Tra i presenti, Nancy Brilli, Barbara D’Urso, Gabriel Garko, Luca Manfredi.
Onorificenza di Cavaliere del lavoro. Motivazione: “Figlia d’arte, contemporaneamente agli studi universitari in archeologia cristiana, segue il lavoro della madre Della titolare di un atelier di alta moda a Roma attorno agli anni ’60, promuovendo attività di export in particolare con gli Stati Uniti e la Germania. Nel 1972 la prima collezione di pret-a-porter con la quale si impone subito per quelle caratteristiche che resteranno costanti in tutte le sue successive realizzazioni: la cultura e la ricerca che mette in ogni sua creazione, la scelta dei tessuti, la qualità delle lavorazioni e soprattutto la segnata femminilità del suo stile.
Per il recupero alla moda dei materiali pregiati il New York Time la insignisce del gratificante titolo di “Queen of Cashmere”. Oggi il marchio “Laura Biagiotti”, costruito in 30 anni di attività con il marito Dr. Gianni Cigna, significa: una collezione di pret-a-porter due volte l’anno e una serie di licenze che comprendono occhiali, foulards, cravatte, scarpe, bijoux, borse, collezioni per uomo, per bambini e teen-agers. Alla lista delle licenze di prodotti legati alla moda, si aggiungono le collezioni di maioliche d’arte ed importanti creazioni nel settore del profumo e della cosmesi. Il suo profumo Roma, dedicato alla Città Eterna, è distribuito nel mondo nel 1994 in oltre 30 milioni di flaconi Le oltre 30 licenze in Italia e all’estero sviluppano un fatturato globale, nel 1993, di oltre 250 milioni di dollari. Le vetrine di Laura Biagiotti si affacciano nel cuore delle grandi metropoli di tutto il mondo: Roma, Milano, Venezia, Berlino, Parigi Mosca. New York, Pechino, Bangkok Seoul, Tokyo.
Nel maggio 1993 Laura Biagiotti riceve, a Pechino, il premio “Marco Polo” per essere stata la prima stilista a portare i Made in Italy Repubblica Popolare Cinese e il 4 dicembre del 1992, a New York, viene nominata “Donna dell’anno” per aver contribuito al prestigio dell’immagine della Moda Italiana nel mondo. A febbraio del 1995, per la prima volta, apre le porte del Palazzo del Cremlino presentando un grande spettacolo di moda e cultura a Mosca. Tra le attività collaterali alla moda, Laura Biagiotti restaura agli inizi degli anni ’80, il Castello di Marco Simone che, per la notevole rilevanza artistica, è monumento nazionale e costituisce oggi la prestigiosa sede delle attività Biagiotti. Attorno al castello nella campagna romana realizza, agli inizi degli anni ’90, il complesso sportivo “Marco Simone Golf Club” del quale è Presidente”.

ALDO BISCARDI
Il “rosso” di Larino

Aldo Biscardi nel 1998

Aldo Biscardi: il “rosso” di Larino Aldo Biscardi è stato uno dei più noti giornalisti sportivi nonché dei più popolari personaggi televisivi.
Nato a Larino (Campobasso) il 26 ottobre 1930, è scomparso a Roma nel 2017,
Ha effettuato gli studi universitari a Napoli.
Appassionato di sport, ha sempre sognato di poter scrivere. Ha cominciato pertanto con la tradizionale “gavetta” come collaboratore presso i giornali che gli aprivano le porte della redazione.
Nel 1952, a 22 anni, inizia a collaborare con il quotidiano napoletano “Il Mattino”, dove rimane per qualche anno.
Nel 1956 passa a “Paese Sera”, giornale romano del Pci, testata che rappresenta il suo trampolino di lancio.
Grazie soprattutto alle indubbie capacità organizzative, ben presto approda alla qualifica di caporedattore.
Prosegue la carriera ricoprendo il ruolo d’inviato speciale, seguendo anche diversi campionati mondiali di calcio.
Nel 1979 inizia a lavorare per la televisione come responsabile dei programmi sportivi della Terza rete e nel 1980 riesce a realizzare il suo sogno, lanciando “Il processo del lunedì”, titolo suggerito da una frase di Gianni Rodari che, nella prefazione ad una storia del giornalismo sportivo dello stesso Biscardi, affermava che questi “…..parla di calcio come ad un processo”.
In quella prima edizione, in onda alle 22.45 del 1° settembre 1980, a condurre in studio c’erano Enrico Ameri, all’epoca prima voce della trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, e Novella Calligaris. La sede di trasmissione era quella del Tg3 di via Teulada 28. Aldo Biscardi era in regia. Sua però l’ideazione della “scheda d’accusa”, che affidò all’allora giovanissimo giornalista Carlo Nesti (è durata fino a quando la trasmissione è rimasta in Rai).
L’anno seguente con Enrico Ameri c’è Marina Morgan. Nasce anche il “Processo ai mondiali”, proprio nell’anno dell’ultima vittoria azzurra.
Nel 1982 conduttori in studio sono Marino Bartoletti e Jenny Tamburi.
Biscardi appare in video, attraverso una telecamera fissa collegata in regia.
A cinque puntate dalla fine del campionato, la Tamburi si fa fotografare senza veli da una rivista per soli uomini; Biscardi interrompe il contratto con la soubrette e la sostituisce con Gioia Re, già annunciatrice Rai.
Nel 1983 Aldo Biscardi passa a condurre in studio con a fianco Danila Caccia. L’anno seguente, che segna l’introduzione del “moviolone”, è affiancato da Paola Perissi. Vi collabora anche Jose Altafini. Il programma di Biscardi diventa ben presto un fenomeno di costume: lancia personaggi, dà un volto ai giornalisti della carta stampata, fa diventare comuni le facce di tanti dirigenti, allenatori e giocatori, offre dibattiti animati ed una polemica da “bar dello sport” che irrompe veemente nella tv di Stato. Ed ancora l’invenzione del moviolone e l’introduzione in Rai di molti giornalisti sportivi, da Floriana Bertelli a Stella Bruno, da Gianni Cerqueti a Marco Mazzocchi, da Carlo Nesti a Carlo Paris, da Ivana Vaccai a Enrico Variale. Biscardi stesso diventa un personaggio grazie soprattutto alle sue caratteristiche fisiche e alla sua inflessione dialettale, utilizzata anche per noti spot televisivi.
Dal 1985 al 1992 approdano come collaboratori del “Processo” Ricky Albertosi, Vanna Brosio, Mauro Bellugi, Stefania Falasconi, Giacinto Facchetti, la miss Italia Michela Rocco di Torre Padula (attuale moglie di Enrico Mentana), Ana Maria Van Pallandt, Irene Mandelli, Alessandra Canale, Mariella Scirea (che diventerà deputato).
Nel 1993 Biscardi passa a Telepiù 2 (da Roma a Cologno monzese), con un contratto che lo vincola fino al 1996 e con la responsabilità dell’intero palinsesto della rete sportiva a pagamento, dove ripropone “Il processo di Biscardi”.
Dal 1993 al 1996 compaiono Ambra Orfei, Silvio Sarta, Roberta Termali (ex moglie di Walter Zenga), Maurizio Mosca.
Dal 1996 al 2001 conduce lo stesso programma e varie edizioni speciali su Tmc, Tele Monte Carlo. La trasmissione prosegue sull’emittente televisiva “La 7”, nata dalla trasformazione di Tmc. E’ la volta di Sara Ventura, sorella di Simona, Danilo Di Tommaso, Italo Cucci, Xavier Jacobelli, Simona Saia, Vittorio Feltri, Angelica Russo, Francesco Izzi, Jacopo Savelli, Michela Bruni, Federica Fontana, Paolo Assogna, Andrea Paventi, Pietro Pinelli, Anna Rigon, Paolo Pellicani, Vanesa Daniela Villafane, Fabio Ravezzani, Pietro Calabrese, Federica Ridolfi, Diego Armando Maradona.
Tra le polemiche “storiche” nella lunga esistenza del “Processo” va ricordata quella con la Juventus dopo l’affermazione, compiuta dal giornalista molisano, che la Juve avrebbe rubato lo scudetto alla Roma con il famoso gol regolare annullato al giallorosso Turone. Biscardi paga sette anni di boicottaggio della società bianconera e Sergio Zavoli gli rivela ai funerali di Willy De Luca tutte le pressioni ricevute dagli Agnelli.
Da ricordare il suo impegno personale dopo il terremoto che ha colpito il Molise (e la sua Larino) nel 2002, quando organizza un’asta di beneficenza cui partecipano i maggiori giocatori del campionato italiano.
Biscardi ha scritto diversi libri tra i quali la biografia di Papa Giovanni Paolo II dal titolo “Il Papa dal volto umano”. Ha vissuto gli ultimi anni sempre a Roma, riposandosi nella sua villa nel Reatino.

FRED BONGUSTO
L’artista della mattonella

Fred Bongusto

Alfredo “Fred” Buongusto è nato il 6 aprile 1935, a Campobasso, da famiglia d’origine campana. Unisce pertanto alla solidità e all’asprezza della montagna molisana il romanticismo del mare. Con il Molise conserverà sempre un rapporto conflittuale, presente anche in alcune canzoni (come l’impegnativa “Campobasso e il gabbiano”).
L’infanzia è turbata dalla prematura morte del padre,
militare graduato, sul fronte greco. Fred ha soli sette anni. La prima chitarra gli viene regalata da uno zio, artista musicale e grafico. Dopo un’esperienza come calciatore, fa parte di un complesso musicale molisano finché si trasferisce nel Nord Italia in cerca di maggiore successo.
Quindi, dopo una nuova parentesi molisana, punta su Roma. La Capitale gli porta maggiore fortuna. Qui affina le doti musicali e comincia a mietere successi. La prima affermazione è con “Una rotonda sul mare”, seguita da “Amore baciami” e “Malaga”, adattata anche da noti musicisti dell’America Latina. Tra gli altri successi: “Frida”, “Tre settimane da raccontare”.
Ama i posti di mare, i luoghi caldi. Vive a Roma e trascorre lunghi periodi ad Ischia, dove ha casa da molti anni.

Fred Bongusto nel 1965

Fred Buongusto, nella sua carriera, ha collaborato anche con Chet Baker e ha ricevuto attestati di benemerenza da personalità dello spessore di Jacqueline Kennedy. Si è inoltre cimentato nella composizione di musiche da film, come “Matrimonio all’italiana” di Vittorio De Sica, anno 1964, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni e “Malizia” di Salvatore Saperi, anno 1973, con una splendida Laura Antonelli.
Appassionato d’antiquariato e d’arti grafiche, Bongusto è stato anche rappresentante comunale a Bari.


Discografia

Album
1963 – Fred Bongusto (Primary/Ri-Fi, CRA LP 96005)
1964 – La notte è fatta per ballare (Music Parade Cetra, LEL 52)
1966 – …forse è colpa della musica… (Music Parade Cetra, LEL 112)
1970 – Alla mia maniera (Ri-Fi, RFL ST 14038)
1971 – Un’occasione per dirti che ti amo (Ri-Fi, RDZ ST 14202)
1972 – Alfredo Antonio Carlo Bongusto (Ri-Fi, RDZ ST 14212)
1972 – Alla mia maniera n° 2 (Ri-Fi, RDZ ST 14219)
1974 – Malizia… un po’… (Ri-Fi, RDZ ST 14229)
1974 – Doppio whisky (Ri-Fi, RDZ ST 14239)
1974 – Italian graffiti (Ri-Fi, RDZ ST 14251)
1975 – Noi innamorati… d’improvviso (Ri-Fi, RDZ ST 14263)
1975 – Napoli alla mia maniera (Ri-Fi, RDZ ST 14266)
1976 – Flash back (Warner Bros. Records, T 56187)
1976 – La mia estate con te (Warner Bros. Records, T 56262)
1977 – Il giorno e la notte (Warner Bros. Records, T 66055)
1978 – Professionista di notte (Warner Bros. Records, T 56514)
1979 – Lunedì (Warner Bros. Records, T 56623)
1979 – Fred Brasil (Warner Bros. Records, T 56763)
1980 – Fred & Bongusto (Warner Bros. Records, T 56835)
1981 – Fortunatamente ancora l’amore (Dischi Ricordi, SMRL 6278)
1982 – Freddissimo (Dischi Ricordi, SMRL 6290)
1983 – Belle bugie (Dischi Ricordi, SMRL 6300)
1984 – Appuntamento con la luna (Dischi Ricordi, SMRL 6313)
1985 – …dillo tu (Dischi Ricordi, SMRL 6327)
1986 – Guancia a guancia (Dischi Ricordi, SMRL 6354)
1987 – Cioccolata (Dischi Ricordi, SMRL 6371)
1988 – Paradiso perduto (Fonit Cetra, TLPX 205)
1989 – Le donne più belle (Fonit Cetra, TLPX 220)
1990 – Appena posso, torno (Fonit Cetra, CDL 254)
1991 – Una canzone per ballare (Five Record, CD FM 18005)
1992 – Io dopo i giorni degli azzimi (Nar, CDPD 3292)
1992 – Ancora insieme/We’ll Be Together Again (E.M. Olona)
1994 – Facciamo finta di volerci bene… (Fonit Cetra, CDL 377)
1995 – Fred (E.M. Olona/Dischi Ricordi, NR 4212-2)
1996 – Due ragazzi così – live ’96 (Polygram, 531 715-2) (con Peppino di Capri)
1997 – E io le canto accussì (Nar/Warner Music, 04429-5012-2)
1997 – La luna (ANS Records)

Raccolte
1964 – Le canzoni di Fred Bongusto (Primary/Ri-Fi, CRA LP 96007)
1967 – Fred Bongusto (Ri-Fi, RFM-LP 14803)
1968 – Fred Bongusto (RCA, PSL 10434)
1972 – Eccezionale Fred – Le più belle canzoni di Fred Bongusto (Ri-Fi, RDZ-ST14218)
1973 – Amore fermati (Ri-Fi, REL-ST 19106)
1973 – I re del night (serie “Penny”) (Ri-Fi, REL-ST 19142) (con Don Marino Barreto Jr. e Bruno Martino)
1973 – Fred Bongusto international (Temi da film composti e interpretati da Fred Bongusto) (Ri-Fi, REL-ST 19166)
1974 – Fred Bongusto (RCA, TCL1 1076)
1975 – Amabile Fred (serie “Penny”) (Ri-Fi, REL-ST 19262)
1975 – Doce doce ((Ri-Fi, RLV-ST 90515)
1976 – Il night (serie “Penny”) (Ri-Fi, REL-ST 19307) (con The Lovelets e Bruno Martino)
1977 – Ancora un po’…con sentimento (Ri-Fi, RLV-ST 90539)
1977 – Ti amo e poi… (Ri-Fi, REL-ST 19360)
1978 – Fred Bongusto (serie “Double Music” (Cetra, DPU 84)
1980 – Strettamente confidenziale (serie “Penny Oro”) (Ri-Fi, RPO/ST 72007)
1980 – Con sentimento… (serie “Penny Oro”) (Ri-Fi, RPO/ST 72035)
1980 – Il meglio di Fred Bongusto (serie “Linea Tre”) (RCA, NL 33144)
1980 – Pensieri d’amore (serie “Record Bazaar”) (CGD, RB 246)
1981 – Chi ci sarà dopo di me (serie “Orizzonte”) (Dischi Ricordi, ORL 8534)
1981 – Gli amori veri (serie “Orizzonte”) (Dischi Ricordi, ORL 8535)
1981 – Noi innamorati… (serie “Penny Oro”) (Ri-Fi, RPO/ST 72047)
1981 – Live – Fred tra di voi (Warner Bros., T 56907)
1982 – Personale di Fred Bongusto (serie “Linea Tre”) (K, ZNLKR 33320)
1982 – I grandi successi di Fred Bongusto (serie “Linea Tre”) (K, ZNLKR 33328)
1982 – Fred Bongusto (serie “Profili Musicali”) (Dischi Ricordi, SRIC 012)
1982 – Premiata ditta “Italia” vol.2 (serie “Penny Oro”) (Ri-Fi, RPO 75013)
1982 – Alla prima maniera (Fonit Cetra, PL 608)
1983 – L’album di Fred Bongusto (RCA, ML 33385-3)
1984 – Fred Bongusto (Dischi Ricordi, AORL 38785)
1985 – 25 (Dischi Ricordi, STVL 6342)
1986 – Le più belle canzoni di Fred Bongusto (WEA, 2292 40884-2)
1986 – Fred Bongusto (serie “MusicA”) (CGD, LSM 1092)
1986 – Peppino e Fred – La classe e lo stile (Vip, COM 20510) (con Peppino di Capri)
1987 – I grandi successi di Fred Bongusto (Sigla, ZL 71377)
1987 – Ore d’amore (serie “Flashback”) (RCA, ND 71418)
1987 – Il meglio di (Dischi Ricordi, CDOR 8967)
1987 – Raccolta di successi vol.1 (Dischi Ricordi, CDOR 9143)
1987 – Raccolta di successi vol.2 (Dischi Ricordi, CDOR 9144)
1992 – Il nostro amore segreto (Replay Music, RMCD 2068)
1992 – Una rotonda…ed altri successi (Nar, CD 57056)
1992 – Dulcinea (Nar, CD 57057)
1993 – Una rotonda sul mare (Joker, 10043)
1993 – Se t’innamorerai… (Replay Music, RMCD 2079)
1993 – I più grandi successi (Gulp!, CD GU 1745)
1994 – I successi di Fred Bongusto (Music Market, 74321 18671-2)
1994 – Il meglio (Discopiù/D.V. More Record, CD DV 5788)
1995 – …il nostro disco che suona (Joker, CD 22026)
1996 – I re del night (Db Records/CGD, 177120018-2) (con Peppino di Capri)
1996 – Una rotonda sul mare (Joker, CD 22119)
1997 – Gli anni d’oro (BMG Ricordi, 74321 508872)
1997 – Fred Bongusto (serie “Protagonisti”) (Harmony/BMG Ricordi, 74321 51665-2)
1999 – Spaghetti a Detroit (Warner Fonit, 3984 29121-2)
2000 – Fred Bongusto (serie “Flashback – I Grandi Successi Originali”) (BMG Ricordi, 7432175052-2)
2000 – Una rotonda sul mare (serie “The Originals”) (Azzurra Music, TBP1510)
2003 – Canzoni indimenticabili (serie “Best Italia”) (IT-WHY, IT PACK 53)
2004 – Balliamo (Lucky Planets, LKP 506)
2004 – O’ cielo ce manna sti’ cose (Lucky Planets, LKP 507)
2004 – Le mie canzoni – Platinum edition (Nar/Edel, NAR 13604-2)
2005 – Una rotonda sul mare (serie “Imperdibili”) (SMI, 621 DDD)
2005 – Le più belle canzoni di Fred Bongusto (Warner Music, 5051011-1647-2-9)
2006 – Fred Bongusto (serie “I superissimi – I supereroi del jukebox”) (MusicTime/Sony Music, CDMT 35004)
2006 – Gold Italia collection (Sony Music/BMG, 7432151652)
2008 – The collection (Halidon)
2009 – Il meglio (D.V. More Record, CDDV 7074)
2009 – I successi (D.V. More Record, CDDV 7095)
2009 – Il buon gusto di chiamarsi…Fred (D.V. More Record, MRCD 4410-2)
2009 – Fred Bongusto (serie “Flashback – I Grandi Successi Originali”) (Sony Music, 88697517392)
2010 – Il meglio di Fred Bongusto (Edel, 0206060 ERE)
2016 – Playlist (Rhino Records/Warner Music, 5054197198229)
2016 – Il meglio di Fred Bongusto grandi successi (Nar, 114162)
2017 – Gold edition (Edel)

Singoli
1959 – Tu sei l’orizzonte/Stringimi e baciami (Posses Me) (Primary, CRA 91806) (con I 4 Loris)
1961 – Madison Italiano/Notte d’amore (Primary, CRA 918013) (con I 4 Loris)
1962 – Bella bellissima/Doce, doce… (Primary, CRA 91820)
1962 – Chist’è ammore/My love is dead (Primary, CRA 91840)
1962 – Poquito por mi/Ti lascio (Primary, CRA 91860)
1962 – Caterina/Frida (Primary, CRA 91863)
1962 – Poquito por mi/Caterina (Primary, CRA 91871)
1962 – Con maracas chica/Lucky Twist (Primary, CRA 91875)
1962 – Madeleine Aufwiedersehen/Buona notte, angelo mio (Primary, CRA 91879)
1963 – Amore fermati…/E…dopo (Primary, CRA 91898)
1963 – Malaga/Tu no capire (Primary, CRA 91901)
1963 – Sigrid – Malaga/Hoo Goo Noo – Amore Fermati (Primary, CRA EP 95013)
1963 – Doce doce/Frida (Primary, CRA 91904)
1963 – Poquito por mi/Dedicata ad un angelo (Primary, CRA 91908)
1963 – Chi ci sarà dopo di te/Vierno (Primary, CRA 91919)
1964 – Mare non cantare/Va bbuono (Primary, CRA 91928)
1964 – Carolaina/Mare non cantare (Primary, CRA 91930)
1964 – Va bbuono/Ora che ti sto perdendo (Primary, CRA 91931)
1964 – Una rotonda sul mare/Chi ci sarà dopo di te (Primary, CRA 91934)
1964 – Napoli c’est fini/Tu nun ‘e a chianghere (Primary, CRA 91935)
1964 – O cielo ce manna sti ‘ccose/Tutti mi dicono (Primary, CRA 91943)
1964 – ‘A nnammurata mia/Da cosa nasce cosa (Primary, CRA 91944)
1965 – Aspetta domani/Non ti ho dato mai le rose (Fonit, SPF 31162)
1965 – Ancora…ancora…/Tu nun me vuoi (Fonit, SPF 31167)
1965 – Il mare quest’estate/Se t’innamorerai (Fonit, SPF 31170)
1965 – Se tu non fossi bella come sei/Annabella (Fonit, SPF 31173)
1965 – A man…a story/Se tu non fossi bella come sei (Fonit, SPF 31174)
1965 – Adios gringo/Il ragazzo dai capelli bianchi (Fonit, SPF 31180)
1966 – Quella cosa che…/Stupendamente giovane (Fonit, SPF 31186)
1966 – Prima c’eri tu/Tu non sbagli mai (Fonit, SPF 31191)
1966 – Io non so chi sei/Se t’innamorerai (Fonit, SPF 31196)
1966 – Helga/La vie en rose (Fonit, SPF 31200)
1967 – Gi/Cielo azzurro (Fonit, SPF 31201)
1967 – …e mi consuma l’estate/Spaghetti, insalatina e una tazzina di caffè a Detroit (RCA Italiana, PM45-3409)
1967 – Ore d’amore (Over and over)/Se l’amore potesse ritornare (RCA Italiana, PM 3426)
1968 – Che sera triste che chiaro ‘e luna (Le foglie morte)/Il fischio (Se mi vuoi bene scendi giù) (RCA Italiana, PM 3455)
1969 – May be one, may be none/A te (RCA Italiana, PM 3469) (con Luis Enriquez)
1969 – Una striscia di mare/Ciao nemica (Clan Celentano, BF 69007)
1969 – Tra cinque minuti/Angelo straniero (Clan Celentano, BF 69032)
1969 – Nell’alba alle sei/Tremila anni fa (Clan Celentano, BF 69036)
1970 – Il nostro amor segreto/Sul blu (Ri-Fi, RFN NP 16409)
1971 – Quando mi dici così/Viviane (Ri-Fi, RFN NP 16426)
1971 – Rosa/Moon (Ri-Fi, RFN NP 16451)
1971 – Sei tu, sei tu/Gratta, gratta…amico mio (Ri-Fi, RFN NP 16463)
1971 – Questo nostro grande amore/O primmo treno… (Ri-Fi, RFN NP 16486)
1972 – Invece no/Non è un capriccio d’agosto (Ri-Fi, RFN NP 16494)
1972 – 4 colpi per Petrosino/La canzone di Frank Sinatra (Ri-Fi, RFN NP 16502)
1972 – L’importanza di un disco/La mia vita non ha domani (M’insegnasti tutto dell’amore) (Ri-Fi, RFN NP 16514)
1973 – Se ci sta lei (Oh babe, what would you say)/Sciocca (Ri-Fi, RFN NP 16540)
1973 – Tre settimane da raccontare/L’amore (Ri-Fi, RFN NP 16544)
1973 – White Christmas/Natale dura un giorno (Ri-Fi, RFN NP 16551) (con Iva Zanicchi)
1974 – Perdonami amore/L’amore (Ri-Fi, RFN NP 16570)
1974 – Tu sei così/Never never (Ri-Fi, RFN NP 16579)
1974 – Doppio whisky/Dimmi che mi vuoi (Ri-Fi, RFN NP 16582)
1974 – Io non ci provo gusto/Rosa (Ri-Fi, RFN NP 16595)
1974 – Polvere di stelle/Arrotino (Ri-Fi, RFN NP 16601)
1975 – Che bella idea/Michela (Ri-Fi, RFN NP 16614)
1975 – Noi innamorati…d’improvviso/L’amore ha detto addio (Ri-Fi, RFN NP 16629)
1975 – Come closer to me/Se cerchi un po’ (Warner Bros. Records, T 16652)
1976 – La mia estate con te/Lui (Warner Bros. Records, T 16747)
1977 – Pietra su pietra/Balliamo (Warner Bros. Records, T 16924)
1977 – Una rotonda sul mare/La foto (Warner Bros. Records, T 17073)
1978 – Carissimo maestro di Padova…/Bruttissima, bellissima (You’re my everything) (Warner Bros. Records, T 17183)
1979 – Lunedì/3 ore d’amore (Warner Bros. Records, T 17343)
1979 – Se il mondo avesse qualcosa di te/Nao chores mais (Warner Bros. Records, T17499)
1980 – Facciamo pace/La cicala (Warner Bros. Records, T 17625)
1981 – Dica 33/Poco (Dischi Ricordi, SRL 10941)
1982 – Comm’aggia fa/Stretti (Dischi Ricordi, SRL 10962)
1983 – Attento disc-jockey/Mon amour (Dischi Ricordi, SRL 10979)
1983 – Quello che ti porta a Rio/Mon amour (Dischi Ricordi, SRL 10995)
1984 – Vivi la tua musica/Quello che ti porta a Rio (Dischi Ricordi, SRL 11006)
1986 – Cantare/Frida (Dischi Ricordi, SRL 11034)
1987 – Che serata/Italian dream (Dischi Ricordi, SRL 11054)
1989 – Scusa/Le donne più belle (Panarecord, PDN 45024)
1992 – Mariluna/Amanti sconosciuti (NAR International/Dischi Ricordi, CDPB102) (CD singolo promozionale)
1993 – Brasiliando (BMG Ariola, 74321-15622-2) (con Toquinho) (CD singolo promozionale)
2010 – Back to Rome (Sifare edizioni musicali)


Colonne sonore
1967 – Il tigre, regia di Dino Risi
1968 – Uno dopo l’altro, regia di Nick Nostro
1969 – Un detective, regia di Romolo Guerrieri
1970 – Il divorzio, regia di Romolo Guerrieri
1970 – Venga a prendere il caffè da noi, regia di Alberto Lattuada
1970 – La pelle degli altri, documentario, regia di Marino Marzano
1971 – Il furto è l’anima del commercio!?…, regia di Bruno Corbucci
1972 – Nonostante le apparenze… e purché la nazione non lo sappia… All’onorevole piacciono le donne, regia di Lucio Fulci
1972 – Bianco, rosso e…, regia di Alberto Lattuada
1972 – Gli ordini sono ordini, regia di Franco Giraldi
1972 – L’amico del padrino, regia di Frank Agrama
1973 – Malizia, regia di Salvatore Samperi
1974 – Peccato veniale, regia di Salvatore Samperi
1974 – Le farò da padre, regia di Alberto Lattuada
1975 – Conviene far bene l’amore, regia di Pasquale Festa Campanile
1975 – Sensualidad, regia di Germán Lorente
1976 – Al piacere di rivederla, regia di Marco Leto
1976 – Oh, Serafina!, regia di Alberto Lattuada
1979 – Bel Ami (miniserie TV, 4 episodi)
1980 – La cicala, regia di Alberto Lattuada
1980 – Fantozzi contro tutti, regia di Neri Parenti e Paolo Villaggio
1981 – Peccati di giovani mogli, regia di Angelo Pannacciò
1981 – Fracchia la belva umana, regia di Neri Parenti
1982 – Sesso e volentieri, regia di Dino Risi
1984 – Fotografando Patrizia, regia di Salvatore Samperi
1986 – Super Fantozzi, regia di Neri Parenti
1987 – Provare per credere, film TV, regia di Sergio Martino
1988 – Kamikazen – Ultima notte a Milano, regia di Gabriele Salvatores
1991 – Malizia 2mila, regia di Salvatore Samperi
2007 – Nel supremo interesse della nazione – A History of Censorship (videodocumentario), regia di Federico Caddeo

Una rotonda sul mare


Una rotonda sul mare
il nostro disco che suona
vedo gli amici ballare
ma tu non sei qui con me.
Amore mio dimmi se sei triste così come me, dimmi se chi ci separò è sempre lì
accanto a te se tu sei felice con lui o rimpiangi qualcosa di me, io ti penso sempre
sai, ti penso.
Una rotonda sul mare
il nostro disco che suona
vedo gli amici ballare
ma tu non sei qui con me.

ALBERTO BONUCCI
Ironia da grande set

Alberto Bonucci

Alberto Bonucci nasce il 19 maggio 1918 a Campobasso. Attore dal raffinato umorismo, grande talento dell’ironia, comincia la sua carriera nella compagnia De Sica-Besozzi-Gioi, quindi passa al Piccolo Teatro di Milano dove, nel 1948, porta la sua stravolta comicità ne “Il corvo” di Carlo Gozzi.
Nel 1951 arriva la grande notorietà con il famoso “Teatro dei gobbi”, che fonda in quello stesso anno insieme a Franca Valeri e Vittorio Caprioli. Storica compagnia che, con rara intelligenza, offre sketch pungenti senza ausilio di scene (solamente un paravento) e costumi. E’ un clamoroso successo.
Partecipa allo spettacolo “Intrighi d’amore” nel 1951 e in alcune riviste come il famoso “Carosello napoletano” di Giannini, in “Senza rete” (1954) scritto e realizzato insieme a Paolo Panelli, in “Irma, la dolce” a fianco di Anna Maria Ferrero (1958), e “Buonanotte Bettina” di Garinei e Giovannini (1960).
Per la televisione partecipa anche al varietà “Biblioteca di Studio Uno: Odissea” (Rai, 1964), nel ruolo di Ettore della Giovenca.
Offre la sua vena ironica in tantissimi film. Ecco l’elenco dettagliato di quelli in cui ha un ruolo da protagonista: “Luci del varietà” di Federico Fellini e Alberto Lattuada, con Peppino De Filippo, Giulietta Masina, Dante Maggio, Vittorio Caprioli, Franca Valeri, Alberto Lattuada e Giacomo Furia (1950); “Totò a colori” di Steno con Luigi Pavese, Virgilio Riento, Galeazzo Benti, Isa Barzizza, Mario Castellani, Franca Valeri, Vittorio Caprioli. Il suo ruolo è quello del regista russo (1952); “La moglie è uguale per tutti” di Giorgio Simonelli, con Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Nino Taranto, Carlo Dapporto, Yvonne Sanson, Lea Padovani, Tina Pica (1955); “Susanna tutta panna” di Steno, con Ettore Manni, Memmo Carotenuto, Mario Carotenuto, Marisa Allasio, Alberto Rabagliati, Giacomo Furia, Nino Manfredi (1957); “Promesse di marinaio” di Turi Vasile, con Antonio Cifariello e Renato Salvatori (1958); “Il terrore dell’Oklahoma” di Mario Amendola, con Valeria Moriconi, Delia Scala, Mario Carotenuto, Maurizio Arena (1959); “Un mandarino per Teo” di Mario Mattali, con Walter Chiari, Riccardo Billi, Ave Ninchi, Sandra Mondani (1960); “Walter e i suoi cugini” di Marino Girolami, con Walter Chiari, Riccardo Billi, Valeria Fabrizi e Ave Ninchi. Nel ruolo del dottor Sisini (1961); “Pugni, pupe e marinai” di Daniele D”Anza, con Ugo Tognazzi, Paolo Ferrari, Maurizio Arena e Gloria Paul. Nel ruolo del dottor Milanò (1961); “I motorizzati” di Camillo Mastrocinque, con Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Walter Chiari, Franca Valeri (1962); “Siamo tutti pomicioni” di Marino Girolami, con Margaret Lee, Raimondo Vianello, Mario Carotenuto, Sandra Mondani (1963); “Sedotti e bidonati” di Giorgio Bianchi, con Leopoldo Trieste, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia (1964); “Un mostro e mezzo” di Stefano Vanzina, con Margaret Lee, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia. Nel ruolo del professor Carogni (1964); “Cleopazza” di Carlo Moscoviti, con Don Backy e Ave Ninchi (1964); “Le sette vipere” di Renato Polselli, con Aroldo Tieri, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Lisa Gastoni, Valeria Fabrizi, Solvi Stubing e Gloria Paul. Nel ruolo dell’avvocato di Lorenzo (1965); “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario, con Rossana Podestà, Philippe Leroy, Renzo Palmer e Giampiero Alberini (1965); “Questo pazzo, pazzo mondo della canzone” di Bruno Corrucci e Gianni Grimaldi, con Margaret Lee, Aroldo Tieri, Gianni Morandi, Edoardo Vianello, Valeria Fabrizi, Sandra Mondani (1966); “Sette monaci d’oro” di Bernardo Rossi, con Raimondo Vinello e Aldo Fabrizi (1966). Tra gli altri film in cui ha ruoli minori: “Villa Borghese” (1953); “La piccola guerra” (1955), nel ruolo di Raphaël; “Lo svitato” (1955), nel ruolo di un vigile urbano; “Ladro lui, ladra lei” (1958), nel ruolo del negoziante; “Femmine tre volte” (1959), nel ruolo di Cantucci; “Il mattatore” (1960), nel ruolo di Gloria Patri; “Il sangue e la rosa” (1961), nel ruolo di Carlo Ruggirei; “Il giudizio universale” (1961), nel ruolo dell’ospite di Mattoni; “Scandali al mare” (1961); “Le magnifiche sette” (1961), nel ruolo del professor Valdo; “Gli incensurati” (1961); “Twist, lolite e vitelloni” (1962); “Fra Diavolo” (1963); “Gli imbroglioni” (1963), episodio “La società calcistica”, nel ruolo del presidente di Parigi; “I quattro moschettieri” (1963), nel ruolo di Cyrano de Bergerac; “Le monachine” (1963), nel ruolo del signor Batistucchi; “La donna degli altri è sempre più bella” (1963), episodio “I Promessi Sposi”, nel ruolo del maestro; “Amore in quattro dimensioni” (1963), nel ruolo del produttore Pallotta; “La vedovella” (1964), nel ruolo dell’assessore Caputo; “Oltraggio al pudore” (1964); “Follie d’Europa” (1964); “Mondo pazzo… gente matta!” (1965); “Letti sbagliati” (1965), episodio “Quel porco di Maurizio”; “I figli del leopardo” (1965), nel ruolo di Babalone; “Il ladro della Gioconda” (1966); “La bisbetica domata” (1967), nel ruolo di Nathaniel; “Il grande colpo dei sette uomini d’oro” (1967); “Crónica de nueve meses” (1967) Come regista dirige “L’amore difficile” (1962), episodio “Il serpente”.
Importante anche la sua attività di doppiatore.
Scompare a causa di un tumore ad appena 51 anni, il 5 aprile 1969 a Roma, dove viveva.

EMILIO BONUCCI
Quelle radici ronconiane…

Emilio Bonucci, attore e doppiatore, nasce a Roma nel 1948 dall’attore molisano Alberto Bonucci. Inizia a recitare, giovanissimo, già negli anni sessanta. In teatro esordisce a 21 anni, nel 1969, con “L’Orlando furioso” diretto da Luca Ronconi.
Nel corso della carriera si esibisce in vari tipi di repertorio, da Shakespeare (soprattutto negli anni settanta) a “Il malato immaginario” (1974), da “Ifigenia in Taurine” (1982) alla “Locandiera” di Goldoni (1991), fino a “La passione secondo Giovanni” (1994), “Ecuba” (1995), “Quel pasticciaccio brutto di via Merulana” (1996), “Schweyk nella seconda guerra mondiale” (1997).
Per quanto riguarda il cinema, inizia nel 1968 con una piccola parte in “Chimera” di Ettore Maria Fizzarotti con Gianni Morandi e Laura Efrikian, cui seguono, tra gli altri, “Uomini contro” (1970) di Francesco Rosi; “Corbari” (1970); “Le castagne sono buone” (1970); “Il prete sposato” (1971); “Stelle cadenti” (1972); “Canterbury proibito” (1972); “Number one” (1974); “Delitto d’autore” (1974); “Delitto d’amore” (1974) di Luigi Comencini; “Cani arrabbiati” (1974), nel ruolo del tassista; “Il cuore di mamma” (1988), nel ruolo di Giorgio; “Per tutto il tempo che ci resta” (1998) di Vincenzo Terracciano, con Ennio Fantastichino e Vincenzo Peluso; “Roma, Paris, Barcelona” (1989) di Paolo Grassini, con Giulio Scarpati; “Malesh” (1993) di Angelo Cannavacciuolo, con Ida Di Benedetto e Marina Suma; “La Venere di Willendorf” (1996); “Amare per sempre” (1998), nel ruolo del dottor Domenico Caracciolo; “Per tutto il tempo che ci resta” (1998), nel ruolo di padre Francesco Grimaldi; “Il manoscritto di Van Hecken” (1999) di Nicola De Rinaldo; “Riconciliati” (2000) di Rosalia Polizzi, nel ruolo di Nanni.
Negli anni novanta si dedica molto alla televisione, recitando in diversi film tv e fiction, tra cui “L’ingegnere ama troppo le cifre” (1989), nel ruolo di Frédéric Fargeon; “Donna” (1995); “La piovra 8” (1997) di Giacomo Battiato, nel ruolo dell’onorevole Riccardo Mascarino; “La casa bruciata” (1997) di Massimo Spano, nel ruolo di Hector; “Lui e lei” (1998) di Luciano Manuzzi, nel ruolo di Aldo Ricci; “Ultimo” (1998) di Stefano Reali, per Canale 5; “La donna del treno” (1998) di Carlo Lizzani, nel ruolo del commissario Baldi; “Fine secolo” (1999) di Gianni Lepre, nel ruolo di Walter Lombardi; “Nanà” (1999) di Alberto Negrin, nel ruolo di Fontan; “Incantesimo 4” (2001) di Alessandro Cane e Leandro Castellani, nel ruolo di Carlo Giudici; “Le inchieste del commissario Maigret: il pazzo di Bergerac”, nel ruolo del dottor Rivaud (radiofonica); “Una vita sottile” (2003), nel ruolo di Angelo Russo.
Importante la sua attività di doppiatore. Tra gli attori doppiati al cinema spicca Michael Kitchen in “Mrs. Dalloway”, in tv Antonio Banderas in “Il giovane Mussolini”.

Film
Chimera, regia di Ettore Maria Fizzarotti (1968)
Cerca di capirmi (1970)
Corbari, regia di Valentino Orsini (1970)
Uomini contro, regia di Francesco Rosi (1970)
La tecnica e il rito (1971)
Number One, regia di Gianni Buffardi (1973)
Cani arrabbiati, regia di Mario Bava (1974)
Delitto d’amore, regia di Luigi Comencini (1974)
Delitto d’autore (1974)
Cuore di mamma, regia di Gioia Benelli (1988)
Malesh (1993)
Marciando nel buio (1995)
Amare per sempre (1996)
La casa bruciata (1997)
La venere di Willendorf (1997)
Per tutto il tempo che ci resta (1998)
Il manoscritto di Van Hecken (1999)
Riconciliati (2000)
La canarina assassinata (2008)
La casa sulle nuvole (2009)

FLAVIO BUCCI
L’eterno Ligabue

Flavio Bucci in “Ligabue”

Flavio Bucci è nato il 25 maggio 1947 a Torino da padre di Casacalenda (Campobasso).
Attore nonché importante doppiatore, ha frequentato la Scuola del teatro Stabile di Torino ed ha esordito nel cinema nel 1971 con “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri. Ha quindi recitato in “L’amante dell’orsa maggiore” del 1972 e in “La proprietà non è più un furto” del 1973, cui hanno fatto seguito: “L’ultimo treno della notte” (1975), “I giorni della chimera” (1975), “L’orca” (1976), “L’Agnese va a morire” (1976), “Suspiria” (1977), “Una spirale di nebbia” (1977) e
“Dove volano i corvi d’argento” (1977). Ha quindi raggiunto il grande successo nel 1978 con la produzione televisiva “Ligabue” diretta da Salvatore Nocita, anno in cui ha anche prodotto il primo lungometraggio di Nanni Moretti, “Ecce Bombo”.
A seguire: “Gegè Bellavista” (1978), “Ammazzare il tempo” (1979), l’importante “Maledetti vi amerò” (1980), “Uomini e no” (1980), “Il marchese del Grillo” con Alberto Sordi (1981), “Matlosa” (1981), “La montagna magica” (1982), “Der Zauberberg” (1982), “L’inceneritore” (1982), “Sogno di una notte d’estate” (1983), “La Piovra 1” (1984), “Tex Willer e il signore degli abissi” (1985), “Le due vite di Mattia Pascal” (1985), “La donna delle meraviglie” (1985), “La posta in gioco” (1987), “Il giorno prima” (1987), “Secondo Ponzio Pilato” (1987), “Com’è dura l’avventura” (1988), “Pierino stecchino” (1992), “Teste rasate” (1992), “Anni 90” (1992), “Amami” (1992), “Quando le montagne finiscono” (1994), “Fratelli coltelli” (1997), “La carabina” (1997), “Frigidaire – Il film” (1998), “I miei più cari amici” (1998), “Lucignolo” (1999), “Muzungu” (1999), “Hotel Dajti – Una storia al di là del mare” (2000), “Volesse il cielo!” (2001), “Lettere al vento” (2002), “Caterina va in città” (2003). In televisione è stato tra i protagonisti, oltre che del già ricordato “Ligabue”, degli sceneggiati “Circuito chiuso” (Rai, 1977), “Martin Eden” (Rai, 1979), “Il prete di Caltagirone” (Rai, 1980), “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Piero Schivazappa (Rai, 1982), “Il caso Graziosi” (Rai, 1982), “La Piovra” (Rai, 1984), “La zia di Frankenstein” (Rai, 1986), “I Promessi Sposi” (Rai, 1989) di Salvatore Nocita e “Provincia segreta” (Rai, 1998) e delle serie “Garibaldi il generale” (Rai, 1987), “La dottoressa Giò” (Retequattro, 1997) e “La dottoressa Giò 2” (Retequattro, 1998).

Flavio Bucci in “La proprietà non è più un furto”

Ma Flavio Bucci è soprattutto un grandissimo attore teatrale.
Lungo l’elenco delle produzioni teatrali cui ha preso parte (molte delle quali scritte da lui). Su tutte “Diario di un pazzo” (1975, 1984, 1989, 1993). Ma ricordiamo anche: “Arcitreno” (1968), “Pee Gynt” (1969), “Amleto” (1969), “Tre scimmie in un bicchiere” (1969), “Arrabal e la guerra” (1969), “La commedia cuteraria” (1972), “Cuore di cane” (1972), “I masnadieri” (1975), “Don Chisciotte” (1978), “Memorie di un clown” (1982), “Il re muore” (1984), “Lorenzaccio” (1985), “Lo strano mondo di Alex” (1986) “Ce ce” (1988), “La patente” (1988), “Ditegli sempre di sì” (1989), “Giganti della montagna” (1989), “Empedocle” (1990), “L’uomo, la bestia, la virtù” (1990), “Il borghese gentiluomo” (1991), “Antigone” (1991), “Bellavita e amicizia” (1991), “Il fu Mattia Pascal” (1993), “Sogno di una notte incantata d’estate” (1993), “Uno, nessuno, centomila” (1995, 1998), “Rudens” (1996), “Chi ha paura di Virginia Woolf?” (1998), “Venga a prendere il caffè da noi” (2000), “Caro bugiardo” (2000), “Adorabile Giulia” (2001), “Riccardo III” (2003).
Importante ricordare anche la sua attività di doppiatore, che ha la sua gemma nella voce italiana di John Travolta (Tony Manero) nel film “La febbre del sabato sera” del 1977, lavorando anche in “Grease” (Danny Zuko) nel 1978.
Ha doppiato anche Gerard Depardieu (Giovanni) in “L’ultima donna” e Miki Manoljlovic (Marko) in “Underground”.
Ha lasciato il segno anche in un telefilm di culto: è la voce di Anson Williams (Warren “Potsie” Weber) in “Happy Days”.

Film
La classe operaia va in paradiso, regia di Elio Petri (1971)
L’amante dell’Orsa Maggiore, regia di Valentino Orsini (1972)
Il generale dorme in piedi, regia di Francesco Massaro – non accreditato (1972)
La proprietà non è più un furto, regia di Elio Petri (1973)
L’ultimo treno della notte, regia di Aldo Lado (1975)
I giorni della chimera, regia di Franco Corona (1975)
La orca, regia di Eriprando Visconti (1976)
L’Agnese va a morire, regia di Giuliano Montaldo (1976)
Italian Superman, episodio di Quelle strane occasioni, regia di Nanni Loy (1976)
Suspiria, regia di Dario Argento (1977)
Una spirale di nebbia, regia di Eriprando Visconti (1977)
Dove volano i corvi d’argento, regia di Piero Livi (1977)
Gegè Bellavita, regia di Pasquale Festa Campanile (1978)
Ammazzare il tempo, regia di Mimmo Rafele (1979)
Maledetti vi amerò, regia di Marco Tullio Giordana (1980)
Matlosa (Matlosa), regia di Villi Hermann (1981)
Uomini e no, regia di Valentino Orsini (1981)
Il marchese del Grillo, regia di Mario Monicelli (1981)
La montagna incantata, regia di Hans W. Geissendörfer (1982)
L’inceneritore, regia di Pier Francesco Boscaro dagli Ambrosi (1982)
Sogno di una notte d’estate, regia di Gabriele Salvatores (1983)
Le due vite di Mattia Pascal, regia di Mario Monicelli (1985)
Tex e il signore degli abissi, regia di Duccio Tessari (1985)
La donna delle meraviglie, regia di Alberto Bevilacqua (1985)
Il giorno prima, regia di Giuliano Montaldo (1987)
Pehavý Max a strasidlá, regia di Juraj Jakubisko (1987)
Il mistero del panino assassino, regia di Giancarlo Soldi (1987)
Secondo Ponzio Pilato, regia di Luigi Magni (1987)
Com’è dura l’avventura, regia di Flavio Mogherini (1987)
La posta in gioco, regia di Sergio Nasca (1988)
Anni 90, regia di Enrico Oldoini (1992)
Amami, regia di Bruno Colella (1993)
Teste rasate, regia di Claudio Fragasso (1993)
Quando le montagne finiscono, regia di Daniele Carnacina (1994)
Fratelli coltelli, regia di Maurizio Ponzi (1997)
La carabina, regia di Sergio Russo – cortometraggio (1997)
I miei più cari amici, regia di Alessandro Benvenuti (1998)
Frigidaire – Il film, regia di Giorgio Fabris (1998)
Lucignolo, regia di Massimo Ceccherini (1999)
Muzungu, regia di Massimo Martelli (1999)
Volesse il cielo!, regia di Vincenzo Salemme (2002)
Hotel Dajti, regia di Carmine Fornari (2002)
Lettere al vento, regia di Edmond Budina (2003)
Caterina va in città, regia di Paolo Virzì (2003)
Il silenzio dell’allodola, regia di David Ballerini (2005)
L’uomo spezzato, regia di Stefano Calvagna (2005)
Lezioni di volo, regia di Francesca Archibugi (2007)
La morte di pietra, regia di Roberto Lippolis (2008)
Il divo, regia di Paolo Sorrentino (2008)
Mai altri, regia di Fabio Perroni – cortometraggio (2008)
Fly Light, regia di Roberto Lippolis (2009)
Border Line, regia di Roberto Lippolis (2010)
La scomparsa di Patò, regia di Rocco Mortelliti (2010)
La grande rabbia, regia di Claudio Fragasso (2016)
Il vangelo secondo Mattei, regia di Antonio Andrisani e Pascal Zullino (2016)
Agadah, regia di Alberto Rondalli (2017)
La cornice, regia di Nour Aya (2018)

MARIA GRAZIA CALANDRONE
La scrittrice candidata allo “Strega”

Maria Grazia Calandrone è nata a Milano nel 1964 da famiglia molisana. Vive a Roma, nel quartiere Appio. E’ poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, artista visiva, autrice e conduttrice per la Rai. Scrive per il Corriere della Sera e tiene laboratori di poesia nelle scuole e nelle carceri. Con i suoi libri di poesia ha vinto importanti premi. La sue due opere Splendi come vita (2021) e Dove non mi hai portata (2022), sono entrate nella dozzina del Premio Strega.

La sua vicenda familiare l’ha spinta a ricercare le radici molisane, pur tra mille difficoltà.

MACCIO CAPATONDA
L’umorismo surrealista

Maccio Capatonda, nome d’arte di Marcello Macchia, è nato a Vasto, in Abruzzo, da madre di Montenero di Bisaccia (Campobasso). E’ cresciuto a Chieti, dove ha cominciato a realizzare i suoi primi sketch comici. Nel 2001 si è laureato a Perugia in tecniche pubblicitarie.
Nel mondo dello spettacolo fa coppia con un altro attore molisano, Herbert Ballerina, nome d’arte di Luigi Luciano.
La prima notorietà Capatonda l’ha avuto partecipando ai programmi televisivi “Mai dire Lunedì” e “Mai dire Martedì”, dove crea divertenti promo cinematografici.
Nel 2013 è ideatore, regista e interprete principale della fortunata serie televisiva “Mario”.
Tra i suoi personaggi di successo, frutto di fiction televisive, vanno ricordati Padre Maronno, il cantante Mariottide, l’ispettore Catiponda e l’ispettore Santo Maroponda.
Nella stagione televisiva 2005-2006 ha preso parte allo show televisivo “All Music Show”, dove ha offerto sketch dissacranti di trasmissioni televisive, televendite e telefilm (tipo “Intralci” al posto di “Sentieri”, “Unreal Tv” parodia di “Real Tv”, “I corti di Mario Bruciapelo”,
Dal 23 febbraio 2009, Maccio è stato protagonista della web tv “FlopTv”, dove ha messo in scena “Sexy Spies”, parodia delle celebri “Charlie’s Angels” (tra le spie anche Lisa Dalla Via).
Dall’8 dicembre 2009 ha partecipato alla trasmissione di Raitre “Tatami” nel ruolo di Jerry Polemica, parodia del giornalismo investigativo alla Michael Moore.
Dal 24 gennaio 2011, insieme a Luigi Luciano (Herbert Ballerina) ed Enrico Venti (Ivo Avido), fa parte del programma radiofonico “Lo Zoo di 105”, su Radio 105, riproponendo alcuni dei suoi personaggi di successo come Padre Maronno, Mariottide, Jerry Polemica.
Dal 28 febbraio al 25 aprile 2013 è andata in onda su Mtv Italia la serie televisiva “Mario”, 18 episodi della durata di 20 minuti. Una seconda serie, composta da 16 episodi, è andata in onda dal 7 ottobre al 25 novembre 2014.
Frequenti i riferimenti ironici al Molise: in occasione del lancio del film “Omicidio all’italiana” insieme ad Herbert Ballerina nel 2017, chiede conto della promozione e viene a sapere che gran parte degli investimenti sono stati fatti nell’Alto Molise.

Film
Italiano medio, regia di Maccio Capatonda (2015)
Quel bravo ragazzo, regia di Enrico Lando (2016)
Omicidio all’italiana, regia di Maccio Capatonda (2017)

Televisione
Mario, regia di Maccio Capatonda – Serie TV (2013)
Il candidato – Zucca presidente, regia di Ludovico Bessegato – Serie TV (2014)
Mariottide la Sitcom, regia di Maccio Capatonda – Serie TV (2016)
The Generi, regia di Maccio Capatonda – Serie TV (2018)

PIERO CAPPUCCILLI
Il baritono per antonomasia

Piero Cappuccilli

Piero Cappuccilli è nato a Trieste il 9 novembre 1929 ed è morto nella città friulana l’11 luglio 2005, a 76 anni.
E’ stato un importante baritono italiano.
Nato da genitori di Ripabottoni (Campobasso), dopo gli studi di architettura a Roma, ha scoperto l’interesse per l’opera e nel 1956 ha debuttato al “Teatro Nuovo” di Milano in “Pagliacci”.
Nel 1957 ha vinto il “Concorso Viotti” a Vercelli, che lo ha portato in Germania attraverso una lunga tournée di 34 recite de “Il barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini.
Specializzatosi principalmente nel repertorio verdiano, è approdato anche al Metropolitan di New York nella “Traviata” nel 1960. S’impose come uno dei baritoni più affermati della nuova generazione.
Nel 1964 ha debuttato alla Scala in “Lucia di Lammermoor”, seguita da “Aida” e “Il Trovatore”. Nel 1966 ha esordito all’Arena di Verona nel “Rigoletto” e nel 1967 al Covent Garden di Londra nella “Traviata”.
Nel 1969 è negli Stati Uniti, a Chicago, con “I Puritani” e nel 1971 cantò alla Scala in “Simon Boccanegra”.
Nel 1973 è all’Opéra di Parigi nel “Trovatore”.
Nel 1975 è nuovamente a Milano in “Macbeth”, con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Giorgio Strehler.
Dello stesso anno è il “Don Carlo” a Salisburgo.
Nel 1976, ancora alla Scala, con “Otello” con la direzione di Carlos Kleiber.
Sempre alla Scala, nel 1983, il Carlo Gerard in “Andrea Chénier”, spettacolo di cui esiste una registrazione video.
Nel 1989 apparve per l’ultima volta nel teatro milanese come Scarpia in “Tosca”, ruolo che frequentò solamente negli ultimi anni di attività.
Nel 1992 la carriera s’è interrotta bruscamente a causa di un grave incidente automobilistico, occorsogli di ritorno da una rappresentazione all’Arena di Verona.
Costretto al ritiro dalle scene, si è quindi dedicato all’insegnamento.

FRANCO CARACCIOLO
L’unico uomo Ragazza Coccodè

Franco Caracciolo

Franco Caracciolo, pseudonimo di Francesco Sergianni Caracciolo, attore cinematografico e unico uomo delle Ragazze Coccodè nella trasmissione-cult “Indietro tutta” con Renzo Arbore, era nato a San Martino in Pensilis (Campobasso) il 6 marzo 1944. E’ deceduto a Roma all’Ospedale Spallanzani il 3 novembre 1992 a soli 48 anni per le complicazioni dell’Aids.
Il padre, Marcello Caracciolo, laureato in legge, lettere e filosofia, è stato capo-sezione al ministero dell’Educazione Nazionale nel periodo fascista.
Franco ha cominciato a frequentare fin da giovane Cinecittà, dove è stato notato da Federico Fellini.
Il regista riminese lo vorrà in “8½” (1963), “Satyricon” (1969), “Roma” (1972) e nell’episodio “Toby Dammit”, inserito nel film collettivo “Tre passi nel delirio” (1968).
Ha lavorato a lungo con Oreste Lionello nella compagnia de Il Bagaglino, fondato da Castellacci e Pingitore.
Nel 1990 è entrato a far parte, in sostituzione di Tito LeDuc, delle Sorelle Bandiera.
Malato di Aids, la sua ultima apparizione cinematografica è nel film “Vacanze di Natale ’91” di Enrico Oldoini.
E’ sepolto nel cimitero di Prima Porta a Roma.

Filmografia
La giornata dell’onorevole, episodio de I mostri, regia di Dino Risi (1963)
8½, regia di Federico Fellini (1963)
Il profeta, regia di Dino Risi (1968)
Splendori e miserie di Madame Royale, regia di Vittorio Caprioli (1970)
La coda dello scorpione, regia di Sergio Martino (1971)
La morte accarezza a mezzanotte, regia di Luciano Ercoli (1972)
La Tosca, regia di Luigi Magni (1973)
Labbra di lurido blu, regia di Giulio Petroni (1975)
Prima notte di nozze, regia di Corrado Prisco (1976)
Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa, regia di Mario Castellacci e Pier Francesco Pingitore (1976)
Quel pomeriggio maledetto, regia di Mario Siciliano (1977)
La soldatessa alla visita militare, regia di Nando Cicero (1977)
Nerone, regia di Mario Castellacci e Pier Francesco Pingitore (1977)
La soldatessa alle grandi manovre, regia di Nando Cicero (1978)
Quando c’era lui… caro lei!, regia di Giancarlo Santi (1978)
Suor Omicidi, regia di Giulio Berruti (1978)
Agenzia Riccardo Finzi… praticamente detective, regia di Bruno Corbucci (1979)
Assassinio sul Tevere, regia di Bruno Corbucci (1979)
Dove vai se il vizietto non ce l’hai?, regia di Marino Girolami (1979)
L’imbranato, regia di Pier Francesco Pingitore (1979)
Ciao marziano, regia di Pier Francesco Pingitore (1980)
La compagna di viaggio, regia di Ferdinando Baldi (1980)
Quando la coppia scoppia, regia di Steno (1980)
Tutta da scoprire, regia di Giuliano Carnimeo (1981)
Pierino medico della SAUB, regia di Giuliano Carnimeo (1981)
Il conte Tacchia, regia di Sergio Corbucci (1982)
Violenza in un carcere femminile, regia di Bruno Mattei e Claudio Fragasso (1982)
Eccezzziunale… veramente, regia di Carlo Vanzina (1982)
Vigili e vigilesse, regia di Franco Prosperi (1982)
Dio li fa poi li accoppia, regia di Steno (1982)
Pierino colpisce ancora, regia di Marino Girolami (1982)
Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi, regia di Mariano Laurenti (1982)
Grunt! – La clava è uguale per tutti, regia di Andy Luotto (1982)
Più bello di così si muore, regia di Pasquale Festa Campanile (1982)
Il tifoso, l’arbitro e il calciatore, regia di Pier Francesco Pingitore (1983)
L’allenatore nel pallone, regia di Sergio Martino (1984)
Delitto al Blue Gay, regia di Bruno Corbucci (1984)
Cenerentola ’80, regia di Roberto Malenotti (1984)
Mi faccia causa, regia di Steno (1984)
Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone, regia di Sergio Martino (1985)
Il ragazzo del Pony Express, regia di Franco Amurri (1986)
Ad un passo dall’aurora, regia di Mario Bianchi (1989)
Pierino torna a scuola, regia di Mariano Laurenti (1990)
Vacanze di Natale ’91, regia di Enrico Oldoini (1991)

ANTONIO CARDARELLI
Il medico del Mezzogiorno

Antonio Cardarelli

Antonio Cardarelli nasce nel 1831 a Civitanova del Sannio (Isernia). E’ figlio di un affermato medico.
Compie gli studi presso il seminario di Trivento (Campobasso), consegue la laurea in medicina a Napoli.
I suoi primi studi sono diretti alle patologie infettive.
Rinnova i metodi diagnostici rivalutando il ruolo del paziente e ridando spessore alla deontologia
professionale. Firma basilari testi scientifici in materia di malattie cardiache, ematiche ed epatiche, si occupa con successo di traumi ortopedici.
Giovanissimo, grazie alle sue straordinarie doti, ottiene la docenza presso l’Università di Napoli.
Diventa anche deputato per diverse legislature nell’allora embrionale Regno d’Italia, aderendo alla corrente politica liberale.
Tra i suoi pazienti più illustri, ricordiamo Benedetto Croce, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Verdi, ed il sovrano Vittorio Emanuele II.
Celebre per aver diagnosticato a Papa Leone XIII, unico tra i medici interpellati, un cancro alla pleura, basandosi sulla sola lettura dei bollettini medici.
Molti pazienti hanno ricordato come al medico molisano bastasse un’occhiata per individuare un malanno. Di lui scrive Matilde Serao nel “Paese della Cuccagna”: “Tutta la gente lo chiamava, l’invocava, gli tendeva le mani, chiedendo aiuto, assediando il portone, le scale, la sua porta…con la pazienza e la rassegnazione di chi aspetta un salvatore”.
Si ritira dall’insegnamento universitario soltanto nel 1923, all’età di novantadue anni.
Muore a Napoli l’8 gennaio 1927, a novantasei anni. Ancora oggi è intitolato a lui il maggiore ospedale di Napoli, tra i più importanti del Mezzogiorno. Il Molise gli ha dedicato il complesso ospedaliero di Campobasso.

Bibliografia
La Regione Molise ha pubblicato l’opera omnia di Antonio Cardarelli.
Capitolo su Antonio Cardarelli in: Andrea Jelardi, Giuseppe Moscati e la scuola medica sannita, edizioni Realtà Sannita, Benevento, 2004
Cardarelli Antonio, Gli aneurismi dell’aorta, V. Pasquale, Napoli, 1868 Cardarelli Antonio, Nosografia della pseudoleucemia splenica (infettiva) dei bambini: memoria letta alla Regia Accademia medico-chirurgica, Napoli, 1890
Cardarelli Antonio, Lezioni sulle malattie del fegato e delle vie biliari dettate nell’Ospedale clinico Gesù e Maria, Napoli, 1890
Cardarelli Antonio, Le malattie nervose e funzionali del cuore, Tipografia dell’unione, Napoli, 1892
Cardarelli Antonio, L’idrotorace destro nelle cardiopatie: sua importanza e patogenesi, Napoli, 1894 Cardarelli Antonio, Sarcoma primitivo della pleura: conferenza clinica, Roma, 1896
Cardarelli Antonio, L’intervento chirurgico nelle grandi dilatazioni di stomaco: lezione clinica (a proposito di un caso di gastrect, Firenze, 1900
Cardarelli Antonio, La ipermegalia splenica con cirrosi epatica (morbo del Banti): lezione (Clinica medica della regia Università di Napoli, Firenze, 1900
Cardarelli Antonio, Sulla cirrosi malarica del fegato di origine splenica e sulla indicazione della splenectomia nei cronici tumori, Firenze, 1902
Cardarelli Antonio, Ragioni del mio dubbio sulla malattia del Papa Leone XIII, Firenze, 1903 Cardarelli Antonio, Lezioni di patologia e clinica medica dettate dal prof. Antonio Cardarelli, Napoli, 1907
Cardarelli Antonio, Lezioni scelte di Clinica medica (decennio 1907-1916) / raccolte, ordinate e annotate dal dott. Tommaso Senise, Napoli, 1920
Cardarelli Antonio – Lezioni scelte di Clinica medica (decennio 1907-1916) / raccolte, ordinate e annotate dal dott. Tommaso Senise, Napoli, 1921
Cardarelli Antonio, Lezioni scelte di Clinica medica (decennio 1907-1916) / raccolte, ordinate e annotate dal prof. Tommaso Senise, Napoli, 1922
Cardarelli Antonio, 1: Malattie dell’apparecchio respiratorio, dell’apparecchio cardiovascolare, del sangue e degli organi emo-linfo, Napoli, 1921
Cardarelli Antonio, 2: Malattie dell’esofago, dello stomaco, del fegato e delle vie biliari, del peritoneo, tumori addominali diversi, Napoli, 1921
Cardarelli Antonio, 3: Malattie del sistema nervoso, a cura di Tommaso Senise, Napoli, 1922
Cardarelli Antonio, 4: Malattie dell’apparecchio respiratorio, dell’apparecchio cardiovascolare, del sangue e degli organi emolinfopoietici, Napoli, 1921
Cardarelli Antonio, 5: Malattie del sistema ghiandolare, dell’aorta, dell’apparato digerente, del sistema nervoso, Napoli, 1928

MARIA CASTELLITTO
La scrittrice figlia d’arte

Maria Castellitto è nata a Roma l’8 luglio 1997, figlia dell’attore Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini. Anche Maria è scrittrice e attrice. Il nonno era molisano di Campobasso. Ha due fratelli e una sorella: Anna, Pietro e Cesare. Ha studiato alla School of Oriental and African Studies di Londra.

Il suo esordio nella narrativa è andato in scena nel 2022 con il libro Menodramma

Ha recitato nel film “I predatori” diretto, sceneggiato e interpretato da suo fratello Pietro Castellitto.

SERGIO CASTELLITTO
Un volto per grandi successi

Sergio Castellitto è oggi considerato uno dei massimi attori italiani.
E’ nato a Roma il 18 agosto 1953 da famiglia molisana (il padre era di Campobasso).
Ha frequentato l’Accademia nazionale di arte drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, dove si è
diplomato nel 1978.
La sua carriera artistica è cominciata in teatro, dove ha iniziato a recitare testi di Shakespeare, della commedia dell’arte italiana, “Tre sorelle” di Cechov e “Contessa Giulia” di Strindberg, sotto la guida di grandi registi come Luigi Squarzina e Aldo Trionfo.
Il debutto cinematografico nel 1982 con il film “Il generale dell’armata morta” di Luciano Tovoli, con Marcello Mastroianni. Quindi: “Il momento magico” (1984) e “Dolce assenza” (1986).
I primi grandi successi di critica e di pubblico nel 1986 con “La famiglia” di Ettore Scola, accanto a Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli, e con “Sembra morto ma è solo svenuto” di Felice Farina del 1987, collaborando anche al soggetto e alla sceneggiatura.
Nel 1988 ha partecipato a tre film: “Le grand bleu”, “Paura e amore” e “Cinéma” A seguire: nel 1989 “Piccoli equivoci” di Ricky Tognazzi; nel 1990 “Alberto Express”, “Tre colonne in cronaca” di Carlo Vanzina, “Stasera a casa di Alice” di Carlo Verdone, dove ha interpretato un marito fedigrafo, “Una fredda mattina di maggio” e “Un cane sciolto” (per la tv); nel 1991 “La carne” di Marco Ferreri (1991), dove è diventato cannibale per troppo amore e “Rossini! Rossini!” di Mario Monicelli; nel 1992 “Nessuno” e “Nero”.
Quindi è la volta dei due film di Francesca Archibugi, “Il grande cocomero” (1993), nel ruolo di uno psichiatra alle prese con una ragazza epilettica, con il quale ha vinto il primo Nastro d’argento, e “Con gli occhi chiusi” (1994).
Il secondo Nastro d’argento, come migliore attore protagonista, lo ha vinto con “L’uomo delle stelle” del 1995, bel film di Giuseppe Tornatore ambientato nella Sicilia del dopoguerra dove ha interpretato l’inaffidabile Joe Morelli.
Quattro i film del 1996, quando s’è imposto anche in Francia: “Le cri de la soie”, “Portraits chinois”, “Hotel paura” e “Silenzio si nasce”. Nel 1997 “Quadrille” e “Pronto”, nel 1998 “Que la lumière soit” e “A vendre”, nel 2000 “Victoire, ou la douleur des femmes”, “Va savoir!”, “Martha”, “Concorrenza sleale” e “Chi lo sa?” di Jacques Rivette.
Nel 1998 ha esordito come regista con “Stile libero”, cui ha fatto seguito – l’anno successivo – un secondo film, “Libero burro”, di cui è stato sempre il protagonista, scegliendo come interpreti principali la moglie-scrittrice Margaret Mazzantini (con la quale ha due figli) e Michel Piccoli, che aveva avuto modo di “esaminare” già all’epoca de “L’armata ritorna”.
Nel dicembre 2002 Castellitto ha conquistato la preziosa statuetta argentata dell’European Film Awards (gli Oscar del cinema europeo) per la sua interpretazione nei film del 2001 “L’ora di religione” di Marco Bellocchio e “Ricette d’amore” di Sandra Nettelbeck, confermando le sue qualità di attore poliedrico che passa con grande capacità dai toni della commedia a quelli più grotteschi o umani.
Numerose anche le interpretazioni in film per la televisione, tra cui ricordiamo, con il ruolo del giudice, “Un cane sciolto” di Giorgio Capitani, fortunata serie televisiva che venne ripetuta per tre anni consecutivi dal 1990 al 1992, “Il grande Fausto” di Alberto Sironi (1995), in cui ha interpretato il ruolo del ciclista Fausto Coppi, “Don Milani-Il priore di Barbana” (1997) e “Padre Pio” di Carlo Carlei nel 1999, ottenendo un enorme successo.
Nel 1996 Castellitto ha debuttato anche come regista teatrale in “Manola”, interpretato da Nancy Brilli e Margaret Mazzantini.
La sua sfera d’interessi si è allargata anche alle produzioni cinematografiche statunitensi e per il 2003 ha scritto (insieme alla moglie) e diretto “Non ti muovere”.
Nello stesso anno è stato interprete di “Caterina va in città” di Paolo Virzì.
Fa parte del cast del film “Le cronache di Narnia: il principe Caspian” (2008) nel ruolo di Re Miraz, l’antagonista del giovane Caspian.

Film
Tre fratelli, regia di Francesco Rosi (1981)
Carcerato, regia di Alfonso Brescia (1981)
Il generale dell’armata morta, regia di Luciano Tovoli (1983)
La singolare avventura di Francesco Maria, regia di Enzo Muzii (1983)
Magic moments, regia di Luciano Odorisio (1984)
Giovanni Senzapensieri, regia di Marco Colli (1985)
Sembra morto… ma è solo svenuto, regia di Felice Farina (1985)
Dolce assenza, regia di Claudio Sestieri (1986)
La famiglia, regia di Ettore Scola (1987)
Paura e amore (Fürchten und Lieben), regia di Margarethe von Trotta (1987)
Le grand bleu, regia di Luc Besson (1988)
Piccoli equivoci, regia di Ricky Tognazzi (1989)
Tre colonne in cronaca, regia di Carlo Vanzina (1990)
In viaggio con Alberto (Alberto Express), regia di Arthur Joffé (1990)
I taràssachi, regia di Rocco Mortelliti, Fulvio Ottaviano e Francesco Ranieri Martinotti (1990)
Una fredda mattina di maggio, regia di Vittorio Sindoni (1990)
Stasera a casa di Alice, regia di Carlo Verdone (1990)
La carne, regia di Marco Ferreri (1991)
Rossini! Rossini!, regia di Mario Monicelli (1991)
Nero, regia di Giancarlo Soldi (1992)
Nessuno, regia di Francesco Calogero (1992)
Il grande cocomero, regia di Francesca Archibugi (1993) Toxic affair, regia di Philippe Esposito (1993)
Con gli occhi chiusi, regia di Francesca Archibugi (1994)
L’uomo delle stelle, regia di Giuseppe Tornatore (1995)
Le cri de la soie, regia di Yvon Marciano (1996)
Portrait chinois, regia di Martine Dugowson (1996)
Hotel Paura, regia di Renato De Maria (1996)
Silenzio… si nasce, regia di Giovanni Veronesi (1996)
Quadrille, regia di Valérie Lemercier (1997)
Que la lumière soit, regia di Arthur Joffé (1998)
À vendre – In vendita (À vendre), regia di Laetitia Masson (1998)
Libero Burro, regia di Sergio Castellitto (1999)
L’ultimo bacio, regia di Gabriele Muccino (2001)
Concorrenza sleale, regia di Ettore Scola (2001)
Segreti di famiglia (Laguna), regia di Dennis Berry (2001)
Chi lo sa? (Va savoir), regia di Jacques Rivette (2000)
Ricette d’amore (Bella Martha), regia di Sandra Nettelbeck (2001)
L’ora di religione, regia di Marco Bellocchio (2002)
Caterina va in città, regia di Paolo Virzì (2003)
Non ti muovere, regia di Sergio Castellitto (2004)
Ne quittez pas!, regia di Arthur Joffé (2004)
Il regista di matrimoni, regia di Marco Bellocchio (2006)
Paris, je t’aime, regia di Isabel Coixet (2006)
La stella che non c’è, regia di Gianni Amelio (2006)
Le cronache di Narnia – Il principe Caspian, regia di Andrew Adamson (2008)
Italians, regia di Giovanni Veronesi (2009)
Questione di punti di vista, regia di Jacques Rivette (2009)
Tris di donne e abiti nuziali, regia di Vincenzo Terracciano (2009)
Alza la testa, regia di Alessandro Angelini (2009)
La bellezza del somaro, regia di Sergio Castellitto (2010)
Venuto al mondo, regia di Sergio Castellitto (2012)
Una famiglia perfetta, regia di Paolo Genovese (2012)
La buca, regia di Daniele Ciprì (2014)
Piccoli crimini coniugali, regia di Alex Infascelli (2017)
Fortunata, regia di Sergio Castellitto (2017)
Il tuttofare, regia di Valerio Attanasio (2018)
Ricchi di fantasia, regia di Francesco Miccichè (2018)
Mafia Inc., regia di Daniele Grou (2020)
Il cattivo poeta, regia di Gianluca Jodice (2020)
Un drago a forma di nuvola, regia di Sergio Castellitto (2020)
Il Calabrone, regia di Giacomo Cimini (2020)

CELESTINO V
Il Papa del “gran rifiuto”

Celestino V, nato Pietro Angeleri (o Angelerio) e detto Pietro da Morrone, nasce nel Molise probabilmente nel 1215 (altri collocano la sua data di nascita nel 1209), figlio di due contadini poveri, Angelo Angelerio e Maria Leone, profondamente religiosi, penultimo di 12 fratelli, e muore certamente a Fumone il 19 maggio 1296, ad 87 anni.

