È il personaggio del momento. E lo sarà, probabilmente, per parecchio tempo, visto che ha appena 22 anni. Il precocissimo Jannik Sinner è stato il vero trascinatore dell’Italia del tennis, tornata a vincere con abnegazione la coppa Davis dopo 47 anni, cioè dai tempi di Adriano Panatta in campo e Nicola Pietrangeli come capitano, quando le immagini televisive erano per lo più in bianco e nero. La vittoria a Malaga contro l’Australia, mai battuta nella storia, seguita a quella contro l’Olanda e soprattutto contro la Serbia di Novak Djokovich ha emozionato milioni di italiani davanti al teleschermo, ridando al tennis italiano il fascino e la dignità che gli spetta e riportando l’Italia tennistica sul tetto del mondo grazie ad un gruppo coeso di giovanissimi fuoriclasse.
Sinner, il più grande di tutti, attuale numero 4 nel ranking mondiale (ma nelle scorse settimane ha battuto Djokovic, Alcaraz e Medvedev, cioè quelli che gli stanno davanti), è già una certezza e rappresenta un campione atipico per la nostra nazione. Forse per questo ancora più prezioso, perché è un modello inconsueto, volto alla continuità di rendimento e al costante miglioramento. I giornali riportano le sue dichiarazioni da fenomeno: “Non mi pesa svegliarmi e allenarmi: mi alzo con l’obiettivo di migliorarmi. Quando mi alleno sto bene mentalmente: più ho fatto fatica e meglio è”.
Sinner è un italiano anomalo sia fisicamente sia caratterialmente. Non solo, quindi, perché è rosso di capelli, come tanti assi stranieri nella storia del tennis, da Andy Murray a John McEnroe fino a Boris Becker. Per qualcuno addirittura ciò favorirebbe, insieme alla pelle chiara, una migliore sintetizzazione della vitamina D, responsabile della costituzione ossea. E non solo perché, come altoatesino, è “un italiano di confine” con quel nome anomalo e quella freddezza calcolatrice che fa del suo tennis una macchina quasi perfetta. Sinner è soprattutto un campione esemplare, di altri tempi, resiliente, tenace ma misurato, implacabile ma elegante, lottatore e gentiluomo. Insomma, tra tanti guasconi in giro ed eccessi – soprattutto estetici – che caratterizzano in particolare i protagonisti del mondo del calcio, questo ragazzo di San Candido sa offrire l’immagine migliore dello sport fatto di talento, sacrificio, signorilità e rispetto per l’avversario. Le intemperanze, oggi molto comuni in diversi sport, non fanno parte del suo carattere. La sua popolarità, quindi, è un valore per la nostra intera nazione.
(Domenico Mamone)