Abbiamo volutamente accompagnato con il silenzio il periodo elettorale per il ballottaggio al Comune di Roma. Fase troppo delicata. Non soltanto per la designazione del primo cittadino, ma anche per la conseguente formazione del consiglio comunale. Tra promossi e bocciati. Meglio un rispettoso silenzio.
Ora, con il responso delle urne davanti agli occhi, un’associazione ormai ben radicata nel tessuto romano – anche a livello istituzionale – come “Forche Caudine”, non può esimersi da un’analisi serena su quanto accaduto. Anche perché l’ambizioso cammino della nostra associazione, sempre in un’ottica di dialogo a 360 gradi (scelta che compatta e non divide la comunità molisana a Roma), non può ignorare i nuovi scenari politici scaturiti dal voto.
Roma, dunque, cambia sindaco. Ad essere determinante è soprattutto l’autosconfitta della sinistra. Espressa con voti disgiunti e con astensionismo. Sovrapposta a quella personale di Rutelli, che va a colpire quell’area radical chic che ha finito per diventare la bandiera del centrosinistra romano, tutto borghesia, salotti, mondanità, cemento e centro storico. La destra ha puntato su tre ricette efficaci: attivismo, sicurezza e periferie. “Ci siamo accorti – racconta Andrea Augello, coordinatore del comitato elettorale di Gianni Alemanno – che mentre noi andavamo a parlare con tutti rappresentanti delle categorie cittadine, Rutelli li riceveva nel suo ufficio. Un comportamento che alla fine ha pagato pesantemente”.<
Le urne hanno confermano che l’egemonia su Roma spetterà, quindi, alla destra. Le cronache diranno con quali risultati. Sul cambio di pagina, aleggia però un atavico rischio: la riedizione dell’eterno potere romano. Quello dei trasformismi e delle scaltre arrampicate sul carro dei vincitori. Realtà ancestrale nella culla di Chiese e Palazzi.
(Erennio Ponzio)
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