Papa Celestino V

Diversi Comuni del Molise ne rivendicano i natali: Isernia, la storiografia più nota, Macchia d’Isernia, Sant’Angelo Limosano, Morrone e Sant’Angelo in Grotte, frazione di Santa Maria del Molise (“… in un castello di nome Sancto Angelo”). Qualche studioso lo fa nascere nel castello di Sant’Angelo di Ravecanina, nel casertano.
E’ Papa dal 29 agosto, quando viene incoronato ad Aquila (oggi L’Aquila) nella basilica di Santa Maria di Collemaggio (dove è sepolto) fino al 13 dicembre 1294.
E’ stato l’unico Papa ad abdicare nonché il primo Pontefice a svolgere l’attività pastorale al di fuori dei confini dello Stato della Chiesa.
È venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica che ne celebra la festa liturgica il 19 maggio.
Dopo la morte prematura del padre, si dedica fin da ragazzo al lavoro dei campi.
Nel 1231 veste l’abito benedettino, soggiornando presso il monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, chiesa abbaziale che, tra le dodici arcidiocesi di Benevento, era una delle più importanti. Mostra una straordinaria predisposizione all’ascetismo e alla solitudine, ritirandosi in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona, da cui il suo nome.

L’eccezionale tendenza ascetica è certamente ispirata dalla visione escatologica di Gioacchino da Fiore “il calavrese di spirito profetico dotato”. Altre fonti lo vogliono eremita in una grotta nelle vicinanze del fiume Aventino, nei pressi di Palena.
Qualche anno dopo, probabilmente nel 1238, si trasferisce a Roma, presumibilmente presso il Laterano, dove studia fino a prendere i voti sacerdotali nel 1241.
Celebra la prima messa nella chiesa di San Pietro in Montorio e torna in Abruzzo, stabilendosi alle falde del monte Morrone, in un’altra grotta, presso la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano, forse influenzato dalla consapevolezza che in quel luogo aveva dimorato l’eremita Flaviano da Fossanova. Prende come modello di vita San Giovanni Battista: non beve vino, non mangia carne e pratica quattro quaresime l’anno.
Qualche anno dopo abbandona anche questa grotta, probabilmente turbato dalle numerosissime visite di giovani richiamati dalla sua fama di santità: molti di questi diventano infatti suoi discepoli, condividendo le sofferenze. Preferisce rifugiarsi in un luogo ancora più inaccessibile, sui monti della Maiella, sempre in Abruzzo, dove vive nella maniera più semplice.
Nel 1244, si allontana temporaneamente dall’eremitaggio per costituire una congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei benedettini, denominata “dei frati di Pietro da Morrone” (o “Congregazione dei Fratelli Penitenti dello Spirito Santo”), che ha sede presso l’eremo di Sant’Onofrio al Morrone (patrono degli eremiti), il rifugio preferito di Pietro, e che soltanto in seguito prende il nome di Celestini, ramo dei Benedettini.
Nel 1259 fra’ Pietro da Morrone ottiene i finanziamenti per costruire l’Abbazia morronese che sorge attorno all’antica chiesa di Santa Maria del Morrone, poi detta di Santo Spirito.
Nel 1265 presso l’eremo di Sant’Onofrio si ritira in preghiera ed eremitaggio. Qui, anche se anziano, trascorre tredici mesi in totale e assoluta preghiera.

Eremo di Sant’Onofrio al Morrone


Nell’inverno del 1273 si reca a piedi in Francia, a Lione, alla vigilia dei lavori del Concilio, per impedire che il suo ordine monastico fosse soppresso. La missione ha successo grazie alla fama di santità che circonda il monaco eremita. Distaccato ormai sempre più dalle cose terrene, fra’ Pietro si dedica totalmente all’ascesi. Ma le vicende del pontificato lo avrebbero presto coinvolto.
Il 4 aprile 1292 muore Papa Niccolò IV, al secolo Girolamo Masci. Sempre ad aprile si riunisce il conclave composto da dodici porporati: Latino Malabranca Orsini (o Frangipani Malabranca), vescovo di Ostia e Velletri, decano del Sacro Collegio; Matteo d’Acquasparta, vescovo di Porto-Santa Rufina, sub-decano del Sacro Collegio; Gerardo Bianchi, vescovo di Sabina; Giovanni Boccamazza (o Boccamiti), vescovo di Frascati; Benedetto Caetani, titolare dei Santi Silvestro e Martino ai Monti; Jean Cholet, titolare di Santa Cecilia; Giacomo Colonna, diacono di Santa Maria in via Lata; Pietro Colonna, diacono di Sant’Eustachio; Napoleone Orsini Frangipani, diacono di Sant’Adriano; Matteo Orsini Rosso, diacono di Santa Maria in Portico; Pietro Peregrossi (detto Milanese), titolare di San Marco; Hughes Seguin de Billon (o Aycelin), titolare di Santa Sabina. Nonostante le numerose riunioni, a Santa Maria sopra Minerva, a Santa Maria Maggiore e sull’Aventino, il Sacro Collegio non riesce a far convergere i voti necessari su alcun candidato. Un’epidemia di peste determina quindi non solo lo scioglimento del conclave ma anche la morte del cardinal Cholet.
Il conclave torna a riunirsi a Perugia il 18 ottobre 1293 ma con le solite difficoltà, causa la frattura tra i sostenitori dei Colonna e gli altri cardinali, mentre aumenta il malcontento popolare, anche negli stessi ambienti ecclesiastici. Un’altra vicenda accentua l’esigenza di far presto con la scelta del nuovo Pontefice. Carlo II d’Angiò, Re di Napoli, in trattativa con Giacomo II, Re d’Aragona, per definire l’occupazione aragonese della Sicilia, avvenuta all’indomani dei cosiddetti “vespri siciliani” del 31 marzo 1282, insieme al figlio Carlo Martello si reca a Perugia per ottenere dal conclave l’avallo pontificio. Ma il suo ingresso nella sala dove è riunito il Sacro Collegio provoca dure reazioni da parte di tutti i cardinali. I quali, però, comprendono la necessità di chiudere la sede vacante. Il cardinale Latino Malabranca fa allora il nome di Pietro da Morrone il quale, nonostante le resistenze degli altri cardinali sulla persona di un non porporato, viene nominato all’unanimità Papa il 5 luglio 1294.
Sulle ragioni di una tale scelta s’è molto discusso. C’è chi ritiene che si sia optato per una soluzione di transizione, chi addirittura valuta il vaglio del frate molisano come strumentale ad una gestione da parte di porporati più esperti.
Di certo la notizia dell’elezione gli viene recata nel luglio 1294 da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il frate risiede. Inizialmente il futuro Celestino V oppone un netto rifiuto che, si trasforma poi in un’accettazione riluttante, avanzata per dovere di obbedienza.
Pietro si reca all’Aquila scortato dallo stesso Carlo d’Angiò che tiene le briglie del suo asino. Nella città abruzzese è convocato tutto il Sacro Collegio. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, che egli stesso aveva fatto costruire qualche anno prima, è incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V. Uno dei primi atti ufficiali è l’emissione della cosiddetta “Bolla del Perdono”, che elargisce l’indulgenza plenaria a coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella basilica di Santa Maria di Collemaggio dell’Aquila dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29 agosto. E’ l’istituzione della Perdonanza (sorta di anticipazione del Giubileo), celebrazione religiosa che ancora oggi si tiene nel capoluogo abruzzese.
Quindi nomina Carlo d’Angiò, “maresciallo” del futuro Conclave, ratificando il trattato sulla Sicilia.
Il 18 settembre 1294 indice il suo primo e unico Concistoro, nel quale nomina 13 nuovi cardinali, nessuno romano: Landolfo Brancaccio di Napoli; Giovanni Castrocoeli, arcivescovo di Benevento; Pietro d’Aquila, vescovo di Valva-Sulmona, Simon de Beaulieu, francese, arcivescovo di Bourges; Bertrand de Got, francese, Arcivescovo di Lione; Nicolas de Nonancour, francese, cancelliere del capitolo della cattedrale di Parigi; Tommaso d’Ocre, abate di San Giovanni in Piano; Guillaume Ferrier (o de Ferrières), francese; Jean Le Moine, francese, vescovo di Arras;. Guglielmo Longhi, Cancelliere di Carlo II d’Angiò; Robert, francese, abate dei monasteri di Potigny e Citeaux; Francesco Ronci di Atri, Abruzzo; Simon, francese, Ordine benedettino cluniacense Dietro consiglio di Carlo d’Angiò, trasferisce la sede della curia dall’Aquila a Napoli, fissando la sua residenza in una piccola stanza di Castel Nuovo, arredata in modo molto semplice.
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo, avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294, Celestino V, nel corso di un concistoro, legge una bolla – compilata dall’esperto e non proprio disinteressato cardinale Caetani – con l’eventualità di un’abdicazione del Pontefice per gravi motivi.
Quindi recita la seguente formula della rinuncia al soglio pontificio: “Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe (di questa plebe), al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore, la Chiesa Universale”.
Undici giorni dopo le sue dimissioni, il conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elegge nuovo Papa il cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni, 59 anni, che prende il nome di Bonifacio VIII. Sarà protagonista di numerose e poco nobili vicende. Caetani, una volta insediato, temendo uno scisma da parte dei cardinali filofrancesi a lui contrari, pone sotto sorveglianza il predecessore che, impaurito, tenta una fuga verso la Grecia: il 16 maggio 1295, gli sgherri del Gran Connestabile del Regno di Napoli Guillaume d’Ètendard lo catturano presso Vieste. Caetani, temendo la rimessa in trono di Celestino V, fa rinchiudere l’anziano Pietro da Morrone nella rocca di Fumone, in Ciociaria, dove il frate molisano muore il 19 maggio 1296.
Secondo un’ipotesi molto accreditata viene addirittura ucciso tramite un chiodo infilato nel cranio.
Nel 1630 Lelio Marini, Abate Generale della Congregazione dei Celestini, denuncia pubblicamente l’assassinio di Celestino V. Le sue spoglie vengono traslate nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, presso L’Aquila. Viene quindi canonizzato da papa Clemente V nel maggio 1313, a seguito di sollecitazione da parte del re di Francia Filippo IV Capeto, detto “il bello”. La solenne cerimonia si tiene nella cattedrale di Avignone, alla presenza del Papa.
L’ordine dei Celestini viene istituito nel 1274 da Gregorio X. I frati vestono con una tonaca bianca con cappuccio nero. La loro scomparsa in Francia risale al 1789 disposta, da Pio VI, e in Italia nel 1810.
L’esistenza di Papa Celestino V continua ad appassionare gli storici. A causa, anche, delle numerose citazioni che riguardano l’unico pontefice molisano. Jacopone da Todi, al momento dell’elezione, gli dedica una lauda, in cui si domanda cosa avrebbe fatto il nuovo Papa e se fosse stato all’altezza del compito: “Que farai, Pier da Morrone? Èi venuto al paragone. Vederimo êl lavorato che en cell’ài contemplato. S’el mondo de te è ‘ngannato, séquita maledezzone”.
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, nel terzo canto dell’Inferno, scrive: “Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”. La frase riguarderebbe proprio Celestino V, mentre altre correnti di pensiero vi leggono Esaù o Ponzio Pilato.
Francesco Petrarca esalta invece Celestino V, ritenendo che una persona di tale levatura morale mal poteva conciliarsi con la Chiesa del tempo.
Alla vita di Celestino V è dedicato il libro “L’avventura di un povero cristiano”, dramma teatrale firmato da Ignazio Silone. In Abruzzo, a differenza del Molise, esistono ancora numerosi luoghi celestiniani, meta di pellegrinaggi.
Lo spettacolare monastero di Santo Spirito a Majella (a Roccamorice, in provincia di Pescara) è il più noto, costruito all’interno di una parete rocciosa a ridosso del Vallone di Santo Spirito a 1130 metri d’altitudine. Restaurato da Celestino V, ne fece una casa madre dell’ordine dei Celestiniani. Distrutta da un terremoto nel XVIII secolo, è stata definitivamente restaurata nel 1975. L’eremo di Sant’Onofrio, realizzato da fra Pietro da Morrone verso la fine del 1264, sorge addossato a una ripida parete rocciosa del Monte Morrone, nei pressi di Sulmona. Le camere dei frati erano scavate nella roccia.
Da qui partì per l’Aquila, scortato da Carlo Martello d’Angiò, per la consacrazione al soglio di Pietro. L’eremo è stato recentemente restaurato. La Badia Morronese è un imponente edificio con torri e tre cortili, cinto da mura. Ha origini svevo-normanne.
Celestino V viene qui nella seconda metà del XIII. L’eremo di San Bartolomeo in Legio risale al 1260, voluto da fra’ Pietro da Morrone. Vi si conserva la statua lignea di San Bartolomeo, di cui sono devoti gli abitanti della zona. L’eremo di San Giorgio (detta la Grangia di San Giorgio) è stato di recente restaurato. L’eremo di San Giovanni dell’Orfento è, infine, il luogo dove Celestino V è vissuto per nove anni dal 1284 al 1293. Interamente scavato nella roccia, è uno dei luoghi più duri e aspri di vita monastica.

MARIA CENTRACCHIO
Il Molise mena forte

“Il Molise esiste e mena forte”, E’ la “sentenza” di Maria Centracchio, medaglia di bronzo nel judo a Tokyo 2020 nonostante sia partita per le Olimpiadi quasi per miracolo in quanto 27esima classificata. Ma la tenacia della giovane ha fatto la differenza guadagnando la medaglia di bronzo nel judo, vinta il 27 luglio 2021 al Golden Score contro l’olandese Juul Frassen.

Nata nel 1994 a Castel di Sangro, in Abruzzo, ai confini con il Molise, in realtà è molisana al 100 per cento: vive ad Isernia ed è originaria di Rocchetta a Volturno, sempre in provincia di Isernia. Anche il padre Bernardo e il fratello minore Luigi sono judoka. Lei è agente della Polizia di Stato.

Lei è la prima atleta donna del Molise a vincere una medaglia olimpica. Prima di lei, solo Aldo Masciotta nel 1936 nella sciabola a squadre e il pallavolista Pasquale Gravina, argento ad Atlanta ’96 e bronzo a Sydney 2000.

Terminata la gara olimpica, la Centracchio ha dichiarato al Corriere della Sera: “Dedicato alla mia famiglia, alla mia terra, a tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare qui, al mio primo maestro e alla mia regione lontana da tutto, sconosciuta anche in Italia” per poi aggiungere Il Molise esiste e picchia forte. Tra le atlete in gara Centracchio era la più bassa di tutte (1 metro e 59) e la più leggera di tutte (57chili).

JOHN CIACCIA
Il ministro canadese

John Ciaccia. nato come Giambattista Nicola Ciaccia, è stato un politico naturalizzato canadese, tra gli esponenti di primo piano della politica canadese, membro dell’Assemblea nazionale del Quebec dal 1973 al 1998. Era nato a Jelsi (Campobasso) il 4 marzo 1933 ed è morto a Beaconsfield il 7 agosto 2018 ad 85 anni. E’ stato uno dei più importanti esponenti del Partito liberale del Quebec.
E’ stato più volte ministro, in particolare nei governi liberali di Robert Bourassa e Daniel Johnson Jr, ricoprendo l’importante ruolo di ministro dell’Energia e delle risorse naturali, degli Affari internazionali, degli Affari legati ai nativi americani, dell’immigrazione e delle comunità locali.
L’ex premier del Quebec, Jean Charest, parlando della carriera politica di Ciaccia, in occasione del pensionamento, ha messo in evidenza come questo politico ha “rivoluzionato le relazioni con i popoli nativi e le comunità culturali del Quebec, favorendo sempre un approccio contrassegnato dal rispetto”

MASSIMO CIAVARRO
Bellezza “anni Ottanta”

Massimo Ciavarro è nato a Roma il 7 novembre 1957 da famiglia molisana di Salcito (Campobasso).

Massimo Ciavarro

Il suo nome è soprattutto legato all’interpretazione di fortunati e spensierati film degli anni ottanta di ambientazione estiva.
Tra le pellicole interpretate ricordiamo: “Sortole che romagnola” (1976) di Alfredo Rizzo, “Vai alla grande” (1983) di Salvatore Samperi, “Chewing gum” (1984) di Biagio Proietti, con una giovanissima Isabella Ferrari, “Giochi d’estate”(1984) di Bruno Cortini, con Fabio Testi e Corinne Cléry, “Fiori di zucca” (1988) di Stefano Pomilla, con Marina Suma ed Enzo De Caro, “Grandi
magazzini” (1986) di Castellano & Pipolo con Enrico Montesano, Nino Manfredi, Michele Placido, Paolo Villaggio, Ornella Muti, Christian De Sica, Heather Parisi, Serena Grandi, Paolo Panelli, Renato Pozzetto, Lino Banfi e Massimo Boldi. In tv partecipa al varietà “Gran Hotel” su Canale 5, negli anni 1985 e 1986, con Franco e Ciccio, Gigi e Andrea, Paolo Villaggio, Carmen Russo, Massimo Boldi e Anna Mazzamauro.
Partecipa inoltre alla fiction “Valeria, medico legale” con Claudia Koll su Canale 5 con Giulio Base e Francesca Rettondini e “Sei forte maestro” del 2001 in 24 episodi, con Emilio Solfrizzi, Gaia De Laurentiis, Gastone Moschin, Valeria Fabrizi e Francesca Rettondini.
Partecipa anche al fortunato reality “La talpa”.
Nel 2002 produce “Uomini & donne, amori & bugie”, debutto alla regia dell’ex moglie Eleonora Giorgi, con Ornella Muti, storia di una coppia che in dodici anni ha cinque figli. Il film nasce, in gran parte, dalle esperienze personali dell’autrice.
Nel 2008 è uno dei concorrenti della sesta edizione de “L’isola dei famosi”.
Nel 2010 ha partecipato alla fiction con Massimo Boldi, Barbara De Rossi e Enzo Salvi Fratelli Benvenuti, nel ruolo di Angelo, il proprietario di una palestra.
Nel 2013 ha partecipato come concorrente alla seconda edizione del reality “Pechino Express” con il figlio Paolo.

Film
Sorbole… che romagnola, regia di Alfredo Rizzo (1976)
Sapore di mare 2 – Un anno dopo, regia di Bruno Cortini (1983)
Vai alla grande, regia di Salvatore Samperi (1983)
Giochi d’estate, regia di Bruno Cortini (1984)
Chewingum, regia di Biagio Proietti (1984)
Grandi magazzini, regia di Castellano e Pipolo (1986)
Fiori di zucca, regia di Stefano Pomilia (1989)
Celluloide, regia di Carlo Lizzani (1996)
Liscio, regia di Claudio Antonini (2006)
Nessuno si salva da solo, regia di Sergio Castellitto (2015)
Poveri ma ricchissimi, regia di Fausto Brizzi (2017)
Natale a 5 stelle, regia di Marco Risi (2018)

ENZO CICCHINO
Il regista della grande storia

Enzo Antonio Cicchino, regista e scrittore, è nato ad Isernia nel 1956. Vive a Roma. E’ noto soprattutto come autore e regista di documentari Rai ed è il nome di punta delle trasmissioni “Correva l’anno” e “La grande storia”.
Allievo, a Pisa, di Mario Benvenuti, insegnante di cinema e direttore della fotografia, dal 1978 al 1984 è stato assistente alla regia dei registi Paolo e Vittorio Taviani (“Il Prato”, “La notte di San Lorenzo”), Valentino Orsini (“Uomini e no”, “Figlio mio”) e Franco Taviani (“Masoch”)
Nel periodo tra il 1981 e il 1990 ha lavorato per le trasmissioni “Delta” (Raitre), “Il piacere dell’occhio” (Raitre), “Print” (Raitre), “Il libro, un amico” (Raiuno).
Tra il 1990 e il 1998 ha fatto parte del gruppo di lavoro di “Mixer”, diretto da Giovanni Minoli. Ha lavorato per “Mixercultura” (Raidue), “Mixer” (Raidue, Raitre), “Format” (Raitre).
Per “Mixer” ha realizzato molte inchieste e ricostruzioni storiche. Le più importanti:

FABRIZIO CICCHITTO
Il socialista berlusconiano

Fabrizio Cicchitto è nato a Roma il 26 ottobre 1940 da famiglia molisana originaria di Montagano
(Campobasso).
Consegue la maturità classica al liceo “Dante Alighieri”. Si laurea in giurisprudenza all’università “La Sapienza” e successivamente si specializza in studi economici.
Dopo un breve periodo nell’ufficio studi della Cgil, negli anni settanta diventa segretario della Fgsi, Federazione Giovanile Socialista Italiana e membro del Psi nella corrente di sinistra dei lombardiani
Nel 1976, a 36 anni, diventa parlamentare socialista, confermato nelle elezioni del 1979.
Con la pubblicazione degli elenchi della loggia massonica P2 del maestro Licio Gelli, emerge anche l’iscrizione di Cicchitto (fascicolo n. 945, tessera 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980). Inizialmente viene estromesso dal Psi, ma poi, nel 1987, riammesso da Bettino Craxi. Nel 1992 viene eletto senatore e nel gennaio 1994 diventa capogruppo socialista al Senato.
A seguito della stagione di Mani Pulite e dei guai interni al Psi (segretario Ottaviano del Turco nel 1994, alleato perdente con Achille Occhetto contro Silvio Berlusconi),
Cicchitto fonda nel 1994 il Partito socialista riformista (Psr) insieme ad Enrico Manca, aderendo poi al Partito Socialista-Socialdemocrazia di Gianni De Michelis.
Dal 1998 è editorialista de “Il Giornale”.
Nel 1999 Cicchitto abbandona i socialisti e aderisce insieme a Margherita Boniver a Forza Italia, introdotto da Gianni De Michelis. Nel luglio 1999 diviene membro del Comitato di presidenza di Forza Italia e responsabile del Dipartimento nazionale Lavoro e relazioni sindacali.
Dal 2001 riapproda in Parlamento con il centrodestra (con la lista “Abolizione scorporo nel collegio di Corsico”). E’ vice presidente del gruppo parlamentare alla Camera e vice coordinatore del partito.
Alle elezioni del 2006 è eletto con Forza Italia nella circoscrizione Lazio 1. In questo periodo fa parte della Commissione parlamentare sull’attività spionistica dei paesi comunisti in Italia, denominata Mitrokhin, e del Capaco, inoltre è competente della Commissione parlamentare sui fatti del G8 di Genova.
Quindi approda nel Pdl (2008-2011), sempre eletto nella circoscrizione Lazio 1.
Diventa capogruppo del Pdl alla Camera.
Alle elezioni politiche del 2013 è rieletto alla Camera dei deputati nelle liste del Popolo della Libertà nella circoscrizione Lazio 1.
Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, aderisce al Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano, sostenendo sia il governo Renzi sia il governo Gentiloni.
Il 18 marzo 2017, con lo scioglimento del Nuovo Centrodestra, aderisce ad Alternativa Popolare. Il 13 dicembre 2017 prende la tessera del Partito Radicale.
Candidato al Senato nella lista Civica Popolare in occasioni delle elezioni politiche del 2018, non viene eletto a causa del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento del 3%.
Cicchitto è sposato e ha una figlia, avuta da una precedente convivenza con Marta Ajò.

EUGENIO CIRESE
Il poeta molisano

Eugenio Cirese, scrittore e poeta, è nato a Fossalto (Campobasso) il 21 febbraio 1884 da Luigi e Rosolina Bagnoli.

Gente buona | Letteratura Capracottese

Quarto di sei figli, ha frequentato le scuole elementari a Fossalto, prima di trasferirsi a Velletri (Roma) dove nel 1904 si è diplomato maestro elementare.
Nello stesso anno è andato ad insegnare ad Agnone, in Molise, presso il collegio “Vittorino da Feltre”.
Nel 1905 è passato a Civitacampomarano, dove è rimasto fino al 1908, anno in cui si è trasferito a
Castropignano, sempre in Molise.
Nello stesso anno ha perso il padre Luigi e nel 1910 si è trasferito a Castropignano, in provincia di Campobasso, con la famiglia.
Nel 1911, Cirese si è iscritto al corso di perfezionamento per licenziati delle scuole normali presso l’Università di Roma e, nel 1913, ha conseguito l’abilitazione all’ufficio di direttore didattico.
Fino al 1915 è rimasto insegnante elementare a Castropignano.
In seguito, avendo vinto il concorso a vice ispettore scolastico, è stato assegnato all’ufficio di Teano (Caserta) dove è rimasto fino alla chiamata alle armi del 1916, quando è stato assegnato all’Ospedale Militare di Macerata.
Nel 1920 è stato trasferito ad Avezzano (L’Aquila) con il grado di ispettore. Qui si è sposato con la maestra elementare Aida Ruscitti che gli ha dato il figlio Alberto Mario (1921), che diventerà docente universitario e uno dei più importanti antropologi italiani, formatosi all’Università di Roma con Paolo Toschi.
Nel 1940, Eugenio Cirese è stato trasferito a Rieti, città dove ha svolto la sua attività fino al 1952, anno del collocamento a riposo.
Nel corso della vita ha dato vita ad una ricchissima produzione poetica (Sciure de Fratte, Ru cantone de la Fata, Suspire e risatelle, Tempo d’allora, Lucelecabelle).
Importante la raccolta di canti popolari e sonetti in dialetto molisano.
Nel 1953 ha fondato la rivista di storia e letteratura popolare “La Lapa”, che ha avuto grandi riconoscimenti.
E’ stato autore di “Gente Buona”, sussidiario per le scuole elementari adottato per lunghi anni nelle scuole statali, testo che ha formato generazioni di uomini e donne fino a dopo il secondo conflitto mondiale.
Della sua poesia si sono interessate importanti personalità come Giulio Carlo Argan, Francesco Jovine, Domenico Purificato, Franco Fortini, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini, che si avvalse della sua opera anche per l’antologia di poeti dialettali italiani del 1952.
Molte sue poesie sono state introdotte in antologie, tradotte anche in inglese.
E’ scomparso l’8 febbraio 1955 a Rieti e riposa presso il cimitero di Castropignano (Campobasso).

FRANCO COOP
La prima spalla di Totò

Franco Coop è nato a Napoli il 27 settembre 1891 da una nobile famiglia napoletana, con origini per ramo materno a Campobasso.

Franco Coop
in “Fermo con le mani

Ha iniziato la sua carriera in teatro nel 1916, nella compagnia Di Lorenzo-Falconi. Ha recitato con i maggiori attori dell’epoca.
Nel 1929 è entrato nella compagnia di spettacoli ZaBum, diretta da Luciano Ramo e Mario Mattoli.
Frequenti le partecipazioni al Teatro di Rivista, alle trasmissioni di prosa dell’Eiar e Rai, e a commedie e sceneggiati televisivi.
E’ stato uno dei primi attori del cinema italiano parlato; ha partecipato ad oltre ottanta film, in un arco di tempo compreso tra i primi anni Trenta fino a poco prima della morte, ricoprendo ruoli di caratterista, più volte in compagnia di Totò.
E’ stato anche saltuariamente impegnato nel doppiaggio, in particolare in Spagna, nel periodo 1943-1945.
E’ morto a Roma il 27 marzo 1962, stroncato da un edema polmonare. E’ sepolto al cimitero romano del Verano.
Film
Corte d’Assise, regia di Guido Brignone (1930)
La scala, regia di Gennaro Righelli (1931)
Stella del cinema, regia di Mario Almirante (1931)
Terra madre, regia di Alessandro Blasetti (1931)
Cinque a zero, regia di Mario Bonnard (1932)
La segretaria per tutti, regia di Amleto Palermi (1933)
Ninì Falpalà, regia di Amleto Palermi (1933)
La signorina dell’autobus, regia di Nunzio Malasomma (1933)
L’ultimo dei Bergerac, regia di Gennaro Righelli (1934)
La signora di tutti, regia di Max Ophüls (1934)
La signora Paradiso, regia di Enrico Guazzoni (1934)
La mia vita sei tu, regia di Pietro Francisci (1935)
Darò un milione, regia di Mario Camerini (1935)
Aldebaran, regia di Alessandro Blasetti (1935)
Cléo, robes et manteaux, regia di Nunzio Malasomma (1935)
Quei due, regia di Gennaro Righelli (1935)
Il serpente a sonagli, regia di Raffaello Matarazzo (1935)
Lohengrin, regia di Nunzio Malasomma (1936)
Sette giorni all’altro mondo, regia di Mario Mattoli (1936)
Lo smemorato, regia di Gennaro Righelli (1936)
È tornato carnevale, regia di Raffaello Matarazzo (1937)
I tre desideri, regia di Giorgio Ferroni (1937)
Fermo con le mani! regia di Gero Zambuto (1937)
Gli ultimi giorni di Pompeo, regia di Mario Mattoli (1937)
Scipione l’Africano, regia di Carmine Gallone (1937)
Il conte di Bréchard, regia di Mario Bonnard (1938)
L’albergo degli assenti, regia Raffaello Matarazzo (1938)
Chi è più felice di me!, regia di Guido Brignone (1938)
Bionda sottochiave, regia di Camillo Mastrocinque (1939)
La mia canzone al vento, regia di Guido Brignone (1939)
Don Pasquale, regia di Camillo Mastrocinque (1940)
Capitan Fracassa regia di Duilio Coletti (1940)
San Giovanni decollato regia di Amleto Palermi (1940)
Il re del circo, regia di Tullio Covaz (1940)
La bocca sulla strada, regia di Roberto Roberti (1941)
Il sogno di tutti, regia di Oreste Biancoli (1941)
Il re si diverte, regia di Mario Bonnard (1941)
L’allegro fantasma, regia di Amleto Palermi (1941)
Gelosia, regia di Ferdinando Maria Poggioli (1942)
La fortuna viene dal cielo, regia di Ákos Ráthonyi (1942)
Senza una donna, regia di Alfredo Guarini (1943)
Le vie del peccato, regia di Giorgio Pàstina (1946)
Un mese d’onestà, regia di Domenico Gambino (1947)
Il barone Carlo Mazza, regia di Guido Brignone (1948)
La madonnina d’oro, regia di Luigi Carpentieri e Ladislao Vajda (1949)
La bellezza del diavolo, regia di René Clair (1949)
Canzone di primavera, regia di Mario Costa (1950)
Vivere a sbafo, regia di Giorgio Ferroni (1950)
Quel fantasma di mio marito, regia di Camillo Mastrocinque (1950)
Taxi di notte, regia di Carmine Gallone (1950)
La bisarca regia di Giorgio Simonelli (1950)
Incantesimo tragico (Oliva), regia di Mario Sequi (1951)
La presidentessa, Pietro Germi (1952)
Canzoni, canzoni, canzoni, regia di Domenico Paolella (1953)
Carosello napoletano, regia di Ettore Giannini (1953)
Café Chantant regia di Camillo Mastrocinque (1954)
Le vacanze del Sor Clemente, regia di Camillo Mastrocinque (1954)
Ridere! Ridere! Ridere!, regia di Edoardo Anton (1954)
Femmina, regia di Marc Allégret (1954)
L’arte di arrangiarsi, regia di Luigi Zampa (1954)
Sette canzoni per sette sorelle, regia di Marino Girolami (1956)
Ore 10: lezione di canto, regia di Marino Girolami (1956)
Totò, Vittorio e la dottoressa, regia di Camillo Mastrocinque (1957)
Non perdiamo la testa, regia di Mario Mattoli (1959)
Quel tesoro di papà, regia di Marino Girolami (1959)
Il principe fusto, regia di Maurizio Arena (1960)
Cinque ore in contanti, regia di Mario Zampi (1961)

Documento
Filmato Rai con presenza di Franco Coop:
https://www.youtube.com/watch?v=_QlbqbFTAcw&feature=youtu.be

ANTONIO CORNACCHIONE
Il comico del “Povero Silvio”

Antonio Cornacchione, cabarettista, nasce a Montefalcone nel Sannio (Campobasso) nel 1959.
Piccolissimo si trasferisce a Milano. Per sbarcare il lunario disegna fumetti per “Topolino” e “Tiramolla”.

Povero Silvio - Antonio Cornacchione - Libro Usato - Kowalski - | IBS

Come attore comico debutta allo Zelig di Milano nel 1991.
L’anno successivo partecipa a “Su la testa” (Rai Tre) di Paolo Rossi. Nel 1992 riceve il premio “Satira politica” di Forte dei Marmi.
Nel 1993 è al fianco di Claudio Bisio in “Cielito lindo” (Rai Tre) e l’anno dopo debutta al teatro Litta di Milano con un monologo scritto con Riccardo Piferi e Carlo Turati.
Nel 1995 ritrova Paolo Rossi nello spettacolo “Il circo” dove interpreta una copia dissacrante di Rodolfo Valentino. La sua apparente timidezza è l’ arma vincente della sua comicità.
Negli anni successivi partecipa al programma “Retromarce” (Tele Montecarlo) poi su Italia 1 con “Scatafascio” e “Facciamo cabaret”.
Collabora e partecipa con Aldo, Giovanni e Giacomo ad uno spettacolo teatrale prodotto da Zelig e sempre con il trio comico mette in scena la rappresentazione teatrale e televisiva “Tel chi el Telun”, spettacolo di grande successo.
Nel 2001 è in tourné teatrale con Marina Missioni con il testo francese “Andree le magnifique” e nel 2002 è tra i protagonisti dello spettacolo “Cult” prodotto da Zelig.
A seguire promuove lo spettacolo “Scusate il ritardo”.
Sempre nel 2002 partecipa al film “Bella da morire” di Alex Poli con Luisa Corna. Storia di un diavolo che, sotto le mentite spoglie di un’avvenente donna, fa innamorare un uomo che vive una vita misera. L’obiettivo è spingerlo al suicidio per rubargli l’anima con la falsa promessa dell’amore eterno. Ma interviene un angelo custode che sconvolge i piani del maligno.
Nel 2003 è tra i protagonisti della fortunata trasmissione televisiva “Zelig” su Italia Uno. In estate porta in giro lo spettacolo “Pianto a di-rotto”. La locandina recita: “Lamentele, fatiche, amori, nella vita di un uomo non particolarmente ricco…..anzi, non particolarmente bello….anzi, non particolarmente integrato in una società che lo sta schiacciando e stressando, unica consolazione chi sta peggio di lui….il povero e vituperato Silvio. Quale Silvio? Lo scoprirete seguendo lo spettacolo…”.
La maggiore visibilità l’ottiene da Fabio Fazio, conduttore del programma “Che tempo che fa” su Raitre nel 2004. Il tormentone del suo personaggio, “Povero Silvio”, diventa anche uno spettacolo teatrale e un libro, il suo primo libro, edito da Kowalski (164 pagine, 11 euro), sulla scia dei libri scritti dai comici. Il divertente escamotage per dire cose terribili sul presidente del Consiglio prendendone al contempo le difese,
soffrendo e piangendo per lui quasi fosse un perseguitato, ironizza sull’idea che la vita del più sfortunato di noi non è poi cosi male se paragonata a quella di Berlusconi.
Nel 2005 Adriano Celentano lo vuole nel suo programma “Rockpolitic”, in onda su Rai Uno. E’ una fase di grande popolarità per il comico molisano e nel 2007 è ospite del Festival di Sanremo, quindi della trasmissione “Crozza Italia” su La 7 (di Maurizio Crozza, dove Cornacchione impersona George Washington, detto “il dollaro”, della banconota americana). Nel 2009 riappare a fianco di Fabio Fazio su Raitre in “Che tempo che fa”.
Nel 2010, impegnato con lo spettacolo teatrale “Silvio C’è” con Carlo Fava (noto soprattutto per l’imitazione di Joseph Ratzinger), è ospite della celebre
“Raiperunanotte”, serata di Michele Santoro organizzata al Paladozza di Bologna contro l’emarginazione delle trasmissioni televisive che trattano argomenti politici.
Tra le battute più celebri della carriera di Cornacchione: “Io da quando sono single vivo da dio. Faccio quello che voglio: se ho fame mangio, se ho sete bevo, se ho sonno dormo, se ho voglia di fare l’amore faccio la doccia”. Ed ancora: “Sono diventato allevatore di lombrichi. Ho comprato un allevamento di lombrichi. Duemila capi. Pascolavano nella loro bella cassetta di terra. Mi sono morti quando li ho marchiati!”; “Il progetto sullo stretto di Messina l’ha fatto Silvio Berlusconi. C’ha messo due giorni. Lo stretto necessario”. La migliore: “Le ostriche sono afrodisiache? Non tutte. Ieri sera ne ho mangiate una dozzina e solo nove hanno fatto effetto”.

Teatro
Circo di Paolo Rossi regia di Giampiero Solari (1995)
Tel chi el telùn regia di Arturo Brachetti (1999)
Povero Silvio (2003)
Cecile regia di Elio De Capitani (2007)
Sia lodato Silvio (2008)
L’ho fatto per il mio paese regia di Daniele Sala (2013)
Cronache sessuali regia di Antonio Cornacchione (2014)
Ieri è un altro giorno regia di Eric Civanyan (2018)

VINCENZO CUOCO
Il primo grande “politologo”

Vincenzo Cuoco è stato uno dei più grandi politologi, saggisti ed economisti del nostro Paese.

Vincenzo Cuoco

Nasce a Civitacampomarano (Campobasso) il 1 ottobre 1770, figlio di Michelangelo Cuoco e Colomba De Marinis, famiglia borghese molisana.
Compie i primi studi nel suo borgo natale, si trasferisce nel 1787 a Napoli per frequentare la facoltà di giurisprudenza.
Avvocato e studioso di economia, nell’ambiente culturale napoletano conosce intellettuali illuminati, tra cui il conterraneo Giuseppe Maria Galanti (1743-1806), il quale in una lettera del 4 settembre 1790 al padre Michelangelo, descrive Vincenzo “capace, di molta abilità e di molto talento”, ma “trascurato” e “indolente”, probabilmente perché non soddisfatto della collaborazione di Vincenzo alla stesura della sua “Descrizione geografica e politica delle Sicilie”.
Partecipa alla rivoluzione del 1799 e alla Repubblica Partenopea a Napoli, dove è segretario di Ignazio Gonfalonieri ed ha l’incarico di organizzatore del Dipartimento del Volturno.
Quando tornano i Borboni viene spedito in carcere per alcuni mesi, condannato alla confisca dei beni e costretto all’esilio per venti mesi a Parigi e a Milano, dove nel 1801, in forma anonima, pubblica il suo capolavoro, il “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana”, scritto a Parigi e poi ampliato nella successiva edizione. Il libro descrive le vicende accadute a Napoli tra dicembre 1798 (fuga di re Ferdinando I di Borbone in Sicilia) e la caduta della Repubblica Partenopea. L’opera riscuote un enorme successo, tanto da essere tradotta in tedesco e da andare esaurita.
Confrontando la Rivoluzione francese e quella partenopea, Cuoco indaga le ragioni del fallimento di quest’ultima e ne individua le cause, dal coinvolgimento di un’élite troppo limitata numericamente e impreparata all’arte del governo, alla mancanza di “educazione politica” nella coscienza popolare, fino quindi all’imposizione della rivoluzione ad un popolo estraneo ad essa, profondamente diviso dalla classe intellettuale.
Scrive Cuoco: “Se mai la repubblica si fosse fondata da noi medesimi; se la costituzione, diretta dalle idee eterne della giustizia, si fosse fondata sui bisogni e sugli usi del popolo; se un’autorità, che il popolo credeva legittima e nazionale, invece di parlargli un astruso linguaggio che esso non intendeva, gli avesse procurato de’ beni reali, e liberato lo avesse da que’ mali che soffriva; forse… noi non piangeremmo ora sui miseri avanzi di una patria desolata e degna di una sorte migliore”. Sempre a Milano dirige, tra il 1802 e il 1804, il “Giornale italiano”, quindi collabora con “Il Monitore delle Sicilie” di Napoli. Nel 1806 pubblica “Platone in Italia” (scaricabile al link:
www.liberliber.it/biblioteca/c/cuoco/platone_in_italia/pdf/platon_p.pdf), romanzo in forma epistolare che l’autore finge di aver tradotto dal greco. Influenzato da Vico e dal suo “De antiquissima Italorum sapientia”, il libro afferma la supremazia culturale italiana.
Torna quindi a Napoli, governata da Giuseppe Bonaparte, ottenendo importanti incarichi pubblici, prima come consigliere di Cassazione e poi direttore del Tesoro, distinguendosi come uno dei più importanti consiglieri del governo di Gioacchino Murat.
Nel 1809 elabora il “Progetto per l’ordinamento della pubblica istruzione nel Regno di Napoli”, nel quale l’istruzione pubblica è vista come indispensabile strumento per la formazione di una coscienza nazionale popolare.
Dal 1810 ha l’incarico di capo del Consiglio provinciale del Molise, scrivendo nel 1812 “Viaggio in Molise”, opera storico-descrittiva sulla sua regione natale. Gli ultimi anni di questo importante pensatore sono funestati dalla malattia mentale che lo colpisce dal 1816, spingendolo alla distruzione di molti suoi manoscritti rimasti inediti.
Muore a Napoli il 14 dicembre 1823. A Vincenzo Cuoco è stato dedicato il primo liceo di Napoli.

PATRICK CUTRONE
Forza da attaccante

Patrick Cutrone, calciatore italiano, è nato a Como (frazione Parè di Colverde) il 3 gennaio 1998 da padre di Campobasso (avvocato) e madre lariana (casalinga).
Abita a Parè, un paese a pochi chilometri dal confine con la Svizzera.
La sua carriera ha inizio nella Parediense, una delle tante polisportive di Como, dove esordisce a cinque anni tra i Pulcini. Ad appena otto anni viene tesserato dal Milan, nel cui settore giovanile si fa notare realizzando 136 gol.
Nell’estate 2016 viene aggregato alla prima squadra per il ritiro estivo dal nuovo allenatore Montella.
Esordisce in serie A a soli 19 anni, il 21 maggio 2017, nella vittoria per 3-0 sul Bologna alla penultima giornata, entrando però al novantesimo minuto.
Nella stagione seguente viene inserito stabilmente in prima squadra e il 27 luglio debutta in Europa League giocando contro l’Universitate a Craiova Nella gara di ritorno, disputata il 3 agosto, segna il primo gol da professionista.
Il 20 agosto 2017, alla prima giornata di campionato, realizza la prima rete in serie A nella gara vinta (3-0) sul campo del Crotone. Il 23 novembre realizza la prima doppietta con il Milan, nella gara di Europa League vinta 5-1 contro l’Austria Vienna.
Segna anche al debutto in Coppa Italia, nel successo contro l’Hellas Verona (3-0); nei quarti di finale della stessa competizione, realizza il gol che decide il derby con l’Inter. E’ il miglior marcatore stagionale con 18 gol, dieci dei quali realizzati in campionato.
Con l’arrivo di Krzysztof Piątek, viene però relegato alla panchina. Termina la stagione con 9 gol totali, di cui tre realizzati in campionato.
Con 10 reti, è il marcatore più prolifico nella storia del Milan in Europa League.
Il 30 luglio 2019 viene ufficializzato il suo trasferimento a titolo definitivo al Wolverhampton per la cifra di 18 milioni di euro più bonus. Il 14 settembre 2019 segna la sua prima rete con la maglia dei Wolves nella sconfitta casalinga per 2-5 contro il Chelsea.
Ha esordito nella nazionale italiana il 23 marzo 2018, a 20 anni, entrando al posto di Immobile nel secondo tempo della partita contro l’Argentina disputata a Manchester e vinta per 2-0 dai sudamericani.

RAIMONDO D’INZEO
La storia dell’ippica

Costantino, Piero e Raimondo D’Inzeo hanno legato il proprio nome alla storia dell’ippica.
Il capostipite Costantino, nato a Montecilfone (Campobasso) sul finire dell’ottocento, si arruola
nell’esercito sabaudo, prende parte alla prima guerra mondiale in cavalleria. Quindi ottiene ottimi piazzamenti in importanti gare sportive, tanto da ricevere l’incarico di preparare logisticamente le manifestazioni equestri giovanili italiane. Muore tragicamente in un incidente sulla strada.
Il primogenito Piero, nato il 4 marzo 1923, a 19 anni si iscrive all’Accademia militare di Modena.
Prende parte a numerose Olimpiadi lungo trent’anni, fino all’ultima, in Canada, nel 1976.
Primeggia diverse volte nel Gran Premio di Roma.

Raimondo D’Inzeo nel 1960

Il secondo figlio, Raimondo, nato nel 1925, è un altro astro nel mondo equestre.
Vince il campionato del mondo nel 1956 e nel 1960. Conquista la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Melbourne, in Australia, nel 1956 e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, aggiudicandosi anche il primato mondiale in quanto a posizionamento tra i primi tre posti.
Riportiamo la cronaca del suo trionfo a Roma, raccontata da Bruno Roghi per il “Corriere dello Sport” di giovedì 8 settembre 1960: “Piazza di Siena è l’harem dell’ippica olimpica. Tra i cavalli iscritti al Gran Premio ad ostacoli, 22 sono le femmine, 102 i maschi. Ventidue odalische sono vigilate da centodue eunuchi: tutti i maschi, infatti, sono castroni. Se gode il possesso della sua virilità il cavallo è bisbetico, bizzarro, volubile davanti all’ostacolo. Bisogna castigarlo nelle sue prerogative somatiche per averlo, come si suol dire, alla mano, per educarlo al salto, per costringerlo alla disciplina del morso, della redina e dello scudiscio. Eunuchi, ma pomposi, il che non fa contraddizione. Dai cavalieri in sgargianti uniformi essi sono presentati in pista avvolti nei loro lustri e sfolgoranti mantelli bai, sauri, morelli, grigi.
Spicca per eccentricità di abito da sera il dodicenne Master William dello statunitense Wiley: la pelle di un tenero color rosa caramella, e strappa gridolini alle labbra laccate e alle gole viola della cafè society. Piazza di Siena è incantevole nella sua cornice di pini secolari e di cipressi svettanti. Il campo di gara è una tavolozza. Gli ostacoli (14, per 7 salti) sono fioriti e imbandierati. Sempre per i profani, elenco gli ostacoli del percorso: siepe con barriera, barriera su muro, muro, riviera (m. 5), cancello di villa, passaggio di sentiero, doppia gabbia (pericolo n. 1), passaggio di sentiero di betulle con fosso, oxer rustico su catasta, barriera bianca e nera, gabbia con passaggio di sentiero, cancello romano, muro di villa, passaggio di sentiero con barriera e arginello.
Pochi sono i cavalli che si orizzontano nel dedalo di un percorso che gli esperti qualificano tra i più difficili dei concorsi ippici di tutto il mondo. Le medaglie olimpiche li meritano e li valgono. Il cavallo d’ostacoli, oggetto di cure estremamente assidue e pazienti per salire alla cima della classe internazionale, è un cavallo letterato: deve saper leggere con gli occhi e scrivere con gli zoccoli.
Sono commoventi i destrieri che, nella volta arcuata del salto, s’accorgono di rischiare la tòpica e raccolgono al ventre lo zoccolo in procinto di salto come se fossero punti da uno spillone rovente. Ci sono cavalli impeccabili, seri, diligenti, balzani, neghittosi, disperati. Questi ultimi rovinano la mobilia del campo, piombando sull’ostacolo e facendone schizzare via pali e traverse, siepi e mattoni (finti) per un raggio di dieci metri. I soldati addetti al ripristino degli elementi della doppia gabbia, sventrata dagli strafalcioni dei cavalli somari, sono i veri stakanovisti del Gran Premio.
Sono sempre al lavoro perché la doppia gabbia è l’ostacolo nel quale va a ingabbiarsi la maggior parte dei concorrenti. Un cavallo amante della pulizia è Guanaco, dell’uruguaiano Colombino. Sorvola, con slancio e correttezza, tutti gli ostacoli, ma quando si imbatte nelle pozze d’acqua della riviera e del fosso ci casca dentro e si fa il suo bravo pediluvio.
La dodicesima vittoria azzurra è arrivata a cavallo. L’ha slanciata sul traguardo della medaglia d’oro Raimondo D’Inzeo, il più giovane dei due Dioscuri dell’equestrica italiana. Il suo palafreno era Posillipo, un sauro di dieci anni, e perciò uno dei saltatori meno logorati del campo internazionale. Raimondo ha avuto una gara difficile piena di trabocchetti. Per quanto, infatti, egli avesse aperto la lizza al quarto turno di percorso stampando sull’erba del prato uno zero tondo come l’o di Giotto (e cioè sorvolando i quattordici ostacoli senza nessuna penalità) la galoppata meno felice della seconda serie gli aveva gettato un cappio al collo. Era salito a dodici penalità, mentre l’argentino Dasso e il francese Fresson, fermi rispettivamente a penalità 4 e 8 della prima manche erano in grado di fare meglio di lui nel conto totale. A sua volta il fratello Piero, penalizzato di 8 punti nel primo giro di giostra, continuava ad essere in corsa sia verso Raimondo, sia verso i suoi avversari diretti. Il lento rosario sgranato dai concorrenti chiamati volta a volta ad affrontare il percorso era motivo d’ansia per i nostri cavalieri e spina d’apprensione per la folla che gremiva (abbastanza) il campo. Ed ecco l’argentino in pista. Il suo Final, un grigio di coreografica prestanza, era forse pentito di averla menata buona, nel primo tempo, a un cavaliere quale il Dasso scombinato in sella come un buttero che monta a pelo. Sfondato un ostacolo dopo l’altro, scompariva dal tabellone dei possibili emuli di Raimondo.

Piero D’Inzeo su The Rock

Toccava poi al francese. La sua Grand Valeur, una femmina baia piena di brio e di capricci prendeva la mano e il tempo al suo cavaliere e inzeppava di errori la pagina del suo esperimento in classe. Dal crollo degli avversari più temibili, forse rotti dall’emozione, la figura di Raimondo emergeva, balzava in scultorea evidenza. La vittoria era sua con uno scarto rilevante di punti. Inoltre le prove disastrate degli ultimi aspiranti alla medaglia d’argento spingevano Piero sulla cresta dell’onda. I due fratelli potevano stringersi la mano. Avevano fatto un bel lavoro. Primo e secondo.
La classifica precisa dell’Olimpiade di salto corrispondeva a una classifica esatta di valori internazionali. Primo Raimondo e secondo Piero. I due tedeschi, che in partenza di concorso si annunciavano come gli antagonisti d’obbligo dei due italiani, dovevano accontentarsi di piazzamenti secondari: la quindicenne Halla di Winckler aveva dato segni evidenti di stanchezza, il diciassettenne Metheor di Thiedemann si era dimostrato un cavallo ormai logoro e disgustato. Poiché si parla di cavalli, prima di tornare agli uomini, siano decretati a Posillipo di Raimondo e a The Rock di Piero gli onori che gli antichi tributavano ai destrieri che vincevano la gara dei corsieri e delle quadriglie sulle pulverulente piste di Olimpia.
Tra tutti i cavalli in corsa il capolavoro equino è stato recato da Posillipo, unico percorso netto della giornata.
Raimondo l’ha sorretto con la sua inimitabile destrezza, dosandone l’andatura e di quando in quando accarezzandogli la criniera, ma il cavallo ha risposto con un’obbedienza ai comandi che era qualcosa di più di una meccanica partecipazione al lavoro dell’uomo.
Posillipo “sapeva” di portare in sella il campione della medaglia d’oro. Viene fatto di pensare ai cavalli di Achille che, secondo la leggenda omerica, capivano la parola del padrone e gli dicevano che nessuno al pari di lui era degno della vittoria.
Non riesco a dissociare le figure dei due fratelli. La regola dell’Olimpiade vuole un primo e un secondo, una medaglia d’oro e una medaglia d’argento, ma nel caso dei D’Inzeo la distinzione è artificiosa, anche se strettamente protocollare. Raimondo e Piero hanno tenuto a Piazza di Siena una lezione accademica d’equitazione moderna.
I due fratelli si sono divisi i temi e i compiti di questo insegnamento. Raimondo col suo slancio agonistico che risolve in concitazione di gara tutti i problemi tecnici inerenti all’arte della sella; Piero con la sua meditata e raffinata cultura stilistica che ne fa l’epigono del grande Caprilli, hanno in un certo senso mutuato le loro doti e le loro inclinazioni per sintetizzarle in due premi di eccellenza destinati a convergere nella realtà sportiva di un unico premio.
C’è stato un momento in cui la solidarietà ideale tra i due fratelli, l’uno volante al soccorso dell’altro, ha avuto l’accento lirico di una voce del sangue che chiama. È stato quando Piero, avendo visto che Raimondo aveva chiuso la seconda manche con 12 penalità, ha tenuto il suo secondo percorso nel limite delle otto penalità, stringendo sotto al fratello, quasi a scudo di difesa.
Finito il doppio turno di gara, Raimondo e Piero si sono seduti l’uno accanto all’altro su una panchetta, senza parlarsi, intenti allo svolgimento delle prove altrui, che avrebbero potuto trasformare in chimera la loro speranza di vittoria. Non si guardavano neppure per il timore di comunicarsi la reciproca angoscia, ma si volevano straordinariamente bene. Soffrivano le pene dell’inferno di chi, avendo compiuto la sua impresa, è in balia delle imprese altrui, e nulla può fare per deviarne il corso e stornare la minaccia, ma da bravi ufficiali non muovevano un muscolo della faccia, stavano silenziosi e impassibili al loro posto, due soldati al servizio della bandiera dell’Olimpiade».
Un recente sondaggio tra i giornalisti del settore equestre di tutto il mondo ha eletto Raimondo D’Inzeo miglior cavaliere della storia. Oggi è colonnello nell’Arma dei carabinieri, icona degli sport equestri.

TONY DALLARA
Il Re degli “urlatori”

Antonio Lardera, in arte Tony Dallara, è nato a Campobasso il 30 giugno 1936.
E’ considerato “Il re degli urlatori”.

Tony Dallara

Nel 1958, infatti, a 22 anni, con il brano “Come prima” avvia una piccola rivoluzione nel costume italiano, scuotendo un Paese abituato da anni alle canzoni melodiche. Dallara grida a pieni polmoni il testo della canzone, “singhiozzandone” le sillabe alla maniera di Tony Williams, la voce principale dei Platters di “Only you” o di “The great pretender”. E’ il cosiddetto stile “terzinato”. Il paradosso è che tale canzone, per le sue caratteristiche “anomale”, era stata scartata dalla commissione selezionatrice del festival di Sanremo. Se molti critici gridarono allo scandalo per la rottura con la tradizione del “bel canto”, la gran parte del pubblico approvò il nuovo stile importato dai soliti Stati Uniti: “Come prima” vendette 400 mila copie, un vero e proprio primato per un mercato dove già 40 mila copie di venduto costituivano un grandioso successo.
Da non dimenticare gli altri successi come “Ti dirò”, sempre del 1958, “Julia”, “Ghiaccio bollente”, “Non passa più”, “Noi”, “Bambina bambina” ma soprattutto “Romantica”, uno dei brani più richiesti al cantante molisano.
Oggi la critica riconosce in Dallara uno degli artefici di una vera e propria rivoluzione del costume italiano (anche se il “Blu dipinto di blu” di Modugno è ovviamente più celebrato). Il merito principale è l’aver spazzato via un certo modo “borghese e benpensante” di fare canzoni, tipico dei primi anni cinquanta, con testi anche abbastanza “audaci” per quegli anni come l’elogio dell’ubriachezza in “Un brivido blu”. Recita la canzone: “E vedo il mar con mille vele in fondo al mio bicchiere di gin “.
Per almeno quattro anni, tra il 1958 ed il 1962, Dallara è al vertice delle classifiche.
Ha pochi rivali. Un periodo che gli consente di rimanere un personaggio indimenticabile, che continua ad essere celebrato nelle trasmissioni-nostalgia.

Discografia italiana

Album in studio
1958 – I Campioni canta Tony Dallara (Music LPM 1007; con I Campioni)
1958 – Tony Dallara (Music LPM 1010)
1959 – Tony Dallara con Ezio Leoni (Music LPM 1014)
1961 – Bambina bambina (Music LPM 1025)
1964 – Tony Dallara (Jolly LPJ 5040)
1965 – Tony Dallara (Jolly LPJ 5046)
1981 – Amada mia (Euro Music Corporation EUR MLP 605)
1987 – Più di prima (Fonit Cetra PL 718)
1987 – Tony Dallara e Betty Curtis (Etichetta Targa)

78 giri
1957 – Me piace sta vucchella/Che m’e’ ‘mparato a ‘ffa (Music ML 2210)
1957 – Pecchè nun saccio di’/Che sbadato (Music ML 2211)
1957 – Nu tantillo ‘e core/Maliziusella (Music ML 2216)
1957 – Come prima/L’autunno non è triste (Music ML 2217)
1958 – Ti dirò/My Tennessee (Music ML 2218)
1958 – Condannami/Brivido blu (Music ML 2219)

45 giri
1957 – The Searcher/Chiken Reel (Music 2209)
1957 – Me piace sta vucchella/Che m’e’ ‘mparato a ‘ffa (Music 2210)
1957 – Pecchè nun saccio di’/Che sbadato (Music 2211)
1957 – Lonely Man/The Last Round Up (Music 2215)
1957 – Nu tantillo ‘e core/Maliziusella (Music 2216)
1957 – Come prima/L’autunno non è triste (Music 2217)
1958 – Ti dirò/My Tennessee (Music 2218)
1958 – Condannami/Brivido blu (Music 2219)
1958 – O.K. Corral/Quel treno per Yuma (Music 2220)
1958 – Strada ‘nfosa/Tieneme strett’a te (Music 2225)
1958 – Bambina innamorata/L’edera (Music 2226)
1958 – Amami poco/Per un bacio d’amor (Music 2234)
1958 – La mia storia/Non so dir (Ti voglio bene) (Music 2235)
1958 – Non partir/giungerò fino a te (Music 2247)
1959 – Julia/Mi perderò (Music 2250; con i Continentals)
1959 – Primo amore/Non è così (Music 2251)
1959 – Nessuno/Per tutta la vita (Music 2252)
1959 – Conoscerti/Tua (Music 2253)
1959 – Piove/Per tutta la vita (Music 2254)
1959 – Mi sento in estasi/Amiamoci così (Music 2258; con i Continentals)
1959 – Poveri milionari/Son tornato da te (Music 2264)
1959 – A squarciagola/Sono pazzo di te (Music 2272)
1959 – Non passa più/Anima mia (Music 2284)
1959 – Ghiaccio bollente/Vertigine (Music 2285)
1959 – Oceano/Lasciati baciare (Music 2286)
1959 – Ricordiamoci/Tu sei nata per me (Music 2291)
1960 – Romantica/Non sei felice (Music 2306)
1960 – Noi/Perderti (Music 2307)
1960 – Libero/È vero (Music 2308)
1960 – Cynzia/Verde amore (Bluebell Records BB 03030)
1960 – Madonnina/Se bacio la tua bocca (Bluebell Records BB 03031)
1960 – Noi/Perderti (Music 2307)
1961 – Un uomo vivo/Al di là (Music 2327)
1961 – La novia/Caccia all’uomo (Music 2339)
1961 – Come noi/Monica (Music 2340)
1961 – Bambina bambina/Come te (Music 2341)
1961 – A.A.B.C./La canzone dei poeti (Music 2343)
1962 – Alla mamma/La notte è giovane (Music 2347)
1962 – La escalera/In un mare (Music 2352)
1962 – Chiedo perdono/Tempo di Roma (Music 2359)
1962 – Tu che sai di primavera/Norma (Music 2365)
1964 – Come potrei dimenticarti/Cosa vuoi (Jolly J 20222)
1964 – Ti devo dire no/Quando siamo in compagnia (Jolly J 20231)
1964 – Quattro parole/Sei giovedì (Jolly J 20245)
1964 – Noi ragazzi/Se finirà (Jolly J 20277)
1965 – Thunderball/Ballerina (Curci SP 1013)
1965 – Lasciati baciare con il Letkiss/Io che non vivo senza te (Pop NP 200003; Lato A cantano I Giganti)
1965 – Si chiamava Lucia/Guardiamoci in faccia (Ri-Fi RFN 16096)
1965 – Stavolta no/La prima cosa che devo fare (Ri-Fi RFN 16107)
1966 – I ragazzi che si amano/E l’alba non verrà (CBS 2213)
1967 – Tante tante tante tante tante/Comme ‘o destino de fronne (CBS 2979)
1967 – Simpaticissima/Non ho avuto mai (Magistral R 10)
1969 – La spagnola/Alma Maria (Rare RAR NP 77526)
1970 – Buon Natale/Dimmi papà (Signal S613)
1971 – Non importa, ci sarà da mangiare anche per tre/Non darti a lui (Rex 70 RNP011)
1972 – Ho negli occhi lei/Per il tuo amore (Rex 70 RNP 013)
1972 – Mister amore/Viva gli sposi (Telerecord TLC np 1972)
1981 – Senza piangere/Ci riuscirò (Euro Music Corporation EUR 1957)
1983 – T’amo t’amo/Promises (City C 6503)
1991 – C’è l’inferno…Pensieri in musica (Babes record BB-MC Giorgio Oddoini)

COSMO M. DE HONORATIIS
L’eccellenza nella chirurgia dell’Ottocento

Cosmo Maria De Honoratiis, chirurgo di fama, era nato a Poggio Sannita il 25 settembre 1771 e morto a Napoli il 26 marzo 1850. Era ritenuto tra i migliori chirurghi nell’Italia meridionale nella prima metà dell’Ottocento. Figlio di Costanzo e di Rosa Daniele, ad 11 anni entrò nel seminario di Trivento. A 17 anni cominciò l’Università. Si laureò in Medicina a Salerno nel 1791.

DOMENICO DE MASI
Il sociologo del lavoro

Domenico De Masi è nato nel 1938 a Rotello (Campobasso).
Il padre è medico e muore prematuramente. Per cui Domenico è costretto a peregrinare sia per motivi lavorativi sia di studio.
Nel 1958 compie un viaggio in tutta Europa con una Vespa.
Si laurea nel 1959 in discipline sociologiche, intraprende la carriera imprenditoriale ed accademica, insegnando all’università dal 1961.
E’ professore ordinario, titolare della cattedra di sociologia del lavoro presso l’Università di Roma “La Sapienza”. E’ stato preside della facoltà di scienze della comunicazione presso l’Università di Roma “La Sapienza”.
Tra il 1961 e il 1966 ha svolto ricerche organizzative e ha coperto cariche manageriali presso alcune aziende del gruppo Finsider.
Dal 1966 al 1979 è stato docente e dirigente al Centro Iri per lo Studio delle funzioni direttive aziendali (Ifap).
Dal 1980 si dedica esclusivamente all’insegnamento universitario, alla formazione e alla ricerca socio-organizzativa nelle maggiori imprese italiane.
È presidente della Sit, Società italiana per il telelavoro ed è fondatore e direttore scientifico della S3-Studium srl, scuola di specializzazione in scienze organizzative.
Past president dell’In/Arch, Istituto nazionale architettura. Past president nazionale dell’Aif, Associazione italiana formatori.
De Masi collabora a numerose iniziative editoriali: dirige per l’editore Franco Angeli la collana “La società” ed è membro del comitato scientifico delle riviste “Sociologia del lavoro”, “Economia e lavoro”, “Pluriverso”. È inoltre direttore della rivista “Next. Strumenti per l’innovazione”.
Da solo o in collaborazione con altri studiosi, ha pubblicato numerosi saggi tra cui:
“La negazione urbana” (Il Mulino, 1971), “L’industria del sottosviluppo” (Guida, 1973), “Sociologia del lavoro e dell’organizzazione: sociologia dell’azienda” (Il Mulino, 1973), “I lavoratori nell’industria italiana” (Angeli, 1974), “Le basi morali di una società arretrata” di E.C. Banfield (ha curato la versione italiana) (Il Mulino, 1976), “Dentro l’università” (Angeli, 1977), “La via italiana alla democrazia industriale” (Isedi, 1977), “Giovani e lavoro” (Angeli, 1982), “Il lavoratore postindustriale” (Angeli, 1985), “L’avvento post-industriale” (Angeli, 1985), “Manuale di ricerca sul lavoro e sulle organizzazioni” (Nuova Italia Scientifica, 1985), “Trattato di sociologia del lavoro e dell’organizzazione” (Angeli, 1985-87), “L’emozione e la regola. I gruppi creativi in Europa dal 1850 al 1950” (Laterza, 1990), “Verso una formazione post-industriale” (Angeli, 1993), “Sviluppo senza lavoro” (Edizioni Lavoro, 1994), “Il futuro del lavoro. Fatica e ozio nella società postindustriale” (Rizzoli, 1999), “Ozio creativo” (Rizzoli, 2000).

CURRICULUM SINTETICO
Incarichi
 E’ Professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
 E’ stato preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove ha insegnato Sociologia del lavoro;
 Fondatore e Direttore Scientifico della S3.Studium Srl, società di consulenza organizzativa, ricerca, formazione e comunicazione.
 E’ membro del Comitato etico di Siena Biotech e del Comitato Scientifico della Fondazione Veronesi.
 E’ stato manager e dirigente d’azienda (Finsider, Ifap-Centro Iri per lo studio delle funzioni direttive aziendali).
 E’ stato presidente dell’In/Arch, Istituto Nazionale Architettura; presidente dell’AIF, Associazione Italiana Formatori; fondatore e presidente della SIT, Società Italiana per il Telelavoro; presidente della Fondazione Ravello.
 Si dedica all’insegnamento universitario, alla formazione e alla ricerca socioorganizzativa.

Libri
Da solo o in collaborazione ha pubblicato numerosi testi di:
 Sociologia urbana e dello sviluppo, tra cui La negazione urbana (1971);
 Sociologia del lavoro e dell’organizzazione, tra cui Sociologia dell’azienda (1973); I lavoratori nell’industria italiana (1974); Il lavoratore post-industriale (1985); Trattato di sociologia del lavoro e dell’organizzazione (1985-87); Sviluppo senza lavoro (1994); Il futuro del lavoro (1999).
 Sociologia dei macro-sistemi, tra cui L’avvento post-industriale (1985); L’ozio creativo (2000); Non c’è progresso senza felicità (2005).
 Sociologia dei processi creativi, tra cui La fantasia e la concretezza (2003); L’emozione e la regola. I gruppi creativi in Europa dal 1850 al 1950 (1990 e 2005); con Oliviero Toscani La felicità (2008).

Riviste e quotidiani
 Ha diretto le riviste “FOR” e “Scienza 2000”.
 Ha fondato e dirige la rivista “NEXT. Strumenti per l’innovazione”.
 E’ membro del Comitato Scientifico della rivista “Sociologia del lavoro”.
 E’ editorialista delle riviste “Dove” e “Style”.
 Collabora con le maggiori testate italiane.

ROBERT DE NIRO
Il volto del cinema mondiale

Robert De Niro è l’attore per antonomasia. Un sondaggio compiuto ad ottobre 2004 dall’autorevole rivista “Empire” lo ha consacrato il più grande attore vivente (secondo Al Pacino, terzo Jack Nicholson, quindi Paul Newman, Marlon Brando, Anthony Hopkins, Morgan Freeman, Dustin Hoffman, Clint Eastwood, Sigourney Weaver, Gene Hackman, Harrison Ford, Sean Connery, Meryl Streep, Ian McKellen, Christopher Lee, Sidney Poitier, Robert Redford, Alan Rickman e Judi Dench).

