Roberto Rivelino, quelle “punizioni” indimentibili


Roberto Rivellino, indimenticabile calciatore brasiliano, campione del mondo con la Nazionale brasiliana ai Mondiali di calcio del 1970, è nato a San Paolo del Brasile il 1º gennaio 1946 da una famiglia originaria di Macchiagodena (Isernia), dove il cognome è ancora particolarmente presente. Di lui si ricordano soprattutto i tiri di punizione, potentissimi, di sinistro.
Centrocampista dotato di una tecnica sorprendente, emergeva anche nel dribbling, da buon brasiliano.
Aveva iniziato a giocare a calcio a 5 con il Clube Indiano, squadra della sua città. Scoperto dal
Corinthians, vi ha militato per numerosi anni. E’ passato poi al Fluminense di Rio de Janeiro, vincendo due scudetti (1975 e 1976). Divenuto l’idolo dei tifosi locali, ha rinunciato alle importanti offerti provenienti dalle squadre europee, rimanendo in Brasile fino al 1979, quando è stato acquistato da una squadra dell’Arabia Saudita, l’El Hemal.
Si è ritirato dall’agonismo nel 1981, diventando anche allenatore ma soprattutto rimanendo uno dei giocatori-simbolo dei calci di punizione. Con la Nazionale brasiliana ha giocato oltre 100 partite. Convocato per la prima volta a 19 anni, ha partecipato al vittorioso mondiale del 1970, in cui ha segnato anche tre
indimenticabili reti. Ha partecipato anche ai Mondiali del 1974 e del 1978. Nel 2004 Pelè l’ha inserito nella lista del Fifa 100, che include ai più grandi calciatori viventi.
“Una faccia da eccezziunale veramente. Come il primo Diego Abatantuono, con il baffo al posto giusto”. Così lo descrive il giornalista Tony Damascelli. Che racconta in un articolo per i sessant’anni del fenomeno italo-brasiliano: “I favolosi anni Settanta lo videro protagonista, tre mondiali, uno micidiale in Messico al punto che i giornalisti con il sombrero definirono il suo tiro «patada atomica» perché con quella coscia da wrestling Rivelino sapeva scaricare una potenza esplosiva, roba da squarciare un muro non soltanto una barriera su punizione. Qualcuno ha forse dimenticato quel momento da scherzi a parte al mondiale ’74? La barriera dello Zaire si piazza, Rainea, arbitro rumeno, fischia, Rivelino studia la traiettoria, indugia, tentenna e dal gruppetto africano si stacca uno con la maglietta numero 2, si chiama Mwepu e di nome fa Illunga. Costui va diritto verso il pallone e lo calcia, sì proprio lui mentre Rivelino assiste, Rainea estrae il cartellino dell’ammonizione”.
Damascelli continua a farci sognare: “Il reuccio del parco, così lo chiamavano a Rio fermo restando che il monarca assoluto era, resta e resterà Pelè che a fianco di Rivelino giocò. Uno con un tiro così, con una finta da fermo e in corsa, quasi volasse, non lo ricordo. Nemmeno Adriano che mette già paura a prescindere. Eppure Rivelino conta una sola vittoria di campionato, nel 1975 col Fluminense contro l’America al Maracanà. Erano gli ultimi trenta secondi della partita e un tale Braulio prese il pallone con la mano, a venti metri dalla propria porta. Pais che era il portiere dell’America scrutò il cielo e incominciò a pregare. Rivelino piazzò il pallone, baciò lo stesso, prese una breve rincorsa, scaricò la rabbia. Non si hanno notizie di Pais, si hanno ancora notizie del Maracanà e della torcida «Flu» mentre quella dell’America versava lacrime”.

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