L’onnipresenza di Aldo Cazzullo

“È invalsa l’idea che Mussolini le avesse azzeccate quasi tutte, fino al 1938, e che poi semplicemente sia incappato nella guerra e nelle leggi razziali. Non è così”. E ancora: “I fascisti sono pochi, anche se non pochissimi. Gli antifascisti sono tanti, anche se non tantissimi”. Quindi: “Non credo che Giorgia Meloni sia antifascista, non credo neanche che sia fascista, credo che sia anti-antifascista”.

Benvenuti nelle sentenze ripetute all’infinito, parola per parola, tutte uguali, in una marea di trasmissioni televisive da Aldo Cazzullo, nell’ambito della presentazione di un suo libro su Mussolini.

Tale “inflazione cazzulliana” dei nostri giorni stimola qualche domanda:

1) questo ossessivo dibattito “ad orologeria” sul fascismo in occasione della vittoria di Giorgia Meloni davvero appassiona gli italiani, alle prese con ben altri e gravi problemi quotidiani rispetto ad elucubrazioni ideologiche che entusiasmano coloro che evidentemente questi problemi li subiscono molto meno?

2) questa schiera di “intellettuali di sinistra” che pontifica dal piccolo schermo su temi a cui gli italiani importa poco, non finisce per infondere l’immagine radicalchic dei progressisti italiani, benestanti, di potere e arroccati nei centri storici delle città o nelle ville dei borghetti toscani, che tanti danni procurano da anni a livello elettorale?

3) davvero viviamo in un pluralismo dell’informazione diversificata quando la divulgazione del libro di certi giornalisti (specie a Natale) finisce a reti praticamente unificate? Aldo Cazzullo, arruolato di recente da La7 per il programma “Una giornata particolare” (partito con la Marcia su Roma), è stato ospite con il suo libro di decine di trasmissioni nel giro di pochi giorni, da quelle de La7 a “Maurizio Costanzo show”, da “Quante storie” su Raitre persino a “Domenica in” con Mara Venier, ma anche in radio (tipo a Rtl), quasi sempre per ripetere le stesse cose. Ci manca solo l’apparizione a Rai YoYo. Ciò dovrebbe interrogare gli stessi giornalisti su come i confini tra informazione e promozione a reti unificate si siano davvero assottigliati e perché la maggior parte dei giovani abbia abbandonato una tv ormai priva di originalità;

4) il concetto di “casta”, partorito con successo da due giornalisti del quotidiano di cui Cazzullo è vicedirettore, da anni è la bandiera di quell’anti-politica che tanti danni ha fatto e continua a fare in questo Paese, alimentando una classe di amministratori forti più negli slogan che nei propri curricula;

5) i maniacali giudizi di certi osservatori su personalità democraticamente elette hanno finito per rafforzare, per contrapposizione, l’appeal delle vittime: l’esempio più eloquente è quello di Silvio Berlusconi, che nonostante abbia contribuito a garantire fortune per schiere di opinionisti, è ancora ben saldo in parlamento, lasciando sul terreno non pochi nemici. Lo stesso errore con Giorgia Meloni, anche anagraficamente, rischierebbe danni ben peggiori per la sinistra italiana.

L’ala progressista ha davvero bisogno dei servigi di tanti “intellettuali” dei tempi moderni, rispetto a quelli ben diversi di un dopoguerra forgiato su memorie recenti e su sofferenze?

Articoli correlati