Robert De Niro in “Novecento”

Robert De Niro nasce il 17 agosto 1943 a New York, nella chiassosa Little Italy.
Suo padre Robert Senior e sua madre Virginia Admiral sono pittori espressionisti astratti. Il padre è anche poeta e scultore. Padre e madre divorziano poco dopo la nascita di “Bob”.
Stando alla recente e scrupolosa biografia di De Niro, firmata John Baxter (Barnes&Noble) e confermata dallo stesso attore in una recente intervista al londinese Times, suo padre si sarebbe dichiarato gay negli anni Quaranta, proprio dopo aver lasciato la madre di Bob. Da indiscrezioni mai smentite, De Niro senior, residente al Greenwich Village fino alla morte (nel 1993), avrebbe avuto storie con il poeta Robert Duncan, con lo scrittore Tennessee Williams e con il pittore Jackson Pollock.
Il bisnonno dell’attore è italiano, molisano di Ferrazzano (Campobasso), la bisnonna è irlandese.
Soprannominato “Bobby Milk” per il suo fisico scheletrico e per il suo pallore, timido e solitario (contrariamente all’ambiente in cui cresce), riesce però subito ad acquisire una propria personalità su un palcoscenico.
Ad appena dieci anni recita in teatro ne “Il mago di Oz” e a sedici anni nell'”Orso” di Cechov.
l giovane De Niro comincia così a calcare abitualmente i palcoscenici off-Broadway e impara l’arte della recitazione presso il Dramatic Workshop, il Luther James Studio e infine il prestigioso corso di Lee Strasberg.
L’esordio cinematografico è nel 1965 in un film girato in Francia “Tre camere a Manhattan”, dove appare per pochi minuti.
Il primo regista a credere in lui è Brian De Palma, con il quale gira tre film tra il 1966 e il 1970: “A Wedding Party” (“Oggi sposi”), “Ciao America!” e “Hi Mom”. Ma il primo ruolo importante arriva con Martin Scorsese e il suo “Mean Street” che lancia il trentenne De Niro nel cinema che conta.
Nel 1974 è la volta de “Il Padrino parte II” di Coppola, dove interpreta il ruolo di Vito Corleone (primo Oscar come miglior attore non protagonista).
Nel 1976 si sposa con l’attrice e cantante Diahnne Abbott (dalla quale divorzierà 12 anni dopo).
Con Martin Scorsese gira ancora “Taxi Driver” (1976, nomination all’Oscar, con Jodie Foster) e “Toro scatenato” (secondo Oscar, nel 1980, grazie alla straordinaria interpretazione del pugile Jack La Motta, per la quale va sovrappeso ingurgitando per settimane birra e patate).
Con Bernardo Bertolucci è in “Novecento” del 1976, con Michael Cimino firma “Il cacciatore” (ancora nomination all’Oscar), con Sergio Leone “C’era una volta in America” del 1984. Nello stesso anno, con Meryl Streep, interpreta la commedia “Innamorarsi”.
Nel 1987 è l’inquietante Luis Cipher in “Angel Heart-Ascensore per l’inferno”, con Mickey Rourke.
Sempre del 1987 è “Gli intoccabili, con Kevin Costner e Sean Connery.
“Lettere d’amore” con Jane Fonda è del 1989, anno in cui fonda, insieme a Jane Rosenthal, la casa di produzione TriBeCa Film Center, cui va giustamente fiero in quanto cura, tra l’altro, lo sviluppo di progetti cinematografici cui contribuisce in varie vesti, operando come produttore, regista e interprete.
Si passa agli anni novanta ed è ancora mafia con “Quei bravi ragazzi” (1990). Nello stesso anno interpreta il paziente Leonard Lowe in “Risvegli” (nomination all’Oscar).
Quindi ancora una nomination all’Oscar con il thriller: “Cape Fear-Il promontorio della paura” (1991), per il quale, nel ruolo del pazzo Max Cady, ottiene dal produttore 5 mila dollari per insudiciarsi i denti e altri 20 mila per rimetterli in sesto.
Il 1993 segna l’esordio alla regia nel film “Bronx”, storia di un ragazzino che cresce a Little Italy e di un padre che cerca di tenerlo lontano dalla mafia e l’inizio della sua carriera come produttore In “Heat-La sfida” (1995) recita per la prima volta a fianco di Al Pacino. Nel 1995 è in “Casino” con Sharon Stone per la regia di Scorsese.
Ancora film: “Il mito” e “La stanza di Marvin” nel 1996. Con il thriller “Sleepers”, sempre del 1996, vince ancora un Oscar. “Cop land”, “Sesso e potere” e “Jackie Brown” sono del 1997, “Great expectations” e “Ronin” del 1998, “Terapia e pallottole” del 1999.
Nel 1997 si sposa una seconda volta con l’assistente di volo Grace Hightower (con la quale sembra sia stato fidanzato per due anni), dalla quale ha un figlio, Elliot, nato il 18 marzo 1998. L’attore ha altri quattro figli: Drena (1968) e Raphael (1977), avuti della Abbott, Aaron e Julian (gemelli, 1996), nati dalla lunga relazione con la modella Toukie Smith.
Ha avuto numerose altre relazioni: la più nota e chiacchierata quella con la top model Naomi Campbell.
Nel 1998, durante le riprese a Parigi del film “Ronin”, viene indagato dalla polizia francese per presunto coinvolgimento in un giro di prostituzione. Prosciolto da ogni accusa, restituisce la Legion d’onore.
Ancora innumerevoli pellicole nel nuovo secolo: “Flawless”, “Le avventure di Rocky e Bullwinkle”, “Men of honor” e “Ti presento i miei” nel 2000, “15 Minuti – Follia omicida a New York”, “The score”, “Showtime” nel 2001, “City by the sea” e “Un boss sotto stress” nel 2002. Tra i film più recenti: “Godsend”, “The bridge of San Luis Rey”, “Mi presenti i tuoi?”, “Hide and seek” e “The good shepherd”.
Celebre il suo impegno quasi maniacale per caratterizzazioni perfette: acquisisce venti chili per impersonare Jack La Motta e Al Capone, impara a suonare il sax per essere un credibile jazzista in “New York, New York” e trascorre tre mesi con la tribù di indios Wanuna per recitare in “Mission”. De Niro ha rifiutato altri ruoli importanti come quello di Gesù in “L’ultima tentazione di Cristo” (ancora di Scorsese) e quello di Sal, gestore di una pizzeria in “Fa la cosa giusta” di Spike Lee.
È proprietario del ristorante “Ago” a West Hollywood e ne gestisce in società altri due, “Nobu” e “Lyala”, a New York.
“Bob” De Niro fa parte di quella presenza dominante di protagonisti con origini italiane che caratterizza da sempre il mondo del cinema americano. Non a caso gli agenti del casting americano utilizzano il termine “Hollywood italian” per definire questo particolare segmento della mecca del cinema mondiale. Sono numerosissimi – e molti di culto – i film che ritraggono la comunità italiana, ponendo spesso l’accento su un cocktail di stereotipi quali la mafia, l’irascibilità, il parlare a voce alta, il maschilismo, la passione che sfocia di frequente nella violenza, il romanticismo, la famiglia numerosa, la gestualità, la cucina, la musica (in primis il melodramma), la brillantina, l’esasperata religiosità, l’attaccamento alle radici, un certo modo di vestire.
Pellicole che personificano e divulgano una precisa identità italiana, oggi condivisibile o meno ma certamente fedele ad un lungo periodo storico della nostra emigrazione. Fattori disparati e molto scenici che rinnovano interesse per l’etnia e danno vita ad un’esauribile energia creativa. Su tutto emerge una grande contraddizione degli italiani d’America, inseriti ai massimi livelli nella sfera sociale e produttiva statunitense ma anche ostinatamente orgogliosi della propria “italianità”, della radicale differenza. Ma è anche il segno inequivocabile di un dna italiano che ben si adatta all’arte in genere, ed al cinema in particolare.

Filmografia
Tre camere a Manhattan (Trois chambres à Manhattan), regia di Marcel Carné (1965)
I giovani lupi (Les Jeunes Loups), regia di Marcel Carné (1968)
Ciao America! (Greetings), regia di Brian De Palma (1968)
Oggi sposi (The Wedding Party), regia di Brian De Palma, Wilford Leach e Cynthia Munroe (1969)
Sam’s Song, regia di John Broderick e John Shade (1969)
Il clan dei Barker (Bloody Mama), regia di Roger Corman (1970)
Hi, Mom!, regia di Brian De Palma (1970)
I maledetti figli dei fiori (Jennifer on My Mind), regia di Noel Black (1971)
Il mio uomo è una canaglia (Born to Win), regia di Ivan Passer (1971)
La gang che non sapeva sparare (The Gang That Couldn’t Shoot Straight), regia di James Goldstone (1971)
Batte il tamburo lentamente (Bang the Drum Slowly), regia di John D. Hancock (1973)
Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (Mean Streets), regia di Martin Scorsese (1973)
Il padrino – Parte II (The Godfather Part II), regia di Francis Ford Coppola (1974)
Taxi Driver, regia di Martin Scorsese (1976)
Novecento, regia di Bernardo Bertolucci (1976)
Gli ultimi fuochi (The Last Tycoon), regia di Elia Kazan (1976)
New York, New York, regia di Martin Scorsese (1977)
Il cacciatore (The Deer Hunter), regia di Michael Cimino (1978)
Toro scatenato (Raging Bull), regia di Martin Scorsese (1980)
L’assoluzione (True Confessions), regia di Ulu Grosbard (1981)
Re per una notte (The King of Comedy), regia di Martin Scorsese (1982)
C’era una volta in America (Once Upon a Time in America), regia di Sergio Leone (1984)
Innamorarsi (Falling in Love), regia di Ulu Grosbard (1984)
Brazil, regia di Terry Gilliam (1985)
Mission (The Mission), regia di Roland Joffé (1986)
Angel Heart – Ascensore per l’inferno (Angel Heart), regia di Alan Parker (1987)
The Untouchables – Gli intoccabili (The Untouchables), regia di Brian De Palma (1987)
Prima di mezzanotte (Midnight Run), regia di Martin Brest (1988)
Jacknife – Jack il coltello (Jacknife), regia di David Hugh Jones (1989)
Non siamo angeli (We’re No Angels), regia di Neil Jordan (1989)
Lettere d’amore (Stanley & Iris), regia di Martin Ritt (1990)
Quei bravi ragazzi (Goodfellas), regia di Martin Scorsese (1990)
Risvegli (Awakenings), regia di Penny Marshall (1990)
Indiziato di reato (Guilt by Suspicion), regia di Irwin Winkler (1991)
Fuoco assassino (Backdraft), regia di Ron Howard (1991)
Cape Fear – Il promontorio della paura (Cape Fear), regia di Martin Scorsese (1991)
Amanti, primedonne (Mistress), regia di Barry Primus (1992)
La notte e la città (Night and the City), regia di Irwin Winkler (1992)
Lo sbirro, il boss e la bionda (Mad Dog and Glory), regia di John McNaughton (1993)
Voglia di ricominciare (This Boy’s Life), regia di Michael Caton-Jones (1993)
Bronx (A Bronx Tale), regia di Robert De Niro (1993)
Frankenstein di Mary Shelley (Mary Shelley’s Frankenstein), regia di Kenneth Branagh (1994)
Cento e una notte (Les cent et une nuits de Simon Cinéma), regia di Agnès Varda (1995)
Casinò (Casino), regia di Martin Scorsese (1995)
Heat – La sfida (Heat), regia di Michael Mann (1995)
The Fan – Il mito (The Fan), regia di Tony Scott (1996)
Sleepers, regia di Barry Levinson (1996)
La stanza di Marvin (Marvin’s Room), regia di Jerry Zaks (1996)
Cop Land, regia di James Mangold (1997)
Sesso & potere (Wag the Dog), regia di Barry Levinson (1997)
Jackie Brown, regia di Quentin Tarantino (1997)
Paradiso perduto (Great Expectations), regia di Alfonso Cuarón (1998)
Ronin, regia di John Frankenheimer (1998)
Terapia e pallottole (Analyze This), regia di Harold Ramis (1999)
Flawless – Senza difetti (Flawless), regia di Joel Schumacher (1999)
Le avventure di Rocky e Bullwinkle (The Adventures of Rocky & Bullwinkle), regia di Des McAnuff (2000)
Men of Honor – L’onore degli uomini (Men of Honor), regia di George Tillman Jr. (2000)
Ti presento i miei (Meet the Parents), regia di Jay Roach (2000)
15 minuti – Follia omicida a New York (15 Minutes), regia di John Herzfeld (2001)
The Score, regia di Frank Oz (2001)
Showtime, regia di Tom Dey (2002)
Colpevole d’omicidio (City by the Sea), regia di Michael Caton-Jones (2002)
Un boss sotto stress (Analyze That), regia di Harold Ramis (2002)
Godsend – Il male è rinato (Godsend), regia di Nick Hamm (2004)
Mi presenti i tuoi? (Meet the Fockers), regia di Jay Roach (2004)
Il ponte di San Luis Rey (The Bridge of San Luis Rey), regia di Mary McGuckian (2004)
Fahrenheit 9/11, regia di Michael Moore – documentario (2004)
Nascosto nel buio (Hide and Seek), regia di John Polson (2005)
The Good Shepherd – L’ombra del potere (The Good Shepherd), regia di Robert De Niro (2006)
Stardust, regia di Matthew Vaughn (2007)
Disastro a Hollywood (What Just Happened?), regia di Barry Levinson (2008)
Sfida senza regole (Righteous Kill), regia di Jon Avnet (2008)
Stanno tutti bene – Everybody’s Fine (Everybody’s Fine), regia di Kirk Jones (2009)
I Knew It Was You, regia di Richard Shepard – documentario (2009)
Machete, regia di Robert Rodríguez (2010)
Stone, regia di John Curran (2010)
Vi presento i nostri (Little Fockers), regia di Paul Weitz (2010)
Manuale d’amore 3, regia di Giovanni Veronesi (2011)
Limitless, regia di Neil Burger (2011)
Killer Elite, regia di Gary McKendry (2011)
Capodanno a New York (New Year’s Eve), regia di Garry Marshall (2011)
Red Lights, regia di Rodrigo Cortés (2012)
Being Flynn, regia di Paul Weitz (2012)
Freelancers, regia di Jessy Terrero (2012)
Il lato positivo – Silver Linings Playbook (Silver Linings Playbook), regia di David O. Russell (2012)
Big Wedding (The Big Wedding), regia di Justin Zackham (2013)
Killing Season, regia di Mark Steven Johnson (2013)
Cose nostre – Malavita (The Family), regia di Luc Besson (2013)
Last Vegas, regia di Jon Turteltaub (2013)
American Hustle – L’apparenza inganna (American Hustle), regia di David O. Russell (2013)
Il grande match (Grudge Match), regia di Peter Segal (2013)
Motel (The Bag Man), regia di David Grovic (2014)
Lo stagista inaspettato (The Intern), regia di Nancy Meyers (2015)
Bus 657 (Heist), regia di Scott Mann (2015)
Joy, regia di David O. Russell (2015)
Nonno scatenato (Dirty Grandpa), regia di Dan Mazer (2016)
Hands of Stone, regia di Jonathan Jakubowicz (2016)
The Comedian, regia di Taylor Hackford (2016)
Joker, regia di Todd Phillips (2019)
The Irishman, regia di Martin Scorsese (2019)

GIUSEPPE DE RITA
Il fine osservatore dell’Italia

Giuseppe De Rita è uno dei più noti sociologi italiani, attento osservatore delle trasformazioni economiche, sociali e istituzionali del nostro Paese.

Giuseppe De Rita

E’ nato il 27 luglio 1932 a Roma, nel quartiere San Giovanni, da famiglia d’origine molisana.
Il nonno, esattore delle tasse, da Venafro (Isernia) viene trasferito a Pontecorvo (Frosinone). Quindi la famiglia “emigra” a Roma, dove la madre Serafina vince un concorso di maestra ed il padre Raffaele lavora al Banco di Santo Spirito. Il matrimonio dei genitori viene celebrato da padre Antonio De Marco, arciprete di Venafro. I De Rita, originari quindi di Venafro, oggi
sono sparsi tra Roma, Puglia e Ciociaria.
Ma il suo legame con il Molise è dovuto soprattutto agli anni della guerra, quando soggiorna a Frosolone (Isernia) presso la famiglia di Ida Nota-Ruberto, sorella della madre, la quale ha sposato un preside del posto. Qui torna anche per qualche estate presso la casa degli zii. “Quell’anno di guerra trascorso a Frosolone fu importante per la mia vita privata – racconta De Rita. “Ero il figlio maggiore e mio padre mi elesse suo confidente, cosa che mi aiutò ad affrontare una maturazione molto rapida”. Di Frosolone dice che è un paese “durissimo”, un paese di rigore, di una dimensione schiva. “Nel mio carattere c’è un nucleo d’impenetrabilità, qualcosa che non può essere messo in piazza. Un qualcosa di molisano, dico io – osserva il sociologo. “C’è nel molisano una specie di misura antica che non è neppure contadina, è solo paesana, cultura di poveri se si vuole, in cui, in fondo, il rapporto segreto con se stesso rappresenta una misura che non può essere travalicata. La misura era una delle grandi certezze della cultura greca: la ibris era la dismisura, cioè lo sbracare, l’andare oltre. Ebbene, io non ho una misura greca, perché non sono così raffinato, io ho una misura molisana se mi posso permettere”.
Nel 1954, a Roma, si laurea in giurisprudenza.
Dal 1955 al 1963 è funzionario della Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno), responsabile della sezione sociologica della Svimez dal 1958 al 1963.
Nel 1964, insieme a Gino Martinoli Levi e a Pietro Longo, è tra i fondatori del Censis (Centro studi investimenti sociali), di cui è consigliere delegato fino al 1974, quando diventa segretario generale della Fondazione Censis.
Per oltre un decennio, dal 1989 al 2000, è presidente del Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Presidente della casa editrice Le Monnier. Giuseppe De Rita svolge un’intensa attività pubblicistica, anche come editorialista dei principali giornali italiani (tra questi “Il Corriere della Sera”), oltre ad essere relatore ai più importanti convegni e dibattiti che riguardano le condizioni e le linee di sviluppo della società italiana. Nel dicembre 2004 l’Università IULM conferisce a Giuseppe De Rita la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione, riconoscendo che in qualità di segretario generale della Fondazione Censis è protagonista da decenni di un impegno di tessitura e di iniziativa che è esperienza riconosciuta come originalissima e preziosa per la comunità nazionale. Il suo fecondo e incessante lavoro di interpretazione dei fenomeni sociali, economici e culturali, con ampio e crescente spazio di ricerca assegnato all’ambito dei processi comunicativi, è stato ed è materia di costruzione delle categorie di lettura dei processi e fenomeni sociali. Categorie che si sono rese indispensabili per l’attività dei media e per le opzioni dei decisori con un particolare coinvolgimento sia del quadro politico-istituzionale oggettivamente aiutato a conoscere, valutare e compiere opzioni, sia dei soggetti della rappresentanza aiutati a fare selezione e a posizionarsi in modo maturo nella dialettica sociale.
Sotto la sua guida il Censis ha avviato, dal 2000, una riflessione approfondita sul tema del “modello” socio-economico italiano con l’obiettivo di mettere in luce gli elementi più innovativi e le schegge emergenti di vitalità.
Tra i suoi scritti si segnalano: “Il punto sull’Italia”, scritto con Marco Deaglio (Mondadori, 1983); “La Chiesa galassia e l’ultimo Concordato”, scritto con Gennaro Acquaviva, a cura di Luigi Accattoli (Rusconi, 1983); “La società abbondante. Come arrivammo agli anni ‘90”, scritto con N. Delai e A.Vinciguerra (Edizioni Euroitalia, 1990); “Una città speciale. Rapporto su Venezia” (Marsilio, 1993); “Intervista sulla borghesia in Italia”, a cura di Antonio Galdo (Laterza, 1996); “Il manifesto dello sviluppo locale” con Aldo Bonomi (Bollati Boringhieri, 1998); “Che fine ha fatto la borghesia?” con Massimo Cacciari e Aldo Bonomi (Einaudi, 2004).
Nel 2003 ha ottenuto il premio “Fregene” per “Il regno inerme” (Einaudi).
A proposito del Molise e di Frosolone, De Rita ha scritto: “Non sono più tornato a Frosolone dal luglio 1944. Credo di non aver voluto, tante son state le volte che son passato lì vicino, le volte che sono andato oltre i cartelli per le deviazioni. Non sopporterei i cambiamenti, che mi dicono molti e significativi; e per fortuna, aggiungo, visto quant’era povero il paese in quegli anni. Ma i loci della memoria è giusto che rimangono fissi nel cuore, immutabili per come li si è vissuti. Andrei alla ricerca di angoli, di odori, di facce, di atmosfere che non troverei: razionalmente dovrei accettare la differenza concreta dei miei ricordi, irrazionalmente preferisco tenermi i ricordi, senza prendere atto del cambiamento”. Ed ancora: “Ho incorporato quello che potevo incorporare. Insistere, tornare, significherebbe fare una sottrazione di quello che ho accumulato”.

DON DELILLO
Il confessore dell’America

Don Delillo è uno dei maggiori scrittori americani.
E’ nato il 20 novembre 1936 da genitori italiani, originari di Montagano (Campobasso), anche se lui ammette di non sentirsi particolarmente legato alle sue origini italiane e molisane.
Il padre era impiegato in una compagnia di assicurazioni.
Riceve un’educazione fortemente cattolica.
Trascorre i suoi primi anni di vita in Pennsylvania. Quindi nel Bronx, vicino a Arthur Avenue, quartiere un tempo abitato quasi esclusivamente da italiani.
Compie i suoi primi studi in seminario, detestando la scuola che considera una perdita di tempo ma s’è comunque laureato in arti comunicative, trasferendosi al Greenwich Village, sempre a New York, abitato in prevalenza da artisti.
Confessa di aver amato “ogni forma di baseball immaginabile”, giocando a basket e a calcio.
Il primo lavoro è stato quello di copywriter pubblicitario, professione che non ha mai amato.
Le prime letture sono decisive per la carriera di scrittore: Faulkner, Joyce, Melville, anche se riconosce che “le influenze più notevoli non appartengono alla letteratura, bensì al cinema europeo, al jazz, all’espressionismo astratto”.
Racconta Delillo per spiegare l’inizio della sua storia letteraria: “Allora a New York si poteva vivere con poco. Io non avevo famiglia e sono campato per tre anni con i miei risparmi”.
A 29 anni, nel 1971, pubblica il primo romanzo, “Americana” (edito in Italia da Il Saggiatore nel 2000). E’ il primo successo. Protagonista è David Bell, giovane manager di una rete televisiva, inserito nei meccanismi della società newyorchese, vanitoso per la propria bellezza ma fragile in un mondo televisivo fatto di finzioni.
L’incipit: “E così arrivammo alla fine di un altro stupido e lurido anno. Le luminarie sormontavano scintillanti le porte dei negozi. I venditori di caldarroste spingevano i carretti fumanti. Di sera, la folla in strada era immensa e il fragore del traffico saliva a trasformarsi in un’ondata di piena. I Babbi Natale della Quinta Avenue scampanellavano con una delicatezza strana e quasi dolente, come a spargere sale su un taglio di carne guasta. In tutti i negozi risuonavano musichette, canti e osanna natalizi, e le trombe dell’Esercito della Salvezza diffondevano i lamenti marziali di antiche legioni cristiane. L’effetto sonoro in quel luogo e in quel momento era bizzarro, fragore di piatti e rullare di tamburi, come un rimprovero impartito a dei bambini per un peccato imperdonabile, e la gente era infastidita. Ma le ragazze erano adorabili e spensierate, entravano nei negozi più stravaganti a fare acquisti, attraversavano i tanti tramonti magnetici della sera come majorettes, alte e rosee, stringendo ai morbidi seni pacchetti avvolti in carta colorata. Il pastore tedesco del cieco continuava a dormire senza accorgersi di nulla”.
Segue “End Zone” nel 1972, libro di minore portata.
Quindi, nel 1973, “Great Jones Street” (edito in Italia da Il Saggiatore nel 1997 e dall’editrice Net nel 2004). Romanzo ambientato nel mondo del rock’n’roll con una protagonista particolare, una sostanza stupefacente, il “falcone maltese”, droga dagli effetti sconosciuti che finisce nelle mani di Bucky Wunderlich, superstar del rock, convinto di essere prigioniero della sua stessa fama. Il titolo si riferisce alla strada dov’è situato l’appartamento della ragazza del protagonista, dove lui si rifugia inutilmente per trovarvi anonimato e pace.
Delillo si comincia a dedicare ai gialli, con particolare riferimento a storie spionistiche e di servizi segreti. “Ratner’s star” è del 1976, “Players” del 1977, “Running dog” del 1978 (“Cane che corre” è stato pubblicato in Italia dall’editore Pironti di Napoli nel 1991). Nel 1982 esce in America “I nomi”, pubblicato in Italia dall’editore Pironti nel 1990 e da Einaudi nel 2004. E’ un thriller ambientato nella fine degli anni settanta, periodo della rivoluzione islamica in Iran e dei sequestri
terroristici. Il protagonista, James Axton, analista di rischio per una compagnia assicurativa, deve raccogliere notizie sulla situazione geopolitica in Medio Oriente.
Dal suo ufficio di Atene va a trovare la moglie e il figlio che vivono in un’isoletta dell’Egeo. Qui viene a sapere di un omicidio rituale, forse ultimo anello di una catena di delitti. Comincia a compiere indagini, seguendo le tracce di una setta. Dalla Grecia la vicenda si snoda attraverso un emozionante viaggio in Oriente.
Nel 1984 esce “Rumore bianco” (White noise), pubblicato in Italia da Einaudi. E’ il primo vero capolavoro. Affresco sull’America contemporanea, luogo privilegiato ma che non salva dai numerosi problemi sociali, dall’indifferenza, dalla nevrosi, dalla maniacalità, dal salutismo, dai riti ossessivi, dalla paura della morte. E’ ambientato in una piccola università americana, presso la quale il protagonista, Jack Gladney, insegna “studi hitleriani” e vive con la sua quarta moglie, Babette, al centro di una complicata famiglia di figli provenienti dai precedenti matrimoni di entrambi. Una vita perfetta e affettuosa. Fin quando una nube tossica prodotta da un incidente allo scalo ferroviario non costringe l’intera città ad un’evacuazione di massa, durante la quale si sviluppa il giallo familiare.
“Libra” è del 1988 (Pironti lo pubblica nel 1999 ed Einaudi nel 2000). E’ una ricostruzione a metà tra realtà e fantasia dell’assassinio di Kennedy a Dallas nel 1963.
A giudizio di Delillo il delitto va inquadrato in un torbido intreccio tra Cia, Fbi e malavita organizzata legata alla mafia. Scrive il Newsday: “L’immaginazione apocalittica di Delillo affronta l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy in un racconto che lascia senza fiato”.
Nel 1991 esce “Mao II” (in Italia: Einaudi, 2003). Racconta di uno sposalizio di massa nello Yankee Stadium (seimilacinquecento coppie) dove le vite degli individui qualunque incontrano i grandi eventi della storia, dai funerali di Khomeini al massacro di Tienanmen. “Questo romanzo è un gioiello – ha scritto Thomas Pynchon. “DeLillo ci conduce in un viaggio sconvolgente intorno alle versioni ufficiali della nostra storia quotidiana, a tutte quelle facili rassicurazioni su chi è chi. E lo fa con un occhio tanto attento e una voce così espressiva e diretta da non somigliare a nessun’altra”.
Nel 1993 l’editore Pironti pubblica “Giocatori”.
Nel 1997 esce un altro capolavoro, “Underworld” (in Italia: Einaudi, 1999), affresco di cinquant’anni di vita americana. La storia: il 3 ottobre 1951 al Polo Grounds di New York si gioca una leggendaria partita di baseball tra i Giants e i Dodgers. Della palla con cui viene battuto il fuoricampo che garantisce la vittoria del campionato ai Giants si impadronisce un ragazzino nero di Harem Cotter, Martin. Cinquant’anni dopo quella palla è in possesso di Nick Shay Costanza, dirigente dell’industria dello smaltimento dei rifiuti che nel 1951 era a sua volta ragazzino un passo più in là, nel Bronx.
“Body art” (Einaudi, 2001) racconta l’allucinazione di un’artista costretta a confrontarsi con un delirio personale, una meditazione sul tempo e sullo spazio e un viaggio dentro il mistero della creazione artistica.
L’incipit: “Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela. C’è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile, e il ragno resta attaccato alla regnatela agitata dal vento”.
“Valparaiso” (Einaudi, 2002) racconta di un medico che si trasforma nell’oggetto di una morbosa curiosità mediatica, protagonista – suo malgrado – di una grande fiction. Romanzo sul sensazionalismo cinico dei grandi network e sulla loro superficialità.
“La stanza bianca” (Einaudi, 2003) è una disarmante pièce incentrata su una stanza d’ospedale dove medico e paziente, psichiatra e cliente si scambiano involontariamente i ruoli. Il secondo atto sembra un’altra commedia: una coppia, Gary e Lynette, in compagnia di una televisione quasi sempre accesa, sono alla ricerca dell’Arno Klein, compagnia teatrale fantasma che recita in posti e in città sempre diversi, mai in spazi convenzionali. Per un caso fortuito alcuni spettatori riescono ad assistere ad una replica degli “Arno Klein”, che però è anche il nome di uno dei reparti psichiatrici dell’ospedale del primo atto…
“Cosmopolis” (Einaudi, 2003), dedicato al suo amico Paul Auster, è incentrato sulla nostra coscienza del denaro negli anni novanta in un mix tra tecnologia e capitalismo.
Il protagonista del romanzo è Eric Packer, ricco mago della finanza newyorkese che vive in una torre di 89 piani sull’Est River, un attico a tre piani arricchito di tutti i possibili congegni elettronici. Possiede una limousine bianca con il pavimento in marmo di Carrara. La storia, ambientata nel mese di aprile del 2000, racconta in particolare il viaggio del protagonista sulla limousine bianca, attraverso Manhattan, per andare a tagliarsi i capelli a Hell’s Kitchen. Pacher specula sullo yen, visita amanti, riceve minacce di morte, s’imbatte nel funerale di un famoso rapper, assiste ad un rave party all’interno di un teatro abbandonato, osserva una protesta antiglobalizzazione violentemente repressa dalla polizia.
Don Delillo conferma le capacità di saper descrivere il mondo contemporaneo con una profondità che sfiora la premonizione. “La sindrome di Packer – sottolinea lo scrittore – è il complesso di Icaro, l’essersi voluto spingere troppo vicino al sole, per eccesso di presunzione e senso di invincibilità. Con il trascorrere delle ore quest’uomo di potere avverte invece il senso immanente della sua mortalità e la forza che esercita su di lui il destino in una giornata tanto particolare, in cui rivive tutta la sua esistenza e gli avvenimenti prendono un ritmo vertiginoso”.
“In questo romanzo – confessa Delillo – mi interessava raccontare uno scontro di forze, quella che spinge il protagonista a vivere il futuro e contemporaneamente la lotta contro ciò che invece lo riporta al passato, man mano che va verso la bottega del barbiere. Non a caso, mentre guarda avanti, gioca in borsa e specula oltre persino le sue possibilità, gli tornano a galla tutte le emozioni vissute quando il padre morì d’improvviso prematuramente”. Delillo ha scritto anche testi teatrali, pezzi giornalistici e racconti. Ha pubblicato anche “Amazons” sotto lo pseudonimo di Cleo Birdwell.
E’ sposato, senza figli, vive nel New Jersey. Molto riservato, concede poche interviste e preferisce che a parlare di lui siano i suoi libri e pochi dati “ufficiali”.
Thomas Pynchon lo definisce “la voce più eloquente della letteratura americana”.
Delillo ha vinto il “National book award” nel 1985, il premio “Faulkner” nel 1991 ed il “Jerusalem Prize”. In Italia ha vinto premio “Mondello” e il premio “Baccelli”.
Il suo nome è circolato più volte come candidato al Nobel.

Romanzi
Americana (Americana, 1971; 19892) (tr. Marco Pensante, Il Saggiatore, 2000; Net, 2003; Einaudi, 2008)
End Zone (End Zone, 1972) (tr. Federica Aceto, Einaudi, 2014)
Great Jones Street (Great Jones Street, 1973) (tr. Marco Pensante, Il Saggiatore, 1997; Einaudi, 2009)
La stella di Ratner (Ratner’s Star, 1976) (tr. Matteo Colombo, Einaudi, 2011)
Giocatori (Players, 1977) (tr. Maria Teresa Marenco, Pironti, 1993; Einaudi, 2005)
Cane che corre (Running Dog, 1978) (tr. Livia Fascia, Pironti, 1991; tr. Silvia Pareschi, Einaudi, 2006)
Amazons (con lo pseudonimo di Cleo Birdwell, in collaborazione con Sue Buck – 1980)
I nomi (The Names, 1982) (tr. Amalia Pistilli, Pironti, 1990; Einaudi, 2004)
Rumore bianco (White Noise, 1985) (tr. Mario Biondi, Pironti, 1987; Einaudi, 1999)
Libra (Libra, 1988) (tr. Agnese Micheluzzi e Carmen Micillo, Pironti, 1989; tr. Massimo Bocchiola, Einaudi, 2000)
Mao II (Mao II, 1991) (tr. Delfina Vezzoli, Leonardo, 1992; Einaudi, 2003)
(Pafko at the wall: a novella, 1992) (prologo di Underworld)
Underworld (Underworld, 1997) (tr. Delfina Vezzoli, Einaudi, 1999)
Body art (The Body Artist, 2001) (tr. Marisa Caramella, Einaudi, 2001)
Cosmopolis (Cosmopolis, 2003) (tr. Silvia Pareschi, Einaudi, 2003)
L’uomo che cade (Falling man, 2007) (tr. Matteo Colombo, Einaudi, 2008)
Punto omega (Point Omega, 2010) (tr. Federica Aceto, Einaudi, 2010)
Zero K (Zero K, 2016) (tr. Federica Aceto, Einaudi, 2016)

Racconti
The River Jordan (1960)
Take the “A” Train (1962)
Spaghetti and Meatballs (1965)
Coming Sun.Mon.Tues. (1966)
Baghdad Towers West (1967)
The Uniforms (1970)
In the Men’s Room of the Sixteenth Century (1971)
Total Lost Weekend (1972)
Creation (1979)
The Sightings (1979)
Human Moments in World War III (1983)
The Ivory Acrobat (1988)
The Runner (1988)
Pafko at the Wall (1992)
The Angel Esmeralda (1995)
Baader-Meinhof (2002)
Still Life (2007)
Midnight in Dostoevskij (2009)
The Border of Fallen Bodies (2009)
Hammer and Sickle (2010)
L’angelo Esmeralda (2011) (tr. Federica Aceto, Einaudi, 2013)

Saggi
American Blood: A Journey through the Labyrinth of Dallas and JFK (1983)
Salman Rushdie Defense (scritto con Paul Auster, 1994)
The Artist Naked in a Cage (1997)
The Power of History (1997)
A History of the Writer Alone in a Room (1999)
In the Ruins of the Future (2001)
Contrappunto (Counterpoint, 2004)

Drammaturgie
The Engineer of Moonlight (1979)
La stanza bianca (The Day Room: a Play, 1986) (tr. Alessandra Serra, Einaudi, 2003)
The Rapture of the Athlete Assumed into Heaven (1992)
Valparaiso (Valparaiso: a play in two acts, 1999) (tr. Alessandra Serra, Einaudi, 2002)
The Mystery at the Middle of Ordinary Life (2000)
Love-lies-bleeding (Love-Lies-Bleeding, 2005) (tr. Alessandra Serra, Einaudi, 2006)
The Word for Snow (2007)

ALFONSO DESIATA
L’uomo delle Generali

Alfonso Desiata è nato a Bojano (Campobasso) nel 1933 in una famiglia di piccoli imprenditori impegnati nel commercio del legname, originari di Agnone (Isernia).
Ha cominciato a lavorare in Generali Assicurazioni subito dopo aver conseguito la laurea in Economia presso la Scuola per le Scienze Applicate “A. Pacinotti” dell’Università di Pisa (poi confluita nella Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna).
Ne è diventato dirigente a soli 34 anni, amministratore delegato a 44, quindi presidente delle Generali Assicurazioni dal 1999 al 2001, dopo aver ricoperto la carica di direttore centrale.
Uomo colto, manager determinato e pragmatico, da buon molisano, è stato anche presidente dell’Ania, la Confindustria delle assicurazioni, carica che ha lasciato nel 2002,
Per ben due volte ha osato dire no a Enrico Cuccia, cioè al suo principale azionista, come ricorda Giacomo Ferrari sul Corriere della Sera. La prima volta nel 1990, quando si è rifiutato di aderire al disegno di Mediobanca di conquistare il Nuovo Banco Ambrosiano (Desiata verrà mandato a guidare l’Alleanza, la compagnia vita del gruppo, che rilancerà moltiplicando utili e giro d’affari); la seconda alla vigilia dell’assemblea dei soci, nell’aprile 2001, quando Mediobanca, su proposta di Vincenzo Maranghi, indica Gutty per la presidenza. Desiata lascia, non senza esprimere pubblicamente «profondo disaccordo». Nuova destinazione, l’Ania. Appassionato di matematica, amico di intellettuali come Claudio Magris, Desiata nei fine settimana coltivava l’orto nella sua casa di Attimis, in Friuli.
E’ morto a Trieste nel 2006.

MARIA DI BIASE
Nuzzo e “Tua sorella”

Maria Di Biase nasce a Montreal, Canada, il 17 dicembre 1974, da famiglia originaria di Bonefro (Campobasso).
Cresce a Bologna e si laurea in matematica.
In coppia con Corrado Nuzzo, diviene protagonista di trasmissioni televisive con partecipazioni comiche e della scena teatrale comica italiana.
Si fa conoscere al grande pubblico televisivo grazie alle partecipazioni a “Bulldozer” (Rai 2) e “Tutti a scuola” (Rai 1).
Dal 2004 al 2007 fa parte del cast di “Mai dire gol”, dove interpreta diversi ruoli comici. Il successo arriva soprattutto grazie agli sketch “Mortality Show”, “Il grande freddo” e “Tua sorella”.
Ha recitato nei film “La matassa” (2009) e “Anche se è amore non si vede” (2011) dei comici Ficarra e Picone, conosciuti durante gli anni a Zelig.
Nel 2014 è tornata sul grande schermo in “Amici come noi”, con le Iene Pio D’Antini e Amedeo Grieco.
Con il partner Nuzzo è legata anche sentimentalmente.

Film
La matassa, regia di Ficarra e Picone e Giambattista Avellino (2009) (solo Di Biase)
Anche se è amore non si vede, regia di Ficarra e Picone (2011)
Amici come noi, regia di Enrico Lando (2014) (solo Di Biase)
Gli ultimi saranno ultimi, regia di Massimiliano Bruno (2015) (solo Di Biase)
Tiramisù, regia di Fabio De Luigi (2016)
Che vuoi che sia (2016) (solo Di Biase)
Vengo anch’io, (2018) (anche regia)
Arrivano i prof, regia di Ivan Silvestrini (2018) (solo Di Biase)

Videoclip
A che ora è la fine del mondo? – Ligabue (1994)

Programmi tv
Tutti a scuola (Rai Uno) (2003)
I Caruso (Happy Channel) (2003)
Bulldozer (Rai Due) (2003)
Sanremo festival d’estate (Rai Uno) e Mai dire Grande Fratello & figli (Italia 1) (2004)
Mai dire Grande Fratello & figli (Italia 1) – 2004-2009
Mai dire Lunedì (Italia 1) – 2005
Mai dire Reality (Italia 1) – 2006
Mai dire Martedì (Italia 1) – 2007
Zelig (Canale 5) – 2009-2016
Se stasera sono qui (La 7) – 2012
Quelli che il calcio (Rai 2) – 2013-2014, 2014-2015

Radio
Zazarazà su Radio 2
Black Out (Radio 2) – dal 2012
Radio2 Summer Club (Rai Radio 2) – 2018
Numeri Uni (Rai Radio 2) – dal 2018

Teatro
1999 – L.S.D. Luci sul divano
2000 – Sarchiapone Circus
2002 – Hey Ho and Up She Rises
Pentola a Pressione (2002), scritto da Rita Pelusio e Corrado Nuzzo (solo Nuzzo)
2003 – Maredeu Burlesque, scritto da Maria Di Biase e Corrado Nuzzo, regia Corrado Nuzzo
Condominio Varietà (2004), scritto da Maria Di Biase, Corrado Nuzzo, Lello Lombardi
Nuzzo Di Biase live show (2005), di e con Maria Di Biase e Corrado Nuzzo
Ti amo… cosa avrà voluto dire? (2006), di e con Maria Di Biase e Corrado Nuzzo

PAOLO DI PAOLO
Il fotografo del “Mondo” di Pannunzio

Paolo Di Paolo è nato a Larino (Campobasso) il 17 maggio 1925 e nel 1939 si è trasferito a Roma per conseguire la maturità classica.
Dal 1954 al 1966 è stato il fotografo più pubblicato su “Il Mondo”, la celebre rivista fondata e diretta da Mario Pannunzio.
Per la celebre rivista ha realizzato molti esclusivi reportage e ritratti tra i quali si ricordano: Giorgio De Chirico, Oriana Fallaci, Enzo Ferrari, Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Pier Paolo Pasolini, Ezra Pound, Umberto II, Luchino Visconti e molti altri. Sua è, inoltre, la prima fotografia firmata apparsa sul giornale e anche l’ultima pubblicata sul numero di chiusura.
Tra il 1954 e il 1956 allarga le collaborazioni alla “Settimana Incom Illustrata”, diretta da Francesco Malgeri.
Come inviato, viaggia in tutti i continenti.
Negli anni Novanta il suo archivio di oltre 250mila scatti è stato valorizzato dalla figlia Silvia, catalogato e curato.
Nel 2019 una grande mostra al Maxxi. Questa la preziosa presentazione di Noemi Riccitelli: “Il roseo compiacimento del proprio lavoro è esclusivo retaggio dei dilettanti”.
L’affermazione di Emilio Cecchi accoglie i visitatori nello spazio Extra MAXXI, all’interno del complesso del Museo delle Arti del XXI secolo, dove fino al 1 settembre 2019 è possibile visitare la mostra fotografica di Paolo Di Paolo: “Mondo Perduto. Fotografie 1954-1968”, con il main sponsor di Gucci.
Un’accoglienza particolare per questo progetto, ma che si addice, in realtà, allo spirito personale e all’etica professionale del fotografo Paolo Di Paolo.
Infatti, il fotografo di origini molisane, classe 1925, pur avendo amato intensamente il suo lavoro, ha saputo rinunciare al richiamo di una fama effimera e dopo il suo ritiro professionale, ha preferito tenere per sé i suoi piccoli-grandi gioielli, gli scatti dell’amata Leica III C, mettendoli, letteralmente, in cantina.
Nessuno della sua famiglia era a conoscenza di questo archivio segreto, che sa tanto di favola dal tesoro nascosto, finché la figlia Silvia, alla fine degli anni ‘90 non vi si imbatte per caso, mentre sta cercando un paio di sci, chiedendo al padre, dopo molte resistenze, di farsi raccontare quella bellissima storia che ora è davanti gli occhi di tutti.
E’ all’inizio degli anni ’50 che Paolo Di Paolo arriva a Roma dal Molise per studiare storia e filosofia: l’Italia è in piena ricostruzione, grandi sono le speranze e le attese.
Il 1954 è l’anno della svolta, Di Paolo perde la testa per una macchina fotografica, la Leica III C: la compra a rate e inizia a scattare per puro divertimento.
Intanto, entra in contatto con gli ambienti artistici di Roma e sono proprio i suoi amici artisti a suggerirgli di proporre le foto al settimanale culturale Il Mondo, fondato e diretto da Mario Pannunzio.
Inizia, così, un sodalizio unico, Paolo Di Paolo diventa in breve tempo uno dei collaboratori più assidui del giornale: pubblica 573 fotografie che ritraggono i protagonisti del mondo dell’arte, della cultura, della moda, del cinema e la gente comune. Un’Italia ancora in bianco e nero, ma che a poco a poco stava riprendendo colore, dopo la guerra.
Ed è proprio al Mondo che Paolo Di Paolo, in uno dei contributi video presenti nella mostra, riconosce l’unicità, lo stile, propri di un giornale che ha saputo dare valore alla fotografia: non più solo corredo agli articoli, ma la stessa immagine come racconto, impressione dell’autore. «Si comprava il Mondo anche solo per guardarlo» racconta Di Paolo.
Al centro della sala della mostra, una ricostruzione della redazione del giornale, insieme alle vecchie copie, fa respirare quell’aria di lavoro e dedizione, e ci si commuove quasi, guardando la macchina da scrivere.
E’ il Mondo che dà a Di Paolo la possibilità di esprimersi, infatti, quando nel 1966 il giornale chiude, il fotografo decide di abbandonare definitivamente il suo lavoro anche perché le linee editoriali degli altri giornali stavano volgendo alla cronaca scandalistica, cui non vuole proprio cedere.
Nonostante ciò, l’intensa collaborazione con il giornale ha permesso a Di Paolo di viaggiare in tutta Italia, dando vita a scatti iconici che, nella mostra, sono divisi in sezioni.
L’Italia tra gli anni ’50 e ’60: irresistibile, per delicatezza e semplicità, la foto del Presidente della Repubblica Antonio Segni, inginocchiato, mentre si adopera nella cura di una piantina nel 1963, o ancora, la foto dell’aeroporto di Pantelleria, negli anni ’60, dove in primo piano c’è un asinello all’ombra di un grande aereo, simboli della tradizione, sempre viva, specie in alcuni contesti e la modernità, che stava per “decollare” in quegli anni.
Poi, la sezione intitolata “Gli incontri impossibili”, una serie di ritratti di grandi artisti e rappresentanti del mondo della cultura e del cinema, che Di Paolo ha fotografato anche per altre riviste: sorprende un’inedita Oriana Fallaci che si concede all’obiettivo, realmente allegra e sorridente mentre si snoda in varie pose in spiaggia o Anna Magnani che prende il sole insieme al figlio, ancora, una magnetica Charlotte Rampling, in pelliccia, accucciata sulla poltrona di un hotel in Sardegna, dove era impegnata sul set. Il fotografo in un video racconta di essersi seduto di fronte a lei con la macchina fotografica e di come l’attrice abbia iniziato ad indagare con il suo sguardo «da volpe», cercando di capire le intenzioni di Di Paolo, fino a concedersi allo scatto perfetto, non studiato, in cui emerge tutta la bellezza della donna.
Sezione particolare e ben più ampia quella dedicata al rapporto con Pier Paolo Pasolini: nel giugno del 1959 Paolo Di Paolo è a Milano per incontrare Arturo Tofanelli, direttore del settimanale Tempo e del mensile Successo, per concordare il consueto servizio estivo sulle vacanze degli italiani. Di Paolo ha già una proposta per il titolo, “La lunga strada di sabbia”.
Tofanelli gli propone un compagno di viaggio, Pier Paolo Pasolini, che allora aveva già scritto Le ceneri di Gramsci, Ragazzi di vita e Una vita violenta, ma non è ancora diventato regista.
Nasce così una coppia dagli equilibri delicati, che sarà insieme solo per la prima tappa del viaggio, da Roma a Ventimiglia. «Lui cercava un mondo perduto, di fantasmi letterari, un’Italia che non c’era più, racconta Di Paolo, io cercavo un’Italia che guardava al futuro».
Tra le due personalità, tuttavia, c’è sempre stato rispetto e fiducia, Paolo Di Paolo ha sempre avuto la capacità di essere complice con i suoi soggetti, che così si concedevano a lui piacevolmente.
Infatti, Pier Paolo Pasolini è anche protagonista di alcuni scatti intimi, fatti nella sua casa romana, insieme alla madre o sul set del film Il vangelo secondo Matteo.
La sezione permette di entrare nel vivo del rapporto dei due artisti, oltre che a far rivivere l’estate degli italiani di quegli anni con quello stesso servizio per cui hanno collaborato: caldo, tintarelle, divertimento e semplicità, da Nord a Sud.
E che dire ancora della sezione dei viaggi all’Estero, momenti e figure che non si vedranno più, come la Piazza Rossa di Mosca con una folla in fila per la visita al mausoleo Lenin, nel 1961.
Paolo Di Paolo commenta la sua decisione alla chiusura del Mondo, dicendo: «Ho smesso di fotografare per amore della fotografia» e l’amore, in qualche modo, torna sempre indietro.
E’ così che oggi possiamo ammirare questi teneri, delicati, veri scatti, che raccontano
la nostra identità nel tempo. (Noemi Riccitelli 18/06/2019)

ANTONIO DI PIETRO
Il Signor “Mani Pulite”

Antonio Di Pietro ha legato il suo nome per sempre alla storia della Repubblica italiana e alla parentesi di Tangentopoli, rimanendo l’uomo simbolo della stagione politica caratterizzata dalle inchieste del cosiddetto “pool di Mani pulite”.
Nato il 2 ottobre 1950 a Montenero di Bisaccia (Campobasso), d’origine contadina, da adolescente trascorre un breve periodo in seminario a Termoli (Campobasso) per poi trasferirsi a Roma, dove si diploma perito tecnico nel 1968. Quindi emigra in Germania per trovare lavoro. Risiede a Bomenkirch, dove la mattina lavora alla catena di montaggio, il pomeriggio in una segheria e la sera studia legge.
Nel 1973 torna in Italia e sposa Isabella Ferrara, che gli darà Cristiano, il primo figlio.
Fino al 1977 è impiegato civile dell’Aeronautica Militare (Direzione costruzioni aeronautiche del Ministero della Difesa, con mansioni di controllo sulla produzione degli armamenti militari).
Si iscrive a giurisprudenza, conquistando la desiderata laurea nel 1978 all’Università statale di Milano.
L’anno seguente si specializza in ambito amministrativo presso l’Università di Pavia.
Il primo impiego da laureato è quello di segretario comunale in alcuni paesi del Comasco, Pigra, Blessagno e Introbbio.
Dopo un anno, entra in polizia dove presta inizialmente servizio nella Scuola superiore di polizia e successivamente a Milano nel IV Distretto quale responsabile della polizia giudiziaria, diventando in sostanza commissario.
Nello stesso anno, è il 1980, è abilitato procuratore legale per l’esercizio della professione forense. Dimostra eccellenti doti di intelligenza e di tenacia, con una particolare capacità di risolvere i casi più complicati. Tra i più significativi quello del “mostro di Leffe”, rivelando che dietro la mano che aveva sterminato un’intera famiglia si celava la figura di un bancario.
Nel 1981 vince il concorso in magistratura e, dopo il periodo di praticantato svolto presso il Consiglio superiore della magistratura a Roma e la Corte di Appello di Milano, è assegnato, con funzione di sostituto procuratore, presso la Procura della Repubblica di Bergamo.
Quindi, nel 1985, passa alla Procura di Milano come sostituto procuratore, specializzato nei reati informatici e nei crimini contro la pubblica amministrazione.
Da allora si dedica a diverse ricerche e studi nel campo dell’informatica applicata all’attività giudiziaria, che permettono di realizzare un progetto generale di automazione del sistema penale e di integrazione tra le banche dati della pubblica amministrazione. Tale progetto viene approvato dai competenti organi tecnici del ministero di Grazia e Giustizia, della Funzione Pubblica e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Nel 1989 il ministero di Grazia e Giustizia lo nomina consulente per l’informazione, nonché membro di alcune commissioni ministeriali per la riorganizzazione informatizzata di servizi della pubblica amministrazione.
Come pubblico ministero si mette in luce per i soddisfacenti risultati nell’istruttoria delle indagini relative alla cosiddetta “Banda dei sardi”, in quella dello scandalo delle “Carceri d’oro”, della ricostruzione della Valtellina, dei finanziamenti dell’Oltrepò pavese e delle “Patenti facili”.
Il 17 febbraio 1992, giorno dell’arresto di Mario Chiesa, militante di spicco del Partito socialista italiano, inizia il periodo di Tangentopoli. Nonostante Craxi, segretario del Psi, tenti di sminuire l’episodio definendo Chiesa un “mariuolo”, l’inchiesta cresce e travolge il mondo della politica. A conclusione della vicenda le persone indagate saranno oltre 3 mila e il valore delle tangenti e dei fondi neri scoperti ammonterà a migliaia di miliardi di lire. Il nome di Di Pietro viene scandito nelle piazze come “il moralizzatore d’Italia”.
Il 6 dicembre 1994 segna un’altra data importante nella storia personale di Di Pietro e in quella del nostro Paese: a conclusione dell’ultima requisitoria nel processo
Enimont, il magistrato molisano si toglie la toga e si rimette la giacca.
L’ex poliziotto e l’ex magistrato, protagonista di anni difficili, dopo un periodo di tentennamento decide di entrare in politica. E lo fa con il centrosinistra, nonostante il “corteggiamento” del centrodestra (con l’offerta del Ministero degli Interni da parte del primo governo Berlusconi). L’Italia, però, si spacca in due: c’è chi ne condivide il cammino e chi, invece, lo accusa di aver distrutto un intero sistema politico in maniera non propriamente in linea con i valori garantisti. C’è chi tenta anche di infangare la sua immagine: esce indenne da accuse di corruzione e concussione, così come da varie polemiche strumentali.
Da marzo a dicembre 1995 è consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, ed autore della Relazione sui fatti criminali commessi dal 1987 al 1994 dalla “Banda della Uno bianca”.
Nel maggio 1995 è consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione della politica di cooperazione con i paesi in via di sviluppo.
Nel 1996 Romano Prodi vince le elezioni e Di Pietro diventa ministro dei lavori pubblici. Dopo pochi mesi, però, abbandona il dicastero per polemiche interne e perché indagato a Brescia nell’ambito dell’inchiesta sul banchiere Pacini Battaglia.
Prosciolto, torna in politica nel novembre 1997.
L’Ulivo lo candida nel collegio toscano del Mugello, lasciato vacante dal sociologo Pino Arlacchi, delegato presso l’Onu. Antonio Di Pietro s’impone con quasi il 68% dei voti, contro il 16% di Giuliano Ferrara, candidato per il Polo e il 13% di Sandro Curzi, candidato di Rifondazione comunista. Ma la corsa in un collegio “sicuro” semina non pochi malumori. Il 21 marzo 1998 presenta il movimento “L’Italia dei valori”. Raccoglie l’adesione di alcuni parlamentari ed aderisce al gruppo misto.
Nelle elezioni europee del 1999 Prodi fonda la lista dell’Asinello, parte della coalizione dei Democratici, e Di Pietro vi aderisce. La formazione ottiene il 7,7% ma nel 2000 l’ex magistrato di ferro se ne va per contrasti con il segretario Arturo Parisi.
In Europa viene eletto presidente della delegazione per i rapporti con il Sud America e il Mercosur.
Nelle elezioni del 13 maggio 2001, che premiano il centrodestra, ottiene il 3,9% e non entra in Parlamento.
Più magro il risultato alle elezioni europee del 2004, quando crea un’insolita alleanza con Achille Occhetto.
Con il governo Prodi del 2006 diviene ministro alle Infrastrutture.
Alle elezioni politiche del 2008 si presenta apparentato con il Pd di Walter Veltroni, coalizione che esce pesantemente sconfitta dalla tornata elettorale. La sua Italia dei Valori, tuttavia, ottiene un discreto risultato, ottenendo il 4,3% dei voti.
Gli va meglio con le Europee del 2009 quando ottiene l’8% grazie anche a candidature di peso come quella del magistrato De Magistris. Porta a Bruxelles e Strasburgo ben sette eletti.
Il 2009 è però contrassegnato da un discorso di Di Pietro molto duro nei confronti del presidente Giorgio Napolitano sul Lodo Alfano, pronunciato a Piazza Farnese. L’ex giudice molisano sarà indagato per vilipendio e prosciolto da ogni accusa.
Dal 5 al 7 febbraio 2010 si svolge il primo congresso nazionale dell’Idv, durante il quale viene riorganizzata la struttura del partito, creato i dipartimenti tematici. Di Pietro è riconfermato presidente.
Alle elezioni regionali del 28-29 marzo 2010, l’Italia dei valori ottiene 1.626.416 voti in totale, pari al 7,27 per cento e 46 seggi.
Dal 1° maggio 2010 parte la raccolta firme per i tre referendum contro il legittimo impedimento, la privatizzazione dell’acqua e il ritorno del nucleare. Il 29 luglio 2010 vengono depositate in Cassazione 2.200.000 firme.
Dal 17 al 19 settembre 2010 si svolge a Vasto il 5° incontro nazionale dell’Italia dei valori. Con il motto “Idee pulite, la sfida dell’Italia dei valori” vengono presentati i punti cardine dell’alternativa politica al governo.
Il 10 dicembre 2010 Di Pietro denuncia, con un esposto alla Procura di Roma, la presunta compravendita di parlamentari.
Il 12 gennaio 2011 la Corte Costituzionale dichiara ammissibili due dei tre referendum proposti dall’Idv: quello per l’abrogazione del legittimo impedimento e quello contro la costruzione di nuove centrali nucleari.
Il 16 settembre 2011 a Vasto prende il via la VI Festa nazionale del partito Idv, una tre giorni di incontri, dibattiti e confronto. Alla festa partecipano, tra i tanti ospiti, anche Pierluigi Bersani e Nichi Vendola: la famosa “foto di Vasto” del nuovo centrosinistra alternativa di governo.
Il 16 novembre 2011, quando Mario Monti diventa presidente del Consiglio con un governo tecnico, Di Pietro con il suo movimento decide di votare la fiducia ma di non entrare in maggioranza. Per l’Italia dei valori inizia il declino.
L’ex giudice rimane soprattutto un opinionista, molto presente nelle trasmissioni di Massimo Giletti.
Di Pietro è stato opinionista anche di giornali italiani, dal settimanale “Epoca” al settimanale “Oggi”, dove dal 1995 al 2001 cura la rubrica “Dalla parte dei cittadini”.
Dal 1995 al 2003 è stato docente universitario presso il Liuc-Libero istituto universitario “Carlo Cattaneo” di Castellanza (Varese).
Ha pubblicato diverse opere in campo informatico e giuridico.
Nel 1994 ha scritto un libro sull’informatica giuridica e il testo “Costituzione italiana: diritti e doveri” (Editrice Larus, 1994).
Pubblica un testo dal titolo “Incontro” edito dall’Istituto italiano di cultura di Toronto, in Canada.
Sempre per l’editrice Larus pubblica, tra il 1995 ed il 1996, testi di educazione civica per le scuole superiori (“Diventare grandi”, “Costruire il futuro”, “Educazione civica con elementi di diritto ed economia” ).
Tra gli altri libri che lo riguardano: “Economia ed istituzioni – Impresa e istituzioni” (Guerini, 1995), “Grazie Tonino!” (Baldini e castaldi, 1995), raccolta della corrispondenza ricevuta negli anni dell’indagine di “Mani Pulite”, “La verita di Di Pietro” (Larus, 1996), “La mia politica” (Micromega, settembre 1997), “Memoria”(Kaos Edizioni, aprile 1999), “Mani pulite. La vera storia” (Editori Riuniti, giugno 2002).

ROBERTO FARINACCI
Il gerarca del manganello

Roberto Farinacci, personaggio di primo piano del fascismo, nasce ad Isernia nel 1892 (in corso Marcelli, in una piccola casa proprio di fronte alla sede del municipio), da famiglia d’origine campana e molisana (il padre, vicecommissario di polizia, era nato a Gildone, in provincia di Campobasso).

Il gerarca Roberto Farinacci

Nel 1902 si trasferisce con la famiglia a Cremona. Qui intraprende la carriera politica, passando da allievo del capo del socialismo riformista, Leonida Bissolati, a leader del fascismo intransigente e radicale, ponendosi non di rado in forte, in realtà, quanto insanabile contrasto con il duce.
E’ volontario nella prima guerra mondiale e nel 1919 partecipa alla fondazione dei fasci di combattimenti.
Ras di Ferrara, nel 1921 viene eletto deputato a soli 29 anni, ma l’elezione viene annullata per la giovane età. Nello stesso anno si oppone al patto di pacificazione con i socialisti. Diviene console generale della milizia.
Nel 1922 partecipa alla marcia su Roma, provando anche a rinviare la scelta “normalizzatrice” di Mussolini, in nome di una “seconda ondata” del fascismo.
Modi intransigenti, imperiosi e poco diplomatici, esponente del versante più duro del fascismo, tollera, se non incoraggia, la violenza dello squadrismo.
Giornalista e avvocato, dal 1922 è direttore del quotidiano “Cremona nuova” (che poi, nel 1929, diventerà “Il Regime fascista”) ed è segretario del fascio locale dal 1919 al 1929.
E’ lui ad assumere la difesa in giudizio del fascista Amerigo Dumini nel processo per l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti.
Membro del Gran consiglio del fascismo, nel febbraio 1925 diviene segretario generale del Partito nazionale fascista ma resta in carica solo 13 mesi a causa delle divergenze con Mussolini.
Alla fine degli anni venti è al centro di una tumultuosa vicenda in cui rischia la vita nonché di mandare in crisi il fascismo. Farinacci, tramite Carlo Maria Maggi, ex federale di Milano (il quale firma un memoriale e sarà poi espulso dal partito), fa emergere il torbido intreccio milanese tra affari e politica e punta il dito contro le attività illecite del podestà Ernesto Belloni (che sarà costretto alle dimissioni nel settembre 1928) e del successore alla guida della federazione milanese Mario Giampaoli, giocatore d’azzardo, immerso in una vita dispendiosa, pesantemente coinvolto in una maxi tangente ottenuta durante la transazione di un prestito di 30 milioni di dollari a favore del Comune. Secondo le carte provenienti dagli archivi di Enrico Varenna, strettissimo collaboratore del gerarca molisano, Giampaoli avrebbe deciso di eliminare il gerarca “moralizzatore” a causa dei dossier che Farinacci stesso spedisce al duce, il quale, tra l’altro, è irritato dall’intraprendenza del ras di Cremona.
Farinacci, nell’occasione, si presenta di fronte a Mussolini con una lettera “in cui il federale Giampaoli invita una persona a uccidere Farinacci, per un compenso di duemila lire”. Giampaoli, chiamato a rendere conto della missiva, è silurato dallo stesso Mussolini. Il caso-Giampaoli-Farinacci-Belloni, grazie anche agli articoli pubblicati su “Il Regime fascista”, finisce nelle aule di tribunale, a Cremona,
settembre 1930, dove la spunta Farinacci, il quale però firma anche il suo isolamento politico.
Negli anni trenta parte volontario nella guerra d’Etiopia. E’ quindi favorevole all’intervento in Spagna e all’introduzione delle leggi razziali nel 1938, quando diviene ministro. Sostenitore dell’alleanza con Hitler, respinge l’ordine del giorno nella seduta del Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943.
Fuggito in Germania, torna nuovamente a Cremona, e durante la Repubblica sociale italiana si mantiene al di fuori della politica.
Muore fucilato dai partigiani il 28 aprile 1945 a Vimercate.

NICOLA FRATOIANNI
Il segretario di Sinistra italiana

Nicola Fratoianni è nato a Pisa nel 1972, figlio unico di Aldo e Anna, molisani di Ururi (Campobasso). Ha iniziato l’attività politica con Rifondazione Comunista, divenendo dirigente nazionale dell’ala giovanile. Nel 2002 è stato eletto coordinatore nazionale dei Giovani comunisti. Nel 2004 si è trasferito a Bari e nel 2010 è diventato assessore alle Politiche giovanili nella seconda giunta Vendola. Nel 2013 è stato eletto alla Camera dei deputati nelle liste di Sinistra e Libertà.

Oggi vive a Foligno.

CHIARA GAMBERALE
Una penna generazionale

Chiara Gamberale, affermata scrittrice, è nata a Roma il 27 aprile 1977 da un’importante famiglia molisana di Agnone (Isernia). Il padre è Vito Alfonso Gamberale, già amministratore della Telecom e di Autostrade spa.
Già a sei anni, Chiara mostra la propensione per lo scrivere, “costruendo” il suo primo romanzo che si intitola “Clara e Riki”, storia di due piccoli montanari, ispirata ai cartoni animati. Ricorda che da piccola infilava da tutte le parti il verbo “annuire”, sua nuova conoscenza che, tra i meandri della lingua italiana, le piaceva particolarmente. Ancora oggi sua madre conserva gelosamente quei quadernini. Fin da bambina, a chiunque le chieda cosa volesse fare da grande, risponde: la scrittrice e la rivoluzione.
Si laurea al Dams di Bologna con tesi in storia del cinema, una delle sue passioni.
Collaboratrice di vari quotidiani nazionali, nel 1996 vince il premio di giovane critica “Grinzane Cavour” promosso dal quotidiano “La Repubblica”. Partecipa quindi alla selezione del Campiello Giovani: Cesare De Michelis, presidente della Marsilio, si innamora di “Una vita sottile”, decidendo di pubblicarlo (1999).

Una vita sottile : Gamberale, Chiara: Amazon.it: Libri

Con questo romanzo, giunto nel corso di un anno alla quinta edizione, l’autrice si classifica al primo posto nella categoria opera prima dei premi “Orient Express”, “Un premio per l’estate” e “Librai di Padova”. La Rai ne trae un tv-movie per la serie “Generazioni”, andato in onda su Raidue il 14 Aprile 2003 con la sceneggiatura di Lidia Ravera e Mimmo Rafele e la regia di Gianfranco Albano. Il libro, scritto in una prosa scorrevole e dai risvolti autobiografici, racchiude una serie di ritratti di persone che l’autrice ha incontrato nel corso della giovane vita, tutti legati dal sottile filo dell’anoressia.
Emergono soprattutto i momenti di felicità incastonati nel periodo della malattia. Un lavoro sull’adolescenza, delicato e profondo, soprattutto sulla fatica di crescere. Uno stralcio dalla prefazione: “Scelgo la vita, sì, scelgo la sveglia che suona e tu non la senti e continui a dormire, scelgo un gelato con tantissima panna sopra, solo perché mi va, scelgo l’imperfezione, la serata in cui ti senti di preferire “Pretty Woman” a “Roma città aperta”, scelgo Elena di sole e di cannella e il mio cane Jonathan che va pazzo per divorare le antenne dei cellulari. Ho cercato per anni di inventare storie per potermi raccontare, ho forzato la mia fantasia fino all’eccesso, ho atteso trepida la musica ispirazione e solo ora ho capito che le storie più belle, più strane, tristi o allegre, commoventi, a volte incredibili, mi stavano intorno, erano sempre state lì vicino a me… Non so se capita a tutti, se è merito del mio animo in cui si impiglia tutto così facilmente o del destino generoso, ma le persone che mi gravitano attorno e le loro vicende sono davvero invidiabili per un qualsiasi eroe da romanzo e inoltre sono tutte terribilmente vere, così è proprio attraverso loro, senza le quali sarei la metà di quello che sono ora, loro, che forse saranno le uniche a leggersi, loro che hanno permesso che il nostro incrocio di esistenze non fosse fugace, loro che oggi, giorno della mia prima bocciatura, mi hanno telefonato per farmi le congratulazioni, loro, mio personale piccolo Teatro dell’Assurdo, è proprio attraverso tutte loro che stavolta ho scelto di raccontarmi”.
Il secondo suo romanzo è “Color lucciola” (Marsilio, 2001). Il libro narra la storia di Aletè, figura femminile che evoca con la sua presenza la verità. Grazie a tale virtù, viene chiamata da una coppia di genitori per aiutare il figlio Paolo, ragazzo che si è volontariamente isolato dal mondo, chiuso da tempo in uno scontroso mutismo. Dal momento in cui Aletè gli si avvicina, inizia un gioco di rimandi tra la realtà e le vicende del romanzo mai finito che il figlio sta scrivendo.
Scrive Giorgia Arena: “Leggiamo insieme l’epilogo: io una volta ho capito che niente può essere talmente tanto vero da non celare in sé almeno un riflesso di bellezza. Tu una volta hai amato, Aletè. Io una volta ho capito che niente può essere talmente tanto bello da non celare almeno un’ombra di verità. Tu una volta hai amato, Orfeo. Bellezza e Verità un binomio inscindibile e le lucciole lo illustrano pienamente perché: “quando viene giorno non mantengono nemmeno un velo di poesia che la notte infonde loro”.
Nel 2002 pubblica “Arrivano i pagliacci” (Bompiani). Racconta la storia di Allegra, ventenne che sta per traslocare. Non porterà via alcunché dalla casa, ma scrive una lettera ai nuovi inquilini in cui spiega la sua storia partendo dalla descrizione di ciascun oggetto. C’è poi il padre studente rivoluzionario, la madre fotomodella americana poco più che bambina, il fratello down, l’amicizia con la disadattata Zuellen, la passione amorosa per Leonardo, l’odio per la psicologa nuova moglie di papà. “Sentivo il bisogno di narrare la storia di una famiglia tra gli anni settanta e ottanta, raccontare attraverso loro cos’è successo in quegli anni, uccidere il mito della psicanalisi – racconta l’autrice, che confessa che questo romanzo è il primo che la rappresenta appieno.
Il suo debutto televisivo su Rai educational a “Parola mia”, trasmissione che la conduce alla ribalta, al fianco di Luciano Rispoli. La seconda esperienza televisiva è la conduzione di “Gap”, generazioni alla prova, su Raitre. Il libro del cuore è “L’idiota” di Dostoevskij.
Ha creato e dirige a Roma il laboratorio di scrittura creativa “Il calamaio”.
Vive fra Roma e Milano.

Opere
Una vita sottile, Venezia, Marsilio, 1999; Milano, Fabbri, 2004
Color lucciola, Venezia, Marsilio, 2001, ISBN 88-317-7645-2
Arrivano i pagliacci, Milano, Bompiani, 2002, ISBN 978-88-452-5286-0; Milano, Mondadori, 2014, ISBN 978-88-0464-660-0
La zona cieca, Milano, Bompiani, 2008 – Nuova ed. riveduta Milano, Feltrinelli, 2017
Una passione sinistra, Milano, Corriere della sera, 2008; Milano, Bompiani, 2009 ISBN 978-88-452-6216-6
Le luci nelle case degli altri, Milano, Mondadori, 2010
L’amore quando c’era, Milano, Corriere della sera, 2011
Quattro etti d’amore, grazie, Milano, Mondadori, 2013, ISBN 978-88-04-61628-3;
Milano, Mondadori, 2014, ISBN 978-88-6621-077-1
Per dieci minuti, Milano, Feltrinelli, 2013
Avrò cura di te, di Chiara Gamberale e Massimo Gramellini, Longanesi, Milano, 2014, ISBN 978-88-30-43668-8
Adesso, Milano, Feltrinelli, 2016, ISBN 978-88-0703-182-3
Qualcosa, scritto da Chiara Gamberale e illustrato da Tuono Pettinato, ed. Longanesi, 2017, ISBN 978-88-3044-810-0[8][9]
L’ isola dell’abbandono, Milano, Feltrinelli, 2019, ISBN 978-88-0703-340-7

VITO GAMBERALE
Manager a 360 gradi

Vito Alfonso Gamberale, uno dei più noti manager italiani, è nato a Castelguidone (Chieti) nel 1944, primo di tre maschi dopo una primogenita femmina.
A tre mesi è già nel Molise. Il padre, Antonino, ha un negozio dove si vende pasta fresca ad Agnone (Isernia),
il paese natale della famiglia. Ad otto anni lo stesso Vito è dietro il bancone della rivendita di pasta, alternando le scuole elementari con il maestro Sergio Iannelli ed il lavoro precoce.
Tre anni dopo il padre diventa impiegato del ministero della Difesa ed il negozio viene chiuso.
Gamberale passa anche dieci giorni in un seminario a Roma, finché vengono chiamati i genitori per riportare via il futuro manager. Quindi le giornate adolescenziali,
fino al liceo scientifico, di nuovo in Molise, terra che forma il suo carattere fondamentalmente chiuso e propenso al silenzio nonché la grande forza di volontà.
Non è una regola, ma moltissime persone d’origine molisana manifestano tali analogie.
Della vita in paese ricorda soprattutto le partite di calcio, lui in veste di mediano. Ma anche i professori di scuola, ad esempio Mercede Carlomagno, insegnante di matematica.
Nel 1967, ad appena 23 anni, consegue la laurea in ingegneria meccanica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, dopo aver alloggiato presso la casa dello studente, una vera e propria scuola di vita. Inizia quindi a svolgere attività didattica d’ateneo come assistente alla cattedra di Impianti meccanici. Contemporaneamente impartisce lezioni private per la progettazione di macchine, soprattutto per aiutare economicamente la famiglia.
Dal 1968 lavora prima all’Anic di Milano (settore chimico), poi all’Imi di Roma e di Padova, come responsabile per la valutazione di imprese e, infine, in Gepi dal 1977, come responsabile per le acquisizioni e le privatizzazioni (settore finanziario industriale).
Tra il 1984 e il 1991 è il presidente e l’amministratore delegato di aziende industriali e di finanziarie del Gruppo Eni.
Nel maggio 1991 entra nel Gruppo Stet dove ricopre, in successione, la carica di amministratore delegato di Sip (società telefonica), di direttore generale di Telecom Italia (maggio 1994) e di amministratore delegato di Tim-Telecom Italia Mobile (luglio 1995), il braccio operativo nel settore dei telefonini cellulari, in costante e fortissima crescita. Fino al 1997 siede anche nei consigli di amministrazione di Telecom Italia e di Stet. E’ inoltre consigliere di amministrazione dell’Imi e vicepresidente della Spei Leasing e della Fin.Ban. Dopo la privatizzazione del Gruppo Stet, diviene direttore generale operazioni di Telecom Italia e, nell’aprile 1998, è nominato presidente di Tim-Telecom Italia Mobile e direttore generale di Telecom Italia, con delega al coordinamento strategico e operativo della telefonia fissa e mobile.
Nel 1998 è vicepresidente di 21 Investimenti spa, la società di partecipazioni industriali controllata dalle famiglie Benetton e Seragnoli, da Banca Intesa, Deutsche Bank e Generali. Dall’aprile 2000 ricopre la carica di amministratore delegato di Autostrade spa. Inoltre, è consigliere di amministrazione di Blu spa.
Da ottobre 2014 a febbraio 2016, Gamberale assume l’incarico di presidente del Gruppo PSC, società operante in Italia nel settore dell’impiantistica tecnologica di edifici, metropolitane, ferrovie ed autostrade.
Da luglio 2015 alla fine del 2016 è presidente di Grandi Lavori Fincosit, società che opera nelle infrastrutture, lavori marittimi e edilizia.
Da luglio 2015 a settembre 2018 è presidente di Quercus Assets Selection, gruppo specializzato nell’ambito infrastrutturale connesso alle energie rinnovabili.
Da giugno 2015 Vito Gamberale è presidente e azionista di Iterchimica, azienda italiana che opera in oltre 90 Paesi nel comparto degli additivi per asfalti.
Vito Alfonso Gamberale rappresenta anche un simbolo nel sempre infuocato dibattito su giustizia e giustizialismo in Italia, causa l’ingiusta detenzione subita nel 1994.
L’11 febbraio 1994 è lo stesso presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro a scrivere al ministro della giustizia Conso per chiedere un’indagine sulla detenzione di Gamberale. Il 26 febbraio 1994, a Napoli, l’ex amministratore delegato della Sip è rinviato a giudizio, accusato di abuso d’ufficio. Sarà poi definitivamente assolto.
E’ sposato con Laura, veneta, ha due figli: una è Chiara, nota scrittrice (sogno che coltivava già da piccola), l’altro è Matteo.
Dal 1985 al 1990 è stato anche consigliere comunale della “sua” Agnone, operando soprattutto per la creazione di posti di lavoro attraverso l’avviamento di un pantalonificio, di un laboratorio per la produzione di pellicce e montoni e di un caseificio.

