Quando rientro nel mio quartiere romano, San Giovanni in Laterano, considerato non a torto uno dei migliori della Capitale, provo un profondo disagio nel constatare com’è ridotto: vi sono aree che testimoniano i segni dell’incuria e dell’abbandono. Certo, si potrebbe generalizzare rilevando come l’intera città, da anni, viva un irreversibile degrado.
Tuttavia nella zona intorno a piazza dei Re di Roma, ormai centrale pur non ricevendo tutte le attenzioni destinate al centro storico, il deterioramento è sintomatico, quasi una porzione simbolica del tutto. Il triste elenco lo conosciamo a menadito: marciapiedi malmessi e sporchi, muri e “arredo” urbano nell’analoga condizione, attività commerciali sempre meno espressione dell’identità di un quartiere ma standardizzate e generalizzate (banche, agenzie immobiliari, negozi di frutta, pizzerie e fiorai gestiti da egiziani, franchising dominanti dall’abbigliamento fino ai punti vendita di materiale fotografico, ecc.). Certo, è il modernismo, la globalizzazione, il non-luogo. Ma all’estero – e chi scrive gira il mondo per lavoro – non è sempre così: tutto ciò il più delle volte rientra in un contesto più organico, più ordinato e soprattutto più pulito e rispettoso dei luoghi.<
Prendiamo proprio il IX Municipio, zona – appunto – San Giovanni verso Re di Roma. Ho avuto modo di approfondire la conoscenza di molti amministratori e sono rimasto strabiliato sia per la distanza siderale con il ventre “sociale” della città – edulcorata da qualche assemblea cui partecipano, mi dicono, più o meno le stesse persone rispetto ad una popolazione di circa 150mila residenti – sia per l’inefficacia dei provvedimenti, per lo più fermi nella fase di proposte.
Ecco, Roma è da anni l’esempio della politica dei proclami e dei progetti, spessi molto esosi per le consulenze prestate da architetti, ingegneri, urbanisti, comunicatori ed esperti di ogni sorta. Poi gli annunci rimangono tali. E la gente, alle prese con i problemi – per quanto piccoli ma numerosi – di ogni giorno, alimenta la propria insoddisfazione e la propria assuefazione al contesto.
In IX Municipio, grazie soprattutto – è il mio parere – ad una presidente, Susi Fantino, che non rimpiangeremo di certo, l’elenco di questi infruttiferi coinvolgimenti è lungo. Si pensi al solo “bilancio partecipato”, che sull’onda di Porto Alegre dovrebbe rappresentare una cosa seria. Ebbene, nonostante una sequela di riunioni e di onerosi materiali per raccogliere le idee dei cittadini, ancora stiamo aspettando di conoscere una realizzazione concreta frutto dell’esperienza.
Ancora più paradossale la vicenda dei Pup, dove la maggioranza di centrosinistra – un tempo favorevolissima a queste colate di cemento soprattutto nel cuore della città (dove i box si riescono a vendere e a più caro prezzo) – oggi sulla pressione di cittadini esasperati ha fatto dietro-front, ma senza garantire una soluzione definitiva ma solo “riaprendo le trattative” su questi infiniti cantieri.
Ora è partito l’ennesimo proclama: Agenda 21, cioè una spinta alla sostenibilità del quartiere. Roma è stata tra le prime città ad aderire – a parole – al programma, ma i risultati sono davanti agli occhi di tutti, specie sui fronti della mobilità, dei rifiuti e del verde pubblico. Agenda 21 fa seguito al Progetto Urbano San Lorenzo, l’ennesima saga delle buone intenzioni dove riemerge la “cura del ferro” di rutelliana memoria.
E i problemi quotidiani, grandi e piccoli? Rimangono lì. Si pensi, ad esempio, al mercato Appio I di via Gino Capponi, con un deposito della ex Stefer dove dovrebbe essere trasferito da anni. O all’area della stazione Tuscolana, con capannoni dismessi da anni e pieni di eternit. O al destino dell’ex deposito Atac di piazza Ragusa, ennesimo centro commerciale? Laddove si è intervenuto, viceversa, rimangono le ferite: il parcheggio di piazza Epiro con le rampe in mezzo alla carreggiata o la pista ciclabile di via Nocera Umbra e via Furio Camillo, che attraversa la Tuscolana e si trova un benzinaio al centro della strada. Insomma, se non ci sono soldi, non sarebbe meglio chiudere anche questi Municipi?
(Alessandro Neumann – giugno 2010)
<div class="