Erdogan e la guerra imperialista ai curdi

L’imperialismo come volontà di uno Stato di estendere il predominio su nuovi territori occupandoli e di fatto togliendo ad altri popoli i diritti umani fondamentali all’identità, alla libertà, all’autodeterminazione, alla democrazia sono sicuramente la malattia peggiore che ha attraversato la storia dell’umanità e che ancora la pervade soprattutto ad opera di nazioni dittatoriali, ma anche di plutocrazie economiche.

In questi giorni ne riviviamo la follia nella guerra imperialista che un dittatore di coccio come Erdogan ha iniziato contro i curdi che abitano la zona a nord della Siria.

I curdi sono circa cinquanta milioni e vivono prevalentemente sparsi nella regione del Kurdistan che si estende per cinquecentomila chilometri quadrati in Stati quali la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran; altri poi sono nella diaspora in Europa ma anche in altre parti del mondo.

Questo popolo, nonostante una variegata diversità etnica, culturale, linguistica e religiosa, rivendica la discendenza dall’antica civiltà mesopotamica, ma sul suo territorio hanno accampato il possesso prima imperi e poi nazioni le cui ambizioni sono state affrontate dai diversi gruppi autoctoni per ottenere in qualche modo, pur nell’appartenenza della regione ad altri Stati, un’autonomia politica e amministrativa.

Questa volontà tenace dei curdi non è stata mai tollerata dai loro occupanti a partire dall’impero Ottomano e poi dai nuovi invasori quali la Francia e la Gran Bretagna per finire a Turchia, Siria, Iraq e Iran.

Con il trattato di Sèvres del 1918 al Kurdistan viene promessa un’indipendenza poi negata con gli accordi di Losanna ed Ankara del 1923 e che porta ad una sua divisione su più Stati funzionale al controllo delle potenze europee sia sui curdi che sull’intero territorio mediorientale.

L’imperialismo sul Kurdistan ha come sempre ragioni di natura economica in quanto la regione è una terra fertile, molto ricca di acqua con i fiumi Tigri ed Eufrate e con ingenti risorse petrolifere.

Già tra il 1994 e il 1995 la Turchia ha raso al suolo tremila villaggi dei curdi che abitano il Rojava nel nord della Siria.

Oggi Erdogan in decrescente fortuna a causa della grave situazione economica del Paese ha deciso di deviare l’attenzione della sua popolazione con questo atto di aggressione nel nord della Siria sostenuto in tale operazione da Trump che ha ritirato dalla zona i soldati del presidio americano inviati per la guerra contro l’Isis nella quale i curdi sono stati sicuramente il maggiore protagonista in difesa di una società dei diritti contro la barbarie del terrorismo di Daesh.

La Turchia ha prima perseguitato il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) facendone arrestare il leader Abdullah Ocalan in carcere da vent’anni; oggi tenta di occupare il Rojava non solo per entrare in possesso delle sue ricchezze e istallarvi centrali idroelettriche, ma anche per cacciarvi i curdi e portarvi i rifugiati siriani che attualmente sono sul territorio turco.

Assurdità e follie di un dittatore che oltretutto ha paura della diffusione delle nuove idee di organizzazione politica e amministrativa di quell’etnia curda che sono state elaborate in carcere dallo stesso Ocalan e che prendono il nome di Confederalismo Democratico.

Oltre il marxismo-leninismo quelle popolazioni in effetti, seguendo il pensiero del socialista libertario statunitense Murray Bookchin fondato su un comunitarismo e un municipalismo libertario non statale, hanno creato un sistema di organizzazione sociale gestito con nuove forme di democrazia diretta, secondo il principio della collettivizzazione dei beni pubblici essenziali, dell’economia sociale, del rispetto del territorio e dell’ambiente ma anche della libertà di tutti e della parità di genere fino al punto che ogni Comune, chiamata municipalità, ha come responsabili paritari una donna e un uomo che coordinano le assemblee e gli organi esecutivi.

Oggi questo popolo che tanto ha lottato per la libertà e la dignità del genere umano ed esprime un tale impegno nella difesa della democrazia e nella creazione di nuove strutture egalitarie e paritarie viene abbandonato dalle organizzazioni internazionali e dagli Stati che in passato hanno sfruttato il loro coraggio contro la barbarie dell’Isis.

La stessa opinione pubblica mondiale a noi sembra molto tiepida al riguardo e crediamo sia necessaria un’opera di grande coscientizzazione su quanto sta avvenendo nel nord della Siria dove Erdogan sta provocando già un disastro in termini di centinaia morti e migliaia di profughi che fuggono dai bombardamenti spesso senza meta.

Al di là di condanne formali all’aggressione di Erdogan al popolo curdo ancora non si riesce neppure ad avere una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu né a maturare qualche decisione operativa efficace da parte dell’Unione Europea.

Noi crediamo che si debba pensare ad una serie di risoluzioni di cui necessariamente un’opinione pubblica responsabile deve farsi carico per ricordare ad Erdogan e ai dittatori come lui che prima o poi, come molto spesso è avvenuto nella storia, i poteri dittatoriali e le decisioni disumane si cancellano perché i popoli si rendono coscienti che essi sono la negazione del bene e del bello come sommi obiettivi dell’umanità.

Enucleiamo in maniera schematica alcune scelte praticabili augurandoci umilmente ma fermamente che servano a stimolare un dibattito articolato in merito ed a promuovere ogni azione capace di fermare quanti credono si possa sfidare il mondo senza che questo sia capace di porre in essere difese popolari non violente ma efficaci per ridurre alla ragione quanti pretendono di calpestare i diritti umani per inseguire interessi egoistici e sistemi di potere anacronistici e dittatoriali.

Noi pensiamo che di fronte ad eventi criminosi nel mondo, quale quello di cui ci stiamo occupando, occorra provare a mettere in campo alcuni obiettivi sui quali speriamo si possa riflettere in maniera allargata.

(Umberto Berardo)