EMILIO GENTILE
Lo storico del fascismo

Emilio Gentile è nato a Bojano (Campobasso) nel 1946, città a cui deve soprattutto la sua passione per il cinema e per i film di Totò, in quanto frequentava assiduamente il cinema.
Dopo aver ottenuto il diploma e terminati gli studi universitari a Roma, allievo di Renzo De Felice, ha intrapreso subito la carriera universitaria, occupandosi assiduamente dello studio del fascismo.
La sua prima monografia ha però analizzato il ruolo della rivista La Voce nel panorama culturale dell’età giolittiana (La Voce e l’età giolittiana, 1972).
I primi lavori sul fascismo sono stati Le origini dell’ideologia fascista (1975) e la figura di Benito Mussolini (Mussolini e La Voce, 1976).
Nel corso degli anni Gentile si è specializzato sul periodo del fascismo, dando alle stampe numerosi saggi su modernità, nazione, totalitarismi, tra cui Il mito dello Stato nuovo, 1982, e Le religioni della politica, 2001.
Ha ricevuto il premio Hans Sigrist dall’Università di Berna (2003) e (sulla scia del suo Italiani senza padri del 2011) dell’onorificenza Renato Benedetto Fabrizi dall’Anpi, l’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia (2012).
Del 2014 è Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della grande guerra. Nel 2020 esce per Garzanti Quando Mussolini non era il duce.
Oggi Gentile è considerato (anche a livello internazionale) fra i massimi storici italiani del fascismo.
È docente di Storia Contemporanea presso l’università La Sapienza di Roma.


Opere
La Voce e l’Età giolittiana, Milano, Pan, 1972
Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925), Bari, Laterza, 1975; Bologna, il Mulino
Mussolini e La Voce, a cura di, Firenze, Sansoni, 1976
Storia dell’Italia contemporanea, II, L’età giolittiana, 1899-1914, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1977
L’Italia giolittiana. La storia e la critica, a cura di, Roma-Bari, Laterza, 1977
L’antigiolittismo e il mito dello Stato nuovo, in Aldo A. Mola (a cura di), Istituzioni e metodi politici dell’eta giolittiana. Atti del Convegno nazionale. Cuneo, 11-12 novembre 1978, Torino, Centro studi piemontesi, 1979
Alfredo Rocco, in Uomini e volti del fascismo, Roma, Bulzoni, 1980
Il mito dello Stato nuovo dall’antigiolittismo al fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1982
Storia del Partito fascista. 1919-1922. Movimento e milizia, Roma-Bari, Laterza, 1989
Storia d’Italia dall’unità alla Repubblica, III, L’Italia giolittiana. 1899-1914, Bologna, il Mulino, 1990
Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Roma-Bari, Laterza, 1993
La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma, NIS; Roma, Carocci, 2008
La Grande Italia. Ascesa e declino del mito della nazione nel ventesimo secolo, Milano, Mondadori, 1997; Roma-Bari, Laterza, 2006
Fascismo e Antifascismo. I partiti italiani fra le due guerre, Firenze, Le Monnier
Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi, Roma-Bari, Laterza, 2001
Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari, Laterza, 2002
L’umiltà di uno storico del novecento. Profilo di Renzo de Felice: il personaggio, il professore, lo storico, in Luigi Goglia e Renato Moro (a cura di), Renzo De Felice. Studi e testimonianze, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2002
Repertorio biografico dei senatori dell’Italia fascista, a cura di e con Emilia Campochiaro, 5 voll., Napoli, Bibliopolis, 2003
Le origini dell’Italia contemporanea. L’età giolittiana, Roma-Bari, Laterza, 2003
Renzo De Felice. Lo storico e il personaggio, Roma-Bari, Laterza, 2003
Il fascismo in tre capitoli, Roma-Bari, Laterza, 2004
Cos’è la religione oggi?, con Giovanni Filoramo e Gianni Vattimo, Pisa, ETS, 2005
La mistica fascista e la via italiana al totalitarismo, in Anna Maria Casavola, Nicoletta Sauve e Maria Trionfi (a cura di), Sopravvivere liberi. Atti del convegno di studi. Roma 12 marzo 2002, Roma, ANEI, 2005
La democrazia di Dio. La religione americana nell’era dell’impero e del terrore, Roma-Bari, Laterza, 2006
Il fascino del persecutore. George L. Mosse e la catastrofe dell’uomo moderno, Roma, Carocci, 2007
Fascismo di pietra, Roma-Bari, Laterza, 2007
L’apocalisse della modernità. La grande guerra per l’uomo nuovo, Milano, Mondadori, 2008
Modernità totalitaria. Il fascismo italiano, a cura di, Roma-Bari, Laterza, 2008
“La nostra sfida alle stelle”. Futuristi in politica, Roma-Bari, Laterza, 2009
Alfredo Rocco. Dalla crisi del parlamentarismo alla costruzione dello Stato nuovo, a cura di e con Fulco Lanchester e Alessandra Tarquini, Roma, Carocci, 2010
Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi, Milano, Feltrinelli, 2010
Né Stato né Nazione. Italiani senza meta, Roma-Bari, Laterza, 2010
Italiani senza padri. Intervista sul Risorgimento, Roma-Bari, Laterza, 2011
E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma, Roma-Bari, Laterza, 2012
La Marcia su Roma: come alcuni antifascisti compresero le origini del totalitarismo, Roma, Viella, 2013
Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della grande guerra, Roma-Bari, Laterza, 2014
In Italia ai tempi di Mussolini. Viaggio in compagnia di osservatori stranieri, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 2014
Il capo e la folla. La genesi della democrazia recitativa, Laterza, 2016
“In democrazia il popolo è sempre sovrano” Falso!, Collana Idòla, Roma-Bari, Laterza, 2016
Mussolini contro Lenin, Collana I Robinson. Letture, Roma-Bari, Laterza, 2017
25 luglio 1943, Collana I Robinson. Letture, Roma-Bari, Laterza, 2018
Chi è fascista, Collana I Robinson. Letture, Roma-Bari, Laterza, 2019

ELIO GERMANO
Quel volto da eterno ragazzo

Volevo Nascondermi, in sala il Ligabue di Elio Germano - Film - ANSA

Elio Germano, tra i maggiori attori italiani della nuova generazione, nasce a Roma da genitori di Duronia (Campobasso), paese considerato il suo “universo interiore”, avendoci trascorso gran parte della sua infanzia.
S’indirizza al mondo cinematografico. Appare in “C’hai rotto papà” di Castellano e Pipolo del 1993, quindi ne “Il cielo in una stanza” di Carlo Vanzina del 1999, dove interpreta il protagonista. “Cornetti al miele” è del 2000.
La televisione lo vede partecipare a produzioni di successo quali “Via Zanardi”, “Un medico in famiglia” (uno e due) e le fiction con Sergio Castellitto su Padre Pio e su Enzo Ferrari (in entrambe le pellicole interpreta il Castellitto giovane), quest’ultima diretta da Carlo Carlei.
Quindi è la volta di “Borsellino”. E’ quindi in “Concorrenza sleale” di Ettore Scola del 2001, è il carabiniere di “Respiro” di Emanuele Crialese (2002) e il protagonista di “Liberi” di Gianluca Maria Tavarelli (2003), in concorso a Venezia nella sezione Controcorrente, e di “Ora o mai più” di Lucio Pellegrini (2003), dove interpreta il compagno di stanza del protagonista del film, Jacopo Bonvicini.
Nel 2004 partecipa a “Che ne sarà di noi” di Giovanni Veronesi. E’ quindi la volta di “Romanzo criminale” firmato da Michele Placido, di “Quo vadis baby?” di Gabriele Salvatores e di “N” di Paolo Virzì.
Con il film “Mio fratello è figlio unico” (2007) si aggiudica il David di Donatello come miglior attore protagonista.
E’ quindi la volta del film “Il mattino ha l’oro in bocca” (2008) di Francesco Patierno sulla vita di Marco Baldini, la spalla di Fiorello, che in passato per i debiti di gioco ha rischiato di essere ucciso (ha perso 4 miliardi di lire in una notte di gioco).
La consacrazione definitiva arriva nel 2010 con il bel film “La nostra vita”, diretto da Daniele Luchetti, unico film italiano in concorso al 63º Festival di Cannes, per il quale viene insignito del premio per la miglior interpretazione maschile ex aequo con Javier Bardem. Prima dell’attore d’origine molisana, l’ultimo italiano ad essersi aggiudicato tale premio era stato Marcello Mastroianni con “Oci ciornie” nel 1987.
Germano ottiene anche il David di Donatello per il miglior attore protagonista, e il Nastro d’argento al migliore attore protagonista ex aequo con Christian De Sica.
Nel 2010 interpreta anche il ruolo di Folco Terzani, figlio del giornalista Tiziano Terzani, nel film biografico “La fine è il mio inizio” diretto da Jo Baier.
Nel 2011 è protagonista del film “Magnifica presenza”, diretto da Ferzan Özpetek, per il quale viene candidato al David di Donatello e al Nastro d’argento per il miglior attore protagonista, e vince il Globo d’oro al miglior attore.
Nel 2013 è protagonista del film “L’ultima ruota del carro” di Giovanni Veronesi, per il quale viene candidato al Nastro d’argento come miglior attore protagonista. Il film viene scelto come pellicola d’apertura dell’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
Nel 2014 è protagonista del film “Il giovane favoloso” diretto da Mario Martone, dove interpreta Giacomo Leopardi, per il quale ottiene il terzo David di Donatello per il miglior attore protagonista, il Premio Pasinetti al miglior attore alla 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, e il Nastro d’argento al personaggio dell’anno.
Germano è ragazzo semplice, un antidivo, apprezzato anche per questi suoi valori di riservatezza e di discrezione che importa anche dalla terra molisana (che ha dato origini a tanti altri personaggi di successo nel mondo del cinema, da Robert De Niro ai Sorvino, da Alberto Bonucci a Carla Gravina, da Edoardo Siravo a Sergio Castellitto, da Flavio Bucci ai Muccino fino ai registi Citto Maselli e Giulio Base).
“Vive nella normalità” sentenziano i giornali.
Germano racconta che prende l’autobus, “solo noi ci scandalizziamo, all’estero è normale”, e che vive a Corviale, periferia romana, dove ha comprato una casa di 40 metri quadrati: “Mi trovo meglio lì che nei quartieri di finzione sociale; non frequento persone che giudicano sulla base di dove vivi, vedo gli amici con cui sono cresciuto”.
E aggiunge: “Mi ricorda il posto dove sono nato, costruito da mio nonno come muratore. In principio era contadino, lavorava tra le pecore. Quando fece il militare era felice perché con l’uniforme gli davano le mutande. Lo ricorderò sempre”.
Fa parte di un gruppo Indie chiamato Bestierare ed il suo nome d’arte è “Olindo Jazz”.
Ha una lunghissima esperienza anche come attore di teatro, avendo iniziato a 14 anni con la scuola, con alcune compagnie no profit nei teatri minori di Roma quali il Colosseo, il Furio Camillo e il teatro de’ Cocci e continuato fino ad oggi. Tra le sue capacità c’è quella di imitare i dialetti.
Dichiara: “Nonostante tutto, dall’ambiente televisivo ho cercato di allontanarmi il più possibile. Il teatro mi ha insegnato ad apprezzare le cose di qualità. Quando si lavora con piccole compagnie e con pochi soldi si è coinvolti al cento per cento nella realizzazione dello spettacolo e tutti lavorano al meglio per ottenere il meglio. Lo stesso ambiente cooperativo l’ho ritrovato al cinema. In televisione vige una mentalità industriale: ciò che più conta è la quantità e si fa tutto all’insegna della velocità. E poi, a dirla tutta, il fenomeno televisivo un po’ mi spaventa. C’è la tendenza a pensare che la preparazione non sia necessaria. Finisci col sentirti un elettrodomestico”.

Film
Ci hai rotto papà, regia di Castellano e Pipolo (1993)
Il cielo in una stanza, regia di Carlo Vanzina (1999)
Concorrenza sleale, regia di Ettore Scola (2001)
Ultimo stadio, regia di Ivano De Matteo (2002)
Respiro, regia di Emanuele Crialese (2002)
Ora o mai più, regia di Lucio Pellegrini (2003)
Liberi, regia di Gianluca Maria Tavarelli (2003)
Che ne sarà di noi, regia di Giovanni Veronesi (2004)
Chiamami Salomè, regia di Claudio Sestieri (2005)
Quo vadis, baby?, regia di Gabriele Salvatores (2005)
Sangue – La morte non esiste, regia di Libero De Rienzo (2005)
Mary, regia di Abel Ferrara (2005)
Romanzo criminale, regia di Michele Placido (2005)
Melissa P., regia di Luca Guadagnino (2005)
Padiglione 22, regia di Livio Bordone (2006)
N (Io e Napoleone), regia di Paolo Virzì (2006)
Mio fratello è figlio unico, regia di Daniele Luchetti (2007)
Nessuna qualità agli eroi, regia di Paolo Franchi (2007)
Il mattino ha l’oro in bocca, regia di Francesco Patierno (2008)
Tutta la vita davanti, regia di Paolo Virzì (2008)
Il passato è una terra straniera, regia di Daniele Vicari (2008)
Come Dio comanda, regia di Gabriele Salvatores (2008)
La bella gente, regia di Ivano De Matteo (2009)
Nine, regia di Rob Marshall (2009)
La nostra vita, regia di Daniele Luchetti (2010)
La fine è il mio inizio, regia di Jo Baier (2010)
Qualche nuvola, regia di Saverio Di Biagio (2011)
Diaz – Don’t Clean Up This Blood, regia di Daniele Vicari (2012)
Magnifica presenza, regia di Ferzan Özpetek (2012)
Padroni di casa, regia di Edoardo Gabbriellini (2012)
L’ultima ruota del carro, regia di Giovanni Veronesi (2013)
Il giovane favoloso, regia di Mario Martone (2014)
Suburra, regia di Stefano Sollima (2015)
La dame dans l’auto avec des lunettes et un fusil, regia di Joann Sfar (2015)
Alaska, regia di Claudio Cupellini (2015)
Bella e perduta, regia di Pietro Marcello (2015)
Il sogno di Francesco, regia di Renaud Fely e Arnaud Louvet (2016)
La tenerezza, regia di Gianni Amelio (2017)
Questione di karma, regia di Edoardo Falcone (2017)
Io sono Tempesta, regia di Daniele Luchetti (2018)
Troppa grazia, regia di Gianni Zanasi (2018)
L’uomo senza gravità, regia di Marco Bonfanti (2019)
Favolacce, regia di Daniano e Fabio D’Innocenzo (2020)
Volevo nascondermi, regia di Giorgio Diritti (2020)
L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, regia di Sidney Sibilla (2020)
America Latina, regia di Damiano e Fabio D’Innocenzo (2021)

Tv
Cornetti al miele – film TV, regia di Sergio Martino (1999)
Padre Pio – miniserie TV, regia di Carlo Carlei (2000)
Un medico in famiglia 2 – serie TV (2000)
Via Zanardi 33 – serie TV (2001)
Per amore – miniserie TV, regia di Carmela Cincinnati e Peter Exacoustos (2002)
Il sequestro Soffiantini – film TV, regia di Riccardo Milani (2002)
Padri – film TV, regia di Riccardo Donna (2002)
Ferrari – miniserie TV, regia di Carlo Carlei (2003)
Paolo Borsellino – miniserie TV, regia di Gianluca Maria Tavarelli (2004)
Ti piace Hitchcock? – film TV, regia di Dario Argento (2005)
Faccia d’angelo – miniserie TV, regia di Andrea Porporati (2012)
In arte Nino – film TV, regia di Luca Manfredi (2017)

GILDA GIULIANI
L’Edith Piaf nostrana

Gilda Giuliani, cantante dalla splendida voce, nasce a Termoli (Campobasso) in una famiglia agiata, figlia unica di genitori sposati da quattordici anni, con padre ex funzionario della Previdenza Sociale.
Nel 1970, a sedici anni, partecipa a Castrocaro, festival musicale delle giovani promesse (da qui esce, ad esempio, Eros Ramazzotti). Ma le vengono preferite Marisa Sacchetto, amica di Mina, e Mara Nanni, pupilla di Corrado.
Nel 1972 la Giuliani partecipa al Rally di Radio Monte Carlo, presentato da Corrado. Nonostante non venga votata a sufficienza per arrivare in finale, Corrado la vuole con sé ad Acqui Terme, nella serata conclusiva, come fuori concorso. Qui viene notata da Corrado Lojacono, direttore artistico dell’Ariston.
Segue la scrittura con la casa discografica che all’epoca era molto competitiva sul mercato (Ornella Vanoni, tanto per fare un esempio).
Inizia la sua vera carriera artistica a dicembre 1972, a diciott’anni, vincendo il concorso “Una voce per Sanremo” con il brano “Kilimandjaro”, vecchia canzone di Pascal Danel che la porta di diritto a partecipare al Festival della canzone italiana del 1973.
E’ il Sanremo di Peppino Di Capri con “Un amore grande e niente più”. Lei, con “Serena”, si qualifica ai primissimi posti della classifica e viene subito definita la nuova “Edith Piaf”. Per più di qualcuno ricorda anche Mireille Mathieu. “Serena” è un successo travolgente, ma sovrappone e lega troppo la nuova artista al brano. Per cui da ogni nuova canzone il pubblico attende qualcosa di ancora più clamoroso, mentre la Giuliani affronta percorsi impegnativi e difficili, non sempre compresi dal pubblico.
Al “Disco per l’estate” partecipa con “Tutto è facile”, bel pezzo ma senza successo.
Nello stesso anno, al Festival di Venezia (“La Gondola d’oro”), interpreta “Frau Schoeller”, bravo impegnativo e originale che non viene capito. La Giuliani riceve però il trofeo “Giorgio Berti” quale migliore interprete, cosa che si ripeterà anche nell’anno seguente nella stessa manifestazione. In tale occasione viene contattata dai dirigenti della Yamaka di Tokio e invitata a partecipare al Festival mondiale della canzone popolare (World Popular Song Festival Yamaha). A tale Festival partecipa negli anni 1973, 1978 e 1979 vincendo per ben tre volte il primo premio assoluto come migliore interprete e come migliore cantante.
Nel 1974 è di nuovo a Sanremo per presentare “Senza titolo” e si classifica terza.
Quindi partecipa a “Un disco per l’estate” e di nuovo al “Festival di Venezia” (con il brano “Si ricomincia”), raggiungendo così il culmine del successo e della maturità artistica. Nello stesso anno, a Canzonissima, arriva in semifinale portando “Si ricomincia”, “Più passa il tempo” e “La trappola”.
Nel 1976 viene contattata dalla casa discografica francese Cbs per una tournée comprendente cinque spettacoli da effettuarsi nel tempio della musica francese lo “Olimpia”. L’enorme successo impone a monsieur Coquatrixs, proprietario del teatro, la conferma per ben quindici repliche. In Italia passa con la Rca. Incide “Io me ne andrei”, che ha come guest star lo stesso Claudio Baglioni, il quale le fa da seconda voce. Negli anni successivi, oltre a sporadiche partecipazioni televisive in Italia, s’infittiscono le tournées in Francia ed in altri Paesi del Mondo quali Canada, Usa, Corea, Germania, Spagna, Russia e Cina con vari show televisivi e dischi in francese, tedesco e spagnolo. Nella metà degli anni ottanta incide un singolo in inglese a dimostrazione che il suo pubblico naturale è quello internazionale più che quello italiano.
Alla fine degli anni novanta cominciano le partecipazioni come ospite fisso alla trasmissione televisiva “Ci vediamo in tv” condotta da Paolo Limiti. Al di là di una tardiva rivalutazione, la Giuliani resta una grandissima artista, purtroppo poco compresa nel nostro Paese. Scrive Verdier: “Io credo fermamente che Gilda Giuliani sia stata un’occasione persa per l’Italia. Un personaggio veramente atipico, dissimile da chiunque altro prima e dopo di lei. Ha avuto a disposizione un songbook notevolissimo in quanto a qualità, ma la gente non ha saputo apprezzare o capire appieno la potenzialità della cantante ed il suo spessore artistico. Per me rimane una grandissima. Chi non lo percepisce a pelle ha una sensibilità musicale pari ad una mazzafionda”.

Principali brani
Addio Napoli (Serena) (Frankfurier-Mescoli-Musikus) (1973)
Amore, amore immenso (U. Napolitano-Ziglioli) (1973)
Ich bin aleine (Io corro da te) (Ehrardt-D’andrea-Guarnieri) (1973)
Serena (G. Mescoli-V. Pallavicini-Bernardelli) (Sanremo 1973)
Tutto è facile (G.D’Andrea) (1973)
Dio che tutto puoi (Gargiulo-Colombini) (1974)
Le tue mani (Spotti) (1974)
Più passa il tempo (A.Lo Vecchio-S.Shapiro) (1974)
Senza titolo (V.Pallavicini) (Sanremo 1974)
Doccia fredda (Stellita-Cassano) (1974)
Parigi a volte cosa fa (Pallavicini-Ferrari-Mescoli) (1974)
Si ricomincia (Jourdan-Calabrese-Matteoni) (1974)
Amici miei (Longo-Rustichelli) (1975)
Fammi entrare nell’anima (Sementilli-D’Errico) (1975)
Parlerò di te (Road of life) (Fearn-Ziglioli) (1975)
Vigliacco amore mio (Longo-Bixio) (1975)
Amore (Monti) (1976)
Io me ne andrei (A. Coggio-C. Baglioni) (1976)
Notte (Sweet lady blue) (De Natale-Smith-De Angelis) (1976)
Compagni di viaggio (Vistarini-Lopez) (1977)

Singoli
1973 – Serena/Io corro da te (Ariston, AR-0587)
1973 – Tutto è facile/Quelle tue promesse (Ariston, AR-0608)
1974 – Amore amore immenso/Parigi a volte cosa fa (Ariston, AR-0611)
1974 – Senza titolo/Dio che tutto puoi (Ariston, AR-0624)
1974 – Si ricomincia/Doccia fredda (Ariston, AR-0649)
1974 – Più passa il tempo/Doccia fredda (Ariston, AR-0656)
1975 – Parlerò di te/Fammi entrare nell’anima (Ariston, AR-00690)
1975 – Amici miei/Vigliacco amore mio (Ariston, AR-00715)
1975 – Amore/Notte (RCA Italiana, TPBO-1233)
1976 – Io me ne andrei/Amore (RCA Italiana, TPBO-1233)
1977 – Compagni di viaggio/Una notte una vita (RCA Italiana, PB-6089)
1979 – Love theme from Superman/Main title theme from Superman (RCA Italiana, PB 6299)
1983 – Che ne sai/I have a vision (Ros Record, RRNP 101)
1989 – Meravigliosa/Troppo tardi per capire adesso (Fremus, FNBF 217)
2018 – Il tempo (Mantovani Music) (singolo digitale)

Album
1973 – Gilda Giuliani (Ariston, AR 12091)
1974 – Oggi un anno (Ariston, AR 12122)
1974 – Si ricomincia (Ariston, AR 12150)
1974 – Chanson pour toi (CBS)
1975 – Senza titolo (Ariston)
1976 – È questione di pelle (M.O.R. LINE OXFORD)
1976 – Il tempo di felicità (RCA)
1976 – Donna (RCA)
1983 – Portami con te (RCA) (Q-disc)
1996 – Serena (Duck Record)
2000 – Canzoni d’amore (BMG)
2002 – Gilda Giuliani – I grandi successi originali (BMG)
2002 – Il meglio (D.V. More Records)
2002 – Serena – I successi (D.V. More Records)
2004 – Milva/Gilda Giuliani/Ornella Vanoni/Iva Zanicchi (BMG)
2005 – Dominò (D.V. More Records)
2010 – Canto Mimì

ARIANA GRANDE
La regina del pop

Ariana Grande, cantante internazionale statunitense, è nata a Boca Raton il 26 giugno 1993 da famiglia di origine italiana. Per quanto lei richiami “origini abruzzesi”, in realtà i suoi bisnonni Antonio Grande e Filomena Lavenditti emigrarono nel 1912 da Gildone (Campobasso). Ha un fratellastro di dieci anni più grande, primogenito della madre, Frankie Grande, ballerino.
I suoi genitori si sono separati quando aveva nove anni e lei ha acquisito quello della madre, Joan Grande, proprietaria di un’azienda che produce allarmi per la Marina (Hose-McCann Communications), mentre il padre, Edward Butera, ha una società di progettazione grafica a Boca Raton
Il nome Ariana è ispirato alla Principessa Oriana di Felix the Cat.
Sin da piccola ha avuto propensione al canto e alla recitazione. A soli quattro anni ha un ruolo nello show “All That”. Poi si è esibita in teatri per bambini e in musical, come “Il mago di Oz” e “La bella e la bestia” e in karaoke su navi da crociera.
Nel 2008 ha interpretato il ruolo di Charlotte nel musical “13” di Broadway, ricevendo il premio di migliore attrice dall’Asociación Nacional de Teatro Juvenil.
Ha quindi cantato diverse volte al jazz club di New York Birdland, sulla Cinquantaduesima strada.
L’anno dopo ha cominciato a registrare cover delle canzoni dei cantanti preferiti come hobby, pubblicandole sul suo canale ufficiale di YouTube. S’è poi esibita come solista in diverse orchestre.
Nel 2010 è stata Miriam, nel musical “Cuba Libra”, quindi Cat Valentine nella sitcom “Victorious”, incidendone anche la colonna sonora e portando avanti la partecipazione fino al 2012, con grande successo. A seguire farà “Sam & Cat”.
Nel 2012 ha duettato con il cantante libanese Mika.
Il suo primo album di inediti è “Yours Truly”, pubblicato ad inizio settembre 2013.
Il primo brano di successo, “The Way”, ha ottenuto il disco di platino negli Usa e il disco d’oro in Australia e soprattutto, sul canale Vevo, oltre 100 milioni di visualizzazioni. Il secondo singolo, “Baby I”, vende 138mila copie nella sua prima settimana. I due brani saranno interpretati all’Mtv Video Music Awards 2013 ad Amsterdam. Agli American Music Awards 2013 ha vinto nella categoria Nuovo Artista dell’Anno. In occasione del periodo natalizio ha proposto i brani più celebri legati al Natale, come “Last Christmas” e ha partecipato ad importanti eventi nelle migliori location quali il Madison Square Garden di New York.
Del 2014 è “My Everything”, secondo album in studio, in collaborazione con la rapper Iggy Azalea. Diventerà uno dei singoli più venduti dell’anno (oltre 9 milioni di copie in tutto il mondo). Con “Problem” ha vinto il premio come Best Pop Video agli Mtv Video Music Awards 2014. Il secondo singolo “Break Free”, in collaborazione con il dj Zedd, vende globalmente quattro milioni di copie. Successo mondiale anche per il singolo “Bang Bang”, che raggiunge il primo posto nelle classifiche di tutto il mondo (in una settimana vende oltre 230mila). Con l’uscita di “Best Mistake”,
Grande è la prima artista femminile ad avere ben tre singoli contemporaneamente nella top 6 (gli unici artisti a detenere questo record nel passato erano Michael Jackson e Adele).
Del 2015 è “The Honeymoon Tour”: il 25 maggio è stata a Milano, al Mediolanum Forum, tappa in cui ha ricordato i momenti più belli trascorsi nel suo paese d’origine.
Seguono interpretazioni da attrice, come nella serie televisiva horror “Scream Queens” con il ruolo di Sonya, ed il lancio della sua prima fragranza, “ARI”, a cui farà seguito “Frankie”. Nello stesso anno ha pubblicato su iTunes il brano “E più ti penso” in lingua italiana, duettando con il tenore lirico Andrea Bocelli. Il video è stato girato a Roma, diretto da Gaetano Morbioli.
Nel 2016 ha partecipato come comparsa al film “Zoolander 2” e ha pubblicato a maggio il terzo album in studio, “Dangerous Woman”, altro successo mondiale. A novembre ha collaborato con Stevie Wonder al singolo “Faith” utilizzato come colonna sonora del film “Sing”.
Il 22 maggio 2017 Ariana, suo malgrado, è entrata anche nella storia degli attentati terroristici: al termine di un suo concerto presso la Manchester Arena, un kamikaze uccide 22 persone e provoca oltre 500 feriti.
Il 29 novembre 2018 è uscita in tutto il mondo la docu-serie del “Dangerous Woman Tour” su YouTube Premium.
Ha vinto due premi della Billboard Chart Achievement e Top Female Artist il 1º maggio 2019. A giugno 2019 ha annunciato di essere co-direttrice e co-produttrice della colonna sonora di “Charlie’s Angels”.
Ad agosto 2019, ha pubblicato il singolo “Boyfriend” con Social House. Ha vinto tre premi agli Mtv Video Music Awards 2019, incluso il premio “Artista dell’anno”.
Del 2019 è l’album “Thank U, Next”.
Forbes l’ha inclusa tra le celebrità più pagate nel 2019 e Time l’ha nominata come una delle 100 persone più influenti al mondo nel 2016 e nel 2019. Billboard l’ha riconosciuta come “donna dell’anno” nel 2018.
Artista pluripremiata, è nota per la sua vasta gamma vocale (copre quattro ottave, due semitoni e il registro di fischio), che i critici hanno spesso paragonato a quella di Mariah Carey, risentendo anche delle influenze di Gloria Estefan.

Discografia

Album in studio
2013 – Yours Truly
2014 – My Everything
2016 – Dangerous Woman
2018 – Sweetener
2019 – Thank U, Next

Film
Zoolander 2, regia di Ben Stiller (2016)

CARLA GRAVINA
La Nicoletta dei “Soliti ignoti”

Carla gravina in “Esterina” (1959)

Carla Gravina è nata a Gemona (Udine) il 5 maggio 1941, da padre molisano di Montagano, centro a pochi chilometri da Campobasso.
Scoperta casualmente da Lattuada, dà l’avvio alla sua lunga carriera cinematografica poco più che quindicenne in “Guendalina” del 1956. E’ però un altro grande regista, Alessandro Blasetti, a metterne in evidenzia la personalità adolescenziale in “Amore e chiacchiere” del 1957 con Vittorio De Sica e Gino Cervi.
Seguono, nel 1958: “Anche l’inferno trema” (con Franco Fabrizi), “Esterina” di Carlo Lizzani con Domenico Modugno, “Policarpo, ufficiale di scrittura” di Mario Soldati, con Peppino De Filippo, Renato Rascel e Romolo Valli e “Primo amore” di Mario Camerini, fino a due capolavori del cinema italiano: il sublime “I soliti ignoti”, sempre del 1958 e “Tutti a casa” di Luigi Comencini del 1960 (con, tra gli altri, Eduardo De Filippo e Alberto Sordi). Anche l’inizio del nuovo decennio la vede impegnata in pellicole importanti tra cui “Jovanka e le altre” con Silvana Mangano, “Un giorno da leoni” e “Scano boa”.
Apre quindi una lunga parentesi in teatro, amore che non abbandonerà mai.
Nell’edizione 1960 del Festival Shakespeariano di Verona, quando ha 19 anni, recita
nel “Romeo & Giulietta” accanto a quello che diventerà il suo compagno per molti anni, da cui avrà una figlia, condividendone l’impegno politico: Gian Maria Volonté.
Lavora con Giorgio Strehler e Luca Ronconi. Si cimenta con Goldoni, Euripide, Sartre, Turgeniev, Brancati (con Turi Ferro), Dorfman (“La morte e la fanciulla” con Sbragia), e naturalmente Shakespeare (“La bisbetica domata” con Pambieri).
Predilige autori classici di epoca ellenistica, quali Euripide, il francese Sartre ed autori russi quali Turgeniev.
Nel 1967 torna al grande schermo con “I sette fratelli Cervi” orientandosi al filone socio-politico che prosegue con altri titoli (“Alfredo Alfredo” di Pietro Germi con Dustin Hoffman, “Il caso Pisciotta”, “Banditi a Milano” di Carlo Lizzani, in cui recita accanto a Volonté, Don Backy, Tomas Milian e Ray Lovelock, tutti del 1972).
Nel 1969 escono quattro film: “La donna invisibile” con Giovanna Ralli, “La monaca di Monza”, “Sierra maestra” e “Cuore di mamma” di Salvatore Samperi con Philippe Leroy e Beba Loncar. Nel 1972 è la volta di “Il tema di Marco” e “Senza movente” (con Jean-Louis Trintignant, Dominique Sanda), l’anno dopo recita ne “L’idolo della città” (con Marcello Mastroianni), “Tony Arzenta” di Duccio Tessari (con Alain Delon) e “L’erede” (con Jean-Paul Belmondo).
Nel 1974 sciocca il pubblico interpretando il ruolo dell’indemoniata Ippolita ne “L’Anticristo”. Dello stesso anno sono “Il gioco della verità”, “Tutta una vita” (con Gilbert Bécaud). “Il figlio del gangster” è del 1976 (con Alain Delon), “Maternale” del 1978.
Nel 1980 si aggiudica la Palma d’oro a Cannes come migliore attrice non protagonista per “La terrazza” di Ettore Scola con Gassman, Tognazzi, Mastroianni e Trintignant.
Nel 1982 esce “Amiche mie”, nel 1984 è la volta di “Mon Ami Washington” mentre “I giorni del commissario Ambrosio” è del 1988. Nel 1993 al festival di Montreal viene premiata come migliore attrice per “Il lungo silenzio” di Margarethe Von Trotta (con Alida Valli e Ottavia Piccolo).
Non disdegna la televisione: valletta ne “Il Musichiere”, protagonista ne “I fratelli Karamazov”, presente ne “Il tenente Sheridan” e in “Nero Wolf”, Lucia ne “Il segno del comando” di Daniele D’Anza, accanto a Ugo Pagliai. La Gravina ha legato il suo nome anche al mondo pubblicitario: è lei la prima “ragazza del ponte” della celebre gomma da masticare “Brooklyn” con il commento sonoro dei Led Zeppelin.

Film
Guendalina, regia di Alberto Lattuada (1957)
Amore e chiacchiere, regia di Alessandro Blasetti (1957)
Primo amore, regia di Mario Camerini (1958)
Anche l’inferno trema, regia di Piero Regnoli (1958)
I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958)
Policarpo, ufficiale di scrittura, regia di Mario Soldati (1959)
Esterina, regia di Carlo Lizzani (1959)
Tutti a casa, regia di Luigi Comencini (1960)
Jovanka e le altre, regia di Martin Ritt (1960)
Scano Boa, regia di Renato Dall’Ara (1961)
Un giorno da leoni, regia di Nanni Loy (1961)
Quién sabe?, regia di Damiano Damiani (1966)
I sette fratelli Cervi, regia di Gianni Puccini (1967)
Banditi a Milano, regia di Carlo Lizzani (1968)
Sierra Maestra, regia di Ansano Giannarelli (1969)
La donna invisibile, regia di Paolo Spinola (1969)
Cuore di mamma, regia di Salvatore Samperi (1969)
La monaca di Monza, regia di Eriprando Visconti (1969)
Senza movente (Sans mobile apparent), regia di Philippe Labro (1971)
Alfredo, Alfredo, regia di Pietro Germi (1972)
Il tema di Marco, regia di Massimo Antonelli (1972)
Il caso Pisciotta, regia di Eriprando Visconti (1972)
L’erede (L’Héritier), regia di Philippe Labro (1972)
Tony Arzenta, regia di Duccio Tessari (1973)
L’idolo della città (Salut l’artiste), regia di Yves Robert (1973)
L’anticristo, regia di Alberto De Martino (1974)
Il gioco della verità, regia di Michele Massa (1974)
Tutta una vita (Toute une vie), regia di Claude Lelouch (1974)
Il figlio del gangster (Comme un boomerang), regia di José Giovanni (1976)
La terrazza, regia di Ettore Scola (1980)
Mon ami Washington (1984)
I giorni del commissario Ambrosio, regia di Sergio Corbucci (1988)
Il lungo silenzio, regia di Margarethe von Trotta (1993)

PASQUALE GRAVINA
Il campionissimo di pallavolo

Pasquale Gravina, campione della pallavolo, è nato a Campobasso il 1 maggio 1970. E’ alto 2 metri ed un centimetro. E’ uno dei molisani arrivati – è il caso di dirlo – più “in alto” nel campo dello sport.
Con il ruolo di centrale, particolarmente bravo a muro, ha vinto con la nazionale di pallavolo ben due titoli mondiali (1994 e 1998), la Coppa del Mondo 1995, due titoli europei (1993 e 1995), tre world league (1994, 1995 e 1997) ed una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Inoltre: la World Grand Champions Cup 1993; il World Super Four 1994 ; il World Super Six 1996.
Vanta oltre 200 presenze con la maglia dell’Italia.
A livello nazionale: tre scudetti, una coppa Italia e due coppe confederali tra Parma e Treviso. Il suo numero fortunato è il 18, numero della maglia indossata al suo esordio in nazionale. La sua carriera ha inizio nel Volley Club Molise, con il quale ottiene due promozioni (dalla C2 alla B2) ed arriva anche alle nazionali giovanili. Nel 1988, il passaggio in A1 a Falconara, nelle Marche, dove
gioca due anni.
Nell’aprile 1990 debutta in nazionale, a Belo Horizonte, contro il Brasile (il 27 aprile in Brasile-Italia 3-2). Pochi mesi dopo passa a Parma, dove resta fino al 1996 vincendo due scudetti: nel 1991/1992 e nel 1992/1993. Si trasferisce quindi a Treviso, dove coglie il tris nella finale con l’Alpitour Traco Cuneo. Nel campionato italiano milita per sei stagioni con la Sisley Volley, vincendo praticamente tutto (rientra in squadra, dopo una lunga sosta, nel 2004).
Al termine della carriera sportiva inizia l’attività di procuratore.
Ha detto Gravina: “A me piace l’agonismo. Se scendo in campo lo faccio per vincere ed arrivare il più in alto possibile”.

Palmarès

JOSE’ GRECO
Il ballerino di flamenco

José Greco, nato nel 1918 come Costanzo Greco a Montorio nei Frentani (Campobasso) da Paolo Emilio e Maria Carmela Bucci, emigrato a dieci anni a New York, è diventato uno dei più celebri ballerini iniziando a ballare a Brooklyn con sua sorella Norina già in giovane età. Il suo debutto da professionista nel 1937 all’Hippodrome Theatre di Manhattan. I suoi partner più famosi sono stati La Argentinita (Encarnación López Júlvez) e, dopo la sua morte, sua sorella Pilar López. Nel 1949 ha fondato la José Greco Dance Company, con cui ha fatto tournée in tutto il mondo. Era specializzato principalmente in danze spagnole, tra cui il flamenco. Ha recitato anche in sei film ed ha partecipato a programmi televisivi negli Usa. È morto nel 2000. Ha avuto sei figli, tre maschi e tre ragazze. I suoi figli José Luis e Paolo sono compositori; suo figlio José Greco II è un ballerino così come le sue tre figlie, Alessandra, Carmela e Lola.

SIMONA GUATIERI
La modella “made in Molise”

Simona Guatieri, modella e presentatrice, è nata il 28 aprile 1990 ad Isernia. La madre è assistente alla poltrona in uno studio dentistico, il padre è impiegato statale presso l’Inps.
Si è diplomata in scienze sociali in Molise, dove ha militato con l’Isernia a pallavolo, arrivando anche in serie D.
Grazie alla bellezza e alle caratteristiche fisiche – è alta un metro e settanta e pesa tra i 55 e i 60 chili – durante l’adolescenza ha cominciato a lavorare come modella, partecipando a sfilate e servizi fotografici.
Simona si è diplomata in scienze sociali e non si è mai iscritta all’università.
Per un periodo ha lavorato come commessa.
E’ balzata agli onori della cronaca come compagna del giocatore Keita Balde, esterno dell’Inter. Si sono conosciuti ad un evento di beneficenza della Cifa onlus per le adozioni internazionali, di cui entrambi erano testimonial. Si sono messi insieme nel 2017.
Simona ha seguito il suo amato anche a Monaco quando il calciatore era stato acquistato dal club del Principato.
Ai Mondiali di calcio 2018 in Russia, la giovane modella molisana ha seguito tutte le partite del Senegal. In assenza della Nazionale italiana, la giovane ha fatto il tifo per la squadra africana, postando sui social network scatti con la bandiera senegalese.
In carriera ha partecipato a Miss Italia, ma ha dovuto abbandonare il concorso a causa di un malore. Ha comunque vinto la fascia Miss Wella Molise.
Ha condotto il reality “Non ditelo alla sposa” su Real Time.
Per un periodo è stata in Spagna per fare esperienza. Insieme alla sua amica Claudia Parini, all’epoca fidanzata con il calciatore del Barcellona Alexis Sanchez, Simona si è sottoposta a diversi casting. Provino dopo provino, la Guatieri e la Perini sono state scelte come Veline della versione spagnola di “Striscia la notizia”. Sono rimaste in carica per circa un anno. “In Spagna funziona in modo molto diverso, non diventi subito un personaggio come in Italia. Viene visto come un lavoro qualsiasi, noi quindi abbiamo subito pochissimo la pressione del personaggio. Quasi niente – ha dichiarato al Corriere dello Sport.
Simona è molto attiva sui social. Il suo profilo Instagram @simonaguatieri vanta 138 mila followers ed è caratterizzato da foto dei suoi shooting e foto dei momenti passati con il suo compagno
È molto amica di Cristina Buccino, l’ex professoressa dell’Eredità.

BENITO IACOVITTI
Identità: Tom Ficcanaso

Riportiamo di seguito una delle ultime interviste che il popolare vignettista molisano Benito Jacovitti concesse a “Forche Caudine”.

Cow-boy, gangster, giornalisti, pirati: questi i protagonisti dei disegni di Benito Jacovitti, disegnatore nato a Termoli, vissuto a Firenze e residente attualmente a Roma. I ricordi di un’infanzia vissuta in Molise fra tanta miseria, in cui doveva costruirsi i giocattoli, crearli
con le sue mani, dell’unico cinema di Termoli dove vedeva films di avventura, sono tuttora vivi nella sua memoria ma soprattutto nei suoi disegni… e la risata nasce spontanea. Siamo andati a trovarlo.
Ci parli della sua infanzia vissuta in Molise.
“Sono nato a Termoli dove ho vissuto per sei anni. La mia famiglia era molto povera, mio padre faceva il ferroviere e l’operatore cinematografico per passione durante il tempo libero. Mia madre era albanese, infatti intorno a Termoli ci sono diversi centri, come Ururi, in cui vivono albanesi che conservano tutte le loro tradizioni. A casa nostra infatti si parlava l’albanese anche se oggi l’ho totalmente dimenticato. Mia madre ebbe altri bambini oltre me i miei due fratelli, ma tutti morirono a causa di svariate malattie. Ricordo che in quel periodo mancava l’acqua, e siccome eravamo troppo poveri per permetterci di comprarla alla stazione per quattro soldi al fiasco, compravamo dei barili per quattro lire l’uno, anche se non si poteva bere. Si rischiava continuamente di prendere il tifo o qualche altra malattia, forse proprio per questo ho un ricordo negativo di Termoli”.
E’ più tornato in Molise?
“Ci sono tornato nel ’49 nell’immediato dopoguerra, e poi non più, nonostante amici e conoscenti mi invitino continuamente”.
Si è trasferito prestissimo a Firenze e prestissimo ha incominciato a collaborare col ‘Brivido’; come è nata la passione per il disegno e, quando?
“Ho frequentato una scuola d’arte nelle Marche, nel ’39, a sedici anni, sono andato a Firenze dove ho incominciato a lavorare col ‘Brivido’, un giornale umoristico. Già a Termoli, da bambino, andavo per le strade a disegnare sui mattoni più grandi i personaggi dei films di avventura che vedevo nell’unico cinema del posto. Ricopiavo le scene costruendomi col cartone interi paesaggi, con i più piccoli particolari.
Essendo la mia famiglia abbastanza povera, costruivo tutti i miei giocattoli col cartone, persino delle pistole che sembravano sparare grazie ad un meccanismo fatto con un elastico. A sei anni ho mandato una vignetta ad un giornale fascista per bambini, a sette un disegno umoristico alla ‘Domenica del Corriere’, entrambi mi pagarono una e due lire. A Firenze, quando ancora frequentavo la scuola, lavoravo dalle quattro di mattina fino alle otto, poi andavo a scuola e di pomeriggio studiavo.
Ho iniziato anche le università, ma a vent’anni mi catturarono i tedeschi. Mi salvò un prete che mi riconobbe perché ero già abbastanza famoso come disegnatore, nonostante avessi la divisa tedesca”.
Quali sono i suoi personaggi e come sono nati?
“Ho illustrato la storia di Pinocchio più volte ed ho inventato centinaia di personaggi: la signora Carlo Magno, Peter lo sceriffo, Tex revolver. Amo i personaggi del passato, quelli di avventura come pirati, gangster e cow-boy. Nell’illustrarli però lascio la fantasia ed è proprio così che sono nati Cocco Bill, il cow-boy Bullo, Tom Fiaccanaso, un giornalista. I miei personaggi sono finiti sulle magliette dei mondiali, per la pubblicità di più prodotti alimentari”.
Progetti per il futuro?
“Una volta lavoravo otto-nove ore al giorno, adesso circa la metà. Attualmente sto facendo un lavoro per i miei libri di medicina: devo illustrare cinquanta rami della medicina con i miei personaggi, unico problema è che da quando ho iniziato mi sembra di avere tutti i tipi di malattie. Negli ultimi due anni a questa parte poi pennini e matite mi fanno impazzire, non sono più buoni come una volta. Più si va avanti e più peggiora la qualità della vita in generale”.
Cosa consiglia ai giovani che vogliono seguire la sua strada?
“A parte il fatto che è cambiato il modo di lavorare, penso che oggi ci si serva troppo di strumenti tecnici e poco della fantasia. Anni fa Walt Disney, Hanna & Barbera chiamavano tantissimi disegnatori perché realizzassero le varie scene dei cartoni, con i minimi movimenti. Adesso invece si disegna la scena iniziale e quella finale, a quelle centrali ed al movimento ci pensa un cervello elettronico. Ai giovani di oggi consiglio di tornare indietro, ossia di usare solamente: testa, carta e matite. Bisogna tornare a fare le cose come una volta, magari organizzandosi in gruppi di tre o più persone”.
E’ vero che il fumetto è in crisi?
“C’è una grossa crisi del fumetto non solo in Italia ma anche in Francia e in Inghilterra. Dipende principalmente dal fatto che per i bambini non si fanno più fumetti, tranne Topolino, mentre per gli adulti che amano il fumetto ci sono solo riviste fatte da gruppi di amatori, i quali prendono materiale dall’estero, soprattutto dall’Argentina dove ci sono dei veri maestri. Io amo il genere di disegno che si faceva sui primi del ‘900, infatti le mie tavole si ispirano a quel periodo. Se devo disegnare un’automobile la faccio come se ne vedevano allora, perché è più buffa, fa ridere. Mi
piace scherzare non solo sugli uomini ma anche sui passeggeri e sugli oggetti. Non sono un disegnatore satirico perché la satira fa solo sghignazzare la gente, a me piace far ridere come fa un clown con bambini e anziani. La risata deve nascere spontanea, aperta e vivacissima”.
Un sogno nel cassetto particolarmente importante?
“Vivere abbastanza per realizzare mille progetti”.
Quali riconoscimenti o soddisfazioni a livello professionale l’hanno emozionata?
“Ultimamente ho saputo che tre giovani hanno realizzato le loro tesi di laurea su di me. Di premi ne ho ricevuti tanti: la Palma d’oro di Bordighera, uno su Pinocchio nel ’65, un altro a Genova sul fumetto e di livello internazionale”.
Ha mai avuto paura della concorrenza?
“Nessuna. Molta gente mi ha copiato, ma l’ho lasciata fare, non ho mai avuto alcuna voglia di litigare. In questo probabilmente rispecchio una caratteristica tipicamente molisana: il voler vivere tranquillo, così come non mi piace uscire fra la confusione della gente, il che mi porta a starmene volentieri a casa”.
Qualche altro aspetto del suo carattere?
“Ho sempre regalato i miei disegni e mandato soldi di alcune mostre ad associazioni che aiutano bambini abbandonati e non vedenti. Ultimamente ho contribuito ad aumentare i fondi per la ricerca sull’Aids, perché dobbiamo fare qualcosa per sconfiggere una malattia così terribile”.
(Angela Muccino)
© Forche Caudine – Vietata la riproduzione

Nel 2015 Forche Caudine ha organizzato a Roma, nel quartiere Garbatella, una mostra con oltre 100 gigantografie dei personaggi di Jacovitti e altri materiali.

DAL SITO UFFICIALE HTTP://WWW.JACOVITTI.IT/
Benito Franco Jacovitti nasce a Termoli, in provincia di Campobasso, il 9 marzo 1923.
La madre, Elvira Talvacchio, aveva lontane origini albanesi, tanto che fino all’eta’ di sei-sette anni Jacovitti parlava perfettamente albanese, che unito alla già fervida fantasia di bambino e al dialetto molisano, lo faceva contare fino a 10 cosi’: onza, donza, trinza, quaraqua, rinza melaga, dunza, rif,raf e rof.
Il padre Michele Iacovitti (notate che la I e’diventata J solo per un vezzo artistico) faceva il ferroviere ed era affascinato dalle figure politiche forti (da cui i nomi assegnati al figlio per fortuna evitando Adolfo), come secondo lavoro faceva l’operatore in una sala di proiezione cinematografica, cosa che regalò al piccolo Jac, la possibilità di vedere centinaia di films. I western erano quelli preferiti.
Aveva due fratelli Maria e il piccolo Mario, e dato che erano abbastanza poveri, lui da bravo fratello maggiore costruiva loro i giocattoli, con forbici, ago e filo creava pupazzi di stoffa, e poi trenini, casette, automobiline.
A sei anni iniziò a disegnare le prime storie a vignette sui lastroni di pietra che ricoprivano le strade di Termoli. La gente si fermava a guardare. Erano i suoi primi ammiratori.
A 8 anni Benito, e tutta la famiglia, lasciò Termoli per Ortona a Mare, poi Macerata, dove frequentò le elementari…
Infine giunse a Firenze, dove frequentò la scuola d’arte e il liceo artistico. Ed è proprio qui al liceo di Firenze che gli venne affibbiato il soprannome di “Lisca di pesce”, tanto era alto e magro, e con una lisca di pesce rossa firmerà quasi tutte le sue tavole.
Sempre al liceo artistico di Firenze disegno’le prime vignette per i suoi compagni,
Franco Zeffirelli era uno di questi; quindi fece le sue prime caricature, prima per i
soldati tedeschi, e alla fine della guerra, per i soldati americani.
Nel 1939 pubblicò, presso la casa editrice torinese “La Taurina”, l’unica storia seria della sua carriera: ‘L’eroe delle cinque giornate’ sull’insurrezione popolare del 1848 milanese. Iniziò a collaborare con il settimanale umoristico fiorentino ‘Il Brivido’, poi con il periodico satirico ‘Il Travaso’, e soprattutto con il famoso giornale per ragazzi ‘Il Vittorioso’ (dal 1939 al 1967).
A Firenze Jacovitti visse e subì, come tutti gli italiani, la seconda guerra mondiale, e quando c’erano i bombardamenti lui non andava nei rifugi, ma sui terrazzi dei palazzi, per vedere le bombe cadere, sentirne il sibilo, ascoltarne il rumore assordante, anche se aveva una paura tremenda, ma tant’é questo era Jac.
Solo un volta si nascose in un rifugio, una cantina, e passò tutta la notte nascosto sotto un pianoforte. Da quella postazione protetta vide due bellissime gambe, delle quali si innamoro’. Erano le gambe di Floriana Jodice, quella che divenne poi sua moglie e da cui ebbe una figlia: Silvia.
Nel 1946 si stabilì definitivamente a Roma, qui conobbe e lavorò con personaggi come Marchesi, Metz, Fellini, Mosca, Steno. Facevano i ritratti, le caricature per gli americani. Erano i ragazzi del ‘Bertoldo’ e del ‘Marc’Aurelio’, i giornali di satira di quei tempi.
Così la sua carriera iniziata a Firenze, continuò nella Capitale. Qui, oltre a continuare a collaborare con ‘Il Vittorioso’ proseguì la realizzazione del ‘Diario Vitt’ per la casa editrice A.V.E. Dal 57 al 67 lavorò al supplemento ragazzi de ‘Il Giorno’, ed è qui che il 28 marzo del 1957 nacque Cocco Bill. Per tutti gli anni settanta e fino al 1982,
Jacovitti collaborò con ‘Il Corriere dei Ragazzi’ e con il ‘Corriere dei Piccoli’. Nel 1973 lavorò per Linus, chiamato dall’allora direttore Oreste del Buono. Ma se ne andò presto perché, oltre alle proteste dei vari gruppi dell’estrema destra e sinistra che aveva preso in giro nella sua storia e che lo avevano minacciato di morte, in una vignetta, al posto della carta igienica, disegnò una copia della rivista che lo aveva assunto da pochi mesi. La vignetta fu censurata, Jac non amava le censure, e se ne andò.
Ma qualcosa di simile era gia’successo quando scrisse ‘abbasso il Papa’ al bordo di una vignetta per una campagna elettorale della D.C. Aveva poi nascosto la frase sotto il nero, ma al momento di dare il colore, che allora si dava sul retro la scritta apparve in controluce. Non fece più la campagna elettorale. Era il 1948 ed erano schierati da una parte la Democrazia Cristiana, dall’altra il Fronte Democratico Popolare delle sinistre.
Jacovitti lavorò per ‘l’Europeo’, fece vignette per ‘Il Tempo’, ma anche per ‘il Male”, Cuore’ e ‘Tango’.
Illustrò il Pinocchio di Collodi, un personaggio molto amato da Jacovitti, tanto da illustrarlo tre volte. Due volte nelle illustrazioni a commento del racconto ed una storia a fumetti. Gli venne proposto nel 1977 di realizzare ‘Il kamasultra’ con i testi di Marcello Marchesi. La cosa lo incuriosì e accettò. Ma fu costretto a lasciare il Diario Vitt, perché disegnare soggetti a tema erotico non era certo cosa che poteva far piacere alla casa editrice cattolica, ovviamente.
E neanche alla moglie che lo sgridò moltissimo.
Ma Jac continuò imperterrito e iniziò la sua collaborazione con Playmen.
Realizzò poi negli anni 80 ‘il Kamasutra spaziale’.
Lavorò molto nel campo della pubblicita’ ne ricordiamo alcune: i gelati Eldorado con Cocco Bill, la Facis con Pecor Bill, L’Olio Teodora con Zorry Kid, i salami Fiorucci, Il gatto Maramio, per i formaggini Mio. Il gioco dell’oca per l’Enel… Le sue ultime collaborazioni furono per ‘il Giornalino’ delle Edizioni Paoline.
Fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana nel dicembre 1994 dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro.
Parlare dei personaggi di Jacovitti e’un compito arduo, sono tanti e tutti importanti. Ci sono i 3 P (Pippo Pertica e Palla) ai quali era affezionatissimo perché gli ricordavano i suoi compagni di scuola e Pippo in particolare , con cui si identificava.
Poi Cip il poliziotto, il Pirata Gamba di Quaglia e Battista l’ingenuo fascista, Oreste il guastafeste e Gionni Galassia. Poi ancora Giuseppe, l’unico personaggio muto di Jacovitti, Zorry Kid e Kid Paloma. Elviro il vampiro, il giornalista investigatore Tom Ficcanaso e Baby Tarallo. Pape’ Satan e Aleppe, tre assurdi diavoloni. Il marziano Microciccio Spaccavento. Zagar (Macchia nera in versione jacovittesca). La terribile vecchietta, la Signora Carlomagno. E ancora l’indiano Occhio di Pollo, Giacinto il Corsaro dipinto, il bandito Pasqualone e la strega Filippo. Lolita dolcevita, teenager anni 60, il diavoletto Pop Corn e Jac Mandolino, e ancora tanti tanti e tanti, ma il suo personaggio preferito, il suo alter ego, la proiezione massima delle fantasie jacovittiane è senza dubbio Cocco Bill. Jacovitti amava il lontano west, e aveva infatti una collezione di armi (dal fucile Winchester alle colt)che spesso usava con proiettili a salve per spaventare il gatto di casa, la moglie, la portiera, il postino. Indossava il cappellone, metteva le pistole nei foderi ed usciva per un incontro alla ‘mezzogiorno di fuoco’ con il suo amico disegnatore Nevio Zeccara. Si incontravano nella piazzetta vicino casa e chi sfoderava le armi per primo vinceva. L’arma di Jacovitti era il pennino Perlier (non usava rapidograph o altri ‘strumenti complicati’ come li chiamava lui) una boccetta di inchiostro nero e un foglio di carta porosa. Impaginava, scriveva i testi, stendeva i chiaroscuri, faceva tutto da solo. Soltanto i colori erano dati da un suo amico e collaboratore, Alfonso Castellari. Iniziava a riempire il foglio, già impaginato, dal basso a sinistra verso l’alto, senza sapere quello che sarebbe successo, andava a braccio.
Aveva in mente l’idea di una storia, e poi la storia si realizzava mentre veniva disegnata. Contro la tradizione che predicava la progressione forzata soggetto – sceneggiatura -matita – china, lui aggrediva il foglio direttamente con il pennino, con il tratto, senza ripensamenti, proprio di chi sa fare, ma soprattutto di chi vuol fare. Jacovitti è stato paragonato a Esher e a Bosch. In Francia lo chiamano il Disney europeo. Un maestro dell’assurdo, un ‘estremista di centro’, che ha sempre dimostrato grande libertà e indipendenza dal potere, principale oggetto dei suoi sberleffi. Un aggressivo burlone capace di scherzare su tutto e su tutti. Un disegnatore e sceneggiatore che ha giocato con il linguaggio come un bambino che prende a martellate il trenino nuovo che gli ha regalato papà. Un funambolo in equilibrio sulla matita. Maestro di grafica, di follia universale, di nonsenso, di libertà, di sommessa anarchia. Creatore di un universo originale e irripetibile dove tutto è possibile. Un uomo dal cuore grande, che si definiva un clown, e che riusciva a far ridere anche quando era triste. Un maestro.
E a noi piace pensare che il 3 dicembre 1997, lui, insieme alla sua amatissima moglie Lilli, si sia nascosto in mezzo ai suoi mille personaggi, e che da lì ci guardi divertito, quando ci perdiamo nella lettura delle sue affollatissime tavole. Si dovrebbe aggiungere un altro personaggio alla sua galleria e cioè Jacovitti. Infatti Benitone sembra uscito dalla sua stessa matita. Alto grande e grosso, con il sigaro in bocca, e con l’espressione di chi l’ha combinata grossa. Amava fare scherzi terribili e cattivi, raramente parlava sul serio, e giocava sempre con tutti, soprattutto con quelli che non capivano che stava giocando. Amava la musica jazz, il jazz caldo quello di Armstrong, i suoi strumenti preferiti erano il banjo e la tromba. Non sapeva suonare ma si compro’ una batteria. Così mentre disegnava, ascoltava musica jazz e teneva il tempo battendo con il piede destro il pedale del charleston. Liberale vecchio stampo, ma anarchico nelle idee e nei comportamenti, dissacratore e dispettoso. Allergico alle censure da qualsiasi parte venissero. Pigro da morire, usciva solo con la sua fantasia, e faceva dei viaggi bellissimi.
Il suo mondo fisico era grande 20 metri quadri, (in pratica viveva nel suo studio) ma il suo mondo interiore era gigantesco oltre i limiti dell’universo.

ERASMO IACOVONE
L’idolo di una città, Taranto

Erasmo Iacovone nasce a Capracotta (Isernia) il 22 aprile 1952. Giovanissimo s’indirizza verso il mondo del calcio. Ha statura media, è fisicamente forte, ha un buon senso del gol e soprattutto un ottimo colpo di testa. Cresce nell’Omi Roma, dove debutta nel 1971 in serie D a soli 19 anni. Nella Capitale segna due gol in 25 partite. Nel novembre 1972 passa alla Triestina in serie C, 13 presenze senza reti. La stagione successiva è al Carpi, di nuovo in serie D, dove con 13 reti personali in 32 partite trascina la squadra alla promozione in C. Le due stagioni seguenti le trascorre a Mantova, serie C, dove segna complessivamente 20 reti in 66 partite. Nel 1976 ricomincia il campionato con il Mantova dove addirittura segna sei reti in appena 4 incontri.
Nell’autunno del 1976 se lo accaparra il Taranto in serie B. L’esordio in rossoblu con la maglia numero 11 avviene il 31 ottobre 1976. E’ la sesta giornata di campionato, c’è Novara-Taranto. I pugliesi sono sotto di un gol ma è proprio il neoacquisto Iacovone a pareggiare la partita con un colpo di testa. Chiude la stagione con otto gol in 27 partite, diventando presto l’idolo di un’intera città.
La stagione seguente è trionfale. Tutta Taranto, grazie soprattutto a Iacovone, sogna la promozione in A. La squadra pugliese è appena dietro all’Ascoli dei primati.
Dopo diciannove incontri il giocatore molisano è capocannoniere del torneo cadetto con nove reti (nessuna su rigore), in coabitazione con Pellegrini del Bari e Palanca del Catanzaro. La Fiorentina, serie A, s’interessa del bomber molisano, dopo che anche il Pescara si era fatto avanti, rinunciando poi per la richiesta troppo alta del club pugliese (400 milioni di lire).
Il 5 febbraio 1978 Iacovone, senza saperlo, gioca la sua ultima partita. E’ la ventunesima giornata del torneo cadetto. Il Taranto ospita la Cremonese: Finisce a reti inviolate con il centravanti rossoblu più volte vicino al gol ma fermato dalle parate del portiere avversario Ginulfi e da ben due salvataggi dei difensori sulla linea di porta.
La sera Iacovone è al ristorante “La Masseria”, a pochi chilometri da Taranto, nel Comune di San Giorgio Jonico. E’ passata da poco la mezzanotte quando esce dal locale e a bordo della sua Dyane 6 targata Modena imbocca una stradina e s’immette nella provinciale. Qui viene preso in pieno da una Gt 2000 a fari spenti che gli piomba addosso ad oltre 180 chilometri orari. Il conducente sta fuggendo da una volante della polizia. L’impatto è terrificante, Iacovone viene sbalzato fuori dall’abitacolo per oltre venti metri. E’ ormai senza vita. Lascia la giovane moglie Paola di Carpi, con cui è sposato da appena sette mesi. La moglie è ai primi mesi di gravidanza. Il dolore di un’intera città è immenso: tutti ricordano non solo il campione ma la sua umanità, il suo stile di vita riservato, il forte legame con le mura domestiche.
Ad appena due ore dalla tragedia, l’ospedale “SS. Annunziata” di Taranto viene preso d’assalto dall’intera cittadinanza. I funerali si svolgono martedì 7 febbraio, prima nella chiesa di San Roberto Bellarmino, quindi allo stadio “Salinella” (che poi sarà ribattezzato “Iacovone” appena due giorni dopo grazie al presidente del Taranto).
Almeno 15 mila le presenze allo stadio, nonostante il giorno feriale e la pioggia copiosa sulla città pugliese.
Il 20 ottobre 2002 viene inaugurata in sua memoria, all’ingresso della curva nord dello stadio a lui dedicato, una statua in dimensioni naturali realizzata dallo scultore Francesco Trani, su volere del club “Tifo è amicizia”. Viene realizzata grazie alla vendita di 13 mila tagliandi da 1,50 euro l’uno.

DOMENICO IANNACONE
La tv dei diritti

Domenico Iannacone, giornalista, presenza televisiva, è nato a Torella del Sannio (Campobasso) il 7 aprile 1962. La famiglia materna è originaria di Frosolone (Isernia), trasferita a Vinchiaturo.
Ha iniziato a collaborare giovanissimo con i giornali, occupandosi di critica letteraria. Ha scritto su “Il Corriere del Molise”, curando pagine di cultura e spettacolo e sul “Quotidiano del Molise”, interessandosi di cronaca, politica e approfondimenti.
Dal 1998 ha ricoperto il ruolo di caporedattore nell’emittente televisiva molisana Teleregione, ideando e conducendo programmi di attualità. Ha poi collaborato con la tv satellitare INN, effettuando reportage e inchieste.
Dal 2001 al 2003 ha fatto parte della redazione di “Okkupati” e “Occupati Network” di Raitre, realizzando servizi legati al mercato del lavoro.
Sulla stessa rete è diventato inviato, dal 2004 al 2008, per la trasmissione “Ballarò” e nel 2007 per “W l’Italia” di Riccardo Iacona.
E’ autore del film documentario “Grammatica di un terremoto”, indagine sul sisma di San Giuliano di Puglia dell’ottobre del 2002. Per Raitre ha realizzato nel 2008 il documentario Vacanze d’Italia
Dal 2007 è tra gli autori del programma “Presadiretta” su Raitre. Nel 2013 realizza il programma “I dieci comandamenti”, sempre per Raitre con buon successo.
Dal 6 maggio al 21 giugno 2019 ha condotto su Raitre la prima edizione della striscia quotidiana “Che ci faccio qui”, replicata negli anni successivi.
Ha vinto diversi premi per il suo stile molto personale.

Tv
Okkupati (Rai 3, 2001-2003) redattore
Ballarò (Rai 3, 2004-2008) inviato
W l’Italia (Rai 3, 2007) inviato
Presadiretta (Rai 3, dal 2007) autore
Vacanze d’Italia (Rai 3, 2008)
I dieci comandamenti (Rai 3, dal 2013)
Che ci faccio qui (Rai 3, dal 2019)

FRANCESCO JOVINE
Il letterato del Novecento

Francesco Jovine con Dina Bertoni

Francesco Jovine, uno dei maggiori scrittori del Novecento italiano, nasce a Guardialfiera (Campobasso) il 9 ottobre 1902 e qui trascorre l’infanzia.
Il padre è un piccolo proprietario terriero e perito agrimensore. Seguendolo, il piccolo Francesco ha modo di entrare in contatto con il mondo contadino e le condizioni di miseria della popolazione.
A nove anni entra nel convitto vescovile di Larino.
Quindi a Velletri (Roma) e a Città Sant’Angelo (Pescara), dove a 16 anni consegue il diploma di maestro elementare.
Torna a Guardialfiera, dove dove trascorre un anno d’attesa, dedicandosi alle letture, quindi svolge il ruolo di istitutore nei collegi di Maddaloni (Caserta) e di Vasto (Chieti).
Nel 1922 presta servizio militare a Roma, ostile al militarismo, tra ribellioni e punizioni. Nel frattempo vince il concorso a cattedre e torna, come docente, nella sua Guardialfiera. I primi anni di insegnamento coincidono con gli studi di filosofia (Croce e in genere i maestri dell’idealismo). Trasferitosi definitivamente nella Capitale nel 1925, si iscrive al magistero, si laurea e diventa assistente di Giuseppe Lombardo Radice, avvicinandosi quindi ai problemi del Mezzogiorno.
Dal 1927 collabora a “Italianissima”, a “Diritti della Scuola”, quindi a “Il Mattino”, “Oggi”, “Il Popolo di Roma” e ad altre riviste. Nel 1928 si sposa con Dina Bertoni, anche lei insegnante. L’esordio letterario è con un racconto per ragazzi, “Berlué”, nel 1929.
Del 1933 è la commedia in quattro atti “Il burattinaio metafisico”. Il primo romanzo è “Un uomo provvisorio”, pubblicato a Modena nel 1934. Il secondo, “Ragazza sola”, viene pubblicato a puntate in un periodico per insegnanti nel 1936. Superato il concorso di direttore didattico, dopo un periodo di permanenza a Tunisi (1937-38) e al Cairo (1939-40) presso le scuole italiane all’estero, torna in Italia nel maggio 1940, continuando a collaborare con i giornali. Frequenta pochi letterati, tutti antifascisti.
Porta avanti i suoi studi di filosofia, si interessa anche a Freud e alla psicanalisi, approfondisce gli studi sulla questione meridionale. Si dedica alla narrativa. I temi conduttori sono quelli della società meridionale, in particolare il mondo contadino della società molisana. “Ladro di galline”, serie di racconti maturati nel periodo passato all’estero, è del 1940.
Nel 1941 torna nel suo Molise come inviato speciale del “Giornale d’Italia” e firma una serie di corrispondenze. Un vecchio racconto abbozzato sin dal 1929, “Pietro Veleno, brigante”, è alla base del nuovo romanzo “Signora Ava”, pubblicato da Arnaldo Bocelli nella collana che dirige per l’editore romano Tumminelli. Siamo nel 1942.
Nel 1943 aderisce alla Resistenza, affiancando i militanti del Partito d’azione e del Partito comunista. Il 1945 segna il ritorno al teatro di Jovine con la commedia “Giorni che rinasceranno” (messa in scena nel 1948). Nello stesso anno Einaudi pubblica un’altra raccolta di racconti, “L’impero in provincia”. Sempre con Einaudi esce “Tutti i miei peccati” nel 1948. Nello stesso anno, Jovine diviene comunista militante, collaborando a “Rinascita”, all'”Unità”, a “Vie Nuove”. Aderisce all’Alleanza della cultura di Emilio Sereni. Causa una grave disfunzione cardiaca, Jovine muore nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1950. Il suo romanzo più importante, “Le terre del Sacramento”, esce postumo nel giugno 1950, ottenendo nello stesso anno il premio Viareggio. E’ una delle più significative espressioni del neorealismo.
Escono postumi altri racconti e commedie.
Nel 1960 Einaudi raccoglie tutti i “Racconti”, mentre nel 1967 vengono riprese in volume, a Campobasso, le cronache del “Viaggio nel Molise” apparse sul “Giornale d’Italia” nel 1941, riproposte ad Isernia nel 1976 e, ancora, a Campobasso nel 2001.
Francesco D’Episcopo ha ristampato il romanzo “Un uomo provvisorio” (Editore Marinelli, Isernia 1982); ha pubblicato le “Commedie inedite e Cronache teatrali” (Editore Longo, Ravenna 1983); ha raccolto per la prima volta in volume il romanzo “Ragazza sola” (Edizioni Enne, Campobasso 1987).

