Questione di “ore”



Le chiamano “ore del piacere”. In realtà, a ben vedere, si tratta di momenti sottratti al mondo quotidiano per tentare di riempire i propri fallimenti. Recuperando qualche squallida emozione tra sesso-famolo-strano e chimica bianca.
Ci sono, invece, le “ore del dovere”. Quelle per garantire i diritti degli ultimi. Ad esempio, i legittimi momenti di sostegno scolastico, assicurati dalle normative, indispensabili a tanti giovani disabili per far parte del nostro mondo. Della parte migliore del nostro mondo quotidiano: quella dell’apprendimento, dell’istruzione, della condivisione, dell’integrazione.
Le “ore del piacere” vanno di moda. Sono quelle dell’arroganza dei potenti cui tutto è dovuto. Quelle del “privato da rispettare”. Ma oliate dal Dio denaro, rigorosamente pubblico. Cioè dai soldi degli altri.<br>Le “ore del dovere”, invece, sono in disuso. Al diavolo il sacrosanto diritto allo studio e alla vita di chi è ai margini, di chi non ha potere e non ha insolenza. Il Dio denaro, in questo caso, non c’è. Tanto meno quello pubblico, che serve per l’alcova del dominus. La scontata conseguenza sono i tagli scolastici a danno dei disabili, l’elemosina di qualche ora di sostegno al posto delle trenta “doverose” stabilite dalle normative. Dove sminuzzare equivale a regredire.
E’ un Paese che sprofonda nelle ingiustizie, che affonda nel grottesco, che s’inabissa nell’illegalità quale regola di ogni giorno quello che stiamo consegnando ai nostri figli.

(Alessandro Neumann – ottobre 2009)

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