ANDREA LALLI
Il campione di corsa campestre

Andrea Lalli, mezzofondista, è nato a Firenze il 20 maggio 1987 da famiglia molisana originaria di Campochiaro (Campobasso). E’ stato campione europeo di corsa campestre nel 2012. Alto 1.69, pesa 56 chili. Fa parte del gruppo sportivo delle Fiamme Gialle dal 2007.
Trittico di titoli europei nel cross: nel 2006, sui prati di San Giorgio su Legnano, oro juniores individuale e con la squadra; nel dicembre 2008, oro under 23 agli Europei di Bruxelles, guidando il team all’argento; infine nel 2012, a Budapest, ancora oro individuale senior (bronzo a squadre), risultato mai raggiunto prima da un atleta italiano.
Nel 2009 è arrivato sesto ai Campionati europei a squadre in 14’27″60 a Leiria e ha raggiunto la finale dei 10.000 metri piani ai Campionati europei di Barcellona 2010, concludendo al settimo posto.
Alla Stramilano del 2012 si è migliorato sulla mezza maratona con 1h 01:11, mentre nella maratona ha un personale di 2h12:48 (a Torino nel 2014).
Curriculum (5000m): NC: 4 (cross: 08-09, 10km: 14, mezza mar. 15); ECh: 2010 (7/10.000m), 2014 (rit/maratona); WJC: 2006 (rit/10.000m); EJC: 2005 (6); U23 ECh: 2007 (12), 2009 (2/10.000m); MedG: 2013 (6/mezza mar.); Euroch (10.000m): 2012 (rit), 2013 (7, 1T); ECup: 2009 (6); WCCC: 2005 (53jr, 14T/U20), 2006 (30jr, 10T/U20), 2008 (70); ECCC: 2005 (12jr, 4T/U20), 2006 (1jr, 1T/U20), 2007 (4/U23, 7T/U23), 2008 (1/U23, 2T/U23), 2009 (18, 3T), 2010 (6, 4T) 2012 (1, 3T).
Il 1º novembre 2015 ha partecipato alla Maratona di New York, conseguendo l’11º posto assoluto, al primo posto tra gli atleti europei.

EDDIE LANG
La storia del jazz

Salvatore Massaro nasce il 25 ottobre 1902 a Filadelfia, ultimo di dieci figli, da genitori di Monteroduni (Isernia).
Il padre, costruttore di strumenti a corda, gli intaglia una mini chitarra da una scatola di sigari, trasmettendogli anche l’amore per la musica. Massaro apprende le prime nozioni di musica da insegnanti italiani.

La chitarra di Eddie Lang

Lo strumento preferito è la chitarra, che impara a suonare come autodidatta.
Già a 18 acquisisce il nome di Eddie Lang e comincia ad imporsi nei locali americani.
Suona nelle band dal vivo e nelle sale di incisione, con tutti i più famosi musicisti jazz e blues quali Louis Armstrong, Bix Beiderbecke, Jimmy and Tommy Dorsey, Benny Goodman, King Oliver, Bessie Smith, Jack Teagarden, Frank Trumbauer e Joe Venuti. Lonnie Johnson dice di lui: “E’ la persona più gentile con la quale abbia mai lavorato”.
Nel 1929 Eddie Lang conosce Bing Crosby e dal 1931 lavora solo per lui, che lo vuole con se anche ad Hollywood. Per il film “College Humor”, Crosby chiede che Eddie abbia una parte recitata, ma la voce di Eddie è rauca a causa, pare, di tonsilliti frequenti. Bing Crosby convince Eddie, che non vuole farsi visitare da un dottore, ad effettuare l’operazione di tonsillectomia che gli sarà fatale.
Eddie Lang il 26 marzo 1933 muore a soli 31 anni per complicazioni post-operatorie.
Crosby rimpiangerà spesso quel consiglio.

MARIO LANZA
L’erede di Caruso

Mario Lanza (Otello)

Mario Lanza (Alfred Arnold Cocuzza) nasce nel 1921 al 636 di Christian Street a Philadelphia, strada abitata principalmente da immigrati italiani. Durante l’infanzia ascolta i dischi del padre, originario di Filignano (Isernia). Irene Williams guida il ragazzo ai segreti del canto.
A 19 anni Alfred entra all’Accademy of music, dove segue corsi di pianoforte e canto dal maestro di Beniamino Gigli.
Nel 1942 vince un’importante borsa di studio per il Berkshire music center ed esordisce con successo a Hollywood e a New Orleans con “Madama Butterfly” di Puccini.
Nel 1947, durante il concerto all’Hollywood Bowl, viene notato dai dirigenti della Metro Godwing Mayer, i quali gli propongono un contratto suggerendogli di adottare un nome d’arte (userà il cognome materno). Lanza partecipa al film “Il bacio di Mezzanotte”, che ottiene un grande successo.
Altre pellicole, come “Il pescatore della Louisiana”, preparano la scena all’enorme affermazione ottenuta con “Il grande Caruso”, pellicola in cui il giovane cantante lirico si identifica totalmente nel grande tenore italiano.
Nel 1957 Lanza passa alla Warner Bros. Dopo aver girato il film “Serenade”, si trasferisce in Italia dove tiene numerosi concerti, incide dischi e visita i paesi natali dei genitori: Filignano (nel Molise) e Tocco da Casauria (Abruzzo), ricevendo dai compaesani un’accoglienza trionfale. Chiamato per l’apertura della stagione lirica alla Scala di Milano, viene stroncato da una trombosi.
E’ il 7 ottobre 1959, ha soli trentotto anni.

Film
Il bacio di mezzanotte (That Midnight Kiss), regia di Norman Taurog (1949)
Il pescatore della Louisiana (The Toast of New Orleans), regia di Norman Taurog (1950)
Il grande Caruso (The Great Caruso), regia di Richard Thorpe (1951)
Da quando sei mia (Because You’re Mine), regia di Alexander Hall (1952)
Il principe studente (The Student Prince), regia di Richard Thorpe e Curtis Bernhardt (1954) – (solo Voce)
Serenata (Serenade), regia di Anthony Mann (1956)
Arrivederci Roma, regia di Roy Rowland (1958)
Come prima (For the First Time), regia di Rudolph Maté (1959)

LUCA LAURENTI
L’altro Bonolis

Luca Laurenti è nato a Roma il 29 aprile 1963 alle ore 16 da una famiglia d’origine molisana (di Bagnoli del Trigno e di Salcito). E’ entrato nel mondo dello spettacolo attraverso l’animazione sulle navi da crociera e in locali notturni. Attualmente è residente a Milano, dove vive con la moglie Raffaella Ferrari (responsabile di uffici stampa), sposata nel 1994, con cui ha avuto un
bimbo, Andrea, nato nel 1997.
Le prime esperienze televisive al fianco di Gianni Ippoliti, prima su Gbr, con “Notti bianche” (1986), quindi su Italia 1 con “Dibattito” (1987-88) e con le parodie dei grandi sceneggiati.
E’ del 1990 l’incontro con Paolo Bonolis, , con il quale ha diviso un appartamento a Roma per un anno, inizio di una grande amicizia e di una lunga complicità professionale. Iniziano a lavorare insieme in “Urka” (1992) in onda su Italia 1, e dopo una parentesi con Gerry Scotti nel “Gioco dei nove” (1992) , e con Gaspare e Zuzzurro nel “Tg delle vacanze” (1993), torna con Bonolis in occasione di “Saturday night live” su Italia 1, della prima edizione di “Beato tra le donne”, “Fantastica italiana”, “I cervelloni” e “Miss Italia nel mondo” , su Rai 1 e “Tira e molla”, su Canale 5. I due, inseparabili, hanno firmato anche “Ciao Darwin” e “Chi ha incastrato Peter Pan?” e conducono “Striscia la notizia”.
Fa parte anche di “Buona Domenica” al fianco , tra gli altri, di Maurizio Costanzo, Paola Barale, Claudio Lippi, Massimo Lopez.
Nel 1999 compare nel cast del film “I fobici” di Gianni Scarchilli. E’ il protagonista del primo episodio intitolato “Turno di notte”, in cui interpreta un insonne che vaga tutta la notte per Roma dando informazioni sugli orari degli autobus.
Il segreto di Luca Laurenti, oltre nella naturale simpatia, è soprattutto nel timbro di voce: inconsueto, stonato, quasi sgradevole, incomprensibile nel parlare; ma caldo, potente e incredibile nel canto.
Tante le sue battute. Ricordiamo: “C’ho delle sinapsi che nun me se sinapsano”, “Se il tempo ripara tutto, perché ho ancora il tubo del lavandino che perde?”, “Anche mia nonna faceva la sarta. Ogni volta che accendeva la luce, quella sartava…”, “Se un giorno le mie caccole dovessero impazzire, non rinchiudetele in un nosocomio”.

Tv
Provini (Italia 1, 1988)
Dibattito! (Italia 1, 1988-1990)
Televiggiù (Italia 1, 1989)
Star 90 (Rete 4, 1990) concorrente
Il gioco dei 9 (Canale 5, 1990-1992)
Urka! (Italia 1, 1991)
Sei un fenomeno (Canale 5, 1991)
Il TG delle vacanze (Canale 5, 1991-1992)
Sabato Notte Live (Canale 5, 1994)
Miss Italia 1 (Italia 1, 1995)
Appuntamento al buio[5] (Italia 1, 1995-1996)
Fantastica italiana (Rai 1, 1995-1996)
Miss Italia nel Mondo (Rai 1, 1996)
I cervelloni (Rai 1, 1996)
Tira & Molla (Canale 5, 1996-1998)
Il gatto e la volpe (Canale 5, 1997)
Scherzi a parte, 1 episodio: “vittima” (Canale 5, 2001)
Buona Domenica (Canale 5, 1997-2006)
Ciao Darwin (Canale 5, 1998-2000, 2003, 2007, 2010, 2016, 2019)
Chi ha incastrato Peter Pan? (Canale 5, 1999-2000, 2009-2010, 2017)
Striscia la notizia (Canale 5, 2000-2004)
Italiani (Canale 5, 2001)
Il senso della vita (Canale 5, 2005-2008, 2011; Italia 1, 2008)
Fattore C (Canale 5, 2006)
Fantasia (Canale 5, 2008)
Festival di Sanremo (Rai 1, 2009, 2010)[6]
Avanti un altro! (Canale 5, dal 2011)
Music (Canale 5, 2017)

Doppiaggio
Stuart Little in Stuart Little – Un topolino in gamba, Stuart Little 2, Stuart Little 3 –
Un topolino nella foresta
Lenny in Shark Tale
Ray in La principessa e il ranocchio
Dwight in I Simpson
Forky in Toy Story 4

LUCIANO LEMBO
Un profumiere da palcoscenico

Luciano Lembo, cabarettista, nasce a Roma da una famiglia di Sant’Elena Sannita (Isernia), paese
molisano celebre per aver dato i natali a centinaia di profumieri della Capitale, i più ex arrotini. Una storia umana e professionale unica e meritoria.
Anche Luciano non è da meno: il padre gestisce una profumeria e lui contribuisce attivamente al successo del negozio di famiglia. Prima sulla Prenestina, quindi a corso Vittorio Emanuele, nel Centro storico.
Già da piccolo, però, è un vulcano; ogni domenica organizza uno spettacolo tra le pareti domestiche in cui invita i numerosi parenti. E l’estate, a Sant’Elena Sannita, è uno degli animatori delle serate.
A venticinque anni diviene animatore in alcuni villaggi turistici.
Le migliori esperienze le compie nell’isola di Lampedusa, dove trascorre tre estati molto formative. Sperimenta le prime imitazioni, mette a punto i primi testi, modula il rapporto con il pubblico.
A trent’anni entra a far parte della famiglia del “Gildo cabaret”, storico locale della Capitale, dove sono passati i più grandi attori dell’ultima generazione di cabarettisti.
Il debutto è significativo: sostituisce l’ormai lanciatissimo Teo Mammucari.
Nel 1995 partecipa a “Beato tra le donne” in qualità di imitatore. L’anno successivo è nel cast del varietà comico “Excalibur”condotto da Teo Mammucari. Nel 1998 è impegnato nel “Lion’s Network”condotto da Adriana Volpe, in onda su Tele Montecarlo. L’anno dopo è finalista a “La sai l’ultima?”. Partecipa, come attore, alla soap-opera “Un posto al sole”. Fa parte del gruppo “Ultracomici”, cast d’attori comici che si esibisce in vari teatri d’Italia.
Il momento di maggiore notorietà nel 2002, quando l’esilarante imitazione di Robert De Niro, suo cavallo di battaglia, tra l’altro d’origine molisana come lui, anima il programma di Raiuno “Si’ sì, è proprio lui” condotto in prima serata da Luisa Corna. Lembo, nell’occasione, manda un saluto agli amici di Sant’Elena Sannita, dedica fatta davanti a cinque milioni di telespettatori. Nella gara tra gli artisti giunge secondo.
Nel 2006, sempre in veste d’imitatore, partecipa alla trasmissione “Amore” di e con Raffaella Carrà. Il suo ‘Robert de Niro’ diventa un personaggio di spicco a “Colorado Cafè'” su Italia1 ed è più volte ospite nella “Buona Domenica” condotta da Beppe Braida. Al “Maurizio Costanzo Show” presenta il suo libro di Poesie ‘Lembo Inverso’ e nel 2009 è nel cast di “Zelig Off” nei panni di un single disperato.

Imitatore molto apprezzato (Maurizio Costanzo, Lucio Dalla tra i suoi personaggi più riusciti), presentatore, cantante, poeta, cabarettista, showman a 360 gradi, Lembo affronta palcoscenici di ogni genere, da quelli delle Feste dell’Unità alle feste patronali in Calabria, nella marchigiana Grottammare o a Santa Maria delle Mole, alle porte di Roma, fino a presentare il Derby del cuore nella Capitale o a partecipare alla “Notte sotto le stelle” di piazza Vittorio.
“Io gioco molto col pubblico – racconta – e mi diverto a prendere in giro tutto il sistema che rende mito un personaggio, agli occhi di chi magari è più debole e ha bisogno di quel mito. Io cerco di sfatare questo tipo di situazioni, perché in ognuno di noi c’è un mito e bisogna riconoscerlo. Ma non negli altri: in noi stessi”.
Lembo ha una sensibilità tutta particolare che emerge nelle sue poesie, molte scritte in dialetto romanesco (con il molisano non s’è mai cimentato). Racconta un aneddoto: “Mi è successa una cosa con un bambino romano. Mio padre ha un negozio a corso Vittorio e io a Campo de Fiori compro la frutta. Io gli ho offerto un’arancia. E la mamma: ‘Come si dice al signore?’. E lui: ‘Che, me la sbucci?’. I ragazzini romani so’ così. So’ un po’ coatti. Ecco io prendo queste scenette, che sono scenette di tutti i giorni, e le porto sul palco”.
Luciano ama ripetere una frase di una canzone di Claudio Baglioni: “Non smettere di trasmettere”. Cioè sentirsi vivi, sempre. E forse non prendersi mai troppo sul serio.
Ha partecipato a “Central Station”, canale Comedy Central di Sky, dove ha proposto i suoi monologhi. Al cinema ha recitato nel film “Baciato dalla fortuna” di Vincenzo Salemme e nella fiction tv “Il Commissario Rex”.
Tra gli spettacoli teatrali ricordiamo “Single x Sbaglio” al Teatro Parioli e gli eventi dell’estate romana nella manifestazione “All’ombra del Colosseo”.

CARLO LOFFREDO
Il padre del jazz italiano

Carlo Loffredo

Carlo Loffredo è considerato il padre dei jazzisti italiani. Molisano da parte della famiglia paterna (di Castellino del Biferno, provincia di Campobasso), napoletano da parte di madre, è figlio di un ufficiale di Marina che fu trasferito al ministero a Roma.
Già da piccolo ascolta jazz: “A sei, sette anni – ricorda – di notte mi alzavo per andare a sentire sulla mastodontica radio la stazione di Hilversum che trasmetteva jazz americano. Mai saputo
dove si trovi questo posto…”.
Ed ancora: “Risparmiavo i soldi per il tram e la merenda, li mettevo da parte per poi comprarmi i dischi”.
Loffredo inizia negli anni quaranta, dopo la guerra. “Quello era un jazz d’entusiasmo – ricorda.
Nel 1942 comincia a suonare con un quintetto universitario fascista per i feriti di guerra. Viene quindi scritturato dagli americani, e poi dagli inglesi.
Le prime orchestre americane jazz che sente sono quelle militari. Ad esempio vede Ray McKinley a Roma con un gruppo militare.
Nel 1946, a Firenze, mette su un primo complessino, andando a suonare con la compagnia inglese nei campi dei soldati italiani. Utilizza i cosiddetti “V-Disc”, ormai introvabili, cioè brani incisi per tenere su il morale delle truppe. “In quei dischi c’era di tutto, musica classica, Gershwin, il cantante Ezio Pinza, c’erano Benny Goodman e Armstrong ovviamente, Lena Horn, Ella Fitzgerald… Il bello è che tutti questi musicisti incidevano i V-Disc destinati ai militari gratuitamente”. Loffredo continua a costituire proprie band. Una con Nunzio Rotondo, trombettista oggi diventato uno dei migliori d’Europa, messa su appositamente per gli americani, con un avvocato, Walter Cianfrocca, che suona il pianoforte.
Nel 1947 un suo quintetto a Praga vince il festival del jazz. Altri importanti riconoscimenti a Mosca nel 1957 ed a Vienna nel 1959.
Fonda negli anni Cinquanta la Roman New Orleans Jazz Band, che rinnova nel 1952 e guida per una quindicina d’anni, mietendo ovunque successi e consensi.
Per la Rca registra “Petit fleur” che segna un primato di vendite per quanto riguarda dischi di jazz: 250 mila lp venduti. Negli anni cinquanta il suo nome è legato alla “Roman New Orleans Jazz Band” ed alla collaborazione artistica con musicisti internazionali, periodo d’oro che prosegue fino agli anni Settanta.
Ha scoperto e valorizzato un numero infinito di jazzisti, tra cui Vincenzo Barbato, Massimo Catalano, Carlo Ficini, Romano Mussolini, Eddie Palermo, Michele Pavese, Roberto Podio, Jimmy Polosa, Nunzio Rotondo, Gianni Sanjust, Luca Velotti. Ho suonato con tutti i più grandi jazzisti del mondo. Tra gli altri: dire: Louis Armstrong, Chet Baker, i Four Fresmen, Dizzy Gillespie, Stephan Grappelli, Bobby Hachett, Earl “father” Hines, i Mills Brother, Albert Nicholas, Oscar Peterson, Django Reinhardt, Jack Teagarden, Teddy Wilson. Allergico alle case discografiche che spesso “fanno acquistare copie in cambio dell’incisione” (Ha detto: “Tutto ciò che è disco è basato sul commercio, sugli interessi, sul profitto”) ma anche polemico con le istituzioni culturali o con gli organi d’informazione che spesso snobbano il jazz. Ad esempio ha dichiarato: “Alla Rai, una volta, c’erano programmi jazz pomeridiani, li facevo anch’io. Facevo Glenn Miller o Benny Goodman. C’era chi si sintonizzava alla radio e sapeva che a quell’ora c’era Charlie Parker. Adesso non c’è più, ci sono programmi dedicati principalmente alla musica di consumo. I programmi jazz non esistono più”.
Loffredo, in sostanza, difende il jazz tradizionale “quello da New Orleans, dagli spiritual, dai gospel, attraverso la storia di Teagarden, di J. P. Johnson”, rispetto ai suoni pianificati che vengono oggi spacciati per jazz contemporaneo, tecnologico. Tra le amicizie è sacra quella con Romano Mussolini. Loffredo ha sottolineato: “Romano lo deve a me se ha cominciato a suonare. Lo convinsi. Lui si nascondeva sotto lo pseudonimo di Robert Full, una cosa ridicola perché si vergognava del cognome. Io gli feci il primo disco: io, lui e Pepito Pignatelli, primo trio con la Rca, andò benissimo e quello lo convinse, cominciò ad entrare in battaglia”.
Riccardo Laudenzi ha detto di Carletto Loffredo: “Loffredo, in fondo, ha avuto la virtù di coltivare margherite non stelle alpine sopra un terreno fatto di cemento e di merda”.
E’ morto a Roma l’8 dicembre 2018 a 94 anni.

PIETRO LONGO
Il politico della Prima Repubblica

Pietro Longo (foto Camera IX legislatura – Attribuzione: dati.camera.it)

Pietro Longo, politico di primo piano negli anni Settanta e Ottanta, ha poi vissuto vicende travagliate.
Romano, nato il 29 ottobre 1935, ma con origini molisane di Campobasso (da parte materna, signora Rosetta Longo, storica militante socialista), studioso di fenomeni sociali (è tra i fondatori del Censis), assume la guida del Psdi, il Partito socialdemocratico, il 20 ottobre 1978.
Confermato segretario al diciottesimo congresso del partito, a Roma dal 16 al 20 febbraio 1980 e al diciannovesimo, nell’estate del 1982, è costretto alle dimissioni nel 1985 (gli succede Franco Nicolazzi), causa soprattutto lo scandalo della P2, lista cui Longo è iscritto con numero 926.
Una curiosità: in gioventù Longo è stato anche attore. Ha recitato, ad esempio, nel film “La gita” di Gabriele Palmieri del 1955 con Scilla Gabel.
Filippo Ceccarelli nel volume “Lo stomaco della Repubblica”, edito da Longanesi, ricorda il pasto ideale di Pietro Longo: “Spaghetti all’amatriciana, penne alla vodka, brasato, saltimbocca alla romana”.

LUIGI LUCIANO
In arte Herbert Ballerina

Herbert Ballerina è lo pseudonimo di Luigi Luciano, nato a Campobasso il 7 marzo 1980. E’ un attore comico, ma anche conduttore radiofonico e produttore cinematografico italiano.
I genitori gestiscono a Campobasso un negozio di casalinghi.
Dopo essersi laureato al Dams di Bologna, si è trasferito a Milano entrando a far parte della Shortcut Productions di Marcello Macchia ed Enrico Venti (in arte Maccio Capatonda e Ivo Avido), inizialmente come assistente e poi come attore e autore.
Diventa celebre per i trailer umoristici trasmessi all’interno dei programmi televisivi “Mai dire Lunedì” e “Mai dire Martedì”, soprattutto per la sua aria stralunata.
Inoltre ha partecipato come attore a vari format per la web tv di Fox Italia, Floptv.tv (Drammi Medicali 1 e 3, La villa di lato, Leggerezze, Mariottide, Piccol) e Tatami per Rai Tre. Nel 2011 ha esordito al cinema nel film di Checco Zalone “Che bella giornata”.
Dal 24 gennaio 2011 è entrato a far parte del programma radiofonico “Lo Zoo di 105” insieme ai due colleghi Marcello Macchia ed Enrico Venti.
Nel 2013 ha fatto parte del cast della serie televisiva Mario, dove interpreta principalmente il ruolo di Ginetto, ma anche il passante di professione Pino Cammino.
Dal 4 giugno 2014, sempre su Mtv, è stato protagonista di “Testa di calcio”.
Nel 2015 è nel film “Italiano medio” di Maccio Capatonda.
Nel 2016 è protagonista del film “Quel bravo ragazzo” di Enrico Lando.
Nel 2017 è il vicesindaco Marino Peluria nel film “Omicidio all’italiana” ed è nel cast di Colorado.
Dal 2018 appare nella trasmissione “Quelli che il calcio” accanto a Federico Russo nel cosiddetto Pub, un bar di Milano dal quale si collegano in diretta.

Film
Che bella giornata, regia di Gennaro Nunziante (2011)
Italiano medio, regia di Maccio Capatonda (2015)
On Air – Storia di un successo – regia di Davide Simon Mazzoli (2016)
Quel bravo ragazzo, regia di Enrico Lando (2016)
Omicidio all’italiana, regia di Maccio Capatonda (2017)
L’agenzia dei bugiardi, regia di Volfango De Biasi (2019)
Appena un minuto, regia di Francesco Mandelli (2019)

Tv
Mario – serie TV, 34 episodi (2013-2014)
Testa di calcio – Herbert in Brasile, serie TV, 6 episodi (2014)
Mai dire…
All Music Show
Tatami
Ma anche no
Lo Zoo di 105
Stop & gol
Le Iene
PrimaFestival (inviato)
Colorado (2017)
Quelli che il calcio (2018)

Web
Drammi Medicali – webserie (2009)
Leggerezze – webserie (2009)
La villa di lato – webserie (2010)
Casa Mariottide – webserie (2011)
Bob Torrent – webserie (2015)
Natale a Roccaraso, regia di Mauro Russo – mediometraggio (2018)

JOHN LYNCH
Il George Best dello schermo

John Lynch è un attore, regista e scrittore nordirlandese con madre molisana di Trivento.
Nato a Corrinshego il 26 dicembre 1961, ha frequentato il collegio St Colman’s a Newry, trasferendosi poi a Londra per studiare recitazione al Central School of Speech and Drama.
Esordio come attore nel film “Cal” del 1988, dove interpreta un terrorista dell’Ira.
Nel 1993 ancora un film sul terrorismo in Irlanda del Nord, “Nel nome del padre”, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino.
Nel 2000 è attore e sceneggiatore del film “Best” dedicato alla leggenda del calcio inglese George Best.

Film
Cal, regia di Pat O’Connor (1984)
Hardware – Metallo letale (Hardware), regia di Richard Stanley (1990)
Edoardo II, regia di Derek Jarman (1991)
L’uomo della stazione (The Railway Station Man), regia di Michael Whyte (1992)
Il giardino segreto (The Secret Garden), regia di Agnieszka Holland (1993)
Nel nome del padre (In the Name of the Father), regia di Jim Sheridan (1993)
Il segreto dell’isola di Roan (The Secret of Roan Inish), regia di John Sayles (1994)
Angel Baby, regia di Michael Rymer (1995)
Niente di personale (Nothing Personal), regia di Thaddeus O’Sullivan (1995)
La principessa degli intrighi (Princess Caraboo), regia di Michael Austin (1994)
Una scelta d’amore (Some Mother’s Son), regia di Terry George (1996)
Moll Flanders, regia di Pen Densham (1997)
Fra odio e amore (This Is the Sea), regia di Mary McGuckian (1997)
Sliding Doors, regia di Peter Howitt (1998)
The Quarry – La cava ((The Quarry), regia di Marion Hänsel (1998)
Best, regia di Mary McGuckian (2002)
Evelyn, regia di Bruce Beresford (2002)
Cacciatore di alieni (Alien Hunter), regia di Ron Krauss (2003)
Isolation – La fattoria del terrore (2005)
Lassie, regia di Charles Sturridge (2005)
Holy Water, regia di Tom Reeve (2009)
Five Day Shelter, regia di Ger Leonard (2010)
Möbius, regia di Éric Rochant (2013)
Detour – Fuori controllo (Detour), regia di Christopher Smith (2016)
Terre selvagge (Pilgrimage), regia di Brendan Muldowney (2017)

NELLO MALIZIA
Il portiere del Perugia dei miracoli

Nello Malizia, portiere di calcio negli anni Settanta e Ottanta, è nato a Montenero di Bisaccia (Campobasso) il 30 luglio 1950.
Sin da piccolo ha vissuto con la famiglia a Potenza Picena, in provincia di Macerata. Qui da ragazzo ha lavorato a lungo come carrozziere, maturando anche una passione per i motori. E in questa provincia è cresciuto calcisticamente, finendo nella Maceratese tra la serie C e la D.
Nell’ottobre del 1974 è approdato in serie B con il Perugia, quale riserva di Roberto Marconcini. Con la squadra umbra è approdato in serie A, collezionando 10 presenze.
Nel 1977-1978 è diventato portiere titolare.
Nella stagione 1978-1979 è stato uno dei protagonisti del cosiddetto “Perugia dei miracoli”, la prima formazione nella storia del calcio italiano a chiudere il campionato imbattuta, al secondo posto in classifica dietro il Milan di Liedholm. Una serie positiva che si prolungherà nell’annata successiva: trentasette partite di fila senza perdere.
Ha recentemente raccontato a Bergamosportnews: «Erano gli anni delle crisi petrolifere, nemmeno le big avevano tanti soldi da spendere. Il calcio, fatalmente, era livellato verso il basso: non a caso il Verona riuscì a vincere lo scudetto cinque anni dopo la nostra impresa. A Perugia la squadra la faceva il direttore sportivo Silvano Ramaccioni, uno che capiva i calciatori come nessuno, poi team manager del Milan sacchiano, insieme al presidente Franco D’Attoma e all’allenatore Ilario Castagner».
Malizia è rimasto in Umbria anche dopo la retrocessione della squadra in serie B nel 1981.
Nella stagione 1982-1983 è finito al Cagliari, in serie A. Quindi al Padova e per quattro stagioni all’Atalanta, vice di Ottorino Piotti prima con Nedo Sonetti allenatore e poi con Emiliano Mondonico.
Dal 1992 al 2009 è stato preparatore dei portieri dell’Atalanta, rimanendo a vivere in provincia di Bergamo.
Nella stagione 2016/17 è entrato nello staff tecnico di Armando Madonna alla Virtus Bergamo, riconfermato anche per la stagione successiva.

NERI MARCORE’
Il Re degli imitatori

Neri Marcorè nasce a Porto Sant’Elpidio (Ascoli Piceno) il 31 luglio 1966 da madre molisana di Montenero di Bisaccia (Campobasso), il paese di Antonio Di Pietro. E’ un noto attore, conduttore televisivo, doppiatore e soprattutto tra i più bravi imitatori italiani. E’ alto 1,88 metri.
Timido ma già portato verso il mondo dello spettacolo sin da giovanissimo, quando dà vita a irresistibili monologhi e ad efficaci imitazioni (a scuola e in caserma, quando fa perfettamente il verso al comandante presso i granatieri di Sardegna a Orvieto), conseguito il diploma di interprete parlamentare in inglese e tedesco presso la Scuola superiore per interpreti e traduttori “Carlo Bo” di Bologna, si avvia alla carriera artistica attraverso diverse partecipazioni a trasmissioni per debuttanti.
Così nel 1988 è alla “Corrida” con Corrado, poi a “Stasera mi butto”, varietà condotto da Gigi Sabani, quindi a “Ricomincio da due”, condotto da Raffaella Carrà. A “Producer”, gioco del cinema con Serena Dandini e Claudio Masenza, offre la voce al genio del quiz.
Dal 1993 lavora intensamente come doppiatore e inizia la sua carriera teatrale con “La finta malata di musica” di Carlo Goldoni.
Nel 1997 la consacrazione: sempre al fianco di Serena Dandini, con Corrado Sabina Guzzanti, partecipa a “Pippo Chennedy Show”, cui fa seguito, nel 2001, “L’Ottavo Nano”. Collabora anche con la Gialappa’s band in “Mai dire gol”, con una magistrale imitazione di Sandro Piccinini. Dall’ottobre 2001 conduce su Rai Tre “Per un pugno di libri”, noto telequiz della domenica tra classi scolastiche su libri e scrittori.
Sempre con la Dandini lavora come imitatore nel programma “Parla con me”, dove dà vita a numerose parodie di noti personaggi.
Nella stagione 2006-2007 conduce la trasmissione radiofonica satirica “Siamo se stessi”, in onda su RadioDue dal lunedì al venerdì nella fascia oraria 10-11,30.
Nel 2007 si candida alle primarie del Partito Democratico con una lista a sostegno di Walter Veltroni nel collegio marchigiano di Fermo.
Il 22 gennaio 2008 debutta al teatro Ambra Jovinelli di Roma con lo spettacolo “Un certo signor G.”, omaggio a Giorgio Gaber, di cui interpreta le canzoni ed i monologhi.
Il 16 aprile 2009 presenta nella Sala della lupa a Montecitorio il documentario “La rinascita del parlamento. Dalla Liberazione alla Costituzione” prodotto dalla Fondazione della Camera dei deputati, in cui racconta la nascita della Costituzione italiana con la regia di Antonio Farisi e la sceneggiatura di Alessandro Rossi.
È direttore artistico del Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio.
Ricca la filmografia. La prima partecipazione è in “Ladri di cinema” del 1994, film di Piero Natoli con Valerio Mastandrea. Poi “Cosa c’entra con l’amore” (1997) di Marco Speroni con Stefania Orsola Garello, Giovanni Guidelli, Alessandro Zamattio. Tre film nel 1998: “Viol@” di Donatella Maiorca con Stefania Rocca, “Due volte nella vita” di Emanuela Giordano e la mini-serie tv “Cronaca nera”, regia di Ugo Fabrizio Giordani, con Sebastiano Somma.
Nel 2001 ancora un film per la tv: “La sfida”, insieme alla pellicola per il grande schermo “Ravanello pallido” di Gianni Costantino con Luciana Littizzetto. Tre partecipazioni cinematografiche nel 2002: “Bimba – È clonata una stella” diretto da Sabina Guzzanti, con Francesco Paolantoni e Adriana Asti, “Quasi quasi” di Gianluca Fumagalli, con Marina Massironi e Fabio De Luigi, “Un Aldo qualunque”, film di Dario Migliardi con Fabio De Luigi.
A seguire: “Il cuore altrove” (2003) di Pupi Avati con Giancarlo Giannini, Sandra Milo, Vanessa Incontrada; “Se devo essere sincera” (2004) di Davide Ferrario con Luciana Littizzetto; “La seconda notte di nozze” (2005) di Pupi Avati con Antonio Albanese, Katia Ricciarelli, Angela Luce; “L’estate del mio primo bacio” (2006) di Carlo Virzì con Laura Morante, Andrea Renzi; “Baciami piccina” (2006) di Roberto Cimpanelli con Vincenzo Salemme, Elena Russo, Marco Messeri.
Del 2006 anche due mini-serie di successo per la tv: “E poi c’è Filippo”, diretta da Maurizio Ponzi e “Papa Luciani, il sorriso di Dio”, di Giorgio Capitani, con Franco Interlenghi e Gabriele Ferzetti.
Del 2007 è “Lezioni di cioccolato” di Claudio Cupellini con Violante Placido. Del 2008 una nuova mini-serie tv che ottiene molti riconoscimenti: “Tutti pazzi per amore”con Emilio Solfrizzi e Stefania Rocca.
Tre film nel 2009: “L’amore è un gioco” diretto da Andrea Rovetta, “Gli amici del bar Margherita” di Pupi Avati con Diego Abatantuono, Laura Chiatti, Luigi Lo Cascio, Fabio De Luigi e “I mostri oggi” di Enrico Oldoini con Diego Abatantuono, Sabrina Ferilli, Giorgio Panariello, Claudio Bisio.
Straordinarie le imitazioni-parodie dei personaggi noti, un elenco ormai lunghissimo.
Ricordiamo, tra le tante, quella di Maurizio Gasparri dal forte accento romanesco e decisamente “rintronato”, del cantante Luciano Ligabue (il quale, a detta dello stesso Marcorè, se la sarebbe presa), di Alberto Angela, raffigurato come un divulgatore ossessivo e convinto di essere in luoghi suggestivi mentre è in posti abituali (come una stazione della metropolitana, un luna park, un supermercato, studi televisivi), un nevrotico e snob Gad Lerner che mangia semi di girasole, una puritana Paola Binetti che confessa i membri del Pd, Piero Fassino con l’intercalare “santa polenta”, il super americanizzato Gianni Riotta, l’impeccabile Sandro Piccinini, che annuncia scoop e collegamenti improbabili e Bruno Pizzul come Hannibal Lecter in camicia di forza che mangia calciatori. Ed ancora: Edoardo Bennato, Daniele Capezzone, Pierferdinando Casini, Alessandro Del Piero, Antonio Di Pietro, Ivano Fossati, Flavio Insinna, Lorenzo Jovanotti, Clemente Mastella, Amedeo Minghi, Luciano Moggi, Raffaele Morelli, Vladimir Putin, Nicolas Sarkozy, Renato Schifani, il conte Swarovski, Gianluca Vialli, José Luis Rodríguez Zapatero, Dino Zoff.

Film
Ladri di cinema, regia di Piero Natoli (1994)
Cosa c’entra con l’amore, regia di Marco Speroni (1997)
Due volte nella vita, regia di Emanuela Giordano (1998)
Viol@, regia di Donatella Maiorca (1998)
Ravanello pallido, regia di Gianni Costantino (2001)
Quasi quasi, regia di Gianluca Fumagalli (2002)
Un Aldo qualunque, regia di Dario Migliardi (2002)
Bimba – È clonata una stella, regia di Sabina Guzzanti (2002)
Il cuore altrove, regia di Pupi Avati (2003)
Se devo essere sincera, regia di Davide Ferrario (2004)
La seconda notte di nozze, regia di Pupi Avati (2005)
L’estate del mio primo bacio, regia di Carlo Virzì (2006)
Baciami piccina, regia di Roberto Cimpanelli (2006)
Lezioni di cioccolato, regia di Claudio Cupellini (2007)
I mostri oggi, regia di Enrico Oldoini (2009)
Gli amici del bar Margherita, regia di Pupi Avati (2009)
La scomparsa di Patò, regia di Rocco Mortelliti (2010)
The Tourist, regia di Florian Henckel von Donnersmarck (2010)
…Non ci posso credere (Tous les soleils), regia di Philippe Claudel (2011)
Una donna per la vita, regia di Maurizio Casagrande (2011)
Lo specchio di Calvino (Dans la peau d’Italo Calvino), regia di Damian Pettigrew (2012)
Asterix & Obelix al servizio di Sua Maestà (Astérix et Obélix : Au service de Sa Majesté), regia di Laurent Tirard (2012)
Mi rifaccio vivo, regia di Sergio Rubini (2013)
Smetto quando voglio, regia di Sydney Sibilia (2014)
Sei mai stata sulla Luna?, regia di Paolo Genovese (2015)
Leoni, regia di Pietro Parolin (2015)
Latin lover, regia di Cristina Comencini (2015)
Smetto quando voglio – Ad honorem, regia di Sydney Sibilia (2017)
Due uomini, quattro donne e una mucca depressa (Como estrellas fugaces), regia di Anna Di Francisca (2017)

Fiction e film tv
Cronaca nera (1998)
Un medico in famiglia 2 (2000)
Il gruppo – regia di Anna Di Francisca (2001)
E poi c’è Filippo, regia di Maurizio Ponzi – miniserie TV (2006)
Papa Luciani – Il sorriso di Dio, regia di Giorgio Capitani – miniserie TV (2006)
Tutti pazzi per amore, regia di Riccardo Milani – serie TV (2008- 2010)
Eroi per caso, regia di Alberto Sironi – miniserie TV (2011)
Fuoriclasse, regia di Riccardo Donna – serie TV (2011, 2014-2015)
Questo nostro amore, regia di Luca Ribuoli – serie TV (2012-in corso)
Amore oggi, regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi – film TV (2014)
Una Ferrari per due, regia di Fabrizio Costa – film TV (2014) – ciclo “Purché finisca bene”
Una villa per due, regia di Fabrizio Costa – film TV (2014) – ciclo “Purché finisca bene”
Le nozze di Laura, regia di Pupi Avati – film TV (2015)
Baciato dal sole, regia di Antonello Grimaldi – serie TV, episodio 1×02 (2016)
I Medici – serie TV, (2019)

Programmi Tv
La Corrida (Canale 5, 1988) concorrente vincitore
Stasera mi butto (Rai 2, 1990) concorrente
Ricomincio da due (Rai 2, 1990-1991)
TG X (Rai 2, 1991)
Ciao Weekend (Rai 2, 1991-1992)
Producer – Il grande gioco del cinema (Rai 3, 1995)
Pippo Chennedy Show (Rai 2, 1997)
Ciro, il figlio di Target (Italia 1, 1999, 2004)
Convenscion (Rai 2, 1999-2001)
Premio italiano della musica (Italia 1, 2000)
L’ottavo nano (Rai 2, 2001)
Per un pugno di libri (Rai 3, 2001-2011)
Mmmh! (Rai 2, 2002)
Mai dire Domenica (Italia 1, 2002-2004)
Raiot – Armi di distrazione di massa (Rai 3, 2003)
Parla con me (Rai 3, 2004-2011)
Concerto del Primo Maggio (Rai 3, 2011)
NeriPoppins (Rai 3, 2013)
Celebration (Rai 1, 2017)

GINO MAROTTA
Pittore e scultore senza confini

Gino Marotta è stato uno dei più grandi artisti del Novecento.
Nato a Campobasso il 20 giugno 1935, è morto il 16 novembre 2012 all’età di 76 anni a Roma, città dov’era residente da tempo e dove il 6 ottobre 2012, poco prima della scomparsa, aveva inaugurato la sua ultima mostra dal titolo “Relazioni pericolose” presso la Galleria nazionale d’arte moderna.
E’ stato scultore e pittore di successo.
Le sue opere hanno fatto il giro del mondo attraverso eventi sempre di grande rigore e spessore.
Il suo biglietto da visita: è stato l’unico artista italiano contemporaneo ad esporre al Louvre.
La sua prima mostra personale è datata 1957, alla galleria Montenapoleone di Milano. Subito dopo è presente, insieme a pittori come Balthus, Burri, Capogrossi, Fontana, Léger e Licini in mostre di grande rilievo internazionale come “Pittori d’oggi Francia-Italia” a Torino, “Modern Italiensk Maleri” a Copenaghen ed in numerose altre rassegne internazionali che documentavano la pittura italiana contemporanea nei musei e nelle gallerie di arte moderna nel mondo. Sono gli anni dei famosi “Bandoni” e i “Piombi”, quadri realizzati in officina con la fiamma ossidrica.
Anche Marotta ha ideato nuove soluzioni tecniche, applicate in seguito dalle stesse
industrie, per realizzare opere di grandi dimensioni come il “Bosco NaturaleArtificiale” del 1967, l'”Eden Artificiale” e, qualche anno più tardi, la “MisuraNaturale Cava”.
Nel 1967 è presente, con una sala personale, alla IX Biennale di San Paolo del Brasile.
Nello stesso anno realizza “Lo Spazio dell’Immagine” a Foligno.
Nel 1969 partecipa all’esposizione “4 Artistes Italiens plus que Nature”, Palais du Louvre, Musée des Arts Décoratifs a Parigi, con Ceroli, Kounellis e Pascali.
Nel 1970 è la volta di “Amore Mio” a Montepulciano e collabora alla grande mostra “Vitalità del Negativo” al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Nel 1971 è presente alla Kunststoffe di Dusseldorf proprio con il suo celebre “Bosco Naturale-Artificiale”, una struttura abitabile in metacrilato trasparente stampato sotto vuoto.
Nel 1972, sempre con una sala personale, è presente alla X Quadriennale d’Arte di Roma, Palazzo delle Esposizioni, mentre l’anno seguente partecipa all’esposizione dell'”Eden Artificiale” nei Giardini della XV Triennale di Milano. Nello stesso anno si registra la partecipazione alla XII Biennale Middelheim di Anversa e cura una mostra personale alla Rotonda della Besana di Milano.
Nel 1984 ancora una sala personale alla XLI Biennale Internazionale d’arte di Venezia (1984) e due anni dopo la sala personale alla XI Quadriennale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma (1986).
In occasione di Siviglia ’92, grande esposizione internazionale, presenta “Grande Sinopia Italiana”.
A seguire partecipa all’Expo 2000 di Hannover, quindi alla mostra antologica “Metacrilati” al Complesso del Vittoriano di Roma (2001). Nello stesso anno presenta il grande “Albero della vita” nella mostra “Artisti italiani del XX secolo alla Farnesina”, l’anno seguente il “Grande Alone” (scultura in acciaio inox alta otto metri) per la XVI Edizione Scultori a Brufa nel comune di Forgiano.
Nel 2008 è presso la galleria “La Nuvola” di Roma, in via Margutta, con “Trasparente”.
Via via fino, appunto, a “Relazioni pericolose” presso la Galleria nazionale d’arte moderna in questo 2012.
Le sue opere di pittura e scultura sono conservate in prestigiosi musei, istituti bancari e collezioni private in Italia e all’estero.
“Sono convinto che il clima culturale di Roma dopo gli anni Sessanta sarebbe stato molto più squallido senza le grandi invenzioni tematiche di Gino Marotta – sottolinea Pierre Restany.
Del suo lavoro e del suo pensiero artistico si sono occupati i più importanti critici d’arte: Umbro Apollonio, Giulio Carlo Argan, Paola Ballesi, Guido Ballo, Renato Barilli, Carmine Benincasa, Marziano Bernardi, Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Luigi Carluccio, Floriano De Santi, Gillo Dorfles, John Hart, Gian Piero Jacobelli, Udo Kultermann, Giuseppe Marchiori, Lara Vinca Masina, Filiberto Menna, Paolo Portoghesi, Pierre Restany, Franco Russoli, Vittorio Sgarbi, Leonardo Sinisgalli, Giorgio Soavi, Carmelo Strano, Tommaso Trini, Marco Valsecchi, Lionello Venturi, Emilio Villa, Maurizio Vitta, Cesare Vivaldi…
Ancora personali: al J.F. Kennedy Airport di New York (2003), alla Galleria PICI di Seoul, in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura in Seoul (2004) e all’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi (2004), fino alla partecipazione alla mostra “Da Balla alla Transavanguardia. Cento anni di arte italiana alla Farnesina” , MiArt 2004, Milano.
Si è occupato anche di cinema e di teatro, portando il suo contributo di ricercatore innovativo. Ha collaborato a grandi produzioni come la “Bibbia” di John Huston; ha esordito in teatro nel 1959, come scenografo, nel Misantropo di Luigi Squarzina, messo in scena al teatro Olimpico di Vicenza, con i costumi di Corrado Cagli. Il cinema e il teatro d’avanguardia lo hanno visto impegnato in numerose imprese, di importanza storica, come il film “Salomè” e la scenografia teatrale di “Nostra Signora dei Turchi” di Carmelo Bene, le scene di “Finale di partita” di Samuel Beckett e, oltre un decennio più tardi, le scene e i costumi di “Hommelette for Hamlet”, che gli fanno meritare nel 1988 il premio UBU per la migliore scenografia.
Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Roma, membro dell’Accademia Medicea delle Arti del Disegno di Firenze e dell’Accademia Nazionale di San Luca di Roma.
Ha diretto l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila.
Ha pubblicato un libro di saggi brevi dal titolo “Rosso di Cinabro”.
Gino Marotta è stato per oltre 20 anni cittadino onorario di Pievebovigliana (Macerata) e viveva per gran parte dell’anno (circa otto mesi) nella sua casa-laboratorio nella frazione di Isola.
Nell’agosto 2012 Marotta ha donato a Pievebovigliana una bellissima e pregiatissima scultura in occasione del 35° anniversario dell’istituzione dell’Avis comunale.
Evidenziano i giornali locali come amasse ricordare spesso di essere “marchigiano onorario” e non perdesse occasione di dirlo e di scriverlo. In un suo piccolo libro,
Marotta dedica un capitolo, scrivendo fra l’altro: “Pievebovigliana è una zona dove la natura sembra creata da un artista, paese adagiato fra le colline marchigiane al confine con l’Umbria, dove il terreno, scandito dai proclivi dolcissimi dei Monti Sibillini, si stempera in campiture deliziose e raffinate. Questa terra sembra dipinta da un pittore del rinascimento”.
In un’intervista concessa ad Alberto Sensini per la rivista “Prima Pagina”, Marotta confessava: “Cominciamo col dire che sono molto orgoglioso di avere nella recinzione della mia casa un cartello che indica che siamo nel parco dei Sibillini. Sul cancello ho fatto fare una quercia che è molto presente nel mio lavoro. Per me questo luogo è una specie di miniera. Ci vivo bene. Vorrei starci più di quanto in realtà mi posso permettere. Qui tutto ha una qualità estetica altissima… lo dico senza enfasi amo molto il garbo, l’asciuttezza e la discrezione proprie della Marche”.
Non a caso la camera ardente è stata allestita nella sala consiliare del Comune di Pievebovigliana e la salma tumulata nel piccolo cimitero di Fiano di Pievebovigliana.
“E’ scomparso un uomo speciale – ha dichiarato Sandro Luciani, sindaco di Pievebovigliana – che univa alle riconosciute doti di artista una umanità profonda e riservata ed un amore sincero per questa che è stata la sua terra di adozione. Una perdita molto grave per il nostro territorio”.

DEAN MARTIN
La voce di “That’s amore”

Dean Martin

Dean Martin, pseudonimo di Dino Paul Crocetti (Martin deriva da Martino, cognome della madre molisana), nasce a Steubenville, nello stato dell’Ohio, il 7 giugno 1917.
Abbandonata la scuola a sedici anni, compie diversi lavori, compreso il pugile e il benzinaio, fino a quando, con il nome d’arte di Dean Martin, s’impone come cantante a New York.
E’ il 25 luglio 1946 quando Dean Martin si esibisce per la prima volta in coppia con Jerry Lewis al “Club 500” di Atlantic City. I due artisti danno vita ad un duo comico di successo, che dura per un decennio esatto, realizzando anche quindici film di successo, da “La mia amica Irma” di George Marshall (1949) a “Hollywood o
morte!” (1956), passando per “Irma va a Hollywood”, “Il sergente di legno”, “Quel fenomeno di mio figlio” e “Attente ai marinai”, tutti di Hal Walker, tra il 1950 e il 1951, quindi “Il caporale Sam”, “Il cantante matto”, “Occhio alla palla”, “Più vivo che morto”, “Il nipote picchiatello” e “Mezzogiorno di fifa”, tutti di Norman Taurog, tra il 1952 e il 1955. Ancora: “Morti di paura” e “I figli del secolo” di George Marshall (1953-54), “Il circo a tre piste” di Joseph Pevney (1954), “Artisti e modelle” e “Hollywood o morte!” di Frank Tashlin (1955-56).
La coppia è legata anche a programmi televisivi, come il varietà di successo “The Colgate Comedy Hour” (1950), di cui diventano anche conduttori. Il sodalizio artistico s’interrompe il 24 luglio 1956.
La carriera di Martin, nonostante la rottura della coppia, continua a mietere successi.
Del 1958 è il celebre “I giovani leoni” di Edward Dmytrik, con Marlon Brando; “Un dollaro d’onore” di Howard Hawks, con John Wayne, è del 1959 (interpreta con bravura il ruolo dello sceriffo alcolizzato Dude).
Dello stesso anno è “Qualcuno verrà”, di Vincent Minnelli, regista con cui gira anche “Susanna agenzia squillo”.
Ancora: “Il prezzo del successo” di Joseph Anthony (1959); “Chi era quella signora?” di George Sidney (1959); “Una notte movimentata” di Joseph Anthony (1961); “Ada Dallas” di Daniel Mann (1961); “Tre contro tutti” di John Sturges (1962); “I quattro del Texas” di Robert Aldrich (1963); “Le cinque mogli dello scapolo” di Daniel Mann (1963); “La porta dei sogni” di George Roy Hill (1963); “Come ingannare mio marito” di Daniel Mann (1963); “Canzoni nel mondo” di Vittorio Sala (1963); il celebre “Baciami stupido” di Billy Wilder (1964); “La signora e i suoi mariti” di J.Lee-Thompson (1964); “I quattro di Chicago” di Gordon Douglas (1964); “I quattro figli di Katie Elder” di Henry Hathaway (1965); “Patto a tre” di Jack Donohue (1965); “Matt Helm il silenziatore” di Phil Karlson (1966); “Texas oltre il fiume” di Michael Gordon (1966); “Matt Helm non perdona” di Henry Levine (1966), una delle quattro pellicole dove interpreta la parte dell’agente segreto Matt Helm; “L’imboscata” di Henry Levine (1967); “Due stelle nella polvere” di Arnold Laven (1967); “Poker di sangue” di Henry Hathaway (1968); “Bandolero” di Andrew V. McLaglen (1968); “Missione compiuta stop, bacioni, Matt Helm” di Phil Karlson (1968); “Airport” di George Seaton (1969); “Le tre morti del sergente Caine” di Percival Rubens (1969); “Ti combino qualcosa di grosso” di Andrew V.McLaglen (1971); “A viso aperto” di George Seaton (1973); “La corsa più pazza d’America” di Hal Needham (1981); “Congiure parallele” (1987).
Dal 1965 al 1974 ha condotto sull’emittente televisiva NBC un proprio show televisivo settimanale, “The Dean Martin Show”.
Ma il nome di Dean Martin è legato anche e soprattutto al mondo della canzone. E’ del 1954 “That’s amore”, una delle sue canzoni più amate, scritta dall’amico e collega italo-americano Harry Warren. Il brano è una dichiarazione d’amore per l’Italia, sua terra d’origine, divenendo una sorta di bandiera per le citazioni della pizza e della tarantella. Dean Martin ha inciso numerosi brani in italiano, da ” Innamorata” a “In Napoli”, da “Simpatico” fino alla stessa “Nel blu dipinto di blu”. Il sodalizio con Frank Sinatra ha suggellato questo legame con il Belpaese: negli anni sessanta i due hanno fatto parte del Rat Pack, gruppo di attori e cantanti capitanato proprio da “The Voice”.
Dean Martin si è sposato tre volte ed ha avuto otto figli, di cui uno adottato. Una tragedia familiare lo ha colpito nel 1987, quando il figlio Dean Paul, allora trentacinquenne, morì in un incidente aereo. Il grave lutto fu un duro colpo per la sua già debole salute.
Dopo anni di triste declino fisico e mentale, Dean Martin morì per enfisema il giorno di Natale del 1995; poche settimane prima Frank Sinatra non l’aveva invitato alla festa per i suoi 80 anni, volendo evitare di vedere il fraterno amico ridotto a un vegetale. Fu sepolto nel cimitero di Westwood in California. L’epitaffio sulla sua tomba è Everybody Loves Somebody Sometime (Tutti s’innamorano di qualcuno qualche volta), il titolo della sua canzone più famosa.

Film
La mia amica Irma (My Friend Irma), regia di George Marshall (1949)
Irma va a Hollywood (My Friend Irma Goes West), regia di Hal Walker (1950)
Il sergente di legno (At War with the Army), regia di Hal Walker (1950)
Quel fenomeno di mio figlio (That’s My Boy), regia di Hal Walker (1951)
Attente ai marinai! (Sailor Beware), regia di Hal Walker (1952)
Il caporale Sam (Jumping Jacks), regia di Norman Taurog (1952)
La principessa di Bali (Road to Bali), regia di Hal Walker (1952)
Il cantante matto (The Stooge), regia di Norman Taurog (1952)
Morti di paura (Scared Stiff), regia di George Marshall (1953)
Occhio alla palla (The Caddy), regia di Norman Taurog (1953)
I figli del secolo (Money from Home), regia di George Marshall (1953)
Più vivo che morto (Living It Up), regia di Norman Taurog (1954)
Il circo a tre piste (3 Ring Circus), regia di Joseph Pevney (1954)
Il nipote picchiatello (You’re Never Too Young), regia di Norman Taurog (1955)
Artisti e modelle (Artists and Models), regia di Frank Tashlin (1955)
Mezzogiorno di… fifa (Pardners), regia di Norman Taurog (1956)
Hollywood o morte! (Hollywood or Bust), regia di Frank Tashlin (1956)
10.000 camere da letto (Ten Thousands Bedrooms), regia di Richard Thorpe (1957)
I giovani leoni (The Young Lions), regia di Edward Dmytryk (1958)
Qualcuno verrà (Some Came Running), regia di Vincente Minnelli (1958)
Un dollaro d’onore (Rio Bravo), regia di Howard Hawks (1959)
Il prezzo del successo (Career), regia di Joseph Anthony (1959)
Chi era quella signora? (Who Was That Lady?), regia di George Sidney (1960)
Susanna agenzia squillo (Bells Are Ringing), regia di Vincente Minnelli (1960)
Colpo grosso (Ocean’s Eleven), regia di Lewis Milestone (1960)
Una notte movimentata (All in a Night’s Work), regia di Joseph Anthony (1961)
Ada Dallas (Ada), regia di Daniel Mann (1961)
Something’s Got to Give, regia di George Cukor (1962) (incompiuto)
Tre contro tutti (Sergeants Three), regia di John Sturges (1962)
Astronauti per forza (The Road to Hong Kong), regia di Norman Panama (1962)
Come ingannare mio marito (Who’s Got the Action?), regia di Daniel Mann (1962)
Alle donne ci penso io (Come Blow Your Horn), regia di Bud Yorkin (1963)
La porta dei sogni (Toys in the Attic), regia di George Roy Hill (1963)
I 4 del Texas (4 for Texas), regia di Robert Aldrich (1963)
Le cinque mogli dello scapolo (Who’s Been Sleeping in My Bed?), regia di Daniel Mann (1963)
Canzoni nel mondo, regia di Vittorio Sala (1963)
La signora e i suoi mariti (What a Way to Go!), regia di J. Lee Thompson (1964)
I 4 di Chicago (Robin and the 7 Hoods), regia di Gordon Douglas (1964)
Baciami, stupido (Kiss Me, Stupid), regia di Billy Wilder (1964)
I 4 figli di Katie Elder (The Sons of Katie Elder), regia di Henry Hathaway (1965)
Patto a tre (Marriage on the Rocks), regia di Jack Donohue (1965)
Matt Helm il silenziatore (The Silencers), regia di Phil Karlson (1966)
Texas oltre il fiume (Texas Across the River), regia di Michael Gordon (1966)
Matt Helm… non perdona! (Murderers’ Row), regia di Henry Levin (1966)
Due stelle nella polvere (Rough Night in Jericho), regia di Arnold Laven (1967)
L’imboscata (The Ambushers), regia di Henry Levin (1967)
Come salvare un matrimonio e rovinare la propria vita (How to Save a Marriage and Ruin Your Life), regia di Fielder Cook (1968)
Bandolero!, regia di Andrew V. McLaglen (1968)
Poker di sangue (5 Card Stud), regia di Henry Hathaway (1968)
Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm (The Wrecking Crew), regia di Phil Karlson (1969)
Airport, regia di George Seaton (1970)
Ti combino qualcosa di grosso (Something Big), regia di Andrew V.McLaglen (1971)
A viso aperto (Showdown), regia di George Seaton (1973)
Colpisci ancora Joe (Mr. Ricco), regia di Paul Bogart (1975)
Angeli a Las Vegas (Terza stagione serie televisiva Charlie’s Angels) (1978)
La corsa più pazza d’America (The Cannonball Run), regia di Hal Needham (1981)
La corsa più pazza d’America n. 2 (Cannonball Run II), regia di Hal Needham (1984)
Mezzo Pollice (Half Nelson) – serie TV, 6 episodi (1985)

STEVE MARTINO
Il regista dell’Era glaciale

Steven Michael Martino, regista statunitense d’origine molisana, è nato nel 1959 a Dayton, in Ohio. Il nonno Nicola emigrò negli Stati Uniti da Toro, in provincia di Campobasso, paese che ha dato le origini anche al noto cantante brasiliano Toquinho.
Il padre Armand Martino, insegnante d’arte, gli ha trasmesso la passione per il disegno, disciplina che ha incarnato un ruolo fondamentale nella sua formazione.
Nonostante sognasse di diventare golfista o calciatore, ha scelto gli studi di design presso la Ohio State University. Conseguita la laurea in Visual communication design, si è subito interessato all’animazione, specializzandosi in computer animation, materia ancora poco conosciuta negli anni Ottanta.
Grazie a tale formazione, ha cominciato a lavorare a Los Angeles nel mondo della produzione video, in particolare agli effetti di animazione in spot e programmi televisivi, ma anche nel mondo dei videogames.
E’ del 2005 il suo ingresso nel mondo del cinema, quando Steve Martino ha collaborato come art director al film “Robots”. Quindi ha firmato “Ortone e il mondo dei Chi”, “L’era glaciale 4 – Continenti alla deriva” e “Snoopy & friends: il film dei Peanuts”, uscito a novembre 2015 in Italia.
Martino, in Italia per promuovere i suoi film, non ha voluto mancare all’appuntamento con le origini: con moglie e due figlie s’è recato in Molise dove, oltre ad incontrare parenti e amministratori a Toro, ha visitato i luoghi più suggestivi della regione, ad iniziare dall’area archeologica di San Vincenzo al Volturno, in provincia di Isernia.

Film
Art director
Robots (2005)
Regista
Ortone e il mondo dei Chi (2008)
L’era glaciale 4 – Continenti alla deriva (2012)
Snoopy & Friends – Il film dei Peanuts (2015)

ALDO MASCIOTTA
Il campione olimpionico di scherma

Aldo Masciotta, schermidore italiano, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Berlino 1936. era nato a Casacalenda (Campobasso) il 14 agosto 1909. Si era laureato a pieni voti in medicina a Napoli, specialista in ostetricia e ginecologia e docente universitario.
Dopo le scuole elementari, ha frequentato il liceo presso il Collegio Militare di Roma, dove appunto è nata la passione per la scherma.
Si è trasferito quindi definitivamente a Torino, dove ha acquisito le specializzazioni.
Dal 1934 al 1948 è stato per 64 volte componente della squadra nazionale italiana. Ha preso parte a cinque campionati europei, vincendo un titolo continentale nella sciabola.
Altri piazzamenti: secondo posto nella gara a squadre, quarto e sesto individuali.
Ha vinto il concorso individuale ai campionati mondiali universitari di Torino del 1934, il torneo internazionale di Roma del 1935, l’argento a squadre alle Olimpiadi di Berlino del 1936, la medaglia d’oro a squadre e l’argento individuale ai campionati mondiali a Piestiany del 1938, nonché il torneo internazionale di Innsbruck sempre nel 1938.
Ufficiale medico sul fronte italo-francese durante il secondo conflitto mondiale, è stato decorato con la medaglia di bronzo al valor militare.
Dopo la guerra, nel 1946, ha vinto il titolo italiano individuale.
Abbandonato l’agonismo, dal 1957 al 1968 ha retto la presidenza del Club di Scherma di Torino.
E’ stato anche un ottimo medico, esperto della tecnica della colposcopia.
E’ morto nel 1996, a 87 anni, a Torino, ma è stato sepolto nel paese natale, a Casacalenda, provincia di Campobasso.

CITTO MASELLI
L’intellettuale prestato al cinema

Francesco “Citto” Maselli, uno dei maggiori registi italiani, è nato a Roma il 9 dicembre 1930 da famiglia molisana (di Pescolanciano, Isernia) estremamente colta. Il padre è un raffinato critico d’arte, la casa è frequentata da importanti scrittori e intellettuali. Il cugino, Vittorino, è maestro di scherma di Mussolini. La sorella, Titina, diventa affermata pittrice.
Giovanissimo (è adolescente), prende parte alla Resistenza. L’impegno politico resterà una costante di tutte le sue attività professionali. Subito dopo la guerra realizza un paio di cortometraggi interpretati dalla sorella Titina (il primo, “Sinfonia della città”, di gusto surrealista).
Si iscrive al Centro sperimentale di cinematografia, diplomandosi nel 1949, ad appena 19 anni, dopo aver diretto un mediometraggio sulla costruzione della scuola sindacale di Ariccia.
L’esordio di Maselli è con “Bagnaia paese italiano” del 1949, premiato alla Mostra di Venezia, primo di una trentina di apprezzati documentari realizzati nel corso di un decennio, dove il regista indaga nella realtà italiana “minore”, scovando personaggi marginali e umili.
Tra questi: “Finestre” (1950), “Sport minore” e “Bambini” (1951), “Ombrellai” (1952), “Fioraie” (1953) e “Zona pericolosa” (1954). Nello stesso periodo, Maselli è aiuto regista di Luigi Chiarini in “Patto col diavolo” del 1949, di Michelangelo Antonioni in “L’amorosa menzogna” del 1950 e “La signora senza camelie” del 1953 (qui anche in veste anche di co-sceneggiatore), di Luchino Visconti per “Siamo donne”, nell’episodio interpretato da Anna Magnani. Insieme ad Antonioni è anche l’autore del soggetto de “Lo sceicco bianco”, diretto da Federico Fellini, interpretato
da Alberto Sordi.
Nel 1953 prende parte a “L’amore in città” di Zavattini, episodio “Storia di Caterina”, realizzato in co-regia. A Caterina Rigoglioso, la protagonista, viene affidato il compito di impersonare se stessa, facendole rivivere una vicenda realmente accaduta.
I registi che firmano gli altri episodi del film sono i nomi che hanno fatto il cinema italiano di quegli anni: Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Dino Risi, Cesare Zavattini.
Il primo lungometraggio di Maselli è del 1955: “Gli sbandati”, presentato alla Mostra di Venezia, menzione speciale quale migliore regista esordiente. E’ ambientato nel periodo bellico. Racconta la storia di un giovane dell’alta borghesia che si confronta con un gruppo di partigiani. La pellicola è finanziata da una cooperativa e da un personale contributo economico di Luchino Visconti. Lucia Bosé offre la propria interpretazione a titolo gratuito. L’anno successivo esce “La donna del giorno”, premiato a Karlovy Vary, che indaga sui condizionamenti imposti dal mondo dei rotocalchi e dello spettacolo.
Nel 1960 firma “I delfini” (alla sceneggiatura collabora Alberto Moravia), storia della crisi esistenziale vissuta da giovani dell’alta borghesia e dell’aristocrazia di Ascoli Piceno negli anni del boom italiano. E’ tratto da un soggetto di Antonio Pietrangeli. Il rapporto con Zavattini, iniziato con “Storia di Caterina”, e proseguito con “La donna del giorno”, si rinnova con “Le adolescenti”, episodio diretto da Maselli nel 1961 per il film “Le italiane e l’amore”, inchiesta condotta da Zavattini in undici episodi, realizzati da altrettanti registi.
Nel 1964 ancora Moravia: da “Gli indifferenti”, romanzo capolavoro dello scrittore romano Maselli trae il quarto lungometraggio, riproponendo come protagonisti due dei principali interpreti de “I delfini”, Claudia Cardinale e Thomas Milian. “Fai in fretta ad uccidermi … ho freddo” con Monica Vitti e Jean Sorel è del 1967; “Ruba al prossimo tuo …” con Claudia Cardinale e Rock Hudson è del 1968. La stagione del ‘68 vede Maselli in prima fila. E’ uno dei promotori della contestazione alla Biennale di Venezia nel 1969. Dirige due film apertamente “politici”: “Lettera aperta ad un giornale della sera” nel 1970, in cui Maselli, insieme a Nanni Loy e ad altri colleghi, interpreta uno dei personaggi e “Il sospetto” nel 1975, ambientato negli anni trenta, con Gian Maria Volonté che interpreta il ruolo di Emilio, comunista emigrato in Francia. E’ considerato uno dei film più importanti della sua carriera.
Nel 1980 Maselli si dedica alla tv, dirigendo lo sceneggiato in quattro puntate “Tre operai”, dall’omonimo romanzo di Carlo Bernari, e nel 1984 firma “Avventura di un fotografo”, tratto dall’omonimo racconto di Italo Calvino. Nel 1984 espone al museo d’arte moderna di Parigi una serie di autoritratti fotografici, realizzati tra il 1977 e il 1980.
Dal 1986 al 1990, realizza una tetralogia su figure di donne: “Storia d’amore” (1986) con Valeria Golino, premio quale migliore attrice a Venezia, e gran premio speciale della giuria; “Codice privato” (1988), con Ornella Muti, riduzione de “La voix humaine”, atto unico di Jean Cocteau, cui il film è dedicato; “Il segreto” (1990), con Nastassja Kinski, Franco Citti e Stefano Dionisi). Ancora Nastassja Kinski è la tormentata protagonista de “L’alba” (1991), coinvolta in un problematico rapporto amoroso con un uomo interpretato da Massimo Dapporto.
Nel 1996 dirige “Cronache del terzo millennio”, presentato fuori concorso a Venezia.
Nel 1999 firma “Il compagno”.
Grazie all’associazione Philip Morris Progetto Cinema, molti film di Maselli sono
stati recentemente restaurati”.

Film
Storia di Caterina, episodio del film L’amore in città (1953)
Gli sbandati (1955)
La donna del giorno (1956)
I delfini (1960)
Le adolescenti e l’amore, episodio del film Le italiane e l’amore (1961)
Gli indifferenti (1964)
Fai in fretta ad uccidermi… ho freddo! (1967)
Ruba al prossimo tuo… (1969)
Lettera aperta a un giornale della sera (1970)
Il sospetto (1975)
Tre operai – serie TV (1980)
Storia d’amore (1986)
Codice privato (1988)
L’alba (1990)
Il segreto (1990)
Pietas, episodio del film Intolerance (1996)
Cronache del terzo millennio (1996)
Il compagno – film TV (1999)
Le ombre rosse (2009)

TITINA MASELLI
L’arte nella suggestione dei luoghi

Titina Maselli, nota pittrice e sorella del regista Citto Maselli, è nata a Roma nel 1924, dove è morta nel 2005.
La famiglia è originaria di Pescolanciano (Isernia), luogo dove è sepolta. Dopo gli studi classici, s’indirizza subito al mondo artistico, mettendosi in luce per numerose opere incentrate su temi già ben definitivi quali la città, la notte e gli stadi, distinguendosi dalla Scuola romana, dal realismo e dall’astrattismo geometrico allora imperanti.
La prima personale, alla Galleria romana dell’Obelisco, ha un presentatore d’eccezione: lo scrittore calabrese Corrado Alvaro.
Nel 1950 partecipa con successo alla Biennale di Venezia, dove espone “Giocatore ferito” e nel 1951 presenta quattro opere alla VI Quadriennale romana.
Dal 1952 al 1955 risiede a New York, dove assorbe la forte suggestione del luogo.
Dal 1955 al 1958 è in Austria, dove elabora un nuovo approccio al colore. Nel 1958 la galleria “La Salita” le dedica una mostra; è presentata in catalogo da Cesare Vivaldi.
Nel 1965 alla galleria romana “La Nuova Pesa” si tiene la sua prima grande mostra antologica, con 34 dipinti dal 1946 al 1965. Il catalogo comprende scritti di Barilli, Crispolti e Morosini.
Nel 1966 promuove un’altra antologica, presentata a Reggio Emilia da Sager.
Dal 1970 decide di vivere a Parigi, pur ritornando spesso in Italia.
Nel 1975 Schefer pubblica a Torino la prima monografia di Titina Maselli, presentata a Milano in occasione della mostra personale alla galleria “Il Fante di spade”.
Nel 1979 viene allestita una grande antologica al Kunstamt Kreuzberg di Berlino, presentata dai critici Aillaud e Dupin, evento che consacra definitivamente l’artista anche a livello internazionale.
Nel 1983 la galleria “Giulia” di Roma espone 18 sue grandi tele con presentazione di Bailly.
Nel 1984 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia, invitata da Trucchi. Nel 1985 Crispolti cura un’antologica alla Pinacoteca di Macerata.
Nel 1988 a Lisbona, presso la Fondazione Gulbenkian, viene allestita una retrospettiva, poi itinerante in varie città italiane.
Nel 1990 al Castello di Mesola (Ferrara) si tiene l’ennesima antologica dell’artista, coronata da successo.
Fin dagli anni settanta la sua attività pittorica è accompagnata da lavori per il teatro:
allestisce scene e costumi per opere di Strawinsky, Beckett, Milhaud, Muller, Pirandello ecc. “Metafore della città” è la mostra postuma, tenuta a Roma, nella primavera del 2006. Si legge nella presentazione: “Un omaggio a Titina Maselli – personalità del tutto originale, forte, estrosa, anticonvenzionale, nella vita e nell’arte considerata artista anticipatrice di vari movimenti, dalla pop art all’iperrealismo – attraverso dodici grandi dipinti, tra i più significativi del periodo più fecondo della sua attività, dalla fine degli anni Sessanta agli anni Novanta”.
La monografia comprende due testi di Titina Maselli (“Frammenti autobiografici” e “Riflessioni sulla pittura”), un contributo del fratello Citto Maselli (“Titina…”), testimonianze, lettere, dediche e poesie.

Titina Maselli
(per i 150 dell’Unità d’Italia – www.150anni.it)
La vita di Titina Maselli è una continua sfida al reale che si realizza attraverso la pittura. Il coraggio di rompere tradizioni, di saper camminare anche da sola pur di mantenere piena autonomia di pensiero e di sperimentazione, la forza di un’intelligenza lucida che ha saputo cogliere l’essenza tragica ed insieme energica della società contemporanea, ne fanno una grande artista, un’artista che ha inventato qualcosa di nuovo, e che quindi è a pieno titolo nella storia dell’arte del ‘900.
Dopo aver compiuto studi classici, Titina s’incammina ragazza sulla strada della pittura, incoraggiata anche dal padre, il critico d’arte Ercole Maselli. All’età di vent’anni vende il suo primo quadro fuori dalla cerchia familiare; lo compra Riccardo Gualino, un collezionista che a Torino, negli anni del dopoguerra, aveva creato un clima culturale molto fertile.
La prima mostra personale è del 1948. Ha appena 24 anni, ma la mostra è importante e segna un esordio che viene notato negli ambienti della critica: «Ella ardisce di mettere in un quadro un telefono, una macchina da scrivere, una di quelle cartacce che la notte fanno un grumo bianco sull’asfalto della città», scrive Corrado Alvaro presentando la mostra.
In effetti i suoi quadri non hanno nulla di accattivante, anzi comunicano «profondo disagio, le passioni di una generazione ancora acerba, ma già provatissima dalla paura e dalla disperazione» (Renzo Vespignani). Nel 1950 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia (vi sarà ancora presente nel ‘54, nel ‘56, nel ‘64, nell’‘84). La città è sin dall’inizio, e rimarrà sempre, al centro della poetica di Titina.
Nel 1952 va a New York. È una necessità, un viaggio di ricerca: «La città della vita è New York – dirà in un’intervista a Lea Vergine – nel ‘52 sapevo già cosa era, già la volevo questa città sotto i fari, fissata dal lampo del magnesio, […] non morbida […] non condita dal lirico dolente». Vi rimarrà tre anni, per poi trasferirsi nella provincia austriaca dove, in una condizione di isolamento, si concentrerà in una ricerca accanita sul colore.
Tornata a Roma,Titina vi trascorre tutti gli anni ‘60. Sono gli anni in cui in America nasce la Pop art, e la pittura di Titina Maselli, alla luce di questa nuova corrente, sembra poter trovare una «sistemazione».
«Questi giovani artisti vogliono dipingere la cosa in sé. Io invece intendevo dipingere dei conflitti»; anche la valutazione della pittura astratta differenzia la pittura di Titina dalla Pop art: seppure sicuramente figurativa, la pittura di Titina deve molto all’astrattismo, che lei stessa riconosce come fondamentale nelle sue corde.
Negli anni ‘70 si trasferisce a Parigi in una piccola casa-studio, dove gli oggetti e gli strumenti della vita quotidiana convivono con le tele arrotolate, i quadri incompiuti o accatastati che nascono misteriosamente potenti e che sono la sua vera casa.
Nel corso degli anni ‘80 le sue tele si fanno grandissime e lo spazio irrompe prepotente come dimensione fondamentale della sua poetica. La vediamo stagliarsi,
sagoma esile ed elegante, ma anche forte e provocante davanti a una vertigine di piccoli segni, dai colori violentissimi che visti a distanza sufficiente ci riportano sempre alla città, alla sua anima. In questi anni nasce anche l’interesse per il teatro e la collaborazione con registi come Gilles Aillaud, Bernard Sobel e Carlo Cecchi.
Raffaella De Pasquale

ALESSANDRA MASTRONARDI
Il volto radioso

Un sorriso solare. E’ il biglietto da visita di Alessandra Mastronardi, giovane attrice lanciata dalla serie tv “I Cesaroni” dopo una serie di presenze in spot pubblicitari (“Fresco Blu Parmalat” del 2001 per la regia di Ferzan Ozpetek, “Sofficini Findus” del 2002, “Ministero dell’Istruzione” del 2003, “Tim” dal 2005 al 2009, “Dimensione Danza” del 2009) e in miniserie tv (“Un prete tra noi” del 1997 con la regia di Giorgio Capitani, “Amico mio 2” del 1998 diretta da Paolo Poeti, “Lui e lei 2” del 1999 con la regia di Luciano Mannuzzi e Elisabetta Lodoli, “Il veterinario” del 2006 per la regia di José María Sánchez, “Il grande Torino” del 2005 per la regia di Claudio Bonivento, in cui interpreta il ruolo di Rosa Di Girolamo e un episodio di “Don Matteo 5” del 2006 con la regia di Giulio Base).
E’ presente anche in alcuni film: “Il manoscritto” di Van Hecken del 1999 e “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini del 2005 con Giovanna Mezzogiorno, nonché nei cortometraggi “Cose che si dicono al buio” con la regia di Marco Costa, e “Due sigarette” di Serena Alfieri, entrambi del 2004.
E’ protagonista anche del videoclip “Stai bene come stai” (2006) della band “Le Mani”, vincitore del premio “Videoclip italiano” 2007.
Alessandra Mastronardi è nata a Napoli il 18 febbraio 1986, da madre napoletana e padre molisano di Agnone, frazione Villacanale, noto psicologo.
Già nel 1990 è a Roma, insieme alla famiglia (ha una sorella più piccola). Nella
Capitale frequenta le scuole elementare e medie, conseguendo la maturità classica nel 2005.
Si iscrive alla facoltà di Psicologia con indirizzo Marketing e Comunicazione presso l’università “La Sapienza”, intendendo seguire le orme paterne. Ma il precoce ingresso nel mondo dello spettacolo le consiglia di cambiare facoltà e di iscriversi al corso di laurea in Scienze dello Spettacolo, sempre all’università La Sapienza. Deve la notorietà alla fortunata serie tv “I Cesaroni”, diretta ancora da Francesco Vicario, nella quale interpreta il personaggio di Eva Cudicini, la figlia di Lucia Liguori (Elena Sofia Ricci), giovane timida e romantica, alle prese con una pericolosa attrazione ricambiata per Marco Cesaroni (Matteo Branciamore), figlio del nuovo marito della madre. Alessandra è presente in quattro edizioni.
Parallelamente studia per migliorarsi come interprete e il 16 gennaio 2007 debutta a teatro nella commedia “The Prozac Family”, per la regia di Marco Costa. Il ruolo interpretato nella commedia, rappresentata al Teatro De’ Servi di Roma in due stagioni, è quello di Margherita; il ruolo del suo fidanzato è interpretato da Eros Galbiati, diventato popolare nel 2006 con il film “Notte prima degli esami”.
Il 24 agosto 2007 esce nelle sale cinematografiche “Prova a volare”, opera prima, di Lorenzo Cicconi Massi. Alessandra è protagonista insieme a Riccardo Scamarcio, interpretando il ruolo di Gloria.
Nel 2008 è Roberta nella miniserie tv “Romanzo criminale”, per la regia di Stefano Sollima, trasposizione televisiva del film omonimo, andata in onda su Sky Cinema. E’ presente, nel ruolo di Maddi, anche nel cortometraggio “La neve dentro casa” (2008), regia di Maria Giovanna Barsi per la Libera Università del Cinema di Roma.
Nel 2009 è su Canale 5 con il film tv “Non smettere di sognare”, alle prese con un ruolo da giovane ballerina di nome Stella, suo primo ruolo da protagonista assoluta.
Nonostante la bravura di Alessandra, la produzione ottiene la sonora bocciatura del critico Aldo Grasso sul “Corriere della Sera” del 5 giugno 2009. Nel pezzo intitolato “Una fiction che fa (poco) sognare” rileva le analogie con Flashdance, evidenzia le tante sfasature ma salva “il volto della Mastronardi”, aggiungendo però che “deve ancora applicarsi, e non poco”.
Al di là dei giudizi di Grasso, la giovane attrice ha già ottenuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui: Magna Grecia Awards (2007), Premio Arechi d’Oro al Festival del cinema di Salerno (2007), Premio Simpatia (2009), RomaFictionFest (2009).
Nel 2010 partecipa alla quarta stagione de “I Cesaroni” e alla seconda serie di “Romanzo criminale”. Inoltre è protagonista della miniserie in onda su Raiuno “Sotto il cielo di Roma”, regia di Christian Duguay.
Nell’estate del 2011 partecipa alle riprese del film “To Rome with Love”, regia di Woody Allen, nei panni di Milly. Sarà giudicato il più brutto film del geniale regista americano.
Nel 2011 gira la serie televisiva “Titanic-Nascita di una leggenda”, regia di Ciaran Donnelly.
Nel 2012 fa parte della miniserie televisiva di Cinzia TH Torrini “La Certosa di Parma” e gira gli ultimi quattro episodi della quinta serie “I Cesaroni”.
Nell’autunno 2012 gira il film per il cinema “L’ultima ruota del carro” accanto a Elio Germano, entrambi di origine molisana, per la regia di Giovanni Veronesi. Il film è stato presentato fuori concorso al Festival internazionale del film di Roma.
Nel 2013 gira il film “Amici come noi”, con la regia di Enrico Lando.
Nel 2014 gira a Roma con Francesco Pannofino il film “Ogni maledetto Natale”, regia di Giacomo Ciarrapico. Poi “Life”, regia di Anton Corbijn, presentato al
Festival di Berlino nel febbraio 2015. Poi, ancora, gira a Firenze il film “The Tourist”, regia di Evan Oppenheimer. Ancora nel 2014 è nel film tv mediaset “Romeo e Giulietta”, prodotto dalla Lux Vide.
Nel 2019 è stata madrina della 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Film
Il manoscritto di Van Hecken, regia di Nicola De Rinaldo (1999)
La bestia nel cuore, regia di Cristina Comencini (2005)
Prova a volare, regia di Lorenzo Cicconi Massi (2007)
Una piccola storia, regia di Stefano Chiantini (2007)
To Rome with Love, regia di Woody Allen (2012)
AmeriQua, regia di Marco Bellone e Giovanni Consonni (2012)
L’ultima ruota del carro, regia di Giovanni Veronesi (2013)
Amici come noi, regia di Enrico Lando (2014)
Ogni maledetto Natale, regia di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo (2014)
Life, regia di Anton Corbijn (2015)
Il turista (Lost in Florence), regia di Evan Oppenheimer (2017)
Titanium White, regia di Piotr Smigasiewicz (2017)
Ötzi e il Mistero del Tempo (Ötzi and the Mystery of Time), regia di Gabriele Pignotta (2017)
L’agenzia dei bugiardi, regia di Volfango De Biasi (2019)

Televisione
Amico mio – serie TV (1998)
Un prete tra noi – serie TV, 1 episodio (1999)
Lui e lei – serie TV, 1 episodio (1999)
Un medico in famiglia – serie TV, stagione 3, episodi 2,6 (2003)
Il Grande Torino – miniserie TV, regia di Claudio Bonivento (2005)
Don Matteo – serie TV, 1 episodio (2006)
I Cesaroni – serie TV, 105 episodi (2006-2012)
Romanzo criminale – serie TV, 14 episodi (2008-2010)
Non smettere di sognare – film TV, regia di Roberto Burchielli (2009)
Sotto il cielo di Roma – miniserie TV, regia di Christian Duguay (2010)
Atelier Fontana – Le sorelle della moda – miniserie TV, regia di Riccardo Milani (2011)
La Certosa di Parma – miniserie TV, regia di Cinzia TH Torrini (2012)
Titanic – Nascita di una leggenda (Titanic: Blood and Steel) – miniserie TV, regia di Ciaran Donnelly (2012)
Romeo e Giulietta – miniserie TV, regia di Riccardo Donna (2014)
L’allieva – serie TV,23 episodi (2016-in corso) Alice Allevi
C’era una volta Studio Uno – miniserie TV, regia di Riccardo Donna (2017)
Master of None – serie TV, 5 episodi (2017)
I Medici – Lorenzo il Magnifico (Medici: The Magnificent) – serie TV, 6 episodi (2018).

JOEY MAXIM
Il campione di pugilato

Giuseppe Antonio Berardinelli, noto come Joey Maxim, era nato a Cleveland il 28 marzo 1922 da una famiglia di Isernia. Il padre si chiamava Giovanni (1895) e la madre Enrichetta (1904). E’ morto a West Palm Beach il 2 giugno 2001. E’ stato un pugile statunitense, campione del mondo dei mediomassimi tra il 1950 e il 1952. È l’unico pugile ad aver sconfitto Sugar Ray Robinson.

L’International boxing hall of fame lo ha inserito tra i più grandi pugili di ogni tempo. Nel 2002 la rivista The Ring lo ha posto al 14º posto nella propria classifica dei pesi mediomassimi della storia del pugilato

ANNA MOFFO
Bellezza e voce negli Usa anni ‘50

Anna Moffo nasce a Wayne (Philadelphia), negli Stati Uniti, il 27 giugno 1932 da genitori d’origine molisana di Riccia (Campobasso) e muore a New York il 9 marzo 2006 a causa di un tumore al seno.
Celebre cantante lirica, soprano, famosa non soltanto per le capacità vocali ma anche per la bellezza, tanto da lavorare come attrice cinematografica, televisiva e da farsi ritrarre in foto artistiche.
Nel 1955, a 23 anni, vince una borsa di studio che le permette di studiare in Italia, presso la prestigiosa Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma. Tra gli insegnanti: Euphemia Giannini Gregori in America e Luigi Ricci in Italia. Nello stesso anno fa il suo debutto nel ruolo di Norina nel Don Pasquale di Gaetano Donizetti a Spoleto. L’anno seguente canta nel ruolo di Cio-Cio-San in una versione televisiva della Madama Butterfly di Giacomo Puccini, prodotta per la Rai da Mario Lanfranchi, che diviene suo marito l’8 dicembre 1957.
Poco dopo, nello stesso anno,
debutta alla Scala, al Festival di Salisburgo, all’Opera di Stato di Vienna nel Falstaff di Giuseppe Verdi diretto da Herbert von Karajan. Continua a esibirsi a Vienna fino agli anni Settanta, interpretando Gilda nel Rigoletto di Verdi, Manon nell’opera omonima di Jules Massenet, Marguerite nel Faust di Charles Gounod, Micaela nella Carmen di Georges Bizet, Mimi in La bohème di Puccini e Violetta in La traviata di Verdi. Molto applaudita la sua interpretazione di Amina ne La sonnambula di Vincenzo Bellini.
Nel 1959 canta per la prima volta al Metropolitan Opera di New York nel ruolo di Violetta (che interpreterà nella carriera per 889 recite, mentre per La Lucia di Lammermoor toccherà quota cinqueento). Replica nella stagione 1960-1961 come Gilda nel Rigoletto, Adina ne L’elisir d’amore di Donizetti, Liù nella Turandot di Puccini, con Birgit Nilsson e Franco Corelli. Estremamente versatile, interpreta anche i lied tedeschi, da Brahms a Hugo Wolf, operette e musica contemporanea (per esempio canta Mathis der Maler di Hindemith). A Roma registra anche una
trasmissione televisiva (“Anna Moffo show”, che va in onda per tre anni) dove compone canzoni, danza, recita e canta. Parla sei lingue e nella carriera canta in 34 lingue, fra cui anche giapponese, ungherese, svedese. Herbert von Karajan dice della Moffo: “Il suo canto scioglierebbe i ghiacciai delle Alpi, se le montagne avessero un’anima”.
Tra gli aneddotti, uno con Franco Corelli. “Cantavamo Romeo e Giulietta al Met – racconta la stessa Moffo nel corso di un’intervista alla tv tedesca. “Corelli odiava le prove, non era venuto e non aveva provato il duetto d’amore sul letto. Alla recita Corelli disse – lui parlava sempre durante le recite – io me ne vado, il letto è troppo duro! – e se ne andò. E io cantai il duetto d’amore da sola, la parte di Romeo e di Giulietta. Corelli ricomparve all’atto seguente”. Altro celebre aneddoto: preparata con cura la Russalka di Dvorak, anche sotto il profilo della lingua grazie all’aiuto di Jarmilla Novotna (famosa cantante cecoslovacca), alla prima prova nel teatro dove si doveva svolgere l’opera le fu chiesto che cosa stava cantando. Lei rispose: “La Russalka di Dvorak!” E il direttore: “Sì, ma lei la sta cantando in ceco, mentre qui a Bratislava le opere si eseguono in slovacco!”.
Tra le curiosità, la presidenza di un club femminile di hockey su prato; per un periodo ne è anche allenatrice.
Tra i film ricordiamo “Napoleone ad Austerlitz” (1960) di Abel Gance, con Rossano Brazzi, dove interpreta la parte di Giuseppina Grassini, “La serva padrona” (1962), con la regia del marito Lanfranchi, “Ménage all’italiana” (1965) con Ugo Tognazzi, “Concerto per pistola solista” di Michele Lupo, con Gastone Moschin e Marisa Fabbri, “Il divorzio” (1970).
Nel 1972 divorzia da Lanfranchi e il 14 novembre 1974 sposa l’ex dirigente della Rca Robert Sarnoff, compagno definitivo.

Film
La battaglia di Austerlitz, regia di Abel Gance (1960)
Menage all’italiana, regia di Franco Indovina (1965)
Una storia d’amore, regia di Michele Lupo (1969)
L’ultimo avventuriero, regia di Lewis Gilbert (1969)
Concerto per pistola solista, regia di Michele Lupo (1970)
Il divorzio, regia di Romolo Guerrieri (1970)
La ragazza di nome Giulio, regia di Tonino Valerii (1970)

FRANK MONACO
Il fotografo dello spirito

Frank Monaco nasce a New York il 27 dicembre 1917 da una famiglia di emigrati molisani provenienti da Cantalupo del Sannio (Isernia).
Partecipa alla seconda guerra mondiale, fino al congedo dovuto ad una ferita alla mano destra. Dopo avere frequentato corsi di arte e di giornalismo alla New York University, arriva a Roma nel 1950 per ricevere lezioni di arte.
Ha l’occasione di visitare la terra d’origine, il Molise, dove scatta alcune fotografie di contadini molisani che poi fa vedere casualmente al pittore Afro, di cui è diventato amico. L’artista lo indirizza verso tale nuova strada, che diventa la sua principale attività.
Nel 1955 si trasferisce a Londra, dove attiva una collaborazione decennale con la rivista cattolica “Jubilee”, legandosi anche all’agenzia “Rex Features” che dai primi anni sessanta gestisce il suo portafoglio d’immagini. Indaga con particolare interesse i luoghi della spiritualità, visitando tutto il mondo. Torna ben diciotto volte in India, di cui ritrae le manifestazioni della vita sociale e, soprattutto, della vita religiosa.
Le immagini di Monaco finiscono in oltre 450 giornali e riviste di tutto il mondo.
Una selezione delle sue foto è nella collezione permanente del Victoria & Albert Museum. Ha fornito immagini per il libro “The Irish” di Tom O’ Hanlon e pubblicato “They dwell in monasteries” (1982), “The Women of Molise 1950” (2000), “Brothers and sisters” (2001).
I critici sottolineano la sua particolare sensibilità nella visione del mondo, “il suo realismo rigoroso e gentile, la strutturazione dell’immagine intorno a nuclei di interesse psicologico ed umano, la sua “religiosità” fatta di accettazione e di rispetto per le cose e per gli uomini”.

CARLO MONTUORI
La fotografia di “Ladri di biciclette”

Carlo Montuori nel 1935

Carlo Montuori è stato uno dei più importanti direttori della fotografia del nostro cinema. segnando soprattutto il neorealismo.

Era nato a Casacalenda (Campobasso) nel 1883 e ad apprena 12 anni si è trasferito a Milano, presso uno zio fotografo. Frequentò quindi l’Accademia di Brera e il Politecnico.

Nel 1907 ha cominciato a lavorare come aiuto operatore di Luca Comerio e nel 1912 ha ideato un originale sistema di illuminazione artificiale. La prima pellicola a cui ha lavorato è stata La fuga dei diamanti, cui hanno fatto seguito numerosi altri film muti.

Dopo una parentesi a Firenze, si è trasferito a Roma, entrando in contatto con il grande cinema.

Una celebre scena di “Ladri di biciclette”

Tra le pellicole: il kolossal Ben Hur, Terra madre con Blasetti, poi i film dei maggiori registi dell’epoca, da Alessandrini a Bragaglia, da Camerini a Campogalliani, da Matarazzo a Mattoli. Del 1941 è Piccolo mondo antico.

Dopo la guerra i capolavori di De Sica (Ladri di biciclette, L’oro di Napoli, Il Tetto). Degli anni Cinquanta da segnalare Anni difficili di Zampa. A seguire i lavori con Castellani, Comenicini (Pane, amore e gelosia), Fulci (I ragazzi del juke-box), Germi, Risi (Il segno di Venere), Savarese (Mamma mia che impressione) e Steno (Un americano a Roma).

GABRIELE MUCCINO
Il regista generazionale

Gabriele Muccino è nato a Roma il 20 maggio 1967 da famiglia originaria di Salcito (Campobasso). Il padre è un dirigente della Rai, la mamma è pittrice.
Si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università “La Sapienza”, ma l’abbandona per avvicinarsi al cinema quale assistente volontario di Pupi Avati e Marco Risi.
Nel 1989 lavora come attore nella serie tv “È proibito ballare” diretta da Pupi Avati. Nel 1991 segue i corsi di sceneggiatura tenuti da Leo Benvenuti e frequenta il Centro sperimentale di cinematografia. In Rai realizza tre cortometraggi trasmessi in “Mixer”, brevi filmati per la trasmissione “Ultimo minuto” ed il cortometraggio “Io e Giulia”, interpretato da Stefania Rocca.
Dopo alcune esperienze da documentarista, nel 1996 dirige “Max suona il piano”, uno degli episodi di “Intolerance”.
E’ il regista di alcuni episodi della soap opera di Rai Tre “Un posto al sole”.
Nel 1998 esce il suo primo lungometraggio, “Ecco fatto” (1998), con il quale partecipa al Festival di Torino, ricevendo una buona accoglienza da parte della critica.
Vince la targa Anec come miglior regista esordiente dell’anno. I protagonisti della pellicola sono Barbara Bobulova, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti, Ginevra Colonna, Enrico Silvestrin. Con “Come te nessuno mai” (1999), divertente ritratto di adolescenti, partecipa con successo alla Mostra del cinema di Venezia. Protagonista del film il giovane fratello di Gabriele, Silvio Muccino che partecipa anche alla sceneggiatura. Gli altri protagonisti sono Anna Galiena, Giuseppe Sanfelice di Monteforte, Enrico Silvestrin, Luca De Filippo, Giulia Steigerwalt, Valeria D’Obici, Luis Molteni.
Nel 2001, con “L’ultimo bacio”, sbanca il botteghino con oltre 15 milioni di euro di incasso. Il film conferma l’interesse di Muccino per il tema dell’adolescenza e della paura di crescere. Ha dichiarato Muccino nella conferenza stampa del film: “Scrivere il soggetto del film è stato molto complicato, ci sono state volte che ho persino voluto mollare tutto. Ho impiegato oltre sei mesi per creare più storie che si sviluppassero in maniera coerente, e che poi si incrociassero tra loro per formare un unico. Scrivere i dialoghi è più istintivo: giocare con le parole mi risulta più facile. Il film tratta la fatica di vivere, la ricerca di riappacificazione con se stessi e soprattutto la difficoltà di amare e di crescere, sempre. La ricerca di noi stessi è infinita, ed è proprio questa ricerca ad essere la fonte della infelicità che sentiamo e che immancabilmente buttiamo addosso a chi ci sta vicino. La ricerca della propria felicità appartiene a tutte le età. Quando ho iniziato a lavorare sul soggetto volevo parlare solo di una cinquantenne, avevo voglia di raccontare l’inquietudine, la voglia di vivere che ha adesso ad esempio, la generazione di mia madre, il desiderio che si risente a cinquant’anni di tornare a essere quello che non si è stati: mi affascinava quell’agitazione intima che credo appartenga anche ai trentenni. Alla fine ho pensato che sarebbe stato interessante parlare di quello strano processo che nel corso della vita ti fa vedere le cose in modi sempre diversi: partendo dalla visione del mondo dei diciottenni, incantati e accecati dall’idea dell’amore eterno e del matrimonio, per arrivare a quella dei trentenni che si sono già innamorati e disinnamorati più volte, e poi quella dei cinquantenni che si chiedono se possono ancora sentirsi come una volta, con il desiderio di tornare giovani e pieni di possibilità come i proprio figli”.
Gli attori sono Stefania Sandrelli, Stefano Accorsi, Giovanna Mezzogiorno, Giorgio Pasotti, Regina Orioli, Pierfrancesco Favino, Martina Stella, Claudio Santamaria, Silvio Muccino, Sabrina Impacciatore. La coppia (allora anche nella vita) Accorsi Mezzogiorno diventa il simbolo di una larga parte di trentenni disillusi e cinici. Il film consacra anche la giovanissima attrice Martina Stella. Piace molto alla critica: il film si colloca al secondo posto nella graduatoria dei maggiori incassi per pellicole nostrane e vince cinque David di Donatello (tra i quali quello per la miglior regia). La colonna sonora è firmata da Carmen Consoli. Nel gennaio 2002, al film viene assegnato il premio del pubblico al Sundance Film Festival.
Segue la distribuzione, negli Stati Uniti, nell’estate dello stesso anno, ed è inserito dall’autorevole “Entertainment Weekly” tra i dieci migliori film dell’annata. “Il punto centrale del film è la difficoltà a comunicare, di dirsi le cose e cercare di risolvere insieme tutti i problemi – prosegue il regista. “È sempre difficile riuscire a riconoscere le responsabilità nei confronti del proprio rapporto di coppia quando questo non funziona più: non si riesce a capire chi sia nel giusto e chi no, perché si hanno sempre punti di vista diversi. E questo appartiene ad ogni generazione, le reazioni al problema possono essere diverse, e non penso sia generazionale il fatto che si discuta animosamente o si sbattano porte scappando via”.
Nel 2003 esce “Ricordati di me” (2003), con Fabrizio Bentivoglio, Monica Bellucci, Laura Morante, Silvio Muccino, Nicoletta Romanoff, salutato da un ampio consenso critico. La coppia protagonista formata da Bentivoglio e Morante è la proiezione, a venti anni di distanza, de “L’ultimo bacio”.
Spiega Muccino: “Racconto di una famiglia, marito, moglie e due figli, che improvvisamente si sfalda alla ricerca di una felicità che crede si possa trovare al di fuori del nucleo familiare. Cercano la felicità nel gradimento degli altri e soprattutto si augurano di trovare una conferma di valere come individui mettendosi in mostra e mercificando il proprio privato. Idealmente continuo il racconto sulla ricerca di sé stessi del film precedente, ma se lì c’era un meccanismo di ricerca più adolescenziale , in questo è più profondo, più complesso ed ambizioso”.
Nel 2006 Muccino approda a Hollywood per dirigere “La ricerca della felicità”, con Will Smith. L’attore statunitense, anche produttore della pellicola, sceglie personalmente Muccino dopo aver visto e gradito i suoi film precedenti. Nel 2007 dirige i primi due episodi della serie tv “Viva Laughlin!”, di cui è anche produttore esecutivo insieme a Hugh Jackman. Il telefilm, che racconta le vicende di un uomo il cui sogno è di aprire un resort nella Las Vegas degli striptease, viene interrotto dalla Cbs.
Nel 2007 dirige Monica Bellucci e José Fidalgo nel cortometraggio “Heart Tango”. E’ anche un apprezzato regista pubblicitario. Sua è la regia degli spot interpretati da Claudio Bisio (Pagine Gialle) e Diego Abatantuono (Buitoni) e quello per la campagna sull’Aids del 1999 commissionata dal Ministero della Sanità”.
Nel 2010 esce “Baciami ancora”, seguito de “L’ultimo bacio”, che incassa 9 milioni di euro (dati Cinetel) e vince come miglior film al Shanghai Film Festival.
Nel 2012 è in America dove dirige “Quello che so sull’amore” con Catherine Zeta Jones, Uma Thurman, che incassa 13 milioni di dollari negli Usa e altri 17 nel resto del mondo.
Nel 2015 esce “Padri e figlie”, che ha come protagonisti l’attore Premio Oscar Russell Crowe e Amanda Seyfried. Nello stesso anno dirige il suo decimo film: “L’estate addosso”, in collaborazione con Rai Cinema.
Nel 2018 dirige il film “A casa tutti bene”, con Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino, Stefania Sandrelli, Massimo Ghini e Claudia Gerini.
Muccino ha diretto sei videoclip musicali: per Laura Pausini (E ritorno da te), per Jovanotti (Baciami ancora nel 2010, Tensione Evolutiva nel 2012 e L’estate addosso nel 2015), per Jaselli (Welcome to the world nel 2016) e per Biagio Antonacci (‘’Mio fratello’’ nel 2018).

Film

Come regista
Ecco fatto (1998)
Come te nessuno mai (1999)
L’ultimo bacio (2001)
Ricordati di me (2003)
La ricerca della felicità (The Pursuit of Happiness) (2006)
Sette anime (Seven Pounds) (2008)
Baciami ancora (2010)
Quello che so sull’amore (Playing for Keeps) (2012)
Padri e figlie (Fathers and Daughters) (2015)
L’estate addosso (2016)
A casa tutti bene (2018)
Gli anni più belli (2020)
Come sceneggiatore
Ecco fatto (1998)
Come te nessuno mai (1999)
L’ultimo bacio (2001)
Ricordati di me (2003)
The Last Kiss (2006)
Baciami ancora (2010)
L’estate addosso (2016)
A casa tutti bene (2018)

Premi

David di Donatello
2001 – Miglior regista per L’ultimo bacio
2008 – David speciale per i suoi successi negli Stati Uniti come autore e come regista
2015 – David speciale per la regia di Padri e figlie
2019 – David dello spettatore per A casa tutti bene

Nastro d’argento
2003 – Migliore sceneggiatura per Ricordati di me
2017 – Premio Hamilton behind the camera per L’estate addosso
2018 – Nastro d’argento Speciale al cast di A Casa tutti bene

SILVIO MUCCINO
Il giovane attore cresce

Silvio Muccino, attore, è nato a Roma il 14 aprile 1982 da famiglia originaria di Salcito (Campobasso).
Figlio di Luigi Muccino, dirigente Rai, e di Antonella Cappuccio, affermata pittrice, è il più piccolo di tre figli. Il fratello maggiore Gabriele Muccino è un regista e la sorella Laura Muccino si occupa di casting.
Frequenta il liceo Mamiani e dopo la maturità si iscrive alla facoltà di Lettere dell’università La Sapienza , dove però sostiene soltanto qualche esame.
L’esordio nel grande schermo, diretto dal fratello, nella parte di un liceale in “Come te nessuno mai” del 1999 (oltre che protagonista, anche co-sceneggiatore), con Anna Galiena, Giuseppe Sanfelice di Monteforte, Enrico Silvestrin, Luca De Filippo, Giulia Steigerwalt, Valeria D’Obici, Luis Molteni. Attore nel giallo “Un delitto impossibile” di Antonello Grimaldi, anno 2000, con Ivano Marescotti, Lino Capolicchio, Carlo Cecchi e Angela Molina. Quindi è nuovamente chiamato dal fratello per “L’ultimo bacio” del 2001, con Stefania Sandrelli, Stefano Accorsi, Giovanna Mezzogiorno, Giorgio Pasotti, Regina Orioli, Pierfrancesco Favino, Martina Stella, Claudio Santamaria e Sabrina Impacciatore.
Nel 2002, a fianco di Martina Stella, gira un cortometraggio tra amici, “Il 2 novembre”, diretto dai fratelli Godano e presentato all’Arcipelago Film festival di Roma il 4 giugno 2002.
Nel 2003 è la volta di “Ricordati di me” di Gabriele Muccino, con Fabrizio Bentivoglio, Monica Bellucci, Laura Morante e Nicoletta Romanoff, pellicola dove interpreta il ruolo del ribelle di famiglia e che lo consacra definitivamente. Grazie a tali prove, partecipa ad altri film: è nel cast del thriller di Dario Argento “Il cartaio” del 2003, accanto a Stefania Rocca, Claudio Santamaria e Fiore Argento. È anche il protagonista della commedia sentimentale “Che ne sarà di noi” di Giovanni Veronesi, sempre del 2003, con Violante Placido, Giuseppe Sanfelice, Myriam Catania, Elio Germano, Valeria Solarino, Enrico Silvestrin e Katy Louise Saunders. Qui figura anche tra gli sceneggiatori. Nel 2005 è la volta di “Manuale d’amore” di Giovanni Veronesi, con Carlo Verdone, Sergio Rubini, Margherita Buy, Luciana Littizzetto, Jasmine Trinca, Anita Caprioli e Sabrina Impacciatore.
Nel 2006 esce il suo libro “Parlami d’amore”, da cui viene tratto l’omonimo film, di cui è sceneggiatore e protagonista. . Il romanzo tratta dell’incontro tra Sasha, ragazzo di 24 anni, orfano e afflitto da vari problemi, e Nicole, 40enne, donna francese sposata con un italiano esponente della borghesia romana.
Nel 2011 pubblica il suo secondo romanzo, “Rivoluzione n. 9”.
A febbraio 2015 esce la sua terza opera da regista, “Le leggi del desiderio”, con Nicole Grimaudo, Carla Signoris e Maurizio Mattioli.
Nel 2017, con la casa editrice Nave di Teseo, esce il suo romanzo “Quando eravamo eroi”.

Film
Come attore
Come te nessuno mai, regia di Gabriele Muccino (1999)
L’ultimo bacio, regia di Gabriele Muccino (2001)
Un delitto impossibile, regia di Antonello Grimaldi (2001)
CQ, regia di Roman Coppola (2001)
Il 2 novembre – cortometraggio (2002)
Ricordati di me, regia di Gabriele Muccino (2003)
Che ne sarà di noi, regia di Giovanni Veronesi (2003)
Il cartaio, regia di Dario Argento (2004)
La vita che vorrei, regia di Giuseppe Piccioni (2004) – cameo
Manuale d’amore, regia di Giovanni Veronesi (2005)
Il mio miglior nemico, regia di Carlo Verdone (2006)
Parlami d’amore (2008)
Un altro mondo (2010)
Le leggi del desiderio (2015)
The Place, regia di Paolo Genovese (2017)

Come regista
Parlami d’amore (2008)
Un altro mondo (2010)
Le leggi del desiderio (2015)
Come sceneggiatore
Come te nessuno mai (1999)
Che ne sarà di noi (2004)
Il mio miglior nemico (2006)
Parlami d’amore (2008)
Un altro mondo (2010)
Le leggi del desiderio (2015)

MATEO MUSACCHIO
Dall’Argentina al Milan

Mateo Pablo Musacchio, calciatore argentino, è nato a Rosario il 26 agosto 1990. La famiglia è originaria di Portocannone (Campobasso), emigrata dal Molise in Argentina a metà del Novecento. Il suo cognome é tipico delle comunità di etnia albanese storicamente presenti in tutto il sud Italia.
E’ un difensore centrale, ma può svolgere anche il ruolo di mediano di centrocampo.
Ha iniziato a giocare nel River Plate in Argentina, poi acquistato dallo spagnolo Villarreal nel 2009.
Il 12 aprile 2015, in una partita di Liga sul campo del Getafe, a causa di uno scontro di gioco con Diego Castro riporta la rottura del perone, che lo costringe a otto mesi di stop.
Il 30 maggio 2017, per circa 18 milioni di euro, è stato acquistato dal Milan, con cui firma un contratto quadriennale fino al 30 giugno 2021.
L’esordio il 27 luglio seguente, in occasione della gara d’andata del terzo turno preliminare di Europa League vinta per 1-0 in casa dei rumeni del Craiova.
Ha firmato il suo primo gol con il Milan il 28 settembre, nella sfida casalinga di Europa League vinta contro il Rijeka per 3-2.
Ha concluso la stagione 2017-2018 con 15 presenze in campionato e 7 presenze (1 gol) in Europa League.
L’anno successivo la sua prima rete nel derby con l’Inter perso 3-2.
Il debutto con la nazionale argentina a giugno 2011 contro la Nigeria

FEDERICO ORLANDO
Il “braccio sinistro” di Montanelli

Federico Orlando nasce il 13 ottobre 1928 a San Martino in Pensilis (Campobasso).
Laureato in giurisprudenza, si trasferisce a Roma per collaborare al quotidiano “Il Messaggero” dove si occupa soprattutto di scuola.
Assunto al quotidiano “Il Giornale d’Italia”, diventa giornalista professionista nel 1966. Approda quindi al quotidiano “Il Giornale” di Montanelli, il quale lo chiama poi a Milano per promuoverlo condirettore del “Giornale”.
Di estrazione liberale, milita nella destra malagodiana del Pli ma, secondo il collega Paolo Liguori, “è stato anche molto vicino a De Mita”. Dopo la scissione tra Montanelli e Berlusconi, diventa un fervente antiberlusconiano.
E’ parlamentare dell’Ulivo dal 1996, eletto in Molise, componente della I Commissione permanente affari costituzionali dal 28 luglio 1998 e della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio dal 22 marzo 2000.
Attualmente è condirettore di “Europa”, quotidiano della Margherita.
Con l’editrice Telesio ha pubblicato negli anni settanta “I martiri di Fornelli”, ricordando un tragico episodio dell’ultima guerra che ha riguardato l’alto Molise.
Con le Edizioni dello Scorpione di Milano nel 1976 ha pubblicato: “La cultura della resa. Raccolta degli interventi dei migliori intellettuali sull’atteggiamento dei comunisti”.
Con la casa editrice “Cinque Lune” ha pubblicato due libri: nel 1988 il volume “18 aprile 1948: cosi ci salvammo”, per celebrare la vittoria della Dc sul Fronte popolare, ed uno sulla cosiddetta “legge truffa”.
Con l’editrice Larus di Bergamo, nel 1995, “Il sabato andavamo ad Arcore. La vera storia, documenti, ragioni del divorzio tra Berlusconi e Montanelli”.
Con gli Editori Riuniti, nel 2001, “Fucilate Montanelli. Dall’assalto al Giornale alle elezioni del 13 maggio” e nel 2002 “Io sono lo Stato”.
E’ stato tra i fondatori dell’associazione “Articolo 21”, con Sergio Lepri e Beppe Giulietti.
Viveva a Santa Marinella, vicino Civitavecchia.
E’ stato autore di numerosi libri.
E’ morto a Roma l’8 agosto 2014.

Opere

ACHILLE PACE
L’artista di Termoli

Nato a Termoli (Campobasso) nel 1923, scomparso nel settembre 2021 a 98 anni. Artista di fama internazionale e fondatore del movimento artistico “Gruppo Uno”, quattro sue opere sono di proprietà della Galleria nazionale di arte moderna di Roma e altre sono in musei nazionali e internazionali.

Dopo un lungo soggiorno in Svizzera nel 1933, che gli ha consentito di vedere opere degli espressionisti tedeschi della Brùeke e di Klee, ha iniziato la sua produzione artistica.

Dal 1960 in poi la sua tecnica è stata incentrata su un solo filo di cotone, che in un primo momento è stato adoperato in modo informe, ma che avrà, poi, un andamento più rigoroso.

Con Biggi, Carrino, Frascà, Santoro e Uncini ha fondato nel 1962 il Gruppo Uno nel quale opererà fino al 1964.

Ha partecipato alla XXXIX e alla XL Biennale di Venezia (1980, 1982) ed ha esposto più volte alla Quadriennale di Roma. Nel giugno 1989 ha esposto a Mosca e a Leningrado alla mostra “Orientamenti dell’arte italiana: 1947-1989”.

ALICE PASQUINI
Un nome sinonimo di street art

Alice Pasquini, artista comtemporanea, è nata a Roma nel 1980 da una famiglia originaria di
Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, comune a cui è molto legata tanto da aver promosso un festival di street art.
E’ nota soprattutto come Alicè e come street artist. Ma è anche illustratrice e scenografa.
Le sue opere sono esposte sulle superfici urbane, nelle gallerie e nei musei di centinaia di città in tutto il mondo.
Ha conseguito il diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, completando il percorso di studi in Spagna con un Master of Arts in critica d’arte all’Università Complutense (2004) e un corso di animazione presso l’Ars Animation School di Madrid.
Artista poliedrica, ha sperimentato diverse tecniche, generi e medium espressivi. È tra le poche esponenti femminili affermate a livello internazionale tra i protagonisti del movimento street art. In strada i suoi lavori spaziano dai piccoli interventi su arredi urbani, ai murales di grandi dimensioni.
“La sua ricerca varia dalla narrazione della vitalità femminile, lontana dallo stereotipo donna-oggetto, alle installazioni con l’uso di materiali inconsueti – si legge sul suo sito. “I suoi lavori sono visibili in varie città dove è stata chiamata a realizzare opere pubbliche di committenza statale, tra cui: Sydney, Mosca, Singapore, Amsterdam, Londra, Berlino, Oslo, New York, Buenos Aires, Yogyakarta, Barcellona, Copenhagen, Marrakech, Saigon, Roma e Napoli”.
È stata recensita da quotidiani come il International New York Times, Wall Street
Journal, La Vanguardia, Euromaxx, Panorama, Internazionale, Repubblica e Il Messaggero e ospitata dalla Rai, Sky Arte e Arte tv per numerose interviste e servizi dedicati. Nel 2017 ha partecipato al Tedx Talks.
Nel 2013 ha realizzato un ciclo per i Musei Capitolini di Roma e ha collaborato con l’Istituto Italiano di Cultura di Singapore, con l’Istituto di Cultura di Montevideo, con l’Istituto di Cultura di São Paulo, e il museo italiano dell’emigrazione di Melbourne. Fra i suoi progetti spicca Under Layers il primo esperimento di street art in 3D realizzato a Ostia (Rm) nel 2015 collaborando con il Comune di Roma.
Ha esposto al Saatchi Gallery, all’Ambasciata Americana di Roma, al MACRO – Museo di Arte Contemporanea di Roma, Mutuo Centro de Arte Barcellona, all’Espace Pierre Cardin. E’ inserita nell’Enciclopedia Treccani online Treccani Enciclopedia Italiana.

MINO PECORELLI
La “penna” vittima del Palazzo

Carmine Pecorelli, detto Mino, nasce a Sessano (Isernia) il 14 settembre 1928. A diciassette anni se ne va di casa, dal Molise, per andare a combattere contro i nazisti.
Nel 1945 si trasferisce prima a Velletri (Roma) e poi a Roma. Il padre, farmacista, muore giovane, ad appena 37 anni.
Nella capitale Mino Pecorelli frequenta il liceo classico, quindi si laurea in giurisprudenza e diventa avvocato, svolgendo la professione con successo nello studio legale di Cesco Nigro. Esperto di diritto fallimentare, introdotto nel settore dei fallimenti fraudolenti, comincia a scoprire i legami tra gli ambienti della finanza e quelli politici.
Molto cortese, colto, di buon gusto, abbronzato, monarchico, uomo di destra, ma democratico e avverso a personaggi di destra che giudica “non puliti”, diviene capo ufficio stampa del ministro Fiorentino Sullo, cominciando ad innamorarsi del giornalismo.
Nel 1968 fonda la rivista “Op”, ovvero “Osservatorio politico”. Dapprima come agenzia stampa e poi come settimanale. Il periodico indaga sui malaffari (Mifobiali, Italcasse, Sir, Scandalo petroli, ecc.) nonché sulle vicende che portano alle dimissioni il presidente Leone.
Pecorelli s’infiltra negli ambienti più putridi per acquisire segreti scottanti. Ha informatori nei servizi segreti, apprende verità scomode, spesso viene strumentalizzato. Viene definito il “poliziotto della notizia”.
Il giornale per qualcuno è uno strumento di ricatto, per altri di condizionamento, per altri ancora di moralizzazione. Indubbiamente è solito frequentare i politici che contano, chiede loro abbonamenti, finanziamenti per il giornale.
Pecorelli ha una baldanza che gli piace, si diverte nel rischio, in un gioco, all’interno del potere, che diventa via via sempre più pericoloso.
Nella requisitoria del processo di primo grado, il pm Alessandro Cannevale definisce Pecorelli il precursore di un giornalismo “aggressivo, impertinente, spregiudicato”.
Nel linguaggio giornalistico, dire “alla Pecorelli” diventa ben presto sinonimo di articoli con scopi intimidatori. Perché non è mai chiaro fino a che punto il giornalista molisano fa emergere il malaffare per amore della verità o per rafforzare il proprio ruolo e quello del suo giornale. Indubbiamente ha rapporti con Nicola Falde, colonnello del Sid dal 1967 al 1969, con Vito Miceli, capo del servizio segreto militare dal 1970 al 1974, fa parte della loggia P2, per cui s’ipotizzano rapporti con Licio Gelli. Ma è anche una persona perbene, colta, amante della giustizia. Andreotti
è uno dei bersagli preferiti di “Op”. Pecorelli lo chiama “Divo Giulio”, nomignolo che ha un certo successo. Altri soprannomi di cui sono pieni i suoi giornali sono “Padrino”, “Super-padrino” e “piscione”. Non mancano velate accuse all’entourage andreottiano, da Vitalone a Evangelisti.
Nel gennaio 1979 sembra che proprio Evangelisti e Vitalone incontrano Pecorelli a cena, nel tentativo di arrivare a una tregua. Insomma Pecorelli gioca con il fuoco. Lo stesso Andreotti sembra che invii al giornalista-nemico, con cui condivide frequenti emicranie, delle pastiglie contro il mal di testa. Ma dalle sue colonne non risparmia attacchi anche al generale Dalla Chiesa, indicandolo come il “Generale Amen”. Dal marzo 1978, dal momento in cui viene rapito Moro, “Op” diventa settimanale. Il giornale pubblica tre lettere inedite del leader Dc, spedite a familiari e amici. Lo stesso Pecorelli profetizza la morte di un generale: quella di Dalla Chiesa. E proprio mentre il giornalista molisano indaga sui segreti del delitto Moro, sconvolto per aver scoperto alcune scottanti verità, preoccupato, timoroso e convinto di finire ammazzato, avviene la sua condanna. Una pubblicità del suo giornale recita: “Op, una raffica di notizie”, con tanto di fori di proiettile a disegnare il logo della testata. Un’amara preveggenza.
Nel giornale compare anche una nota “a futura memoria” – così viene intitolata – dopo aver ricevuto minacce: “I nostri lettori e coloro che ci stimano saprebbero riconoscere immediatamente la mano che ha armato chi vorrà torcerci anche solo un capello”. La sera del 20 marzo 1979, Mino Pecorelli, nel quartiere Prati di Roma, viene ucciso con quattro colpi di una pistola calibro 7,65: uno in faccia e tre nella schiena. Viene trovato steso nella sua Citroen, parcheggiata in via Orazio, a due passi da via Tacito dove sta la redazione di “Op”. Ciro Formuso, carabiniere ausiliario di passaggio in via Orazio, alle 20.40 segnala il delitto alla sala operativa dei carabinieri: il vetro dell’automobile spezzato, la portiera aperta, sangue dappertutto, un cadavere rannicchiato. Il delitto cade in una settimana ricca di eventi politici e giudiziari. Il giorno dopo, 21 marzo, Andreotti vara il suo quinto governo tripartito (Dc-Psdi-Pri), con La Malfa vicepresidente (il leader repubblicano morirà appena cinque giorni dopo).
Il 26 marzo scoppia lo scandalo alla Banca d’Italia, in cui vengono incriminati Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, i quali avevano promosso indagini su altri istituti di credito come l’Italcasse e il Banco Ambrosiano, rifiutando anche di revocare il fallimento delle banche Sindona. Il magistrato che indaga su di loro è Claudio Vitalone.Verranno prosciolti completamente l’11 giugno 1981. Il 20 settembre Carlo Azeglio Ciampi verrà nominato governatore della Banca d’Italia, con Lamberto Dini direttore generale.
Subito dopo il delitto, viene aperta un’inchiesta a carico di ignoti affidata al magistrato di turno, dottor Mauro, e a Domenico Sica. Nell’indagine vengono coinvolti Massimo Carminati, Licio Gelli, Antonio Viezzer, Cristiano e Valerio Fioravanti. Il 15 novembre 1991 il giudice istruttore Francesco Monastero proscioglie tutti gli indagati per non avere commesso il fatto.
Il settimanale “Panorama”, subito dopo il delitto, pubblica in copertina la scena del delitto con questo titolo: “Questo morto non vi farà dormire”. Ma forse sarebbe stato più corretto: “Non vi ha fatto dormire”. Nei mesi a seguire vengono fuori le ipotesi più variegate e stravaganti: Gelli, la mafia, i petrolieri, i terroristi rossi, i neri, la Guardia di finanza, fino ai mercanti del porno e addirittura ai falsari di De Chirico. Ben presto, però, si comincia a mettere in relazione l’omicidio Pecorelli con quello di Moro. Steve Pieczenick, uno dei massimi esperti americani di terrorismo, chiamato dalle autorità italiane a fare parte del comitato di crisi istituito subito dopo il sequestro di Aldo Moro, dichiara che Moro poteva essere restituito alla vita politica, ma ai suoi danni ci fu “un complotto ad altissimo livello” (Corriere della Sera del 18 marzo 1998).
Insomma l’omicidio di Moro e quello di Pecorelli potrebbero davvero essere collegati tra loro. Di certo Pecorelli sapeva molte cose sul delitto Moro. Dal giornale lanciava ambigui messaggi. Nei numero 27, 28, 29 di “Op”, ottobre 1978, il giornalista va giù duro. Scrive: “Non credo all’autenticità del memoriale, o alla sua integrità, e alle banalità che sono state riportate alla luce. Moro non può aver detto quelle cose e solo quelle cose arcinote; non era stupido, dicendo solo quelle cose, sapeva che non sarebbe uscito vivo dalla prigione. Quindi c’è dell’altro. Così ora sappiamo che ci sono memoriali falsi e memoriali veri. Questo qui diffuso è anche mal confezionato.
Ma con l’uso politico di quello vero, e anche con il ritrovamento di alcuni nastri magnetici dove “parla” a viva voce Moro, ci sarà il gioco al massacro. Inizieranno i ricatti. Con questa parte recuperata, la bomba Moro non è scoppiata come molti si aspettavano. Giulio Andreotti è un uomo molto fortunato”. Il 6 aprile 1993 Tommaso Buscetta, interrogato dai magistrati di Palermo, parla per la prima volta dei rapporti tra politica e mafia e racconta, tra le altre cose, di aver saputo dal boss Gaetano Badalamenti che l’omicidio Pecorelli sarebbe stato compiuto nell’interesse di Giulio Andreotti. Due giorni dopo il verbale del pentito viene inviato dai pubblici ministeri siciliani a quelli di Roma che il 14 aprile iscrivono Andreotti nel registro delle notizie di reato. Il 29 luglio 1993 il Senato concede l’autorizzazione a procedere per l’ex presidente del Consiglio. In base alle dichiarazioni di Buscetta il pm Giovanni Salvi indaga anche Gaetano Badalamenti e Giuseppe Calò.
Agosto 1993: le dichiarazioni dei pentiti della banda della Magliana, in particolare quelle di Vittorio Carnovale, coinvolgono l’allora pm romano Claudio Vitalone.
Il 17 dicembre 1993 l’inchiesta arriva alla procura di Perugia, competente a indagare sui magistrati romani. Il 20 luglio 1995 il procuratore capo Nicola Restivo e i sostituti Fausto Cardella e Alessandro Cannevale depositano la richiesta di rinvio a giudizio, con l’accusa di omicidio, per Andreotti, Vitalone, Badalamenti, Calò, La Barbera e Carminati. Quest’ultimo chiede e ottiene di essere processato con il rito immediato, saltando così l’udienza preliminare. Il 5 novembre 1995 il gip Sergio Materia rinvia a giudizio gli altri cinque imputati.
L’11 aprile 1996 comincia il processo. A presiedere la Corte d’assise è Paolo Nannarone, che però risulta incompatibile in base alla sentenza della Corte costituzionale sul doppio ruolo dei giudici. Lo sostituisce Giancarlo Orzella. Il 30 aprile i pubblici ministeri chiedono l’ergastolo per tutti gli imputati.
Il 24 settembre 1999 la sentenza di assoluzione per tutti gli imputati “per non avere commesso il fatto”.
Il 13 maggio 2002 comincia il processo d’appello.
Il 17 novembre 2002, in appello, Andreotti e Badalamenti vengono condannati a 24 anni di reclusione.
Il 30 ottobre 2003 la Cassazione, a sezioni unite, primo presidente Nicola Marvulli, annulla senza rinvio la condanna a 24 anni inflitta al senatore a vita Giulio Andreotti dalla corte d’Assise d’appello di Perugia. Marvulli e gli altri otto consiglieri assolvono con formula piena anche il boss Tano Badalamenti. L’assoluzione con formula piena arriva dopo la sollecitazione fatta dal procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, che aveva chiesto l’annullamento definitivo della sentenza di condanna. Il cadavere del giornalista molisano torna ad essere, forse per sempre, un cadavere qualunque.
“Un cadaverino qualsiasi – come amaramente lo definisce Rosita Pecorelli, sorella del direttore di “Op”, sempre presente nelle lunghe ed estenuanti vicende giudiziarie fino al definitivo atto della Cassazione.

NANCY PELOSI
La presidente della Camera Usa

Nancy Patricia D’Alessandro Pelosi, presidente (speaker of the United states House of representatives) della Camera dei Rappresentanti statunitense dal 2007 (prima donna, prima californiana e prima italoamericana a ricoprire tale carica), è nata il 26 marzo 1940 a Baltimora, nello stato del Maryland, da famiglia d’origine molisana. Suo padre, Thomas D’Alessandro, è stato sindaco di Baltimora.
Il nonno materno, Nicola Lombardi, era originario di Fornelli, in provincia di Isernia, nel Molise, e il nonno paterno, Tommaso G. D’Alessandro, era originario di Montenerodomo, piccolo centro in provincia di Chieti in Abruzzo
Si laurea al Trinity College di Washington, dove conosce il futuro marito, Paul Pelosi, con cui ha cinque figli: Nancy Corinne, Christine, Jacqueline, Paul e Alexandra.
Impegnata con i democratici, ne diventa la portavoce per il Nord California. Viene eletta alla Camera nel 1987 nel distretto di San Francisco, città di residenza, da sempre feudo democratico. Nel partito ottiene incarichi sempre più importanti.
Nel suo impegno politico si mette in luce per il sostegno a cause ambientaliste, specie sul fronte energetico, votando ad esempio contro le perforazioni nella costa nord dell’Alaska; è in prima fila nel votare leggi sociali, a sostegno dell’assistenza ai bisognosi, dei diritti degli immigrati, del controllo governativo sull’assistenza sanitaria e per il finanziamento della scuola pubblica; è favorevole all’eutanasia assistita e per la netta separazione tra Stato e Chiesa; è contro l’eccessiva diffusione di armi da fuoco tra i cittadini, anche se, dopo l’11 settembre 2001, approva aumenti di spesa governativi per la difesa nazionale. Tuttavia si oppone alla risoluzione che autorizza il presidente Bush ad impiegare la forza militare contro l’Iraq, esprimendo perplessità sull’esistenza delle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein.
Orgogliosa delle origini italiane, è membro onorario del consiglio di amministrazione della National Organization of Italian American Women.

Nel luglio 2022 è tornata a far visita al suo paese di origine, Fornelli, in Molise.

ALESSANDRO PERRELLA
Il regista assistente di Rossellini e Visconti

Alessandro Perrella è nato a Macchiagodena (Isernia) il 21 dicembre 1945 e vive a Roma dagli anni Sessanta. Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia nel biennio 1967-69, è stato assistente di Roberto RosselliniLuchino Visconti e numerosi altri registi, nonché produttore cinematografico e televisivo di svariati film nel settore documentaristico e pubblicitario. Tra questi, filmati istituzionali, didattici, d’arte, turistici, spot per il cinema e la televisione.

Dal 1980 si occupa anche di doppiaggio, avendo creato una propria società, la Tecnofilm srl. Con l’avvento della fiction, la Tecnofilm  è diventata responsabile di post-produzione di alcune società collegate alle reti Mediaset e Rai, oltre ad altre indipendenti. Nel 2004 ha diretto il film “Vicino al fiume”, nel 2006 “Hell’s fever”, nel 2009 “Night of the Sinner” con Robert Englund, nel 2013 il docufilm “La Madonna del Parto” di Piero Della Francesca, presentato e proiettato alla Camera dei deputati, nel 2015 il docufilm “La Leggenda della Vera Croce” di Piero Della Francesca. Nel 2021 ha diretto il corto “A occhi chiusi” con Milena Vukotic e Valentina Perrella. Nel 2021 ha realizzato il corto “Dante sulla bocca di tutti” con le illustrazioni di Anna Bartolini. Nel 2021 ha scritto e diretto l’edizione italiana di “Inferno 1911” su incarico della Cineteca di Bologna.

ANGELO PERSICHILLI
Il flauto magico

Angelo Persichilli, uno dei più ceelbri flautisti italiani, è nato a Castellino del Biferno (Campobasso) il 15 febbraio 1939 ed è morto a Roma il 15 gennaio 2017).
Ha studiato flauto al Conservatorio Santa Cecilia di Roma con Arrigo Tassinari, si è perfezionato a Zurigo (Svizzera) con Andrè Jaunet, studiando inoltre composizione con Nazario Bellandi e Armando Renzi.
Nel 1958 è diventato primo flauto dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia.
Ha insegnato, dal 1967 al 1968, presso il Conservatorio Casella dell’Aquila, dal 1969 al 1975 al Conservatorio L. d’Annunzio di Pescara e dal 1976 al 1989 presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma.
Dal 1991 ha curato la direzione artistica dell’Associazione Coro Polifonico Romano del Gonfalone di Roma.
Negli anni Settanta ha svolto un’intensa attività concertistica, esibendosi con le più importanti orchestre sinfoniche italiane e internazionali sotto la guida di Abbado, Gatti, Gavazzeni, Maag, Renzetti e Spivakov.
Nel 1978 ha scoperto un concerto di Mercadante per flauto e orchestra presso la Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, che ha poi interpretato ed inciso in prima esecuzione d’epoca moderna con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sotto la guida di Riccardo Chailly. Insieme a Carmelo Bene ha ottenuto un grande successo con l’Hyperion di Bruno Maderna a Milano (Rai) e a Roma (Santa Cecilia).
Ha inciso diversi brani per la Rca, Fonit Cetra, Frequenz, Edi-Pan, Europa ed altre etichette discografiche.
Ha inciso numerose opere in prima esecuzione ed a lui dedicate di molti compositori contemporanei come Francesco Pennisi (eseguito con K. Martin a Torino e con Gabriele Ferro a Palermo) e Goffredo Petrassi.
Come solista ha suonato con molte delle orchestre sinfoniche internazionali.
A Magliano Sabina ha luogo annualmente il premio flautistico a lui dedicato (nel 2019 la seconda edizione).
La figlia Susanna coltiva la passione del padre. Gli altri figli sono Silvia e Alfredo.

ORAZIO MARIA PETRACCA
Il politologo liberale

Orazio Maria Petracca è nato a Duronia (Campobasso) il 27 aprile 1937 ed è morto a Roma nel maggio 2008.
Professore universitario (insegnava dottrina dello Stato e scienza dell’amministrazione presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Salerno), docente nella Scuola superiore di giornalismo della Luiss di Roma, giornalista professionista dal 26 novembre 1974, politologo di formazione giuridico-filosofica, ha collaborato con diverse testate giornalistiche.
E’ stato a lungo editorialista del “Corriere della Sera” e del “Il Sole 24 ore”.
Tra l’altro è stato direttore responsabile del mensile “L’Imprenditore” ed editorialista di “Campagna
amica”, mensile della Coldiretti.
Consigliere di Antonio D’Amato sia quando l’imprenditore è stato presidente dei Giovani Imprenditori (1989-1991) sia nei quattro anni di presidenza della Confindustria (2001-2004), è stato consulente del Sipi.
Molto legato al Molise, ha partecipato a diversi convegni (tra cui quello a ricordo del giornalista molisano Gaetano Scardocchia). D’estate soggiornava a Castelpetroso (Isernia), dov’era proprietario di un palazzo storico e dove ora è sepolto.

Pubblicazioni
Partiti politici e strutture sociali in Italia, con Mattei Dogan, Milano, Edizioni di comunità, 1968.
Storia della prima Repubblica. La democrazia della paura, Milano, Società editoriale mondo economico ; Istituto per gli studi di economia, 1980.
Associazionismo imprenditoriale e impegno politico. L’esperienza della Confintesa, Roma, SIPI, 1984.
Introduzione alla questione istituzionale, Roma, SIPI, 1984.
Le istituzioni politiche, Milano, Il Sole-24 Ore, 2002. Fa parte di La competitività dell’Italia. Ricerca del Centro studi Confindustria.

PONZIO PILATO
Il sannita che se ne lavò le mani

Ponzio Pilato, politico vissuto nel primo secolo dopo Cristo, prefetto della provincia romana della Giudea tra gli anni 26 e 36, è celebre per la citazione nel Vangelo di Matteo quando, di fronte al dramma di Gesù, si lava le mani davanti alla folla dicendo: “Non sono responsabile di questo sangue; vedetevela voi!”.
Isernia rivendica i natali di questo amministratore romano d’origini sannite. Tanto da dedicargli una strada lunga tre chilometri, dalle terme d’acqua sulfurea fino a Coppolicchio, località Canocchia.
Sulle controverse origini sannite sembrano esserci poco dubbi: il nome “Ponzio” era tipicamente sannita. Così si chiamavano, ad esempio, Caio Erennio Ponzio, Caio Ponzio, Ponzio Telesino, tutti condottieri sanniti. E anche Ponzio Aquila, tribuno della plebe che partecipò alla congiura di Cesare. E’ quindi assai probabile che Pilato fosse originario del Sannio. Tuttavia sono numerose
le località che rivendicano i natali del personaggio.
A San Pio di Fontecchio (L’Aquila) vi è la Montagna di Pilato dove la tradizione locale colloca la villa in cui Pilato si sarebbe ritirato prima di morire, che altri collocano invece a Tussio (L’Aquila), nelle vicinanze dell’antica Peltuinum. Anche Bisenti (Teramo) avrebbe una “casa di Ponzio Pilato”. L’origine abruzzese di Pilato sarebbe collegata alla famiglia Vestina dei Ponzi.
Al di là delle sue origini, è principalmente il Nuovo Testamento a raccontarci le vicende che vedono protagonista il prefetto romano. Gesù fu arrestato e portato al cospetto di Pilato dalle autorità ebraiche di Gerusalemme. Venne interrogato e, dalle risposte, considerato blasfemo. La domanda più significativa che Pilato fece a Gesù fu se lui considerasse sé stesso come re dei Giudei. Secondo il Vangelo di Giovanni, Gesù affermò di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità e proseguì dicendo: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Pilato rispose: “Che cos’è la verità?”.
Pilato tentò di non condannare Gesù e, considerato che in occasione della Pasqua era usanza che fosse liberato un prigioniero, Pilato lasciò al popolo la scelta tra Gesù e un assassino di nome Barabba. Il governatore della Siria, Lucio Vitellio, lo destituì nell’anno 36 o 37 a causa della durezza con la quale represse la rivolta dei samaritani a Garizim e l’imperatore Caligola lo mandò nelle Gallie. Anche un brano dello storico giudeo Giuseppe Flavio, risalente all’anno 93 o 94, ci parla di lui in questi termini: “A quel tempo apparve Gesù, un uomo saggio.
Fu autore di molti fatti sorprendenti, maestro che insegnava alle persone che amano la verità, molti tanto giudei come greci lo seguirono. Alcuni dei nostri uomini più importanti lo accusarono davanti a Pilato, e lui lo condannò alla crocifissione. Molti di quelli che lo avevano amato continuarono a farlo; fino ad oggi il gruppo dei cristiani, che a lui devono il loro nome, non è scomparso”. Ancora, Tacito nel 116 o 117: “Cristo era stato ucciso sotto l’imperatore Tiberio dal procuratore Pilato; questa esecrabile superstizione, momentaneamente repressa, è iniziata di nuovo, non solo in Giudea, origine del male, ma anche nell’ Urbe (Roma), luogo nel quale confluiscono e dove si celebrano ogni tipo di atrocità e vergogne”. Nel canto III dell’Inferno, nella Divina Commedia, il celebre “colui che per viltade fece il gran rifiuto”, secondo alcuni studiosi potrebbe essere riferito proprio a Pilato anziché, come si interpreta più comunemente, al Papa molisano Celestino V.

GIAMPIERO PINZI
“Profumi” di vertice

L’ex calciatore Giampiero Pinzi, è nato a Roma l’11 marzo 1981, quartiere Centocelle, da madre di Sant’Elena Sannita (Isernia).
E’ alto un metro e 77 centimetri e pesa 72 chili.
Ha giocato nel ruolo di centrocampista.
E’ cresciuto nell’Almas Roma, storico club dell’Appio Latino (nato nel 1944, con sede in via Lusitania fino al 1965, quindi in via Demetriade 78) che ha sfornato giocatori del calibro di Vincenzo D’Amico, Giancarlo Gladiolo, Giuseppe Giannini, Giancarlo Oddi e Roberto Scarnecchia.
E’ passato poi alla Lazio dove, nel 1998 è entrato nel giro della prima squadra.
Con i biancocelesti ha esordito il 2 novembre 1999.
Un inizio vincente: allo Stadio Dinamo ha partecipato alla vittoriosa trasferta di Champions League Dinamo Kiev-Lazio 0-1.
Nella stessa stagione ha vinto lo scudetto, senza però disputare alcuna partita, e la Coppa Italia (tre presenze).
E’ quindi approdato in squadra nel periodo d’oro del club biancazzurro, con Eriksson, dal 1998 al 2000, quello che ha portato un secondo posto e lo scudetto. Pur non disputando, in questo periodo, partite ufficiali in serie A, comunque ha partecipato alla Champions League. Anzi, proprio nella Coppa dei campioni ha avuto addirittura il battesimo della maglia. Però, giovanissimo, comunque ha accarezzato il sogno della serie A. Il tecnico svedese lo ha convocato per ben quattro volte: Pinzi è infatti in panchina contro il Vicenza (25 ottobre 1998), a Salerno (1 novembre 1998), a Venezia (15 novembre 1998) e contro la Sampdoria (13 ottobre 1998). In più ha assistito ai quarti di finale di Coppa Italia a Roma contro l’Inter (3 dicembre 1998).
Eriksson per lui ha rifiutato persino il prestito al Brescia per osservare da vicino i progressi del giovanissimo calciatore.
Centrocampista di grande sostanza, dotato di un gran tiro da fuori area, è stato di fatto uno dei più grandi talenti del settore giovanile della Lazio. Per anni ha fatto persino il raccattapalle.
Ricorda Pinzi. “Il giocatore che, per caratteristiche, ho sempre cercato di imitare è Almeyda ma l’idolo incontrastato è stato Paul Gascoigne”.
Nel 2000 è stato acquistato in compartecipazione dall’Udinese nell’ambito dell’affare Giannichedda-Fiore. Con l’Udinese trova maggiori spazi.
Gioca, quindi, ad Udine nel campionato 2000-2001, esordendo in serie A il 12 novembre 2000 in un Parma-Udinese finito due a zero per gli emiliani. Ha registrato dieci presenze in serie A.
Nel campionato seguente, sempre con l’Udinese, ha registrato 28 presenze e segnato due gol (nella quattordicesima giornata, Udinese-Verona 2 a 1 (al 41° del secondo tempo) e alla ventiquattresima giornata, Inter-Udinese 3 a 2 (al 43° del secondo tempo).
Nel 2002-2003 le presenze sono state 29, con tre gol. Nella stagione 2003-2004 ha registrato 27 presenze con due gol.
Ha giocato con gente come Roberto Muzzi o Giuliano Giannichedda. “Giocare vicino a Giuliano è stato facile ed un grande onore – spiega Pinzi. “E’ un ragazzo d’oro e mi ha aiutato tantissimo”.
Nel 2006/2007 è diventato capitano dell’Udinese.
Nella stagione 2007-2008 ha collezionato poche presenze per colpa di alcuni infortuni.
Il 21 agosto 2008 è passato al Chievo Verona in prestito con diritto di riscatto della metà.
Il 17 luglio 2009 è stato riconfermato il prestito al Chievo Verona.
Dopo due anni nella squadra di Verona è tornato all’Udinese.
Nella stagione 2010/2011 ha composto con Inler e Asamoah il trio di centrocampo.
Ha segnato il suo primo gol nella seconda esperienza friulana il 1º maggio 2011 in Fiorentina-Udinese della 35ª giornata con una semirovesciata (5-2 il punteggio finale per i viola).
Il mediano romano ha realizzato due reti nel campionato seguente, entrambe in occasione di un pareggio per 2-2: contro la “sua” ex Lazio all’Olimpico alla 16ª giornata e contro il Napoli al Friuli alla 28ª.
Nella stagione 2012-2013 ha segnato contro il Napoli, nella sconfitta per 2-1 dell’Udinese al San Paolo; ha realizzato inoltre due reti a San Siro, prima contro il Milan per il momentaneo pareggio (1-2), poi all’ultima giornata a 45 secondi dal fischio d’avvio, ponendo le basi per la larga vittoria friulana contro l’Inter (5-2).
Il 31 agosto 2015 è stato acquistato dal Chievo.
L’anno dopo finisce in serie B con il Brescia. In tutto gioca 31 partite segnando un gol.
Nel settembre 2017 è la volta del Padova in serie C, con cui al termine della stagione conquista la promozione in B. L’8 gennaio 2019, dopo 35 presenze totali, ha rescisso il contratto e ha abbandonato il calcio giocato.
Nel maggio del 2019 è diventato vice di Igor Tudor, nominato allenatore dell’Udinese.
Ha fatto parte della Nazionale Under 21 in occasione della vittoria dell’Europeo 2004 di categoria segnando un gol al Portogallo in semifinale. Alle Olimpiadi dello stesso anno ha contribuito alla medaglia di bronzo degli “Azzurrini” con un gol alla partita d’esordio contro i pari età del Ghana.
Ha esordito nella nazionale maggiore, il 30 marzo 2005 nell’amichevole di Padova contro l’Islanda.

GIUSEPPE PISTILLI
Una vita al Corriere dello Sport

Giuseppe Pistilli era nato il 18 settembre 1939 a Campobasso. E’ stato vicedirettore del “Corriere dello Sport” nonché firma di punta del giornale per oltre quarant’anni. Era iscritto all’Ordine dei giornalisti, come professionista, dal 1964.
Nato in una famiglia campobassana votata all’arte, molto legato alla sua terra (d’estate era a Termoli, il suo luogo di villeggiatura), professionalmente è nato e cresciuto al “Corriere dello Sport”, dove è entrato appena diciannovenne, da studente di giurisprudenza.
Ricordava Pistilli. “Dividevo il mio tempo tra gli studi e il giornale ed entrando a far parte molto giovane di una redazione giornalistica avevo la possibilità di formarmi all’ombra delle migliori firme del giornalismo sportivo.
Pubblicai quindi in tre anni un buon numero di articoli maturando una discreta esperienza per fare poi il definitivo salto di qualità con i mondiali di calcio del 1962″.
Durante i mondiali di calcio del 1962, Luciano Oppo, direttore del “Corriere delle Sport” inviato in Cile, gli affidò, a lui nemmeno praticante ed appena 23enne, il compito di scrivere i suoi servizi, suscitando il malcontento dei più quotati colleghi.
Da allora quel valido apprendista, ha fatto strada, incentrando la carriera su due elementi: l’amore per lo sport e per il giornalismo.
“Da ragazzo – raccontava Pistilli – giocavo a calcio e a tennis e passavo il mio tempo in famiglia dove mio nonno si dilettava in miniature e mai madre amava dipingere. Vivendo quindi in un ambiente molto legato all’arte, ho sempre avuto la tentazione di voler esprimere qualcosa e accanto all’amore per lo sport è nato in me il desiderio di scrivere e queste due passioni sono poi cresciute insieme”.
Pistilli ha steso anche un bilancio della professione, con le sue inevitabili trasformazioni. “Il giornalismo è cambiato con il diffondersi del mezzo televisivo ed è mutato di conseguenza il modo di raccontare la notizia che deve essere presentata andando oltre le immagini. L’avvento del computer ha modificato poi quelli che erano i meccanismi tecnici del quotidiano e rispetto al passato il lavoro di redazione è diventato molto più impiegatizio. Penso comunque che il vero giornalismo si apprenda ancora nel giornale. E’ lì infatti che si fa la scuola pratica, un affascinante
apprendistato che ti consente di scoprire giorno dopo giorno i segreti di questo mestiere”.
“In questi ultimi anni – continuava Pistilli – la nostra categoria si è inflazionata poiché con la crescita abnorme di radio e televisioni private molti principianti, sprovvisti di alcuna cognizione tecnica, hanno avuto la possibilità di pronunciarsi sui fatti salienti della cronaca italiana. Questo paragiornalismo ha raggiunto la sua massima entità in quello che è il ramo più frequentato, il giornalismo sportivo, dove è inevitabile che si creino dissapori tra chi pratica lo sport e colui che lo interpreta”.
Pistilli, da maestro appassionato del mestiere, ha puntato l’indice anche sul disamore crescente per gli spalti di uno stadio. “Le cause sono molteplici e tutte nel loro insieme contribuiscono ad allontanare la grande platea dallo spettacolo calcistico. La gente fugge dagli stadi perché ha paura e alla luce dei tristi episodi che vediamo la domenica sugli spalti un genitore preferisce non mandare il proprio figlio in curva.
L’aumento costante dei prezzi d’ingresso non consente poi alla famiglia media di poter assistere ad un incontro di calcio e con l’abbondanza di offerta televisiva lo spettatore ha un rigetto e non cerca più quelle sensazioni che provava andando allo stadio.
Un altro particolare secondo me importante al quale molti non danno il giusto risalto è il fatto che i giovani d’oggi sono meno sedentari di noi, praticano e seguono sport diversi dal calcio e c’è quindi una concorrenza che preoccupa. Molta gente, inoltre, stanca della città preferisce passare il fine settimana in montagna rinunciando così a seguire la propria squadra del cuore”.
Il giornalista molisano ha spesso ricordato anche i grandi campioni conosciuti in tanti anni di esperienza professionale. “Da quando seguo il calcio ho sempre apprezzato in un giocatore la determinazione e la capacità agonistica e i due personaggi che ho maggiormente ammirato hanno fatto di queste caratteristiche le loro armi vincenti.
Come atleta ricordo con piacere Gigi Riva, un uomo di grande temperamento che interpretando lo sport in maniera giusta ha sempre rispettato l’avversario dando in campo tutto se stesso. Il fatto che da lombardo si sia innamorato della Sardegna ci da infatti la reale dimensione di questo grande personaggio che ha dato molto allo sport italiano. Ricordo invece come dirigente un uomo di grande volontà, Giampiero Boniperti, che dopo essere stato un duro in campo è diventato, grazie alla sua spiccata competenza calcistica, uno dei migliori presidenti che il calcio italiano abbia mai avuto”.
Giuseppe Pistilli è scomparso il 20 marzo 2018 a Roma. “Forche Caudine” ha partecipato ai funerali in Trastevere.

NINO RICCI
Lo scrittore dell’emigrazione

Pio Nino Ricci è nato nel 1959 a Leamington, nella regione canadese dell’Ontario, da genitori molisani di Villa Canale di Agnone (Isernia) e di Poggio Sannita (Isernia) trasferiti in Canada nel 1954, anno di grandi onde migratorie. Il continuo afflusso di “newcomers” o immigrati in Ontario, l’avanzare dei gruppi etnoculturali di cui quello italo-canadese è uno dei leaders sia in termini culturali che economici, i fermenti separatisti, il processo di revisione costituzionale, le tensioni politiche, le aspirazioni e le lotte degli indiani nativi e la vicinanza non solo geografica con gli Stati Uniti fanno della provincia e del Canada una terra da scoprire.
Quindi degna di essere raccontata.
Laureatosi in letteratura inglese alla “York University” di Toronto, portando come tesi di laurea il suo romanzo, Nino Ricci è cresciuto in mezzo alle famiglie di emigrati ascoltando le storie dei paesi da cui provenivano. Ha quindi studiato per un anno letteratura italiana all’Università di Firenze. E’ stato docente di scuola secondaria in Nigeria quindi di letteratura canadese presso la
“Concordia University” di Montreal.
E’ oggi considerato uno dei principali scrittori canadesi. In Italia ha acquisito ulteriore notorietà grazie alla partecipazione al Salone del libro di Torino e all’edizione televisiva su Canale 5 (con Sophia Loren e Sabrina Ferilli, trasmesso a settembre 2004) del suo primo romanzo “Lives of the Saints” (vite dei Santi), pubblicato nel 1990, diffuso in nove nazioni e tradotto in sette lingue.
A questo successo sono seguito altri due romanzi che hanno completato la trilogia: “In a glass house” (1993), pubblicato in Canada e, in seguito, in Inghilterra, Germania, Danimarca, Svezia e Stati Uniti e “Where she has gone” (1997), tradotto in Italia nel 2000 dalla campobassana Gabriella Iacobucci con il titolo “Il fratello italiano”, per la Fazi Editore.
I tre romanzi narrano la storia del piccolo Vittorio Innocente che, partito da un paesino di fantasia del Molise (denominato “Valle del Sole”), approda in Canada, dove raggiunge il padre emigrato. La madre Cristina, a causa di una sua relazione illecita con un forestiero dagli occhi azzurri, sarà costretta ad affrontare la cattiveria e l’ipocrisia degli abitanti. Le vicende, spesso drammatiche, narrano le difficoltà di integrazione culturale in Canada da parte degli emigrati italiani.
Una storia che come molti critici in lingua inglese hanno evidenziato “apre uno squarcio sulla calma bucolica di un paesino tipico del Sud e racconta delle sofferenze e del carattere di una donna contro tutti, che peccatrice o santa che sia, non si arrende”. Una storia tutta italiana ma filtrata dalla sensibilità di uno scrittore che non ha mai vissuto quella tragedia ma l’ha sentita raccontata per tante e tante sere e in tanti dialetti.
“Vita dei Santi” è stato pubblicato in Gran Bretagna da Allison & Busby of W.H. Allen e in Canada da Alfred A. Knopf.
Ricci ha pubblicato per la “Cormorant Books”, ricevendo numerosi e prestigiosi premi, tra cui il “F.G. Bressani Prize”, il “Smithbooks/Books” in Canada, “First Novel Award” ed il “Governor General’s award for fiction”.

Opere

GIOSE RIMANELLI
Lo scrittore condannato all’isolamento

Giose Rimanelli era nato a Casacalenda (Campobasso) il 28 novembre 1925 ed è morto a Lowell, in Massachussetts, negli Usa, il 6 gennaio 2018, a 92 anni.
E’ stato uno scrittore, poeta e saggista.
Di padre italiano e madre canadese, dal 1960, ha vissuto due anni in Canada e 56 anni negli Stati Uniti, di cui oltre trent’anni nel Massachussetts.
In America ha insegnato Italiano e Letteratura comparata in varie università (NYU, Sarah Lawrence University, Yale University, British Columbia, UCLA e State University of New York at Albany).
Il suo nome è principalmente legato al romanzo Tiro al piccione (1953), da cui è stato tratto il film omonimo per la regia di Giuliano Montaldo.
È stato il primo italiano invitato a parlare alla Biblioteca nazionale (la Biblioteca del Congresso) degli Stati Uniti nel 1960.
Nel 1992, il suo primo romanzo in inglese, “Benedetta in Guysterland” (Guernica Press) ha vinto il prestigioso premio American Book Awards.
Nel 2008, ha ricevuto il Premio Acerbi (Castel Goffredo) per la carriera di successo in ambito della letteratura italoamericana.

Opere
Giose Rimanelli, Tiro al piccione, Milano, Mondadori, 1953; Torino, Einaudi, 1991.
Giose Rimanelli, Peccato originale, Milano, Mondadori, 1954.
Giose Rimanelli, Biglietto di terza, Milano, Mondadori, 1958.
Giose Rimanelli, Il mestiere del furbo: panorama della narrativa italiana
contemporanea, Milano, Sugar, 1959.
Giose Rimanelli, Una posizione sociale, Firenze, Vallecchi, 1959. Rist. col tit. La
stanza grande, introduzione di Sebastiano Martelli, Cava dei Tirreni, Avagliano, 1996.
Giose Rimanelli, Carmina blabla: versi e disegni, 1959-1967, Padova, Rebellato,
1967.
Giose Rimanelli, Discorso con l’altro: Salò, la guerra civile e l’Italia del dopoguerra,
Milano, Mursia, 2000.
Bibliografia
Fratianni e la «Vita nuova», Campobasso, Palladino, 2008.
Fratianni e la follia. Cervantes, Defoe, Campana, Campobasso, Palladino, 2004.
Il viaggio. Un paese chiamato Molise, Isernia, Cosmo Iannone, 2003.
Gioco d’amore amore del gioco. Poesia provenzale e moderna in dialetto molisano e
lingua, Isernia, Cosmo Iannone, 2002.
Familia. Memoria dell’emigrazione, Isernia, Cosmo Iannone, 2000.

ROBERTO RIVELINO
Quelle “punizioni” indimentibili

Roberto Rivellino, indimenticabile calciatore brasiliano, campione del mondo con la Nazionale brasiliana ai Mondiali di calcio del 1970, è nato a San Paolo del Brasile il 1º gennaio 1946 da una famiglia originaria di Macchiagodena (Isernia), dove il cognome è ancora particolarmente presente. Di lui si ricordano soprattutto i tiri di punizione, potentissimi, di sinistro.
Centrocampista dotato di una tecnica sorprendente, emergeva anche nel dribbling, da buon brasiliano.
Aveva iniziato a giocare a calcio a 5 con il Clube Indiano, squadra della sua città. Scoperto dal
Corinthians, vi ha militato per numerosi anni. E’ passato poi al Fluminense di Rio de Janeiro, vincendo due scudetti (1975 e 1976). Divenuto l’idolo dei tifosi locali, ha rinunciato alle importanti offerti provenienti dalle squadre europee, rimanendo in Brasile fino al 1979, quando è stato acquistato da una squadra dell’Arabia Saudita, l’El Hemal.
Si è ritirato dall’agonismo nel 1981, diventando anche allenatore ma soprattutto rimanendo uno dei giocatori-simbolo dei calci di punizione. Con la Nazionale brasiliana ha giocato oltre 100 partite. Convocato per la prima volta a 19 anni, ha partecipato al vittorioso mondiale del 1970, in cui ha segnato anche tre
indimenticabili reti. Ha partecipato anche ai Mondiali del 1974 e del 1978. Nel 2004 Pelè l’ha inserito nella lista del Fifa 100, che include ai più grandi calciatori viventi.
“Una faccia da eccezziunale veramente. Come il primo Diego Abatantuono, con il baffo al posto giusto”. Così lo descrive il giornalista Tony Damascelli. Che racconta in un articolo per i sessant’anni del fenomeno italo-brasiliano: “I favolosi anni Settanta lo videro protagonista, tre mondiali, uno micidiale in Messico al punto che i giornalisti con il sombrero definirono il suo tiro «patada atomica» perché con quella coscia da wrestling Rivelino sapeva scaricare una potenza esplosiva, roba da squarciare un muro non soltanto una barriera su punizione. Qualcuno ha forse dimenticato quel momento da scherzi a parte al mondiale ’74? La barriera dello Zaire si piazza, Rainea, arbitro rumeno, fischia, Rivelino studia la traiettoria, indugia, tentenna e dal gruppetto africano si stacca uno con la maglietta numero 2, si chiama Mwepu e di nome fa Illunga. Costui va diritto verso il pallone e lo calcia, sì proprio lui mentre Rivelino assiste, Rainea estrae il cartellino dell’ammonizione”.
Damascelli continua a farci sognare: “Il reuccio del parco, così lo chiamavano a Rio fermo restando che il monarca assoluto era, resta e resterà Pelè che a fianco di Rivelino giocò. Uno con un tiro così, con una finta da fermo e in corsa, quasi volasse, non lo ricordo. Nemmeno Adriano che mette già paura a prescindere. Eppure Rivelino conta una sola vittoria di campionato, nel 1975 col Fluminense contro l’America al Maracanà. Erano gli ultimi trenta secondi della partita e un tale Braulio prese il pallone con la mano, a venti metri dalla propria porta. Pais che era il portiere dell’America scrutò il cielo e incominciò a pregare. Rivelino piazzò il pallone, baciò lo stesso, prese una breve rincorsa, scaricò la rabbia. Non si hanno notizie di Pais, si hanno ancora notizie del Maracanà e della torcida «Flu» mentre quella dell’America versava lacrime”.

GIUSEPPE ROSSI
Talento e sfortuna

Giuseppe Rossi, mancino, nato a Teanek, nello Stato di New York, il primo febbraio del 1987 da genitori italianissimi, padre abruzzese di Fraine (Chieti) e mamma molisana di Acquaviva d’Isernia, è un giocatore di calcio.
La doppietta di Rossi entrata nella leggenda è quella che proietta nel 2005 il Manchester United al quarto turno della FA Cup. Il gioiellino italiano va a segno due volte nel cinque a zero che i “red devils”, i “diavoli rossi” inglesi, rifilano al Burton Albion nel replay del terzo round. Le altre reti, all’Old Trafford, vengono realizzate da Louis Saha, Kieron Richardson e Ryan Giggs. Gol che conquistano un pubblico abituato ad ammirare campioni del calibro di Wayne Rooney o Cristiano Ronaldo.
Il ragazzino, grande prodigio calcistico, ha appena diciott’anni. E’ stato ingaggiato nell’estate del 2004 dai Red Devils per 200mila sterline. E fa già parlare di sé il mondo intero. Sir Alex Ferguson lo tiene in un palmo di mano. Dice di lui: “Migliora ogni istante. Ha un futuro luminoso davanti a sé. Probabilmente è il giocatore più efficace dell’intero club per quanto riguarda il gioco nei pressi dell’area di rigore. Lo abbiamo convocato in prima squadra per la gara contro l’Everton. Ha un temperamento eccezionale per un attaccante”.
La sua caratteristica principale, oltre al tiro forte e preciso, è l’accelerazione palla al piede, che gli permette di liberarsi per servire assist o concludere a rete.
In Italia è seguito con interesse da diversi club. Bruce Arena, ct della nazionale statunitense, fa di tutto pur di averlo nella nazionale a stelle e strisce ai mondiali.
Il ragazzo, nato in America, approda in Italia ad appena 13 anni. A Parma, dove cresce anche calcisticamente nelle giovanili negli anni d’oro del club calcistico locale.
Accompagnato da papà Fernando. Nelle giovanili parmensi si ritaglia subito un ruolo da protagonista, anche se originariamente a centrocampo, posizione che con gli anni si è fatta sempre più offensiva, rendendolo di fatto un attaccante.
Quindi, a luglio 2004, emigra nel Regno Unito, segnalato a Ferguson dagli emissari del club in Italia. In Emilia non la prendono bene, tant’è che la vicenda ha strascichi legali da parte degli avvocati dei gialloblù nei riguardi del club inglese e dell’Arsenal,
scaltro a prelevare un altro gioiellino calcistico italiano dalla formazione degli allievi, Lupoli, una punta che mette a segno quaranta gol in venti partite.
Rossi è però poco utilizzato, ma si fa notare durante la tournèe asiatica dei “red devils”, quando segna due gol in tre gare. La sua prima rete in Premiership risale al 15 ottobre, nel tre a uno del Manchester al Sunderland.
Dopo il prestito al Parma, torna all’estero: il Manchester United lo cede al Villarreal per 11 milioni di euro. Segna il primo gol con la maglia del Villarreal nella sua prima presenza assoluta, il 26 agosto 2007, contro il Valencia.
Il 4 novembre, nel 2-2 con l’Atletico Madrid, subisce la rottura del menisco esterno e lo stiramento del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Resta lontano dai campi fino al 20 dicembre. Nel suo primo anno in Spagna segna 11 reti in 27 partite nella Liga, contribuendo allo storico secondo posto della sua squadra.
Il 30 settembre 2008 disputa la prima partita di Champions League 2008-2009 con il Villarreal contro il Celtic. Alla fine della stagione, Rossi batte il proprio record personale, realizzando 12 gol in 30 partite. Il Villarreal conclude il campionato al quinto posto. In Champions League realizza tre reti, due all’Aalborg Boldspilklub rispettivamente nelle gare di andata e di ritorno e una al Panathinaikos.
Nella stagione 2010-2011 realizza 32 gol in tutte le competizioni e diventa il miglior marcatore della storia del Villarreal. In Europa League realizza 11 reti: il Villarreal arriva fino alle semifinali, eliminato dal Porto, vincitore della coppa.
Il 26 ottobre 2011, nell’incontro di campionato perso per 3-0 al Bernabéu contro il Real Madrid, si procura la rottura del legamento crociato del ginocchio destro. Viene operato il giorno seguente, con una prognosi di recupero di circa sei mesi. Ma il 13 aprile 2012 in allenamento riporta una nuova lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio destro già infortunato; la successiva operazione determina un ulteriore stop di quattro mesi a cui farà seguito una terza operazione nell’ottobre seguente che allunga i tempi di recupero di altri sei mesi. Il Villarreal, privo di Rossi, retrocede nella Segunda División alla fine della stagione 2011-2012.
Il 4 gennaio 2013 la Fiorentina lo acquista a titolo definitivo dal Villareal per 10 milioni di euro più 6 di bonus. Torna in campo il 19 maggio, esordendo con la maglia della Fiorentina nell’ultima giornata del campionato.
Segna il primo gol in maglia viola il 26 agosto 2013, alla prima giornata di campionato, nella partita Fiorentina-Catania 2-1. Il 20 ottobre 2013 realizza una tripletta nella gara di campionato contro la Juventus vinta in rimonta per 4-2. Il 5 gennaio 2014, nella partita contro il Livorno, si infortuna di nuovo al ginocchio a causa di un fallo di Leandro Rinaudo.. Altri quattro mesi di stop. Conclude la stagione con 24 presenze e 17 gol realizzati.
Il 5 settembre 2014 ancora un’operazione in artroscopia al ginocchio destro in Colorado. Rossi rimane fermo per l’intera stagione 2014-2015.
Torna in campo il 30 agosto 2015, entrando nel secondo tempo della partita Torino-Fiorentina 3-1 alla seconda giornata della Serie A 2015-2016. Il 23 gennaio 2016 passa in prestito fino al termine della stagione al Levante, in Primera División.
Realizza 6 gol.
Torna a Firenze, disputa gli ultimi dieci minuti di Juventus-Fiorentina 2-1 del 20 agosto 2016 e otto giorni dopo è ceduto in prestito al Celta Vigo. Il 25 settembre realizza il suo primo gol nella Liga spagnola contro l’Espanyol. Dopo ottime prestazioni in Spagna, subisce l’ennesimo grave infortunio al ginocchio sinistro con la rottura del legamento crociato anteriore.
Nel dicembre 2017 fa il suo esordio con il Genoa e nel 2018 è sanzionato con una nota di biasimo per una vicenda di doping.
Ha giocato anche in nazionale, convocato da Marcello Lippi il 5 ottobre 2008 per due partite delle qualificazioni al Mondiale 2010 (esordio l’11 ottobre 2008, a 21 anni, subentrando a Di Natale nel secondo tempo di Bulgaria-Italia 0-0). Il 19 novembre gioca per la prima volta da titolare in Nazionale nell’amichevole disputata ad Atene contro la Grecia. Realizza il suo primo gol in nazionale il 6 giugno 2009 in amichevole contro l’Irlanda del Nord. Rimarrà nel giro della nazionale per tre anni, fino all’esclusione definitiva da parte di Prandelli.

La sua e-mail per scrivergli: [email protected]

SERENA ROSSI
Versatilità d’attrice

Serena Rossi nasce a Napoli il 31 agosto 1985 da una famiglia di musicisti molisani originari di Montefalcone nel Sannio (Campobasso).
Il suo esordio come cantante è nel 2002, nel musical “C’era una volta…Scugnizzi” di Claudio Mattone ed Enrico Vaime.
L’anno seguente è scritturata per il ruolo di Carmen Catalano in “Un posto al sole”.
Nel 2005 torna in teatro e recita nel musical “Mal’aria”, scritto e diretto da Bruno Garofalo, versione napoletana di Romeo e Giulietta.
A fine 2006 esce il suo primo lavoro discografico intitolato “Amore che”.
Dopo numerose apparizioni televisive, nel 2007 gira il suo primo film, “Liberarsi – Figli di una rivoluzione minore”, opera prima di Salvatore Romano. Nel novembre successivo è tra i protagonisti dell’episodio “La vampa d’agosto” della serie tv “Il commissario Montalbano”.
Nel 2010 recita nella miniserie televisiva “Sant’Agostino” di Christian Duguay, quindi in “Ho sposato uno sbirro”, in onda su Rai 1. Nel 2011 è in “Che Dio ci aiuti” e l’anno seguente fa parte del cast della terza stagione di “R.I.S. Roma – Delitti imperfetti”.
Nel 2013 è coprotagonista della pellicola “Song’e Napule” dei Manetti Bros. e con lo stesso cast negli anni successivi parteciperà alla serie tv “L’ispettore Coliandro”.
Nel 2013 la consacrazione teatrale: nei panni di Rosetta è protagonista, al fianco di Enrico Brignano, della nuova edizione di “Rugantino”.
Nel 2014 partecipa come concorrente alla trasmissione di Rai 1 “Tale e quale show”, vincendo la quarta edizione.
Nel 2015 entra nel cast della fiction “Squadra mobile”.
Nel 2017 torna a lavorare con i Manetti Bros nel film “Ammore e malavita”, presentato alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia; nel settembre sostituisce Caterina Balivo, in maternità, alla guida del programma pomeridiano “Detto fatto” di Rai 2, mentre il mese seguente è la protagonista dello show del sabato sera “Celebration” su Rai 1, accanto a Neri Marcorè.
Nel 2018 è scelta da Renzo Rubino per duettare nel brano “Custodire” al Festival di Sanremo.
Nel 2019 interpreta Mia Martini nel film tv “Io sono Mia” di Riccardo Donna.

Film
Liberarsi – Figli di una rivoluzione minore, regia di Salvatore Romano (2007)
Song’e Napule, regia dei Manetti Bros. (2014)
Ti sposo ma non troppo, regia di Gabriele Pignotta (2014)
Troppo napoletano, regia di Gianluca Ansanelli (2016)
Al posto tuo, regia di Max Croci (2016)
Ammore e malavita, regia dei Manetti Bros. (2017)
Caccia al tesoro, regia di Carlo Vanzina (2017)
Brave ragazze, regia di Michela Andreozzi (2019)

Televisione
Rosafuria, regia di Gianfranco Albano – film tv (2003)
Salvo D’Acquisto, regia di Alberto Sironi – miniserie tv (2003)
Un posto al sole – soap opera (2003-2010)
Virginia, la monaca di Monza, regia di Alberto Sironi – miniserie tv (2004)
Padri e figli, regia di Gianni Zanasi e Gianfranco Albano – miniserie tv (2005)
La moglie cinese, regia di Aurelio Grimaldi – miniserie TV (2006)
Un posto al sole d’estate – soap opera (2007)
Il commissario Montalbano – serie tv, episodio 7×01 (2008)
Puccini, regia di Giorgio Capitani – miniserie tv (2008)
Sant’Agostino, regia di Christian Duguay – miniserie tv (2009)
Ho sposato uno sbirro – serie tv (2010)
Eroi per caso, regia di Alberto Sironi – miniserie tv (2011)
Dove la trovi una come me?, regia di Giorgio Capitani – miniserie tv (2011)
Che Dio ci aiuti – serie tv, 16 episodi (2011)
R.I.S. Roma – Delitti imperfetti – serie tv (2012)
Caruso, la voce dell’amore, regia di Stefano Reali – miniserie tv (2012)
Il clan dei camorristi – serie tv, 8 episodi (2013)
Adriano Olivetti – La forza di un sogno, regia di Michele Soavi – miniserie tv (2013)
Rossella – serie tv, 5 episodi (2013)
Rex – serie tv, 1 episodio (2015)
Squadra mobile – serie tv, 16 episodi (2015)
Il coraggio di vincere, regia di Marco Pontecorvo – film tv (2017)
L’ispettore Coliandro – serie TV, episodi 5×02-7×02 (2016-2018)
Io sono Mia, regia di Riccardo Donna – film tv (2019)

Programmi tv
Le note degli angeli (2012)
Tale e quale show (2014)
Tale e quale show – Il torneo (2014-2015)
Na Tale e quale show (2016)
Il nostro Totò (2017)
Radio Italia Live (2017)
Piccoli giganti (2017)
Un goal per l’Italia (2017)
RadioItaliaLive – Il concerto (2017)
Detto fatto (2017)
Celebration (2017)
Da qui a un anno (2018)
Eurovision Song Contest (2018) – commentatrice
Andrea Bocelli – Ali di libertà (2019)

Teatro
C’era una volta…Scugnizzi, regia di Gino Landi e Claudio Mattone (2002-2003)
Mal’aria, regia di Bruno Garofalo (2005)
Rugantino, regia di Enrico Brignano (2013)

MARIA ROSARIA RUSSO
I tanti film con Antonio Albanese

Maria Rosaria Russo, attrice, è nata a Termoli, in provincia di Campobasso.
Si è trasferita a Bologna all’età di 18 anni, dove ha conseguito la laurea in economia e commercio, e contemporaneamente un diploma di recitazione teatrale.
Attualmente vive a Roma.
Nella Capitale lavora come attrice per il cinema e la tv, senza però abbandonare la sua principale passione per il teatro.
Tanti i film a cui ha preso parte, i più con la regia di Giulio Manfredonia. Il primo è stato “Tutto tutto niente niente” del 2012, con Antonio Albanese, regia di Giulio Manfredonia.
Tra gli altri: “Cetto c’è, senzadubbiamente (2019)”, diretto da Giulio Manfredonia, con Antonio Albanese e Caterina Shulha; “La nostra terra”, regia di Giulio Manfredonia (2014); “Si può fare”, regia di Giulio Manfredonia (2008); “Amore, bugie e calcetto”, regia di Luca Lucini (2007); “Chiudi gli occhi”, regia di Simone Feriani (2001); “Prima dammi un bacio”, regia di Ambrogio Lo Giudice (2001). In tv ha partecipato a: “Nemici amici” (2010), “Fratelli detective” (2010), “Dimmi che non vuoi morire” (2008), “La scelta di Laura” (2009), “Le ali” (2008), “I liceali” (2007), “Il commissario Rex” (2007), “La squadra 7” (2006), “Rino Gaetano” (2006), “Le ragazze di San Frediano” (2006), “Distretto di polizia 6” (2006), “Medicina generale” (2006).
A teatro: “Le parole non contano”, regia di Giulio Manfredonia (2007), “Gino non si tocca più”, regia di Gianluca Ansanelli (2006), “Non è solo una battuta”, regia di Gabriele Cirilli (2004), “Motonave Cenerentola”, regia di Daniele Sala (2003-2004), “Roncofritto show”, regia di Daniele Sala (2003), “Tormiento Sexy Circuì”, regia di Daniele Sala (2002-2003), “Roncofritto Global Show”, regia di Daniele Sala (2002).
Ha girato anche alcuni spot pubblicitari, tra cui quello del Conad, con la regia di Alessandro Cappellitti (2005) e di Tuborg, con la regia di Lucio Pellegrini (2001).

DANIELA SABATINO
Calciatrice di successo

Daniela Sabatino è una delle più note calciatrici italiane.
E’ nata ad Agnone (Isernia) il 26 giugno 1985 ed è cresciuta nella vicina Castelguidone,
E’ cresciuta nelle file del Campobasso, con cui ha esordito in serie B.
E’ quindi approdata in serie A nel 2000 a soli 15 anni con il Picenum.
Ha segnato il suo primo gol in serie A il 28 ottobre del 2000 contro il Milan. L’anno successivo è passata all’Isernia dove ha vinto il campionato di serie B segnando anche 18 gol, per poi passare al Casalnuovo in serie A2.
Con il fallimento della società napoletana, è tornata in Molise nel Monti del Matese Bojano, con cui ha incassato una doppia promozione dalla serie B alla serie A, vincendo anche il titolo di cannoniere con 28 reti in 22 gare.
Si è quindi trasferita in Svizzera per giocare con il Rapid Lugano, dopo un anno è tornata in Italia per giocare con la Reggiana: in quattro anni ha segnato 61 reti in 88 gare di campionato, oltre a 26 reti su 26 gare di Coppa Italia, collezionando 114 presenze ed 87 reti in gare ufficiali. Ha conquistato anche la Coppa Italia 2008/09, battendo ai rigori la Torres e stabilendo anche un record personale, andando a segno in tutte le gare disputate dalla Reggiana nella competizione.
Il 20 luglio 2010 è stata ingaggiata dal Brescia, con cui ha conquistato il titolo di capocannoniere della serie A, ex aequo con Patrizia Panico. Nel secondo anno ha conquistato la sua seconda Coppa Italia, segnando il gol partita nel 3-2 dopo i supplementari contro il Napoli. Con il Brescia, l’11 gennaio 2014, ha segnato il gol numero 100. A fine stagione, con le sue 35 reti in 30 partite, ha contribuito in modo decisivo alla conquista del primo scudetto del Brescia.
Dopo otto stagioni al Brescia, nell’estate del 2018 è passata al Milan, sotto la guida tecnica di Carolina Morace. Nella stagione 2018-2019 ha registrato 27 presenze, 17 reti in campionato e 2 in Coppa. La squadra ha raggiunto il terzo posto in campionato.
Dopo la stagione al Milan, nel 2019 è passata al Sassuolo di Gianpiero Piovani, già suo allenatore nell’ultima stagione al Brescia.
Lunga la presenza nella Nazionale italiana, iniziata il 24 settembre 2005 con il primo incontro per le qualificazioni al Mondiale di Cina 2007. Nel 2011 è stata convocata per l’edizione 2011 della Cyprus Cup, impiegata in due dei quattro incontri disputati.
Da allora è stata convocata con continuità.

ROCCO SABELLI
Una vita da manager

Rocco Sabelli, tra i maggiori manager pubblici italiani, è nato ad Agnone (Isernia) il 12 agosto 1954. Attualmente è presidente di Invitalia, dopo essere stato presidente e amministratore delegato di Sport e Salute.

Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria chimica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha iniziato la sua carriera professionale nello Zuccherificio del Molise, per poi passare nell’ex Gepi (oggi Invitalia), dove si è occupato di fusioni e acquisizioni. Nel 1985 è passato in Ageni (gruppo Eni), come responsabile di fusioni e acquisizioni, sviluppo progetti e pianificazione strategica.

Dal 1990 al 1992, sempre nel Gruppo Eni, è stato amministratore delegato e presidente della Nuova Ideni, finanziaria di partecipazioni industriali.

Dal 1993 è stato in Telecom Italia, guidata dal corregionale Vito Alfonso Gamberale, come Responsabile pianificazione e controllo della Regione Lazio e, dal 1994, Responsabile pianificazione e controllo dell’Information technology nella Divisione centrale. A seguire è vice direttore generale di Tim (1997) e direttore generale (1998). L’anno seguente è direttore Mercato Italia Rete Fissa e Internet in Telecom Italia.

Nel 2002 è tra i fondatori di Omniainvest, di cui è diventato amministratore delegato.

Nel 2003 è amministratore delegato della finanziaria IMMSI di Roberto Colaninno e amministratore delegato della società controllata Piaggio.

Dal 2008 è amministratore delegato di Alitalia, dimettendosi a febbraio 2012.

GAETANO SCARDOCCHIA
L’ex direttore della Stampa

Gaetano Scardocchia era nato a Campobasso nel 1937 ed è morto a New York nel 1993). Giornalista, è stato direttore de “La Stampa” dal 1986 al 1990.
Figlio di un barbiere molisano morto prematuramente, con grandi sacrifici Gaetano è riuscito a prendere il diploma al liceo ginnasio «Mario Pagano» di Campobasso, una vera e propria istituzione nel capoluogo molisano.
Iscrittosi all’Università “La Sapienza” di Roma, durante gli studi ha cominciato la pratica giornalistica all’agenzia Agi.
Studiando di giorno e lavorando di notte è riuscito a laurearsi in Scienze politiche.
Il suo primo lavoro da giornalista è stato di corrispondente del quotidiano milanese “Il Giorno” dall’Austria e poi dalla Germania Ovest. Ha imparato il tedesco principalmente grazie alla fidanzata austriaca, che poi ha sposato e dalla quale ha avuto due figli.
Nel corso della carriera ha lavorato per quotidiani nazionali come il “Corriere della Sera”, “Il Giorno”, “La Repubblica” e “La Stampa, per la quale è stato corrispondente da New York fino alla morte, avvenuta nel 1993. Per cinque anni (1986-1990) è stato anche direttore del quotidiano torinese.
E’ morto stroncato da un infarto a soli 56 anni.
Tra i suoi scoop celeberrimi, ricordiamo l’inchiesta sul «caso Lockheed» del 1976, realizzata a sei mani con i colleghi Giampaolo Pansa e Pierluigi Franz. Pubblicata sulle pagine del “Corriere della Sera”, generò un terremoto politico fino alle dimissioni dell’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone.
Dal 2009 il nome di Gaetano Scardocchia è legato all’omonimo premio giornalistico internazionale.
Imperdibile, per approfondire la conoscenza del giornalista molisano, il bel libro “Gaetano Scardocchia, Lezioni di giornalismo”, Edizioni Enne, a cura del giornalista molisano Giuseppe Tabasso.
Lo stesso Tabasso ha curato “Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande reporter” per le Edizioni Il Bene Comune di Campobasso. 2008

EDOARDO SIRAVO
Il Re dei doppiatori

Edoardo Siravo è nato a Roma il 12 aprile 1955 da famiglia molisana originaria di Roccaravindola, in provincia d’Isernia. Si diploma all’Accademia d’arte drammatica.
Inizia la carriera artistica debuttando in teatro, dove svolge un’intensissima attività. Dal 1980 partecipa regolarmente alla stagione del Teatro Greco di Siracusa recitando in numerosi spettacoli. Dal 1988 lavora con il Teatro San Carlo di Napoli. Nel 1993 inizia la collaborazione con il Teatro di Roma, lavorando con i principali registi: da Missiroli a Gassman, da Lavia a
Ronconi. Tra il 1995 e il 1998 partecipa al Festival internazionale delle scuole di recitazione di Casablanca, dove consegue un premio per la regia e tre premi per i suoi allievi-attori.
Intensa l’attività in televisione e nel cinema. Tra le principali pellicole, ricordiamo “Mosca addio” e “La famiglia Ricordi” del 1987 su Raiuno di Mauro Bolognini, “Arrivederci e grazie” del 1988, “Linda e il brigadiere” del 1997 su Raiuno, episodio “La bellezza dell’asino”, nel ruolo di Corrado Pozzoli. Nel 1999 è nello sceneggiato “L’ispettore Giusti” su Raidue nel ruolo dell’ispettore Nicola Urbani. In “Viaggi di nozze” di Carlo Verdone del 1995 ha il ruolo del marito della sorella. Grande
notorietà gli ha dato la soap opera “Vivere” in onda dal 1999 su Canale 5, dove ha il ruolo del commissario Vincenzo Leoni.
E’ anche un valido doppiatore. Tra i principali attori cui ha dato la voce: Kevin Pollak in “Casinò” (Phillip Green), Colm Feore in “Titus”, Lloyd “Benny” Bennett in “L’agguato”, Izudin Bajrovic in “Benvenuto Mr. President” (Mugdim). E’ la voce della formica psicologo nel film d’animazione “Z la formica”, è la voce di Christian Goebel in “Paul e Clara”, film per la tv. Ed ancora: Stefan Gubser in “Poliziotti d’Europa” (Miguel Bernauer), Richard Hatch e John O’Hurley in “Santa Barbara” (Steven Slade)
E’ il compagno dell’attrice Vanessa Gravina. Ha una figlia. Ama gli animali: ha in casa una tartaruga, un riccio e numerosi rospi.

Film
Mosca addio, regia di Mauro Bolognini (1987)
Arrivederci e grazie, regia di Giorgio Capitani (1988)
Viaggi di nozze, regia di Carlo Verdone (1995)
L’ultimo re, regia di Aurelio Grimaldi (2009)
Anno zero, regia di Milo Vallone (2010)
Un’insolita vendemmia, regia di Daniele Carnacina (2013)
Amore tra le rovine, regia di Massimo Ali Mohammad (2014)
Un’avventura romantica, regia di Davide Cavuti (2016)
Preghiera, documentario, regia di Davide Cavuti (2017)
Exitus “Il Passaggio”, thriller medievale, regia di Alessandro Bencivenga (2019)
Lectura Ovidii, regia di Davide Cavuti (2019)

Tv
Sceneggiato: “La famiglia Ricordi” (RaiUno, 1987), regia di Mauro Bolognini, nel ruolo di Tito Ricordi
Sceneggiato: “Linda e il brigadiere” (RaiUno, 1997), episodio “La bellezza dell’asino”, nel ruolo di Corrado Pozzoli
Sceneggiato: “Il maresciallo Rocca” (RaiUno, 1999), nel ruolo del ragioniere Stasi
Soap opera: “Vivere” (Canale 5, dal 1999), nel ruolo del commissario Vincenzo Leoni
Sceneggiato: “L’ispettore Giusti” (RaiDue, 1999), nel ruolo dell’isp. Nicola Urbani
Sceneggiato: “Ho sposato un calciatore” (Canale 5, 2005), nel ruolo dell’allenatore
Serie: “Rex” (Rai 1, 2009), episodio 2.10 “Il tombarolo”, nel ruolo di Fabio di Leo
Serie: “Distretto di Polizia 10” (Canale 5, 2010), regia di Alberto Ferrari, nel ruolo del magistrato Sinatra

Attori doppiati
Jeremy Irons in “Le crociate – Kingdom of Heaven” (Tiberias), “Red Sparrow” (Gen. Vladimir Andreievich Korčnoi)
Gérard Depardieu in “Germinal” (Toussaint Maheu), “Potiche – La bella statuina” (Maurice Babin)
Brendan Gleeson in “La legge della notte” (Thomas Coughlin), “Paddington 2” (Nocche McGinty)
John Goodman in “A proposito di Davis” (Roland Turner), “10 Cloverfield Lane” (Howard Stambler)
Keith Richards in “Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo” e “Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare” (Cap. Teague Sparrow)
Peter Hambleton in “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug” e “Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate” (Gloin)
Kevin Pollak in “Casinò” (Phillip Green)
Jeff Bridges in “Kingsman: il Cerchio d’Oro” (Champagne “Champ”)
Kurt Russell in “Guardiani della Galassia: Vol. 2” (Ego)
Kevin Costner in “McFarland, USA” (Jim White)
Miguel Ferrer in “Mr. Magoo” (Ortega Perù)
Bill Paxton in “Million Dollar Arm” (Tom House)
Colin McFarlane in “Paziente Zero” (Gen. Pierce)
Bruce Greenwood in “Padri e figlie” (William)
Christopher Reeve in “Ciao Julia, sono Kevin” (Bob “Bagdad” Freed)
Ray Winstone in “Biancaneve e il cacciatore” (Gort)
Stephen Lang in “Macchine mortali” (Shrike)
Michael Biehn in “Jade” (Bob Hargrove)
Jon Eyez in “Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie” (Foster)
Domenick Lombardozzi in “Il ponte delle spie” (Ag. Blasco)
Nicholas Le Prevost in “Testament of Youth – Generazione perduta” (Sig. Leighton)
Daniel Zacapa in “Diverso come me” (Julio Larraz)
Peter Fonda in “Fuga da Los Angeles” (Pipeline)
Glenn Morshower in “X-Men: l’inizio” (Col. Hendry)
Peter Weller in “La dea dell’amore” (Jerry Bender)
Glenn Fleshler in “1981: indagine a New York” (Arnold Klein)
Jack Conley in “Anarchia – La notte del giudizio” (Big Daddy)
Charles Rocket in “Scemo & più scemo” (Nicholas Andre)
Stephen Collins in “Perchè te lo dice mamma” (Joe)
Nicholas Farrell in “Hamlet” (Orazio)
Jon Freda in “Cose nostre – Malavita” (Rocco)
Colm Feore in “Titus” (Marco Andronico)
Tony Martin in “Paradiso + Inferno” (Jim Wyatt)
John de Lancie in “La mano sulla culla” (Victor Mott)
Lloyd “Benny” Bennett in “L’agguato” (Benny Bennett)
Jean Fornerod in “Quando hai 17 anni” (Jacques Charpoul)
Johannes Krisch in “Revanche – Ti ucciderò” (Alex)
Ricardo Darín in “I segreti del settimo piano” (Sebastian)
Yasser Ali Maher in “Omicidio al Cairo” (Kammal Mostafa)
Izudin Bajrovic in “Benvenuto Mr. President” (Mugdim)
Kôji Yakusho in “Memorie di una Geisha” (Nobu)
Masachika Ichimura in “13 assassini” (Hanbei Kitou)

MIRA SORVINO
L’Oscar con Woody Allen

Mira Sorvino, attrice, nasce a Tenafly, nel New Jersey (Usa), il 28 settembre 1967 da una famiglia con origini molisane (la nonna è di Casacalenda, Campobasso). Il nonno era invece napoletano, abitando in via Salvator Rosa a Napoli.
E’ figlia dell’attore Paul Sorvino, il quale tra l’altro ha interpretato Cicero nel film di Martin Scorsese “Quei bravi ragazzi” (1990). L’attore non vuole che i tre figli lavorino nel mondo dello spettacolo, tuttavia Mira comincia a fare le prime esperienze di attrice già a scuola. Cresce nel New Jersey, si diploma, frequenta l’Università di Harvard, dove studia lingue e culture orientali.
Per un anno, il 1989, vive a Pechino dove si mantiene dando lezioni di inglese. Studia cinese e sogna una carriera giornalistica. Si ritrova tra gli studenti di piazza Tien An Men.
Dopo la laurea ad Harvard, si stabilisce a New York, con l’ambizione di seguire le orme del padre. Si mantiene per tre anni lavorando come cameriera e ottenendo ruoli secondari in teatro. Collabora come lettrice di sceneggiature e assistente alla produzione con la Tribeca Film di Robert De Niro.
Nel 1993, è assistente dell’amico Rob Weiss nel film “Amongst friends”. Durante le riprese il regista le affida il ruolo di Laura.
Whit Stillman e Robert Redford notano Mira Sorvino: Stillman la vuole per il suo “Barcelona” (1994) e Robert Redford le offre il ruolo di Sandra Goodwin in “Quiz show” (1994), con John Turturro, Martin Scorsese e Ralph Fiennes.
Nel 1995 interpreta la prostituta Linda Ash nella commedia di Woody Allen “La dea dell’amore” e vince l’Oscar come migliore attrice non protagonista.
“Blue in the face” di Wayne Wang, Paul Auster è del 1996. Tra gli interpreti Madonna, Harvey Keitel, Lou Reed, Michael J. Fox, Giancarlo Esposito.
Dopo essere stata a fianco di Timothy Hutton, Matt Dillon e Uma Thurman in “Beautiful girls” (1996) di Ted Demme, ottiene una nomination al premio Emmy per la sua interpretazione di Marilyn Monroe nel film televisivo “Norma Jean & Marilyn” (1996).
Nel 1997, è protagonista di “Mimic”, diretto dal regista messicano Guillermo del Toro, con Giancarlo Giannini, seguito da “Romy e Micelle” (1997) di David Mirkin, “Lulu on the bridge” (1998) di Paul Auster, il grande scrittore al debutto (deludente) alla regia, “Too tired to die” (1998) di Wonsuk Chin, il thriller “Costretti ad uccidere” (1998), di Antoine Fuqua, prodotto da John Woo e interpretato da Chow Yun-Fat, “In fuga col malloppo” (1998) di Yves Simoneau, con Donald Sutherland e Marlon Brando, “A prima vista” (1999) di Irwin Winkler, tratto da un racconto del neurologo inglese Oliver Sacks.
Spike Lee la vuole nel suo polemico “Summer of Sam” (1999) con Ben Gazzara: Mira si presenta alla audizioni al Dorchester hotel di Londra con addosso uno strabiliante Jean Paul Gaultier. Interpreta Leonida nel film di Clare Peploe “Il trionfo dell’amore” (2001), in concorso alla 58ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Ancora: il thriller tedesco “Semana santa” (2001) di Pepe Danquart, con Alida Valli, la commedia statunitense “Scelte d’onore” (2002) di David Anspaugh con Mariah Carey; l’italiano “Cuori estranei” di Edoardo Ponti con Sophia Loren e Gérard Depardieu; il canadese “The final cut” (2003) di Omar Naim con Robin Williams:
Terminata la storia d’amore con Quentin Tarantino, la Sorvino si lega all’attore francese Olivier Martinez, protagonista di “L’ussaro sul tetto” (1995). A Hollywood, Mira è considerata una delle poche “corpo-e-mente”, come Sharon Stone.

Film
Stuff – Il gelato che uccide (The Stuff), regia di Larry Cohen (1985)
Barcelona, regia di Whit Stillman (1994)
Quiz Show, regia di Robert Redford (1994)
La dea dell’amore (Mighty Aphrodite), regia di Woody Allen (1995)
Blue in the Face, regia di Wayne Wang (1995)
Beautiful Girls, regia di Ted Demme (1996)
Romy & Michelle (Romy and Michele’s High School Reunion), regia di David Mirkin (1997)
Mimic, regia di Guillermo del Toro (1997)
Costretti ad uccidere (The Replacement Killers), regia di Antoine Fuqua (1998)
Lulu on the Bridge, regia di Paul Auster (1998)
In fuga col malloppo (Free Money), regia di Yves Simoneau (1998)
A prima vista (At First Sight), regia di Irwin Winkler (1999)
S.O.S. Summer of Sam – Panico a New York (Summer of Sam), regia di Spike Lee (1999)
Famous – Lisa Picard Is Famous (Famous), regia di Griffin Dunne (2000)
Il trionfo dell’amore (The Triumph of Love), regia di Clare Peploe (2001)
La zona grigia (The Grey Zone), regia di Tim Blake Nelson (2001)
Scelte d’onore (WiseGirls), regia di David Anspaugh (2002)
Semana Santa, regia di Pepe Danquart (2002)
Cuori estranei (Between Strangers), regia di Edoardo Ponti (2002)
The Final Cut, regia di Omar Naim (2004)
Reservation Road, regia di Terry George (2007)
Un soffio per la felicità (Like Dandelion Dust), regia di Jon Gunn (2009)
Attacco a Leningrado (Attack on Leningrad), regia di Alexander Buravsky (2009)
The Presence, regia di Tom Provost (2010)
Multiple Sarcasms, regia di Brooks Branch (2010)
Smitty – Un amico a quattro zampe (Smitty), regia di David M. Evans (2012)
Trade of Innocents, regia di Christopher Bessette (2012)
Sorelle assassine (Perfect Sisters), regia di Stanley M. Brooks (2014)
Il Natale dei miei ricordi (A Christmas to Remember), regia di David Weaver (2016)
Inganno perfetto (Indiscretion), regia di John Stewart Muller (2016)
Mothers and Daughters, regia di Paul Duddridge (2016)
Nell’ombra di un delitto (Exposed), regia di Declan Dale (2016)
L’ultima discesa (6 Below: Miracle on the Mountain), regia di Scott Waugh (2017)
Stuber – Autista d’assalto (Stuber), regia di Michael Dowse (2019)

PAUL SORVINO
Il Cicero di “Quei bravi ragazzi”

Paul Sorvino nasce a Brooklyn (New York, Usa) il 13 aprile 1939, da madre molisana (Angela Renzi) di Casacalenda (Campobasso). Studia all’American musical and dramatic academy di New York, con lìintenzione di diventare un cantante lirico. Quindi si dedica al teatro.
Nel 1964 debutta a Broadway nel musical “Bajour” e sette anni dopo è nel cast del film di Jerry Schatzberg “Panico a Needle Park” (1971), con Al Pacino e Kitty Winn.
Torna a Broadway e ottiene successo grazie all’interpretazione di Phil Romano in “That championship season” (1972), ruolo che riprenderà dieci anni dopo nel film “Correre per vincere” (1982), diretto da Jason Miller.
Con la prima moglie, Lorraine, ha due figli: Amanda e Michael.
Negli anni settanta partecipa a numerosi film, anche da protagonista: “Terapia di gruppo” (1971) di Robert Bean; la commedia inglese “Un tocco di classe” (1973) di Melvin Frank, con George Segal e Glenda Jackson; il fantascientifico “Il giorno del delfino” (1973) di Mike Nichols, con George C. Scott; il drammatico “40.000 dollari per non morire” (1974) di Karel Reisz, con James Caan; la commedia “Sì, sì, per ora” (1975) di Norman Panama, con Elliott Gould e Diane Keaton; “Ballando lo slow nella grande città” (1978) di John G. Avildsen, con Anne Ditchburn e Nicolas Coster; “La strada chiamata domani” (1978) di Robert Mulligan, con Richard Gere e Tony Lo Bianco; “Il sordomuto” (1979) di Frank Perry, con Brian Dennehy e LeVar Burton.
Negli anni ottanta: “Cruising” (1980) di William Friedkin, con Al Pacino; “Io, la giuria” (1981) di Richard T. Heffron, con Armand Assante e Barbara Carrera; “Questione d’onore” (1982) di Jud Taylor, con Ben Gazzara, Danny Aiello; “Non arrendersi mai” (1982) di Rex Bromfield, con Don Johnson e Glynnis O’Connor; “Il gelato che uccide” (1984) di Larry Cohen, con Michael Moriarty e Andrea Marcovicci.
Nel 1990 Paul Sorvino conquista pubblico e critica grazie al ruolo di “Paulie” Cicero in “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese con Ray Liotta, Robert De Niro, Joe Pesci e Lorraine Bracco, e alla sua interpretazione di Lips Manlis in “Dick tracy” di Warren Beatty, con Madonna, Al Pacino e lo stesso Warren Beatty.
Il 21 marzo 1991 l’attore si risposa con Vanessa Arico.
Del 1991 è l’avventuroso “Rocketeer” di Joe Johnston con Alan Arkin, Timothy Dalton, Bill Campbell e Jennifer Connelly
Sorvino è il sergente Phil Cerreta nelle stagioni 1991-1992 della serie televisiva “Law & Order”.
Nel 1995 impersona Henry Kissinger nel film di Oliver Stone “Nixon. Gli intrighi del potere” con Ed Harris e Anthony Hopkins e l’anno dopo è con Leonardo Di Caprio in “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare (1996), diretto da Baz Luhrmann.
Seguono: “Traffico di diamanti” (1997) di Brett Ratner, con Charlie Sheen e Veronica Cartwright; “Bullworth, il senatore” (1998) di Warren Beatty, con Jack Warden, Warren Beatty e Oliver Platt; “Colpo su colpo” (1998) di Tsui Hark Hong Kong; “Spot” (2001) di John Whitesell, con David Acquette e Michael Clarke Duncan; “Harlem aria” (2001) di William Jennings, con Gabriel Casseus e Christian Camargo; la commedia italiana “Streghe verso Nord” (2001) di Giovanni Veronesi, con Teo Mammuccari, Daniele Liotti e Gérard Depardieu; la commedia canadese “Mambo italiano” (2003) di Émile Gaudreault;
L’attore italoamericano è il padre di Mira Sorvino, vincitrice dell’Oscar come miglior attrice non protagonista per il film di Woody Allen “La dea dell’amore” (1995).

Film
Senza un filo di classe (Where’s Poppa?), regia di Carl Reiner (1970)
Panico a Needle Park (The Panic in Needle Park), regia di Jerry Schatzberg (1971)
Il PornOcchio (Cry Uncle!), regia di John G. Avildsen (1971)
Terapia di gruppo (Made for Each Other), regia di Robert B. Bean (1971)
Un tocco di classe (A Touch of Class), regia di Melvin Frank (1973)
Il giorno del delfino (The Day of the Dolphin), regia di Mike Nichols (1973)
40.000 dollari per non morire (The Gambler), regia di Karel Reisz (1974)
Sì, sì… per ora (I Will, I Will… for Now), regia di Norman Panama (1976)
Bert D’Angelo Superstar – serie TV, 12 episodi (1976)
Bentornato Dio! (Oh, God!), regia di Carl Reiner (1977)
Una strada chiamata domani (Bloodbrothers), regia di Robert Mulligan (1978)
Ballando lo slow nella grande città (Slow Dancing in the Big City), regia di John G. Avildsen (1978)
Pollice da scasso (The Brink’s Job), regia di William Friedkin (1978)
Marito in prova (Lost and Found), regia di Melvin Frank (1979)
Cruising, regia di William Friedkin (1980)
Reds, regia di Warren Beatty (1981)
Io, la giuria (I, the Jury), regia di Richard T. Heffron (1982)
Stuff – Il gelato che uccide (Stuff), regia di Larry Cohen (1985)
Turk 182, regia di Bob Clark (1985)
Un bel pasticcio! (A Fine Mess), regia di Blake Edwards (1986)
Dick Tracy, regia di Warren Beatty (1990)
Quei bravi ragazzi (Goodfellas), regia di Martin Scorsese (1990)
Le avventure di Rocketeer (The Rocketeer), regia di Joe Johnston (1991)
Il socio (The Firm), regia di Sydney Pollack (1993)
Gli intrighi del potere (Nixon), regia di Oliver Stone (1995)
Romeo + Giulietta di William Shakespeare (William Shakespeare’s Romeo + Juliet), regia di Baz Luhrmann (1996)
American Perfekt, regia di Paul Chart (1997)
Traffico di diamanti (Money Talks), regia di Brett Ratner (1997)
Testimone involontario (Most Wanted), regia di David Hogan (1997)
Bulworth – Il senatore (Bulworth), regia di Warren Beatty (1998)
Hong Kong colpo su colpo (Knock Off), regia di Tsui Hark (1998)
Harlem Aria, regia di William Jennings (1999)
Fashion Crimes (Perfume), regia di Michael Rymer (2001)
Spot – Supercane anticrimine (See Spot Run), regia di John Whitesell (2001)
Streghe verso nord, regia di Giovanni Veronesi (2001)
Ciao America, regia di Frank Ciota (2002)
The Cooler, regia di Wayne Kramer (2003)
Mambo italiano, regia di Émile Gaudreault (2003)
Mr. 3000, regia di Charles Stone III (2004)
Greetings from the Shore, regia di Greg Cwerchak (2007)
Last Hour, regia di Pascal Caubet (2008)
Carnera – The Walking Mountain, regia di Renzo Martinelli (2008)
Repo! The Genetic Opera, regia di Darren Lynn Bousman (2008)
The Wild Stallion, regia di Craig Clyde (2009)
Lily of the Feast – cortometraggio (2010)
Night Club, regia di Sam Borowski (2011)
Bulletproof Man (Kill the Irishman), regia di Jonathan Hensleigh (2011)
God Don’t Make the Laws, regia di David Sabbath (2011)
The Trouble with Cali, regia di Paul Sorvino (2012)
The Devil’s Carnival, regia di Darren Lynn Bousman (2012)
For the Love of Money, regia di Ellie Kanner (2012)
Divorzio d’amore (Divorce Invitation), regia di S.V. Krishna Reddy (2012)
How Sweet It Is, regia di Brian Herzlinger (2013)
Last I Heard, regia di Dave Rodriguez (2013)
Questa è la mia casa – 4Closed (4Closed), regia di Nick Lyon (2013)
LaMotta: The Bronx Bull, regia di Martin Guigui (2015)
Passione senza regole (Careful What You Wish For), regia di Elizabeth Allen Rosenbaum (2015)
L’eccezione alla regola (Rules Don’t Apply), regia di Warren Beatty (2016)

Televisione
Le strade di San Francisco (The Streets of San Francisco) – serie tv, 1 episodio (1976)
Sonno di ghiaccio (Wes Craven’s Chiller o Chiller), regia di Wes Craven – film tv (1985)
Poliziotti in città (The Oldest Rookie) – serie tv, 14 episodi (1987-1988)
La signora in giallo – serie tv, 1 episodio (1989)
Nightmare – Come in un incubo (Don’t Touch My Daughter), regia di John Pasquin – film tv (1991)
Law & Order-I due volti della giustizia (serie tv) (1991–1992)
Così è la vita (That’s Life) serie tv, 35 episodi (2000-2002)
Doc West, regia di Giulio Base e Terence Hill – miniserie tv (2009)
Santa Baby – Natale in pericolo (Santa Baby 2: Christmas Maybe), regia di Ron Underwood – film tv (2009)
L’onore e il rispetto – Parte seconda, regia di Salvatore Samperi e Luigi Parisi – miniserie tv (2009)
Il doppio volto della follia (Imaginary Friend), regia di Richard Gabai – film tv (2012)
Jersey Shore Shark Attack, regia di John Shepphird – film tv (2012)
Bad Blood – miniserie tv (2017)

ANTONIO SPINOSA
Il Molise d’adozione

Antonio Spinosa, scrittore, giornalista e storico, è nato a Ceprano, in provincia di Frosinone, il 18 giugno 1923 ed è morto a Roma il 31 gennaio 2009.
Era legatissimo al Molise, in particolare ad Isernia, in quanto da bambino aveva seguito la famiglia nei vari spostamenti dovuti agli incarichi di lavoro del padre tra Lazio e Molise, soggiornando a lungo proprio nel capoluogo molisano.
Dopo gli studi classici e la laurea, ha iniziato una brillante carriera giornalistica come inviato speciale del “Corriere della Sera” e de “Il Giornale”, di cui era direttore Indro Montanelli.
E’ stato poi direttore del “Nuovo Roma”, dell’Agenzia Giornalistica Italia, della “Gazzetta del Mezzogiorno” e di “Videosapere Rai”
Ha lavorato per lungo tempo all’Agenzia Ansa come giornalista parlamentare.
Ha vinto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Estense, il Premio Saint-Vincent e il Premio Bancarella. E’ stato inoltre tra i finalisti del Premio Strega del 1996.

Opere
Storia delle persecuzioni razziali, 1952.
Diario di una inquietudine, Cino Del Duca Editore, 1959.
Dottor Schweitzer e dintorni, 1960.
L’ABC dello snobismo. Frenesie mondane: da Alcibiade a Brummell, da Mussolini a James Bond, Longanesi & C., Milano, 1968; Collana BUR Saggistica, Rizzoli, 1981; Collana Oscar Saggi, Mondadori, Milano, 1997.
Come si vive in Italia, 1969.
Il terzo mondo siamo noi. Scandali, frane, arretratezze, nell’Italia degli anni Settanta. Introduzione di Gioacchino Forte, Sugarco Edizioni, Milano, 1974.
L’ultimo sud. La realtà del Mezzogiorno d’Italia, Sugarco Edizioni, Milano, 1977.
‘Ndrangheta, la mafia calabrese, 1978.
Paolina Bonaparte. L’amante imperiale, Collana Le Vite, Rusconi, Milano, 1979; Collezione Le Scie, Milano, 1999.
Starace. L’uomo che inventò lo stile fascista, Collana Biografie, Rizzoli, Milano, 1981; Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2002.
I figli del Duce. Il destino di chiamarsi Mussolini, Rizzoli, Milano, 1983.
Murat. Da stalliere a re di Napoli, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1984.
Tiberio. L’imperatore che non amava Roma, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1985.
Cesare. Il grande giocatore, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1986.
D’Annunzio. Il poeta armato, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1987.
Mussolini. Il fascino di un dittatore, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1989,
Vittorio Emanuele III. L’astuzia di un re, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1990.
Hitler. Il figlio della Germania, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1991,
Pio XII. L’ultimo papa, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1992.
Salò. Una storia per immagini presentata di Antonio Spinosa (con VHS del film Salò), Mondadori, Milano, 1992.
Edda. Una tragedia italiana, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1993.
Italiane. Il lato segreto del Risorgimento, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 1994.
Mussolini razzista riluttante, Collana Storia e politica. Saggi e ricerche n.14, Bonacci editore, Roma, 1994; Collana Oscar Storia, Mondadori, Milano, 2000.
L’Italia liberata. 1943-1945: vita quotidiana, guerra e politica nelle fotografie inedite degli archivi americani, Storia Illustrata, Mondadori, Milano, 1995.
Augusto. Il grande baro, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1996.
Mussolini-Hitler, Collana Jumbo, Oscar Mondadori, Milano, 1996.
Piccoli Sguardi, Piemme, Novara, 1996.
Ulisse. Nessuno più di Ulisse era fluido nel parlare. Nessuno più convincente. Eppure nel suo dire lampeggiavano schegge di menzogne, Collana Narrativa, Piemme, Novara, 1997.
La grande storia di Roma, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 1998.
La suora e altri trasgressori, Gangemi Editore, 1999.
La saga dei Borgia. Delitti e santità, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 1999,
Pio IX. Il difficile Regno dei Cieli, Collana Dossier n.154, Giunti, Firenze, 2000.
Alla corte del Duce, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2000.
Maria Josè e i Savoia, Collana Dossier n.159, Giunti, Firenze, 2001.
Il potere, il destino e la gloria. Viaggio nel tempo con sovrani, rivoluzionari ed eroine,
Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2001.
Churchill. Il nemico degli italiani, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2001, vincitore del Premio Cimitile nel 2002.
Cleopatra. La regina che ingannò se stessa, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2002.
Antonio Spinosa racconta il giornalismo. Andreotti, Barzini jr., Benedetti, Bo, Bovet, Bucarelli, Carli, De Filippo, De Laurentiis, Fellini, Foà, Giolitti, La Malfa, Leone, Maccari, Mafai, Malagodi, Masina, Mattei, Matteotti, Maxwell, Modugno, Mondadori, Moravia, Moro, Nenni, Pacciardi, Pajetta, Pasolini, Monelli, Pertini, Romita, Schuberth, Vittorini, Zatterin, Zavattini, Zevi, Collana Le ragioni dell’uomo, Gangemi Editore, 2003.
Napoleone. Il flagello d’Italia: le invasioni, i saccheggi, gli inganni, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2003, con Carmine Mastroianni Maria Luisa d’Austria. La donna che tradì Napoleone. La gloria, le passioni, il tormento, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2004. Con Carmine Mastroianni.
Personaggi, Invenzioni, Storie dei tempi che tutti vorremmo nuovi, Collana n.28, Gangemi Editore, 2004.
La grande storia dell’Eneide. Dall’incendio di Troia alla gloria di Roma, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2005, con Carmine Mastroianni.
Luigi XVI. L’ultimo sole di Versailles, Collezione Le Scie, Mondadori, Milano, 2007 con Carmine Mastroianni.

MARIO TANASSI
Il politico dello scandalo “Lockheed”

Mario Tanassi (al centro) con De Martino e Nenni nel 1966

Mario Tanassi è stato più volte ministro. Era nato ad Ururi, provincia di Campobasso, il 17 marzo 1916 ed è morto a Roma il 5 maggio 2007. E’ rimasto celebre soprattutto per lo scandalo Lockheed per il quale, nel 1979, è stato condannato dalla Corte Costituzionale per corruzione.
Socialdemocratico, è stato co-segretario assieme a Francesco De Martino del Partito socialista unificato (Psu), quindi capogruppo del gruppo parlamentare del Partito socialista democratico italiano dal 1º gennaio al 17 novembre del 1966.
E’ stato ministro dell’Industria, commercio e artigianato tra il 1968 e il 1969, presidente Mariano Rumor.
E’ stato ministro della difesa nel secondo governo Rumor (del 1970), basato sull’alleanza tra Dc, Psi e Psdi.
Ancora ministro della Difesa nel 1972 e vicepresidente del Consiglio con il secondo governo Andreotti, sostenuto dalla coalizione Dc-Pli-Psdi ed ancora ministro della Difesa nel quarto governo Rumor (Dc-Pri-Psi-Psdi).
Nel giugno del 1975 è diventato segretario del Psdi al posto di Flavio Orlandi.
Poco tempo dopo è stato coinvolto nello scandalo Lockheed, compagnia aerea americana, insieme a Mariano Rumor e Luigi Gui.
Mario Tanassi è stato accusato di aver ricevuto una somma di denaro dalla società statunitense Lockheed Corporation per favorire l’acquisto di 14 aerei da trasporto Hercules C-130 da parte dell’Aeronautica Militare italiana.
Gli ufficiali dell’Aeronautica Militare che avevano valutato l’aereo lo avevano giudicato eccessivamente costoso e inadatto alla difesa.
La Lockheed aveva depositato in Italia, a favore dei destinatari di conti all’estero (Svizzera e Stati Uniti), circa 2.000.000 dollari, dei quali 50.000 dollari al deputato Tanassi, quale compenso per un aumento del prezzo della fornitura con lui concertato nel dicembre 1970, 78.000 dollari ad alcuni membri della squadra del precedente ministro Gui, i quali, passati al ministero del Tesoro, avrebbero dovuto correggere il contratto di vendita, mentre l’ingente ammontare residuo di più dell’85 per cento era stato destinato ai partiti dei due ministri della difesa succedutisi al governo in quel periodo.
Rinviato a giudizio nel 1977, come ministro è stato giudicato dalla Corte Costituzionale, che lo ha riconosciuto colpevole di corruzione, per atti contrari ai doveri d’ufficio e lo ha condannato a due anni e quattro mesi di reclusione.
Tanassi ha scontato quattro mesi di carcere, primo ex-ministro a finire in galera.
La decadenza dal seggio parlamentare, comminatagli direttamente dalla sentenza di condanna, è stata ratificata da un voto della Camera dei deputati tredici giorni dopo la pronuncia della Corte costituzionale. Ha perso così la segreteria socialdemocratica.
Nel 1979 si è dimesso dalla Camera dei deputati per incompatibilità.

DANIELA TERRERI
L’attrice di “Tutta un’altra vita”

Nata ad Isernia ed originaria di Pescopennataro (Isernia), l’attrice Daniela Terreri interpreta il ruolo di Erminia nel film “Tutta un’altra vita” con Enrico Brignano nel 2019.
La Terreri ha iniziato come ballerina di danza classica, studiando presso la scuola di danza “Harmony” del maestro Angelini a Napoli. Ha quindi seguito corsi di recitazione alla fine degli anni Ottanta presso la scuola di recitazione “A.R.C.E.S. – Teatro” diretta da E. Garinei.
Nel 1991 s’è diplomata in canto e in pianoforte presso il conservatorio di musica “L. Perosi” di Campobasso. Ha inoltre seguito lezioni individuali di canto leggero con il maestro Caio Bascerano.
Del 2000 è il corso individuale “Swing songs of the 40’s” con Mollie Otis, docente presso University of Miami, School of music and theatre.

Teatro
“Baciami stupido” regia Ennio Coltorti – 2007
“La presidentessa” regia Gigi Proietti, con Sabrina Ferilli – 2005/6
“Possession” – regia G. Revel Coreografie F. La Cava – Festival La Versiliana 2004
“Il violinista sul tetto” regia e con Moni Ovadia da novembre 2002 a aprile 2004
“Polvere di stelle” con Maurizio Micheli e Benedicta Boccoli; regia di Marco Mattolini da Luglio 2000 a marzo 2002
“E’ successo tutto in un’ora” con Vittorio Marsiglia – Roma Teatro Delle Muse – Dicembre 1999 – regia Vittorio Marsiglia
“Bambole non c’è una lira” Varietà – regia di Romolo Siena (Napoli, Teatro Cilea – Aprile/Maggio 98
“Stupire ti farò” Varietà – regia di Romolo Siena Tournée estiva 98
“Pseudolus” con Nino Castelnuovo – Regia Silvio Giordani Tournèe estiva 1997
“Tosca e le altre due” con Franca Valeri e Adriana Asti regia di F. Ferrara, aprile 1993;
“Bye, bye Siviglia” Musical – Roma- Teatro Ghione – Giugno 91 ideato e diretto da Lily de Cordoba e Anna Vandi

Cantante lirica
“The little sweep” Operetta – di B. Britten
“Fantasia di operette” nell’ambito delle manifestazioni di Telethon
“Natale in musica” Cantante e pianista
Serie di concerti organizzati dal Comune di Roma al Museo Napoleonico – Dicembre 95 Gennaio 96
“Barbiere di Siviglia” di G. Rossini Ruolo Berta – Theatre du Casino Municipal – Biarritz – Fr. Maggio 95 – regia di Franca Valeri
“Rigoletto” di G. Verdi – Ruolo Contessa di Ceprano – regia di Franca Valeri

Teatro lirico
Aiuto regia di Franca Valeri in:”La Traviata”,“Macbeth”,“Trovatore”,
“Giovanna d’Arco”,”L’elisir d’amore”,“Cavalleria rusticana”,“Pagliacci”,“Madame
Butterfly”,“Rigoletto”,“Il barbiere di Siviglia” rappresentate in Italia, Francia, Spagna, Emirati Arabi, Tunisia
Aiuto Regia di Gino Zampieri nell’opera “I due baroni” di Domenico Cimarosa.

Cinema
“L’ultima spiaggia” regia di G.Ansanelli – 2011
“Tutta la vita davanti” regia Paolo Virzì – 2008
“I Vicerè” regia Roberto Faenza – 2006
“L’amico di famiglia” – regia Paolo Sorrentino – 2005
“Una bellissima bambina”, cortometraggio – regia Mimmo Calopresti – Festival del
Cinema Venezia – 2004

Televisione
“Caruso” regia di S. Reali – 2011
“Don Matteo 8” regia di S.Basile – 2011
“Ne’ con te, ne’ senza di te” – regia Vincenzo Terracciano – 2011
“Anna e i 5 “ seconda serie – regia di Franco Amurri 2010
“La ladra” – regia F. Vicario, ruolo Gina, protagonista di serie con V. Pivetti – 2009/2010
“ Boris 3”- regia di Davide Marengo – 2009
“Piper” la serie – regia F. Vicario, ruolo Gigliola, moglie M. Mattioli – 2008
“Crimini ” – regia Davide Marengo – 2008
“Vip” regia C. Vanzina – moglie Mattioli – 2008
“Piper” tv movie regia C. Vanzina, ruolo Gigliola, moglie M. Mattioli – 2008
“Il commissario Manara” regia Davide Marengo – 2007
“La terza verita’” regia Stefano Reali 2007
“Piper” regia C. Vanzina 2007
“I Vicere’” regia Roberto Faenza – 2006
“La provinciale” regia di Pasquale Pozzessere – 2005
“Lucia” regia di Pasquale Pozzessere – febbraio 2005
“Diario di famiglia” Raitre, regia Anton Giulio Onofri – maggio 2004
“Periferie…vagabondo creativo” interprete 3 canzoni anni 40/50 – Aprile 1999
“Ci vediamo in tv” condotto da Paolo Limiti – Performance in diretta. Dicembre 1998
“Laboratorio 5” – interpretazioni varie di canzoni anni 40. Ottobre 1998.
“Loft one maxi show” – performance “live” – ottobre 1998
“Domenica in…” – edizioni 88/89 89/90 90/91
interpretazioni varie, come cantante- pianista, ballerina e sketches vari

Pubblicità
“Gruzzolotto” con Tiberio Murgia
“Teledue” con Massimo Giletti
“Big show” regia di Stefano Palombi – febbraio 2005
“Tim” Moglie di Christian De Sica – 2005/6/7
“Dash sit-com” regia di Luca Lucini – produzione Cattleya

VINCENZO TIBERIO
Lo scopritore della penicillina

Il medico Vincenzo Tiberio nasce a Sepino (Campobasso) il 1 maggio 1869 da famiglia benestante. Il padre Domenico Antonio esercita la libera professione di notaio. Trascorre l’infanzia in Molise, compie gli studi inferiori a Sepino, quelli superiori a Campobasso. Ha la passione di raccogliere sassi e catalogarli in un quadernetto. Quindi va a Napoli per studiare medicina all’Università. Qui già mette in relazione i disturbi intestinali di cui soffrono i suoi vicini di casa ad Arzano, vicino Napoli, dove alloggia presso gli zii Graniero, con la periodica disinfezione del pozzo da cui attingono l’acqua da bere. E’ così che comincia a studiare le muffe e intraprende esperimenti che lo portano a scoprire il loro potere battericida.
Si laurea a soli 22 anni e l’anno successivo è assistente presso l’Istituto di igiene dell’Università, diretto dal professor Vincenzo de Giaxa.
Nel 1895 il giovane medico scrive il resoconto delle proprie scoperte, dal titolo “Sugli estratti di alcune muffe”. E’ uno scarno libretto, stampato appunto nel 1895 e conservato per cento anni e più negli archivi della Università di Napoli. “Appare chiaro”, si legge “che nella sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti dei principi solubili in acqua forniti di azione battericida”. La relazione finale,
stampata a cura dell’Università, finisce in archivio senza che alcuno si renda conto della portata della scoperta.
Nello stesso anno, vince il concorso per medico di 2ª classe nel Corpo sanitario marittimo, animato da desiderio di conoscere il mondo e da patriottismo.
Anno importante è il 1905, quando sposa ad agosto la cugina Amalia Teresa, figlia dei Graniero (dal matrimonio nascono tre figlie), e corre in soccorso delle popolazioni colpite dal terremoto che rade al suolo Messina e Reggio Calabria, riuscendo a portare in salvo oltre duemila persone, opera che gli vale un alto riconoscimento pubblico.
Nel marzo 1912, venne nominato direttore del gabinetto batteriologico dell’ospedale militare di La Maddalena, dedicandosi in particolare alle infezioni malariche.
L’anno seguente è in Libia come direttore del Laboratorio di analisi, dove si occupa di vaccinazione antitifica. Qui gli giunge dal Ministero la notizia della promozione a maggiore.
Muore il 7 gennaio 1915 a Napoli, a soli 46 anni.
Tiberio è oggi unanimemente considerato il precursore della penicillina, nonostante gli onori vadano allo scozzese Alexander Fleming, che nel 1945 conquista il Nobel per la prima applicazione medica della penicillina. Il fascicolo degli “Annali” con la relazione di Tiberio datata 1895 viene estratto dall’archivio e ristampato nel 1955 a cura dell’Istituto di Igiene dell’Università napoletana.
Secondo alcuni studiosi, Fleming conosceva gli studi del Tiberio.
Una nipote di Tiberio, laureata in biologia, la signora Anna Zuppa Covelli, è convinta che in quegli anni fosse impensabile tradurre in novità terapeutica la scoperta. “Le ovvie carenze della biochimica e della biologia molecolare erano tali alla fine del secolo scorso – ha scritto – da non permettere che le intelligenti indagini del Tiberio potessero approdare ai risultati concreti che 50 anni dopo permisero l’avvento in terapia della miracolosa penicillina per merito di Chain e Florey”.
Il Comune di Roma ha intitolato una strada allo studioso molisano proprio sulla collina Fleming.

TOQUINHO
San Paulo do Molis

Le sue origini molisane risalgono a due generazioni fa, ma hanno ugualmente contribuito ad infondergli quella genuinità e spontaneità di spirito che peraltro ben si accordano con la schietta mentalità brasiliana.
Stiamo parlando di Antonio Pecci, in arte Toquinho, il grande artista brasiliano che da anni sta facendoci assaporare ventate di ritmi e colori, misti a dolcezza e melodiosità.
Lo andiamo a trovare a Roma, al Teatro Olimpico, durante le prove di un concerto. Ammette sconsolato di sapere ben poco dei suoi nonni che alla fine del secolo scorso, armi e bagagli, partirono da Toro, in provincia di Campobasso, alla volta del Brasile in cerca di fortuna.
Un tentativo di ricerca del nucleo familiare in effetti c’è stato da parte di Toquinho, ma il sovrannumero di Pecci che popolano l’elenco telefonico del capoluogo molisano l’hanno purtroppo fatto desistere. Almeno così dice. Le sue origini italiane non risulteranno vane, dal momento che gli permetteranno la conquista del nostro passaporto. Nonostante il clima di estrema liberalità in cui è stato allevato.
Toquinho è cresciuto come un uomo equilibrato e tranquillo la cui vita può definirsi all’insegna di una mistione tra realtà e fantasia; il vivere quotidiano è tedioso, e soltanto un pizzico di creatività può salvarla dall’opprimente grigiore. Noi siamo al mondo per uno strano scherzo del destino, afferma il cantante; l’unica nostra certezza è quella di dover morire; niente e nessuno può offrire un motivo valido alla nostra esistenza, e la religione stessa non è altro che un appiglio per soddisfare desiderio inconscio di verità. Libertà: è questo il punto focale intorno al quale la vita di ogni uomo dovrebbe approdare, mediante la coltivazione dei buoni sentimenti, d’amore e d’amicizia, mediante un dialogo continuo con sé stessi ed un raffronto con le proprie possibilità, agendo però senza mai contravvenire ad un elemento essenziale: il rispetto per il prossimo.
Potremmo definire Toquinho un filosofo, cultore delle piccole, buone e semplici cose, anche se egli ritiene che tale epiteto sia meglio attribuibile al grande amico Vinicius de Moraes cui è stato legato per tanti anni da un sodalizio artistico veramente indovinato. Le luci nella sala del Teatro Olimpico si stanno intanto spegnendo; solo il palco rimane illuminato; la scena è piuttosto scarna, ridotta all’essenziale, in modo che nessun orpello risulti motivo di distrazione da interporre fra il cantante e il suo pubblico. E Toquinho è là, con la sua fedele chitarra, quasi fosse capitato casualmente in casa di amici ed invitato quindi ad accennare qualche nota. I suoi virtuosismi non fanno altro che scaldare quel clima, già di per sé familiare; ma sé, lasciamoci pure trasportare da quel ritmo ora pacato e melodioso, ora più incalzante, immergiamoci nella tenerezza, nell’allegria, delle sue canzoni che si presentano proprio come tanti acquarelli, perché tutti noi abbiamo bisogno di un po’ di calore nella nostra vita.

Discografia
1966: O Violão de Toquinho
1969: La vita, amico, è l’arte dell’incontro
1970: Toquinho
1970: Vinícius de Moraes en “La Fusa” con Maria Creuza y Toquinho
1971: Como dizia o poeta…
1971: Per vivere un grande amore
1971: São Demais Os Perigos Desta Vida…
1971: Toquinho e Vinícius
1971: Vinícius + Bethania + Toquinho en La Fusa (Mar Del Plata)
1972: Vinícius Canta “Nossa Filha Gabriela”
1973: O Bem Amado
1973: Poeta, Moça e Violão – Vinícius, Clara Nunes, Toquinho
1973: Toquinho & Guarnieri – Botequim
1974: Toquinho – Boca da Noite
1974: Toquinho, Vinícius e Amigos
1974: Fogo sobre Terra
1974: Toquinho & Vinícius (album 1974)
1975: Vinícius – Toquinho
1975: Toquinho e Vinícius – O Poeta e o Violão
1976: La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria
1976: Toquinho – Il Brasile nella chitarra strumentale – Torino – Itália
1976: Toquinho Tocando 1977
1977: The Best of Vinícius & Toquinho
1977: Tom, Vinícius, Toquinho, Miúcha
1978: Enciclopédia da Música Brasileira – Toquinho
1978: Toquinho Cantando – Pequeno Perfil de um Cidadão Comum
1979: 10 Anni di Toquinho e Vinícius
1980: Paulinho Nogueira e Toquinho – Sempre Amigos
1980: Um Pouco de Ilusão
1980: A Arca de Noé
1980: A Arca de Noé – 2
1981: Toquinho, la chitarra e gli amici
1981: Doce Vida
1982: Toquinho ao Vivo em Montreaux
1983: Toquinho – Acquarello
1983: Toquinho – Acuarela
1983: Toquinho – Aquarela
1983: Casa de Brinquedos
1984: Sonho Dourado
1984: Bella la vita
1985: A Luz do Solo
1986: Coisas do Coração
1986: Le storie di una storia sola
1986: Vamos Juntos – Live al Bravas Club’86 di Tokyo
1987: Canção de Todas as Crianças
1988: Made in Coração
1989: Cantabrasil
1989: Toquinho – À Sombra de um Jatobá
1990: Toquinho Instrumental
1992: El viajero del sueño
1992: Il viaggiatore del sogno
1992: O Viajante do Sonho
1993: La vita è l’arte dell’incontro
1994: Trinta Anos de Música
1996: Toquinho e Suas Canções Preferidas
1997: Canções dos Direitos da Criança
1997: Brasiliando
1999: Toquinho – Italiano
1999: Toquinho – Paulinho Nogueira
1999: Vivendo Vinícius – Ao Vivo – con Baden Powell, Carlos Lyra, Miúcha e Toquinho
1999: Sinal Aberto – Toquinho e Paulinho da Viola
2001: Coleção Toquinho e Orquestra
2001: Canciones de los derechos de los niños
2001: DVD – Toquinho
2002: Toquinho – Amigos e Canções
2002: Herdeiros do Futuro – con Projeto Guri
2002: Ensinando a Viver
2002: Toquinho e Orquestra Jazz Sinfônica
2003: Só tenho tempo pra ser feliz
2003: Toquinho – Le canzoni della mia vita
2004: Toquinho – Bossa Nova Forever
2004: DVD Toquinho – Tributo alla Bossa Nova
2005: CD / DVD – Toquinho no Mundo da Criança
2005: DVD – Só tenho tempo pra ser feliz – Dal vivo
2005: Mosaico
2005: Passatempo – Retrato de uma época

(Paola De Sanctis)

FRANCO TRENTALANCE
L’ex pornodivo internazionale

Franco Trentalance è un ex attore pornografico, scrittore, coach e personaggio televisivo italiano. E’ nato a Bologna il 9 settembre 1967 da una famiglia d’origine molisana.
Dopo aver lavorato come barman e istruttore di tiro con l’arco nei villaggi turistici, ha iniziato la sua carriera nel 1996, conclusasi nel gennaio 2017 con oltre 950 scene hard, per un totale di oltre 440 film e 24 awards all’attivo.
Ha partecipato al reality “La Talpa” nel 2008, diventando un personaggio molto popolare.
Ha ideato i live talk “la Cena afrodisiaca” e “Chiacchiere private” nei quali intervista amici e colleghi del mondo dello spettacolo.
Insegna come migliorarsi sessualmente in videocorsi. Collabora in numerose iniziative con mental coach, campioni sportivi, chef stellati e star del web.
Come scrittore, dopo aver pubblicato nel 2009 la sua autobiografia, ha esordito come narratore firmando insieme a Gianluca Versace il thriller “Tre giorni di buio” (Ultra, 2015).
Tra le numerose partecipazioni televisive: Il Bivio con Enrico Ruggeri (2006, prima apparizione tv) ilMaurizio Costanzo Show, Le Iene, Lucignolo, La Talpa, Domenica Cinque, Mattino e Pomeriggio Cinque, Colorado, Victor Victoria, Scorie, Quelli che il calcio, Tetris, Matrix, Ciao Darwin, Saturday night Live, il Testimone, Top secret, Stalk radio, Tabloid, Stracult, Vero Tv, La Cena dei Cretini, Avanti un altro vip, Sex Time (all’interno di Lucignolo).
In radio ha collaborato con Radio due Rai e Radio Dee Jay nei programmi, “Gli spostati” e “Senza palla”. Ha condotto per due stagioni “Senza titolo” su Radio International, intervenendo di frequente anche a Radio105, Radio M2O, Radio Kiss Kiss, Radio Montecarlo, Radio Company, La Zanzara (Radio 24) e Rtl 102,5.
Nel 2019 è uscito “Bloody Park”, il suo primo graphic novel scritto insieme al regista Marco Limberti per Edizioni Inkiostro.
Filmografia hard
Intrigo a Cortina (1998)
Abusi sessuali (1999)
Guardami… e poi Scopami (1999)
Italian Beauty (1999)
Lulu (1999)
Moglie del dentista (1999)
Pippi e i Cazzi Lunghi (1999)
Sexual Blackmails (1999)
Apriti… Mummia (2000)
Corso di Sopravvivenza (2000)
Donna di Cuori (2000)
Foreign Bodies (2000)
Maurizia in Paradiso (2000)
Maurizia Superstar (2000)
Siciliana (2000)
Weekend Molto Libidinoso (2000)
Alessandra la donna che adora il… (2001)
Army Nurse (2001)
Cazzo di Papa (2001)
C’era una volta al Grand Hotel (2001)
Donne allo Specchio (2001)
Excitant Eye Shot (2001)
Gentleman Cambrioleur (2001)
Night Shock (2001)
Schiava dei Sensi (2001)
Sex Dream (2001)
Suor Ubalda 1 (2001)
Suor Ubalda 2 (2001)
Xtreme DP 1 (2001)
A Bocca Piena (2002)
Aperte a Tutto (2002)
Banana meccanica (2002)
Crudo Amore (2002)
Gatte in Calore (2002)
Hypnotic Games (2002)
Incesti Italiani 4: Cenerentola (2002)
Inn’s Girls (2002)
L’eredità (2002)
Nessun Rimorso (2002)
Ossessione (2002)
Party (2002)
Solo Per Le Tue Voglie (2002)
Stupri Italiani 8: L’Inganno (2002)
Un Gioco Pericoloso (2002)
Vita in Vendita (2002)
Ossessione (2002)
Abuso di Potere (2003)
Caldi Ricordi a Bologna (2003)
Collectionistas (2003)
Dal Confessionale al Letto (2003)
Decadence (2003)
Deeper In My Ass 2 (2003)
Disposte a Tutto (2003)
Enigma (2003)
Falce Di Luna: Moonscythe (2003)
Fallen Angels (2003)
Fallo Grosso (2003)
Fashion (2003)
Figa del Boss (2003)
Formula (2003)
Gioia del Sesso (2003)
Incesti Italiani 6: Mia Nipote (2003)
Inculprensive (2003)
Kovac (2003)
Mio Padre: Tiranno e Padrone (2003)
Mr. Orange (2003)
Pirate Fetish Machine 10: Wild Circle (2003)
Pirate Fetish Machine 13: Trust No One (2003)
Premaman (2003)
Prof. di Anatomia (2003)
Rifallo (2003)
Rotte in Culo (2003)
Sex Bullets (2003)
Sexual Analysis (2003)
Sodomizzami Godo (2003)
Stupri Italiani 9: Susy Piange (2003)
Venere in Pelliccia (2003)
Atto di Forza (2004)
Attraction (2004)
Blue Dream (2004)
Corrotto (2004)
Debuttante in Famiglia (2004)
Desiderio (2004)
Dietro lo Specchio (2004)
Dirty Girl Gangbang 2 (2004)
Erika contro tutti (2004)
Escape from the Past (2004)
Euro Sluts 2: Manoscritto (2004)
Euro Sluts 4: Caos (2004)
High Class Eurosex 2 (2004)
Incesti Italiani 5: Babbo E Natale (2004)
Intrigo (2004)
L’Eredita di Don Raffe (2004)
Life (2004)
Pamela Brown (2004)
Pirate Fetish Machine 14: Theatre of Lust (2004)
Pirate Fetish Machine 16: House of the She-Wolves (2004)
Private Life of Jane Darling (2004)
Private Life of Jessica May (2004)
Private Story Of Sarah O’Neal (2004)
Rifallo con tutti quanti (2004)
Robbery (2004)
Secret Pleasure (2004)
Seduction (2004)
Solution (2004)
Spaghetti Connection (2004)
Twisted Tails 1 (2004)
Voodoo Sex Dolls (2004)
Affari Sporchi (2005)
Collezionista (2005)
Colpa (2005)
Commedia del Desiderio (2005)
Cum Drippers (2005)
Cuore di Mamma (2005)
Danger in the Night (2005)
Deeper In My Ass 3 (2005)
Dirty Girl Gangbang 1 (2005)
Double the Fun 2 on 1 1 (2005)
Double the Fun 2 on 1 2 (2005)
Euro Sluts 1 (2005)
Euro Sluts 3: Passion (2005)
Euro Sluts 6: Flirt (2005)
Euro Sluts 8: Kiss Me (2005)
Frame (2005)
Hardcore Feast (2005)
High Class Eurosex 3 (2005)
Il Dio Denaro (2005)
Incesti Italiani 8: Vizio di Famiglia (2005)
L’Immorale (2005)
Mantide (2005)
Missing (2005)
Non ci Indurre in Tentazione (2005)
Private Life of Sandy Style (2005)
Regola del Sospetto (2005)
Sensual Girl (2005)
Snob (2005)
Soffocami (2005)
Sweetie Situations (2005)
Unfaithful (2005)
Up Euro Ass 1 (2005)
Vanity (2005)
Anal Aristocrats 1 (2006)
Babes With No Limits 3 (2006)
Border Line (2006)
Business of Love (2006)
Calda Notte (2006)
Claudia’s Holiday 2006 (2006)
Confidential File (2006)
Delitto Imperfetto (2006)
Depravity (2006)
Double Delight 3 (2006)
Double Delight 4 (2006)
Double the Fun 2 on 1 3 (2006)
Feel Up My Ass (2006)
Forza Italia (2006)
Freestyle Sex (2006)
Game (2006)
Guardami (la mia prima volta) (2006)
High Class Eurosex 7 (2006)
Hot Detective (2006)
Hunted (2006)
Incesti Italiani 11: Schiava di Mio Padre (2006)
Intimità Violata (2006)
Istituto di Correzione (2006)
Moralita corrotta (2006)
Order (2006)
Private Tropical 24: Sexy Business (2006)
Private Tropical 29: Sluts and Coconuts (2006)
Private Tropical 31: Sexual Healing (2006)
Quei Perfetti Ragazzi (2006)
Racket (2006)
Scommessa (2006)
Sex Crime (2006)
Shock (2006)
Studentesse Si Raccontano (2006)
Traffik (2006)
Vita da Squillo (2006)
48 Ore (2007)
Anni 60 (2007)
Avventure di Frank a Budapest (2007)
Be My Slave – Schiave di Piacere (2007)
Cocaine (2007)
Cool Babe (2007)
Diario di una Segretaria (2007)
Esagerate (2007)
Escort (2007)
False Verità (2007)
Fette Busen Beute (2007)
Girls Obsexion 4 (2007)
Hot & Sexy: Bollenti Desideri (2007)
Luna’s Angels (2007)
Meeting (2007)
Mucchio Selvaggio (2007)
Natura Immorale (2007)
Perverse (2007)
Piacere Claudia (2007)
Private Exotic 1: Sluts of the Caribbean (2007)
Private Movies 31: Discovering Priva (2007)
Private Tropical 30: Deep Lust (2007)
Private Tropical 32: Summer Sex Job In Guadaloupe 1 (2007)
Private Tropical 33: Summer Sex Job In Guadaloupe 2 (2007)
Private Tropical 34: Caribbean Sex Conspiracy (2007)
Scatti e Ricatti (2007)
Segno del Potere (2007)
Senza Scelta (2007)
Specialist (2007)
Storie di Famiglie Modello 3 (2007)
Take Me Baby (2007)
Ultimo Atto (2007)
Usuraio (2007)
Velvet (2007)
Venus In Love (2007)
Amore e Psiche 1 (2008)
Amore e Psiche 2 (2008)
Apprendiste Infermiere (2008)
Ass Philosofy 1 (2008)
Ass Philosofy 2 (2008)
Avventure di Monella e la sua famiglia (2008)
Billionaire (2008)
Born To Be Sexy (2008)
Butterfly: intrigo e potere (2008)
Doppie Sensazioni (2008)
Doppio Piacere (2008)
Easy Girl (2008)
Family Affair (2008)
Fatal Beauty (2008)
Fottimi la Ragazza (2008)
Fresh and Pure 6 (2008)
Glamour Dolls 1 (2008)
Incarico Speciale (2008)
Intimita di Luna (2008)
Lotta di Classe (2008)
Luna Stern: La prima volta con un uomo (2008)
Luxxxury (2008)
Odore dei Soldi (2008)
Revenge (2008)
Senza Limiti (2008)
Slivers of fear – Frammenti di paura (2008)
Soci in Affari (2008)
Supermodels Arschgefickt (2008)
Voyeur (2008)
Alle nostre donne piace duro (2009)
Ass Philosofy 3 (2009)
Ass Philosofy 4 (2009)
Ass Philosofy 5 (2009)
Bad Life (2009)
Belicia: Voglio diventare una Pink’o Girls (2009)
Billionaire 2 (2009)
Figlia Illegittima (2009)
In Trappola (2009)
Lotta Clandestina (2009)
Maliziose (2009)
Scandalo on-line all’Universita (2009)
Sodomise Moi si tu Peux (2009)
Ass Philosofy 6 (2010)
Bad Ways (2010)
Destino Incrociato (2010)
Hot Fever (2010)
Profumo dei Soldi (2010)
Ultimo colpo all’italiana (2010)
Casino ’45 (2010)
Asia the Girl Next Door (2011)
La casa Sulla Collina (2011)
Social Network (2011)
Ass Philosofy 7 (2012)
Ass Philosofy 8 (2012)
I Soliti Noti (2013)

Regista
Euro Sluts 3: Passion (2005)
Regola del Sospetto (2005)
Unfaithful (2005)
Calda Notte (2006)
Forza Italia (2006)
Guardami (la mia prima volta) (2006)
Moralita corrotta (2006)
Senza Scelta (2007)
Ass Philosofy 1 (2008)
Ass Philosofy 2 (2008)
Odore dei Soldi (2008)
Alle nostre donne piace duro (2009)
Ass Philosofy 3 (2009)
Ass Philosofy 4 (2009)
Ass Philosofy 5 (2009)
Ass Philosofy 6 (2010)
Destino Incrociato (2010)
Ass Philosofy 8 (2012)
Pocket Girls (2013)

TONY VACCARO
Il testimone della Normandia

Tony Vaccaro (Michelantonio Celestino Onofrio Vaccaro) è uno dei maggiori fotografi a livello
mondiale.
E’ nato negli Stati Uniti a Greensburg (Pennsylvania) il 4 dicembre 1922 da famiglia molisana, è stato condotto dalla madre con le sorelle a Bonefro (Campobasso), il paese di origine, dove è rimasto parecchio tempo per la morte improvvisa e misteriosa sia della madre sia del padre.
Nel 1939, a ridosso della seconda guerra mondiale, come cittadino americano è richiamato negli Stati Uniti, insediandosi a New Rochelle (NY), presso parenti, dove frequenta alcuni corsi di studio, tra cui uno di fotografia.
Chiamato alle armi, ottiene di svolgere nella sua compagnia il compito di fotografo, che gli consente di accumulare un patrimonio inestimabile di immagini sulla liberazione dell’Europa da parte delle truppe alleate, dallo sbarco in Normandia all’occupazione di Berlino. Le sue foto dello sbarco in Normandia diventano simboliche del secondo conflitto.
Dopo la guerra collabora con i maggiori giornali e riviste internazionali. Nel corso degli anni cinquanta e sessanta soggiorna per lunghi periodi a Roma, da dove torna frequentemente in Molise per fotografare persone ed aspetti della società contadina, attraversata in quegli anni da processi di profonda trasformazione.
Nel corso della sua lunga carriera conosce e spesso familiarizza con le maggiori personalità della cultura e dello spettacolo del novecento: Chaplin, Ernst, Peggy Guggenheim, Kennedy, Le Corbusier, Sofia Loren, Anna Magnani, Marcel Marceau, Picasso, Pollock, Wright, e tanti altri.
Riceve prestigiosi premi, tra cui l’Oscar della fotografia. Le immagini della sua produzione sono alla base di 12 libri di fotografie e di numerose mostre, realizzate in diversi paesi del mondo.
Il presidente francese Mittérand gli ha concesso la Legion d’onore.
Nel 2002 Vaccaro è tornato in Molise per fotografare i paesi e le situazioni del terremoto. In quell’occasione ha consegnato ai cittadini di Bonefro 85 mila dollari (84 mila euro), raccolti dall’associazione italo americana che rappresenta, come contributo per ricostruire la cittadina.
Oggi vive a Queens (New York), ma torna in Europa e in Italia frequentemente per partecipare alle vernici delle sue numerose mostre e al lancio dei suoi libri, pubblicati in particolare da editori tedeschi.
“Ho visto tanta morte e disperazione durante il conflitto mondiale – racconta Vaccaro – e credo che la guerra sia una delle catastrofi umane peggiori; oggi purtroppo, in
tutto il mondo si parla di guerra. Nessun governo nazionale ha mai capito che
bisognerebbe istituire un dipartimento della pace, e non uno della guerra”.

GINO VANNELLI
La leggenda della fusion

Uno dei suoi pezzi più celebri, una sorta di bandiera, è “I just wanna stop” del 1978, esempio di pop-rock fusion che gli valse una nomination ai Grammy. I più lo considerano una leggenda della musica fusion anni ‘70-‘80. In realtà Gino Vanelli, canadese di origini molisane (il nonno era di Ripabottoni e lui ricorda di aver parlato dialetto molisano fino a tre anni), è un artista poliedrico, musicista ma anche poeta e studioso di filosofia e religioni.
Nato a Montréal, in Canada, il 16 giugno 1952, era figlio di un barbiere-musicista jazz (Russ Vannelli, cui ha dedicato “Parole per mio padre” con testo firmato Pino Daniele, cantata nel 2000 in Vaticano davanti a Giovanni Paolo II).
Era nipote di un nonno imprenditore. Diventò percussionista in giovane età e già a quindici anni ha iniziato a rivelarsi come cantante e a scrivere canzoni. Dopo il liceo ha firmato il suo primo contratto con la Rca, studiando musica alla McGill University.
Dopo un periodo trascorso a New York, si è trasferito a Los Angeles con i fratelli e qui ha firmato un contratto con la A&M di Herb Alpert per poi pubblicare il suo primo album nel 1973. Il fratello Joe è stato suo collaboratore come arrangiatore e tastierista per buona parte della sua carriera. Attualmente vive tra Portland, in Oregon, ed Amsterdam, la sua base europea.
E’ sposato da 30 anni ed ha un figlio di 20.
Ha venduto oltre 80 milioni di dischi e pubblicato diciassette album. Tra i più recenti c’è “A good thing”, album pop-jazz con nove brani e una raccolta di 23 poesie.
Da sue recenti dichiarazioni emerge il suo interrogarsi sull’influenza della tecnologia e dell’immagine nella musica contemporanea. Ha dichiarato: “Artisti come Elton John, James Taylor e Cat Stevens non esistono più. I loro unici strumenti erano una chitarra o un pianoforte, e la voce. Ora c’è il computer. Le idee buone ci sono, ma non vengono completate. Ora si spingono solo bottoni. L’ultimo grande compositore è Billy Joel. ‘She’s always a womanto me’ e’ un classico, come le canzoni di Cole Porter e di Gershwin. Un ‘classico’ deve attirare, creare tensione, e poi aprirsi, essere chiaro a tutti. Ora gli artisti non si impegnano più tanto sulla composizione, quanto sulla celebrazione della loro vanità.
Michael Jackson è l’esempio di come non bisogna gestire il successo: è stato ucciso dalla sua dipendenza dalle droghe, come Elvis Presley. E si era isolato: un artista deve restare sempre in contatto con la gente, altrimenti muore”.

Album
Crazy Life (1973) (A&M Records)
Powerful People (1974) (A&M Records)
Storm At Sunup (1975) (A&M Records)
The Gist of the Gemini (1976) (A&M Records)
A Pauper in Paradise (1977) (A&M Records)
Brother To Brother (1978) (A&M Records)
The Best of Gino Vannelli (1980) (A&M Records)
Nightwalker (1981) (Arista Records)
Black Cars (1985) (Disques Dreyfus)
Big Dreamers Never Sleep (1987) (Disques Dreyfus)
Inconsolable Man (1990) (Disques Dreyfus)
Live in Montreal (1992) (Disques Dreyfus)
Yonder Tree (1995) (Disques Dreyfus)
Slow Love (1998) (Verve Forecast)
Canto (2003) (Vik Recording / BMG)
These Are the Days (2006) (Universal Music Canada)
A Good Thing (2009) (CMM)
The Best and Beyond (2009) (Azzurra Music)
Stardust in the Sand (2009) (Azzurra Music)
Live In LA (2014) (Sono Recording Group)

Singoli
People Gotta Move (1974)
Powerful People (1975)
Love Me Now (1975)
Love of My Life (1976)
I Just Wanna Stop (1978)
Wheels of Life (1979)
The River Must Flow (1979)
Living Inside Myself (1981)
Nightwalker (1981)
The Longer You Wait (1982)
Black Cars (1985)
Hurts to Be in Love (1985)
Just A Motion Away (1985)
Wild Horses (1987)
In the Name of Money (1987)
Persona Non Grata (1987)
The Time of Day (1990)
Sunset on L.A. (1990)
Cry of Love (1991)
If I Should Lose This Love (1991)
Wheels of Life feat. Martine St. Clair
I Die A Little More Each Day (1995)
It’s Only Love (2006)
We the People feat. Billy Cobham & Novecento, dall’album Drum ‘n’ Voice vol. 3 – Nicolosi Productions
Into the Night [feat. Paolo di Sabatino (2011)

MATIAS VECINO
Intelligenza da centrocampista

Nato a Canelones, in Uruguay, il 24 agosto del 1991 da una famiglia di origine molisana (Torella del Sannio, provincia di Campobasso), Matias Vecino muove i primi passi della sua carriera da professionista nel Central Español, esordendo il 7 marzo 2010, a 18 anni e 6 mesi, in Primera Division.
Dopo 32 presenze e 2 reti, nell’estate del 2011 partecipa con la maglia della Celeste al Mondiale
Under 20 e viene acquistato dal Nacional, con cui vince il suo primo titolo diventando campione
d’Uruguay il 15 giugno 2012 grazie al gol decisivo di Alvaro Recoba.
È soprannominato Mate, come la bevanda di cui è appassionato.
La Fiorentina nota le sue qualità e decide di portarlo in Italia nel gennaio 2013. La stagione 2013/2014 segna il suo debutto in serie A: il 26 settembre 2013 Vecino affronta l’Inter.
La sua crescita prosegue a Cagliari – tra gennaio e maggio 2014 totalizza 9 presenze e 2 gol – e soprattutto a Empoli, dove si ritaglia un ruolo fondamentale con Maurizio Sarri allenatore. Il club viola decide di riportarlo a casa e nelle due stagioni al “Franchi” il classe ’91 di Canelones si consacra come uno dei centrocampisti più affidabili della massima serie.
A marzo 2016 viene convocato per la prima volta dalla Nazionale uruguaiana, con cui debutta pochi giorni dopo giocando 90 minuti contro il Brasile in una sfida valida per le qualificazioni mondiali a Russia 2018.
Il 2 agosto 2017 viene ufficializzato il suo trasferimento all’Inter: l’esordio ufficiale avviene contro la Fiorentina 18 giorni più tardi, mentre il primo gol arriva nella sfida dell’Olimpico contro la Roma nella seconda giornata di serie A.

ANTONELLO VENDITTI
Roma Capoccia con un po’ di Molise

Antonio Venditti, noto come Antonello, è nato a Roma, nel quartiere Trieste (precisamente a via Zara) l’8 marzo 1949 da padre molisano di Campolieto (Campobasso).
Il genitore, Vincenzino Italo, è un prefetto; la madre Wanda Sicardi, è insegnante liceale di latino e greco.
Antonello vive un’adolescenza incentrata sui valori molisani trasfusi dal padre: assoluto rispetto per la famiglia ma anche un clima di diffuse apprensioni che lo portano ad ingrassare notevolmente (a 14 anni pesa 94 chili).
Inizia a studiare musica molto giovane. Durante le scuole elementari, frequentate alla scuola “XX settembre 1870” di via Novara, studia il pianoforte.
Causa lo studio troppo accademico, abbandona lo studio del pianoforte, dopo che ha già composto “Roma Capoccia” e “Sora Rosa”.
Durante gli anni del liceo al “Giulio Cesare” di corso Trieste, liceo-emblema della destra romana (cui ovviamente Venditti va in contrapposizione), incontra futuri personaggi famosi come Carlo Verdone. Sono gli anni del “Folkstudio” di via Garibaldi, locale trasteverino frequentato, tra gli altri, da Francesco De Gregori, Giorgio Lo Cascio, Ernesto Bassignano, con cui muove i primi passi nel mondo della musica e con i quali forma il quartetto “I giovani del folk”.
De Gregori lo convince ad incidere il primo album, “Theorius Campus”, anno 1972 , nel quale i due artisti hanno a disposizione una facciata ciascuno con sei brani. Venditti, tra gli altri, inserisce “Roma Capoccia”, “Sora Rosa” e “Ciao uomo”.
Nel 1973 incide a Milano il suo primo album da solista, “L’orso bruno”, con la collaborazione di Vince Tempera che suona anche il pianoforte in “Dove”. Passa dalla It di Micocci alla Rca, punto di partenza per i cantautori più importanti di quel periodo.
Con la nuova casa discografica pubblica “Le Cose della vita” nel 1973, uno dei dischi più apprezzati dalla critica. Album intimista, con riflessioni sulla famiglia, contiene il brano “Mio padre ha un buco in gola”. Segue “Quando verrà Natale” del 1974, in cui sono contenuti i brani “Campo de’ fiori”, “Ora che sono pioggia”, “Marta”, “A Cristo”. Di quest’anno è anche “Roma Roma Roma, non si discute si ama”, prima uscita della canzone d’autore verso i temi calcistici.
Il 15 gennaio 1974 Venditti viene denunciato per vilipendio alla religione di Stato da un maresciallo della Polizia di Stato presente ad un suo concerto al Teatro dei Satiri di Roma per l’esecuzione della canzone “A Cristo”. Subisce anche un processo.
“Lilly” è del 1975. Contiene una canzone sulla droga che è un atto d’accusa nei confronti dell’ipocrisia benpensante nonché “Lo stambecco ferito”, uno dei brani più letterari di Venditti.
L’anno seguente è la volta di “Ullallà”, dove torna l’impegno sociale con “Canzone per Seveso”, sul noto episodio di emissione di gas tossico dall’Icmesa di Severo ma anche “Jodi e la scimmietta”, lettura della generazione del ‘68.
Nel 1976 nasce il suo primo figlio, Francesco Saverio, che ha con la moglie Simona Izzo, da cui si separa nel 1978. Sempre nel 1976 scrive una colonna sonora con Lucio Dalla per il film “Signore e signori buonanotte”, musicando l’episodio girato da Nanni Loy.
Il 1978 si apre con un suo grandissimo successo, l’album “Sotto il segno dei pesci”, che contiene canzoni leggendarie come “Sara”, “Giulia” e “Bomba o non bomba”.
Il disco successivo, “Buona domenica”, del 1979, contiene “Donna in bottiglia”, “Stai con me” e “Modena”, che racconta la disillusione politica di quel periodo. Nello stesso anno realizza il disco “Addavenì quer giorno e quella sera” per uno sceneggiato televisivo, con canzoni interpretate da Ninetto Davoli e Adriana Asti.
Nel 1982 esce “Sotto la pioggia” che segna il debutto dell’etichetta discografica di proprietà di Venditti, la Heinz Music. Il cantautore si gode un grande successo commerciale ma molti estimatori della prima ora mal digeriscono l’eccessiva commercializzazione.
Nel 1983 Venditti festeggia il secondo scudetto della Roma con un indimenticabile concerto gratuito al Circo Massimo che sfocia nel primo live della sua carriera “Circo Massimo”, che contiene “Grazie Roma” una delle sue canzoni più belle e più note.
Ancora oggi è il brano di chiusura di ogni partita della squadra giallorossa allo stadio Olimpico.
Grande successo anche per “Cuore” del 1984, che contiene “Ci vorrebbe un amico” e “Notte prima degli esami”. L’anno seguente esce un doppio live, registrato in parte al Circo Massimo per seguire la finale di Coppa Campioni, Roma-Liverpool, con un inedito “Centocittà” che dà il nome all’album.
“Venditti e segreti” è del 1986, contiene brani di successo come “Giulio Cesare” e “C’è un cuore che batte”. Nello stesso anno compone la colonna sonora per il film “Troppo forte” di Verdone.
E’ la volta di “In questo mondo di ladri” (1988) e “Benvenuti in paradiso” (1991), dischi da un milione di copie vendute, con “Ricordati di me”, “Alta marea” e “Amici mai”.
Nel 1995 esce “Prendilo tu questo frutto amaro” (la batteria è suonata da Carlo Verdone), con “Eroi minori” e “Tutti all’inferno”, canzoni che abbandonano il filone intimistico e tornano ad occuparsi di temi sociali come Tangentopoli e la mafia. Il successo è comunque minore rispetto alla produzione degli anni ottanta.
Nel 1997, accompagnato da un’orchestra sinfonica, incide “Antonello nel paese delle meraviglie”, rilettura di alcuni classici insieme alla Bulgarian Simphony Orchestra di Sofia, diretta dal maestro Renato Serio che cura gli arrangiamenti. Il 24 settembre 1999 esce “Goodbye Novecento”.
L’8 marzo festeggia i propri cinquant’anni d’età insieme agli studenti dell’università di Roma “La Sapienza” e con l’occasione ritira il diploma di laurea in giurisprudenza, conseguita nei primi anni settanta.
“Se l’amore è amore” esce nel 2000, “Circo Massimo 2001” raccoglie quindici canzoni eseguite durante la grandiosa festa per il terzo scudetto della Roma, con la caricatura di Corrado Guzzanti, che imita Venditti nel brano “Raccordo anulare”.
L’inedito “Che c’è”, dedicato alla squadra del cuore, non riesce a bissare il successo di “Grazie Roma”.
Nel 2002 esce “Il coraggio e l’amore”.
Nel 2003 esce “Che fantastica storia è la vita”, più incentrato su melodie rock. Contiene, tra gli altri, i brani “Lacrime di pioggia”, “Ruba” (scritta nel 1968 e pubblicata solo da Mia Martini negli anni settanta), “Non c’è male”, “Il sosia”, “Io e mio fratello”, cantato con De Gregori, “Estate rubino”, “Con che cuore”, brano che fa parte della colonna sonora del film di Leonardo Pieraccioni “Il paradiso all’improvviso”.
Nel 2004 esce “Campus Live”, album dal vivo, registrato durante le prove del tour negli studi di Cinecittà Campus, che contiene anche il brano inedito “Addio mia bella addio”, registrato in studio.
Nel novembre 2006 esce la sua antologia più completa, un cofanetto di tre cd intitolato “Diamanti” che rimane nella classifica dei dischi più venduti per quasi un anno vendendo oltre 250mila copie.
Il 16 novembre 2007 esce “Dalla pelle al cuore”, contenente nove canzoni inedite. Il disco comprende “Tradimento e perdono”, dedicata ad Agostino Di Bartolomei, ex capitano della Roma, toltosi la vita con colpo di pistola al cuore il 30 maggio 1994.
Nel febbraio del 2009 esce il doppio cd antologico “Le donne”.
Il 6 ottobre 2009 esce il suo romanzo autobiografico “L’importante è che tu sia infelice”.
Il 31 dicembre 2009 canta davanti al Colosseo per il Capodanno di Roma.
Il 28 ottobre 2011 esce il singolo “Unica (Mio danno ed amore)”, inserito nell’omonimo album, ed è un successo.
Il 6 novembre 2012 esce “TuttoVenditti”, antologia di tre cd con 15 brani ciascuno che ripercorrono la quarantennale carriera del cantautore.
Il 21 aprile 2015 esce l’album “Tortuga”.
Nel 2018 esce “Sotto il segno dei pesci – 40º anniversario”, con brani rimasterizzati.
Il 7 febbraio 2019, dopo 19 anni, torna come ospite al Festival di Sanremo, voluto dal direttore artistico Claudio Baglioni.
Pur rappresentando un indiscutibile simbolo della romanità, Venditti non ha mai rinnegato le sue forti origini molisane (pur non dedicando mai alcun brano alla sua terra d’origine). In diverse interviste ha però parlato del Molise come una regione “malinconica e triste”, pur sottolineando il proprio legame con luoghi che ha vissuto soprattutto da bambino. Ha ricordato Venditti: “Ero affezionato soprattutto ad un cartello posto dopo un tunnel al confine con la Campania. C’era scritto “Benvenuti in Molise”. Alcuni anni fa l’hanno tolto. E mi è mancato ogni volta che sono tornato”.
Per un breve periodo Antonello Venditti è stato anche presidente onorario del Campobasso calcio, mentre è lodevole il suo impegno personale in occasione del terremoto molisano del 2002.
Una curiosità: alle elezioni per il sindaco di Roma nel 2016 ha sostenuto la candidata del M5S Virginia Raggi.

Discografia

Album in studio
1972 – Theorius Campus (con Francesco De Gregori)
1973 – L’orso bruno
1973 – Le cose della vita
1974 – Quando verrà Natale
1975 – Lilly
1976 – Ullàlla
1978 – Sotto il segno dei pesci
1979 – Buona domenica
1982 – Sotto la pioggia
1984 – Cuore
1986 – Venditti e segreti
1988 – In questo mondo di ladri
1991 – Benvenuti in paradiso
1995 – Prendilo tu questo frutto amaro
1999 – Goodbye Novecento
2003 – Che fantastica storia è la vita
2007 – Dalla pelle al cuore
2011 – Unica
2015 – Tortuga

Album dal vivo
1975 – Bologna 2 settembre 1974 (dal vivo) (con Francesco De Gregori, Lucio Dalla e Maria Monti)
1983 – Circo Massimo
1985 – Centocittà
1992 – Da San Siro a Samarcanda – L’amore insegna agli uomini
2001 – Circo Massimo 2001
2004 – Campus Live
2013 – Io, l’orchestra, le donne e l’amore
2014 – 70.80 Ritorno Al Futuro
2015 – Tortuga Un giorno in paradiso Stadio Olimpico

Raccolte
1974 – A misura d’uomo
1975 – Canzone d’autore
1977 – Cronache
1987 – Compagno di scuola
1988 – L’album di Antonello Venditti
1990 – Gli anni ’80
1991 – Il diario
1992 – Gli anni ’70
1997 – Antonello nel Paese delle Meraviglie
1999 – I miti
2000 – Se l’amore è amore…
2002 – Il coraggio e l’amore
2006 – Diamanti
2009 – Le donne
2012 – TuttoVenditti
2013 – Portfolio
2018 – Sotto il segno dei pesci – 40° Anniversary edition (Antonello Venditti)

Colonne sonore
1986 – Troppo forte

45 giri
1972 – Ciao uomo/Roma capoccia
1973 – L’orso bruno/E li ponti so’ soli
1973 – Le tue mani su di me/Le cose della vita
1974 – Ciao uomo/Roma capoccia
1974 – L’orso bruno/E li ponti so’ soli
1974 – Marta/Campo de’ fiori
1975 – Roma (non si discute, si ama)/Derby (lato B eseguito dalla Pyrol’s Band)
1975 – Lilly/Compagno di scuola
1976 – Lilly/Marta (pubblicato in Spagna)
1976 – Maria Maddalena/Una stupida e lurida storia d’amore
1978 – Sotto il segno dei pesci/Sara
1978 – Bomba o non bomba/Giulia
1979 – Buona domenica/Mezzanotte
1979 – Otro domingo mas/Mezzanotte (pubblicato in Spagna)
1979 – Robin/Stai con me
1982 – Sotto la pioggia/Dimmelo tu cos’è
1983 – Grazie Roma/Roma capoccia
1984 – Ci vorrebbe un amico/Notte prima degli esami

IGNAZIO VISCO
L’uomo Banca d’Italia

Ignazio Visco dal 24 ottobre 2011 è governatore della Banca d’Italia, successore di Mario Draghi.
E’ nato a Napoli il 21 novembre 1949 da una famiglia originaria di Colli a Volturno (Isernia).
Si è laureato in Economia e Commercio alla Sapienz
di Roma nel 1971 con Federico Caffè, discutendo la tesi “Verifica della tesi dell’incorporamento dell’aumento dei prezzi nel tasso d’interesse”. L’anno seguente è stato assunto in Banca d’Italia.
Ha completato il periodo di perfezionamento dei suoi studi alla University of Pennsylvania (Usa), con borse di studio “Stringher”, “Luigi Einaudi” e “Marco Fanno” e come fellow dell’Economic Research Unit del Dipartimento di Economia.
Qui ha conseguito un Master of Arts (1974) e un Ph.D. in Economics (1981) discutendo la tesi “The measurement, analysis and formation of inflation expectations” (con i professori A. Ando, L.R. Klein e R.S. Mariano).
Al ritorno in Italia, nel 1974, è assegnato al Servizio Studi, di cui è divenuto Capo nel 1990.
Ha coordinato il gruppo di lavoro per la costruzione del “Modello trimestrale dell’economia italiana” (1983-86), partecipando allo studio e alla definizione di interventi di politica monetaria e del cambio. Ha ricoperto prestigiosi incarichi in organismi nazionali (tra i quali, Istat, Cnel, Cnr e Presidenza del Consiglio dei ministri) e internazionali, tra cui Ocse (dove è stato Chief economist e Direttore dell’Economics Department tra il 1997 e il 2002, sovrintendendo all’attività di analisi delle economie e delle politiche dei paesi industriali e ai progetti di ricerca sui principali problemi economici e finanziari mondiali), Unione europea, Bri. E’ stato anche membro di vari gruppi e comitati internazionali, tra i quali il Comitato dei Supplenti del G-10 (nel quale poi ha rappresentato la Banca d’Italia dal 2004 al 2006) e la Commission on global ageing del center for strategic and international studies di Washington.
In Banca d’Italia carriera folgorante: funzionario generale dal 2004 (prima come direttore centrale per le attività estere e dal marzo 2006 come direttore centrale per la ricerca economica), poi vice direttore generale dal 9 gennaio 2007 al 31 ottobre 2011 (e presidente del Comitato relazioni internazionali del sistema europeo delle banche centrali dal 2009 al 2010).
Ha inoltre insegnato econometria (1983-85) e politica economica (1989) presso l’Università “La Sapienza” di Roma. E’ stato Associate Editor della European Economic Review (1986-91) e membro dei Comitati scientifici della Fondazione Enrico Mattei (1994-2001), delle Lezioni Raffaele Mattioli (1996-2004) e di “Monitoring Italy” per l’Isae (2002-03).
E’ membro della Società italiana degli economisti, della Società italiana di statistica, dell’American economic association, del Consiglio italiano per le scienze sociali e dell’associazione “Il Mulino”. Ha ricevuto il Leontief Award for Best Dissertation in Quantitative Economics (Eastern Economic Association, 1982), il Premio “Best in Class”, Facoltà di Economia, Università di Roma “La Sapienza” (2006) e l”onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica italiana (2011).
Pubblicazioni

TIMI YURO
Una regina del country

Timi Yuro, nome d’arte di Rosemarie Timotea Aurro, cantante statunitense di successo, nacque a Chicago il 4 agosto 1940 ed è morta a Las Vegas il 30 marzo 2004.
Nata da genitori italiani di Rocchetta a Volturno (Isernia), Rosemarie si esibisce giovanissima a Los Angeles nel ristorante dei suoi genitori (“At Alvolturno’s”), finché non sottoscrive un contratto discografico con la Liberty Records, esordendo con “Hurt” (1961) di Roy Hamilton, giunto al quarto posto della classifica americana di vendite (si tratta della celebre “A chi?”, portata al successo da Fausto Leali). Importante nella formazione musicale l’incontro sentimentale con Larry Bright, chitarrista di estrazione blues che ingaggiato da Elvis Presley, venne liquidato per gli eccessi alcolici.
Nel 1962 diventa “spalla” di Frank Sinatra nella tournée australiana. Dell’anno seguente il primo album, “Make the world go away”, genere country. Il brano “What’s a matter baby” rimane uno dei suoi più noti successi, prodotto da Phil Spector, ex compagno di coro.
Nel 1965 partecipa al Festival di Sanremo con due canzoni “E poi verrà l’autunno” e “Ti credo”. Tornerà nel 1968 con “Le solite cose” di Pino Donaggio. Durante la permanenza in Italia, farà un salto in Molise, accompagnata da Ricky Gianco, per conoscere la terra delle sue origini.
“The Amazing” è giudicato l’album migliore della cantante d’origine molisana, dove sono forti i riferimenti al jazz.
Con il matrimonio, nel 1969, di fatto chiude con il mondo dello spettacolo. Nel 1976
il gruppo dei Manhattans rilancia “Hurt” in versione disco-music e molti riscoprono la voce dell’italo-americana inserendola in alcuni remix di successo.
Poco più che quarantenne comincia a combattere con un tumore alle corde vocali.
Timi morirà nella sua casa di Las Vegas nel 2004.
Uno degli ultimi concerti, di cui ci sono tracce video, è in un locale gay negli anni Ottanta.
Uno dei suoi più grandi fans è stato Elvis Presley, il quale oltre a seguire i suoi concerti, ha inciso la sua personale versione di “Hurt” nel 1976.

Discografia

Albums
1961 – Hurt! (Liberty Records, LRP-3208 / LST-7208)
1962 – Soul! (Liberty Records, LRP-3212 / LST-7212)
1962 – Let Me Call You Sweetheart (Liberty Records, LRP-3234 / LST-7234)
1962 – What’s a Matter Baby (Liberty Records, LRP-3263 / LST-7263)
1963 – The Best of Timi Yuro (Liberty Records, LRP-3286 / LST-7286) Raccolta
1963 – Make the World Go Away (Liberty Records, LRP-3319 / LST-7319)
1964 – The Amazing Timi Yuro (Mercury Records, MG-20963 / SR-60963)
1966 – Timi Yuro (Sunset Records, SUM-1107 / SUS-5107)
1968 – Something Bad on My Mind (Liberty Records, LST-7594)
1974 – The Very Best of Timi Yuro (United Artists Records, UA-LA429-E) Raccolta
1981 – All Alone Am I (Dureco Benelux, 77.011)
1982 – I’m Yours (Arcade Records, ADEH 92)
1982 – Today (Ariola Records, 205 006)
2000 – Live at P.J.s (RPM Records, RPM197)

Singoli
1961 – Hurt/Apologize (Liberty Records, 55343)
1961 – Smile/She Really Loves You (Liberty Records, 55375)
1961 – I Believe/A Mother’s Love (Liberty Records, 55400) con Johnnie Ray
1962 – Let Me Call You Sweetheart/Satan Never Sleeps (Liberty Records, 55410)
1962 – I Know (I Love You)/Count Everything (Liberty Records, 55432)
1962 – What’s a Matter Baby (Is It Hurting You)/Thirteenth Hour (Liberty Records, 55469)
1962 – The Love of a Boy/I Ain’t Gonna Cry No More (Liberty Records, 55519)
1963 – Insult to Injury/Just About the Time (Liberty Records, 55552)
1963 – Make the World Go Away/Look Down (Liberty Records, 55587)
1963 – Gotta Travel On/Down in the Valley (Liberty Records, 55634)
1964 – Call Me/Permanently Lonely (Liberty Records, 55665)
1964 – A Legend in My Time/Should I Ever Love Again (Liberty Records, 55701)
1964 – I’m Movin’ On (Part 1)/I’m Movin’ On (Part 2) (Liberty Records, 55747)
1964 – If/The Masquerade Is Over (Mercury Records, 72316)
1964 – I Got It Bad and That Ain’t Good/Johnny (Mercury Records, 72355)
1965 – Could This Be Magic/You Can Have Him (Mercury Records, 72391)
1965 – Can’t Stop Running Away/Get Out of My Life (Mercury Records, 72431)
1965 – Big Mistake/Teardrops Till Dawn (Mercury Records, 72478)
1966 – Once a Day/Pretend (Mercury Records, 72515)
1966 – Don’t Keep Me Lonely Too Long/You Took My Happy Away (Mercury Records, 72601)
1966 – Turn the world around the other way/just a Ribbon (Mercury Records, 72628)
1967 – Why Not Now/Cuttin’ In (Mercury Records, 72674)
1968 – Wrong/Something Bad on My Mind (Liberty Records, 56049)
1968 – I Must Have|Been Out of My Head/Interlude (Liberty Records, 56061)
1973 – Hurt/What’s a Matter Baby (Is It Hurting You) (United Artists Records, 0042)
1975 – Southern Lady/Lovin’ You Is All I Ever Had (Playboy Records, 6050)

ALTRI

Giorgio Careccia. Attore nato a Campobasso nel 1978.

Giovanni Mario “John” Castrilli. Parlamentare liberale in Australia e ministro con Matt Birney. Il padre Antonio emigrò da Roccamandolfi (Isernia) in Australia nel 1952 e la famiglia lo raggiunse nel 1954.

Leopoldo del Re, nato a Cantalupo nel Sannio (Isernia) il 29 luglio 1804, è stato uno dei maggiori astronomi, direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte (Napoli), città dov’è morto il 3 dicembre 1872. Tra le sue scoperte: l’asteroide Parthenope (1850) e la comunicazione relativa alla cometa di Klinkerfues (1853).

Francesco Fede, nato a Petrella Trifernina (Campobasso) il 16 febbraio 1832, da Nicolangelo e da Luisa De Mattei. si laureò in medicina nel 1857, operando in particolare all’ospedale degli Incurabili di Napoli, città dov’è morto nel 1913.

Fabrizio Lemme, originario di Macchia d’Isernia, avvocato di fama a Roma e collezionista d’arte, in particolare del Barocco Romano. Alcune sue opere sono oggetto di importanti donazioni al Louvre, alla Galleria Nazionale d’Arte Antica, ai Musei Capitolini ed al Museo del Barocco Romano di Ariccia.

Serafino Maglieri, imprenditore australiano del settore vitivinicolo, originario di Larino (Campobasso), classe 1964.

Berardino Palazzo (Baranello-CB), emigrato negli Stati Uniti, economista, ha conseguito la laurea presso il Dipartimento di Economia, Stern School of Business, New York University (NYU). Autore di diverse pubblicazioni in materia di finanza ed economia.

PERSONAGGI D’ORIGINE SANNITA-BENEVENTANA

GIANCARLO ABETE

Nato a Roma il 26 agosto 1950, è un noto imprenditore, politico e dirigente sportivo italiano.
Figlio del cavalier Antonio Abete e di Maria Basile, entrambi di origini sannite, ha compito gli studi al liceo classico “Massimo” di Roma. Si è quindi laureato in Economia e Commercio all’Università “La Sapienza”.
È fratello di Luigi Abete, ex presidente di Confindustria e ora presidente della Banca Nazionale del Lavoro. È sposato e ha due figlie.
È stato deputato della Repubblica italiana nella ottava, nona e decima legislatura, dal 1979 al 1992, con la Democrazia cristiana.
Imprenditore nel settore grafico, è presidente e componente del consiglio di amministrazione di diverse società del Gruppo Abete, che detiene la partecipazione di varie società del settore dell’informazione come Askanews, Cinecittà, Sviluppo Programmi Editoriali e Bancaria Editrice.
Ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Unione Industriali Roma e Lazio dal 1994 al 2000 e di Federturismo Confindustria dal 1999 al 2003. Ha anche fatto parte della giunta di Confindustria del Lazio fino al 2001.
Dal 1989 al 1990 è stato a capo del settore tecnico della Federazione italiana gioco calcio e in seguito della Lega Professionisti serie C, fino al 1997. Per due volte (dal 1996 al 2000 e dal 2001 al 2006) è stato vicepresidente della Federazione. E’ stato capo delegazione della vincente spedizione italiana ai Mondiali di calcio in Germania nel 2006.
È stato eletto presidente Figc nel 2007 e rieletto nel 2013, mentre nel 2011 vicepresidente Uefa.
Tifa Juventus.

LUIGI ABETE

L’imprenditore Luigi Abete è nato a Roma il 17 febbraio 1947 da famiglia beneventana. E’ un imprenditore e dirigente d’azienda, già presidente di Confindustria e attuale presidente della Banca Nazionale del Lavoro.
Laureato in giurisprudenza e specializzato in diritto sindacale, è presidente della Banca Nazionale del Lavoro e amministratore delegato della Abete (Azienda Beneventana Tipografia Editoriale), azienda di famiglia operante nel settore grafico, fondata dal padre Antonio Abete nel 1946.
Nel 1978 è stato eletto presidente del “Comitato nazionale giovani imprenditori”.
A seguire ha presieduto il Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica). E’ stato poi eletto vice presidente della Confindustria.
Dal 1992 al 1996 è stato presidente di Confindustria, dal 1993 al 2001 presidente della Luiss, fino a novembre 2008 presidente dell’Unione degli Industriali di Roma. Inoltre è stato amministratore delegato dell’Ente Cinema SpA e presidente di Cinecittà SpA.
Membro del Comitato Esecutivo dell’Aspen Institute Italia, fa anche parte del consiglio di amministrazione della Carlo Erba Farmitalia.
Dall’agosto 1998 è presidente della Banca Nazionale del Lavoro.
E’ stato sposato con Gabriella Rosito (madre dei suoi figli Antonio e Caterina). È fratello di Giancarlo Abete, imprenditore grafico ed ex parlamentare.

BILL DE BLASIO

Vero nome Warren Wilhelm. E’ nato a New York l’8 maggio 1961), a Manhattan. Il cognome l’ha acquisito dalla madre Maria De Blasio, figlia di Giovanni De Blasio originario di Sant’Agata de’ Goti (Benevento), e di Anna Briganti, nativa di Grassano (Matera). Ha infatti rinnegato il padre, d’origine tedesca, alcolizzato e andato via di casa quando lui aveva sette anni (finirà suicida).
Ha conseguito il titolo accademico di bachelor of arts in studi metropolitani alla New York University e in seguito un master in Affari internazionali alla Columbia University.
È poi stato consigliere del presidente statunitense Bill Clinton.
E’ alto un metro e 96 centimetri. Sposato dal 1994 con la poetessa afroamericana Chirlane McCray, attivista per i diritti degli omosessuali dichiaratamente lesbica nel periodo di nubilato precedente, ha fatto il viaggio di nozze a Cuba nonostante l’embargo. Ha avuto da lei due figli, Dante, omaggio alle origini italiane, e Chiara.
Il 6 novembre 2013 è stato eletto sindaco di New York con oltre il 73 per cento delle preferenze, vent’anni dopo l’ultimo sindaco democratico della “Grande Mela”, David Dinkins. È il quarto sindaco italoamericano di New York dopo Fiorello La Guardia (1934–45), Vincent Impellitteri (1950–53) e Rudolph Giuliani (1994–2001). E’ stato rieletto nel 2017 con il 66,5 per cento dei voti.

NUNZIA DE GIROLAMO

La parlamentare Annunziata “Nunzia” De Girolamo, figlia di Nicola De Girolamo, direttore del Consorzio agrario di Benevento, è nata nella città sannita il 10 ottobre 1975.
Diplomata al liceo classico Giannone di Benevento, si è laureata in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma. A quindi intrapreso la carriera forense, occupandosi di diritto civile, del lavoro, commerciale e bancario. Contemporaneamente alla pratica forense, ha collaborato con l’Università del Sannio e con l’Università del Molise.
In politica, è diventata coordinatrice cittadina di Forza Italia a Benevento nel 2007. L’anno seguente è stata eletta deputato alla Camera dei deputati nella lista del Popolo della Libertà.
Nel 2013 è stata rieletta deputato alla Camera, sempre nella lista del Pdl. Dal 28 aprile 2013 è stata ministro delle Politiche agricole. Nel 2013 ha aderito al Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano.
Nel 2015 è rientrata in Forza Italia. E’ stata poi commissario del partito in Molise fino all’agosto 2017.
Nel 2018 non è stata eletta.
Nel 2019 ha partecipato come concorrente alla quattordicesima edizione del talent show “Ballando con le stelle”, gareggiando in coppia con il ballerino professionista Raimondo Todaro. A settembre ha preso parte a “Stasera tutto è possibile” su Rai 2.
Il 23 dicembre 2011 si è sposata in municipio con il deputato e ministro del Partito Democratico Francesco Boccia. Il 9 giugno 2012 la coppia ha avuto una bambina, Gea.

GIUSEPPE MARIA GALANTI

Economista ed esponente di primo piano dell’illuminismo napoletano, è nato a Santa Croce del Sannio (Benevento) il 25 novembre 1743 ed è morto a Napoli il 6 ottobre 1806.
Ha studiato a Napoli, dove era stato accolto da uno zio all’età di nove anni. Ha frequentato le lezioni di economia di Antonio Genovesi all’università e si è laureato in legge il 18 aprile 1765.
Sua una Descrizione del Molise in due tomi e un saggio sulla storia dei Sanniti.
Grazie al successo dell’opera sul Molise, ottenne dalla corte
l’incarico di lavori analoghi, per cui viaggiò nei territori dell’intero Regno di Napoli, denunciando ritardi e problemi.
E’ morto nel 1806.

GREGORIO VIII

Alberto di Morra, futuro Papa Gregorio VIII, è nato a Benevento nel 1100 circa. E’ stato il 173º papa della Chiesa cattolica. E’ morto nel 1187 a Pisa.
Ha studiato in Francia e successivamente all’Università di Bologna, dove è stato anche professore di diritto.
Il cardinale Alberto di Morra ha partecipato a tutte e quattro le elezioni pontificie che si sono svolte durante il periodo del suo cardinalato: conclave del 1159, che ha eletto Papa Alessandro III; conclave del 1181, che ha scelto Papa Lucio III; conclave del 1185, che ha eletto Papa Urbano III; conclave dell’ottobre 1187, dove è stato eletto Papa con il nome di Gregorio VIII.
Consacrato Papa come successore di Urbano III al conclave tenutosi a Ferrara il 25
ottobre 1187. E’ sepolto a Pisa. Gli è succeduto Clemente III.

PIETRO KOCH

Nato a Benevento il 18 agosto 1918, è stato un ufficiale di polizia politica, criminale di guerra. Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, fu infatti a capo di un reparto speciale di polizia della Repubblica Sociale Italiana, noto anche come “Banda Koch”, che operò principalmente a Roma e si macchiò di numerosi crimini contro nemici catturati e oppositori politici, come torture e omicidi.
Figlio di Otto Rinaldo Koch, commerciante di vini ex ufficiale della marina tedesca sposatosi con Olga Politi, Pietro si trasferì presto a Roma dove studiò al liceo Gioberti e visse tra la Capitale e Perugia come mediatore di compravendite immobiliari e agricole.
Nel 1940 si sposò con Enza Gregori, ma il matrimonio naufragò in pochi mesi a causa della relazione con Tamara Cerri, una ragazza sedicenne conosciuta a Firenze.
Aderì pienamente alla repressione nazista in Italia ed è noto per aver violato il territorio vaticano per arrestare 67 persone, tra cui due generali, nel convento annesso
alla Basilica di San Paolo.
Pietro Koch sarà fucilato a Roma a Forte Bravetta il 5 giugno 1945.

VITTORIO MARSIGLIA

Attore e cabarettista, è nato a Benevento l’8 febbraio 1943.
Ha iniziato l’attività nel mondo dello spettacolo come leader del complesso degli Albatros.
Ha partecipato a diversi programmi televisivi come “Il pranzo è servito” con Corrado, a varie “Domenica in” con Corrado, poi con Mara Venier e Pippo Baudo. Con Renzo Arbore ha preso parte a “Caro Totò ti voglio presentare”. E’ poi in “Grand hotel” con Gigi e Andrea, in “Ieri Goggi e domani” con Loretta Goggi, al “Maurizio Costanzo Show”.
Al cinema ha lavorato con Nino Manfredi, Luciano De Crescenzo, Anthony Quinn.
In teatro e sui palcoscenici ha lavorato con Aurelio Fierro, Oreste Lionello, Aldo Fabrizi, Aldo e Carlo Giuffré, Gino Bramieri.
E’ l’ultimo interprete delle “Macchiette”, proponendo pillole di ironia nei suoi spettacoli.

FERNANDO MASONE

Nato a Pesco Sannita (Benevento) il 6 aprile 1936, è morto a Roma, il 1º luglio 2003 a 67 anni. E’ stato prefetto e capo della polizia dal 1994 al 2000.
Laureato in giurisprudenza, entrò in Polizia nel 1963. Dal 1973 al 1979 ha diretto la Squadra mobile di Roma, negli anni segnati dall’omicidio di Pasolini, dal sequestro di Paul Getty junior, dalla strage di via Fani con il rapimento di Moro. E’ stato poi questore a Caserta, Palermo e Roma. Il 27 agosto 1994 è stato nominato capo della Polizia dal primo governo Berlusconi, ministro dell’Interno Roberto Maroni, succedendo a Vincenzo Parisi.
I funerali si sono svolti nella basilica di Santa Maria degli Angeli alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica Ciampi.

CLEMENTE MASTELLA

Nato a Ceppaloni il 5 febbraio 1947, è stato esponente della Democrazia Cristiana, esponente di Forza Italia, fondatore di diversi partiti di ispirazione centrista quali Ccd, Cdr, Udr, Udeur, Popolari per il Sud.
E’ laureato in Filosofia (Università di Napoli Federico II), giornalista professionista (assunto in Rai).
È stato sindaco di Ceppaloni, suo paese natale, dal 1986 al 1992 e dal 2003 al 2008.
E’ sindaco di Benevento dal 20 giugno 2016, rieletto nel 2021.
È stato membro del Parlamento dal 1976 al 2008, prima deputato e negli ultimi due anni come senatore.
È stato ministro del Lavoro nel governo Berlusconi I dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995; ministro della Giustizia nel governo Prodi II dal 17 maggio 2006 al 17 gennaio 2008.
Dal 2009 al 2014 per Il Popolo della Libertà è stato membro del Parlamento europeo, dove era già stato parlamentare tra il 1999 e il 2004, non venendo però rieletto nel maggio 2014 con Forza Italia.

PADRE PIO

Al secolo Francesco Forgione, è nato a Pietrelcina (Benevento) il 25 maggio 1887.
La madre era una cattolica molto devota ed ebbe grande influenza sulla formazione religiosa del futuro frate.
Il desiderio di diventare sacerdote fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del convento di Morcone, fra’ Camillo da Sant’Elia a Pianisi (Campobasso).
Dopo diverse esperienze in Molise e nei conventi di Serracapriola, di Montefusco e di Gesualdo, fu ordinato sacerdote nel duomo di Benevento il 10 agosto 1910.
In tale periodo gli agiografi collocano la comparsa sulle sue mani delle stimmate.
Nel 1916 dimorò sette mesi a Foggia, nel convento di Sant’Anna.
Fu la sera del 28 luglio, accompagnato da padre Paolino da Casacalenda (Campobasso), che giunse per la prima volta a San Giovanni Rotondo, nel convento di Santa Maria delle Grazie.
In questo periodo cominciarono a circolare voci sulle stimmate e sull’inspiegabile profumo di fiori. San Giovanni Rotondo cominciò a diventare meta di pellegrinaggio, via via crescente.
Un grande numero di medici visitò Padre Pio per verificare le stimmate, con responsi differenti: c’è chi parlò di suggestione, chi di mezzo chimico, chi – come padre Agostino Gemelli (che non riuscì però a visitarlo) – di bluff. Scrisse: “Padre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell’isterico e dello psicopatico… Quindi, le ferite che ha sul corpo… Fasulle… Frutto di un’azione patologica morbosa… Un ammalato si procura le lesioni da sé… Si tratta di piaghe, con carattere distruttivo dei tessuti… tipico della patologia isterica”.
Il 31 maggio 1923 arrivò un primo decreto del Sant’Uffizio che condannava il comportamento del frate. Ne seguirono altri. A Padre Pio si arrivò a vietare la celebrazione della messa in pubblico e l’esercizio della confessione. Soltanto nel luglio del 1933 Papa Pio XI revocò le restrizioni imposte al frate.
Padre Pio divenne una sorta di icona, acclamato dal popolo ma visitato anche da personalità, tra cui numerosi Reali.
Il 9 gennaio 1940 iniziò la costruzione del grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza.
A Padre Pio da Pietralcina sono attribuiti numerosi miracoli. Due sono stati basilari per la sua rapida santificazione.
Il frate morì a San Giovanni Rotondo (Foggia) il 23 settembre 1968

MIMMO PALLADINO

Nato a Paduli (Benevento) il 18 dicembre 1948 è uno dei più importanti artisti contemporanei. È tra i principali esponenti della Transavanguardia italiana, movimento artistico teorizzato e promosso da Achille Bonito Oliva nel 1980. Le sue opere sono collocate in permanenza in alcuni dei principali musei internazionali, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York.
La sua prima esposizione nel 1968 presso la Galleria Carolina di Portici (Napoli),
dove conosce proprio Achille Bonito Oliva. Alla fine degli anni Settanta si trasferisce a Milano. Nel 1977 partecipa all’esposizione “Internazionale Triennale für Zeichnung”, a Breslavia.
Del 1978 è il suo primo viaggio a New York, città che lo vedrà negli anni a venire protagonista di diverse occasioni espositive.
Nel 1980 realizza il suo primo libro-oggetto dal titolo EN DE RE con la Galleria Mazzoli di Modena, punto di riferimento della sua carriera espositiva.
Negli anni a seguire s’impone ormai a livello internazionale con esposizioni in tutta Europa, in particolare in Svizzera, Belgio e Germania. Il viaggio del 1982 in Brasile lascerà profonde tracce. L’anno seguente è negli Usa, quindi in gallerie e musei a Stoccolma, Monaco, Toronto, Madrid, Londra, Lione, Washington, Chicago, Basilea.
Nel 1985 è di nuovo a Washington, quindi a San Paolo, Francoforte, Parigi, Oslo, New York.
Del 1986 sono le collettive in Italia, Regno Unito e Usa. Londra.
Nel 1987 tiene diverse personali a Graz, a Krems e a Salisburgo. Altre personali a Seattle e, per la prima volta, a Tokyo. È di questo anno la realizzazione di un progetto per la chiesa di Gibellina nel contesto della ricostruzione complessiva della città coordinata da Arnaldo Pomodoro, dopo il terremoto del 1968.
Nel 1988 Paladino è alla XLIII Biennale di Venezia, dove espone una grande installazione, la porta di bronzo di sette metri.
Una personale al Belvedere di Praga nel 1991, quindi, nel 1992, l’omaggio alla sua terra, l’installazione permanente Hortus Conclusus nel chiostro di San Domenico a Benevento in collaborazione con gli architetti Roberto Serino e Pasquale Palmieri.
Nel 1992 è anche al Museu de Arte di San Paolo, l’anno seguente al Forte Belvedere di Firenze e nel 1994 al Museo de Arte Contemporaneo di Monterrey.
Nel 1995 Napoli gli dedica una mostra alle Scuderie di Palazzo Reale, a villa Pignatelli Cortes e in Piazza Plebiscito dove installa la Montagna di Sale.
Nel 1999 una grande mostra alla South London Gallery.
Nel 2000 realizza il libro d’arte “Il digiuno imposto”, edito prima in Germania da Matthes & Seitz Verlag poi, nel 2002, in Argentina, da Emede.
Nel 2002 il Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato gli dedica la più completa mostra retrospettiva organizzata da un museo italiano.
Nel 2004 realizza le porte per la Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo progettata da Renzo Piano.
Nel 2007 realizza due scenografie per lo spettacolo OEdipus Rex e Cavalleria Rusticana per il Teatro Regio di Torino.
Del 2008 è la realizzazione di una Mostra all’Ara Pacis di Roma con musiche di Brian Eno. Il 28 giugno 2008 inaugura a Lampedusa un monumento dedicato alla memoria dei migranti deceduti in mare. Sempre nel 2008 realizza un grande telone di copertura (alto 80 metri) per il restauro della torre campanaria del Duomo di Modena.
Nel 2010 firma la scenografia di “work in progress”, tour di Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Il 10 aprile dello stesso anno è installato un grande cavallo blu di oltre quattro metri all’Anfiteatro del Vittoriale degli italiani di Gardone Riviera, la casamuseo di Gabriele D’Annunzio.
Nel 2013 gli viene commissionata un’installazione monumentale per Piazza Santa Croce a Firenze. Del 2015 è la sua nuova partecipazione alla Biennale di Venezia.

GIORGIO PORCARO


Comico e cabarettista, famoso per avere inventato il personaggio del “Terrunciello” prima di Diego Abatantuono, Giorgio Porcaro era nato a Benevento il 29 novembre 1952 ed è morto prematuramente per un tumore osseo a Monza il 4 giugno 2002.
Cresciuto a Milano, ha fatto parte del celebre “Derby Club” con Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Giorgio Faletti e altri. Numerose le presenze in tv e al cinema. E’ sepolto al Cimitero Maggiore di Milano.