Casarano (Lecce) e la cultura paleocristiana

Affresco (foto Comune di Casarano)

Il monumento più significativo presente a Casarano è la Chiesa di Santa Maria della Croce detta di “Casaranello”. Conosciuta per i suoi splendidi mosaici, la Chiesa di “Casaranello” rappresenta uno dei monumenti più antichi della Puglia, difatti è ascrivibile al V secolo dopo Cristo. Essa, inoltre, è un punto di riferimento per lo studio delle decorazioni musive nelle chiese paleocristiane e trova confronti con la Grecia (Salonicco) e l’Italia bizantina (Ravenna, Roma, Albenga). Oltre alla raffinata qualità decorativa dei suoi mosaici, la Chiesa di “Casaranello” è rinomata per le sue pitture bizantine ascrivibili ad un periodo compreso tra il X e il XII secolo e per i cicli decorativi, realizzati in piena temperie tardo-sveva (metà XIII secolo).

Altre decorazioni sono state realizzate nel tardo medioevo, epoca che coincide con alcune trasformazioni architettoniche. L’età post-medievale, infine, ha lasciato traccia in alcuni dipinti di fattura popolare. Edificata con blocchi cavati ad hoc, senza conci di riutilizzo, la chiesa esibisce oggi una facciata dilatata in ampiezza, animata dalla presenza di una sola porta d’accesso lunettata e un piccolo rosone scolpito in asse, di datazione tardomedievale; ai lati, in corrispondenza delle navate laterali, si aprono due finestre di forma rettangolare. Sulle due estremità laterali, in alto, come se fossero degli acroteri, sono poste le statue di Santa Lucia e Santa Caterina.

La chiesa consta di un ulteriore ingresso sul lato nord, mentre sull’ala meridionale del transetto, stranamente rientrato rispetto alle navatelle laterali, spicca il campaniletto a vela, elementi entrambi frutto di successive modifiche. L’interno presenta un impianto a tre navate divise da pilastri raccordati a sua volta da ampie arcate. Un transetto non aggettante lateralmente e in altezza introduce, precedendo verso est, al presbiterio e all’unica abside, decisamente aggettante e di impianto rettangolare: tipologia quest’ultima desueta in età paleocristiana con confronti a Centoporte a Giurdignano, ai ruderi della chiesetta di San Donato a Taurisano e alla chiesa di Sant’Eufemia a Specchia Preti.

I mosaici rappresentano una pellicola smagliante che rivestono la cupola, la volta a botte del bema e l’abside. Assieme a quelli del battistero di Canosa, del complesso di San Giusto a Lucera e del battistero della cattedrale di Siponto rappresentano una delle decorazioni musive più antiche della regione (Falla Castelfranchi 2005). Ad oggi rappresenta l’unico mosaico parietale tardo-antico conservato nel mezzogiorno d’Italia.

Di datazione incerta, il mosaico è legato alle origini del monumento e pertanto oscillante tra il V e il VI secolo. Secondo Falla Castelfranchi (2004; 2005), al pari di altri cantieri musivi come il battistero severiano di Napoli (fine IV secolo) e il mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (metà V secolo), il programma iconografico era articolato in due distinti registri: non figurativo nella cupola e sulla volta a botte del bema, figurativo nell’abside, spazio in cui si annidano le immagini più significative del programma iconografico. Le tessere sono ottenute da più materiali, dal marmo bianco, al vetro sino al laterizio utilizzato talvolta per incarnato dei volti, desunto da modelli utilizzati per pavimenti; l’utilizzo del cotto, anche secondo Trinchi Cecchelli (1974), farebbe slittare la datazione tra V e VI secolo.

Il più antico ciclo decorativo risale alla fine del X secolo, sulla base di confronti convincenti con alcuni affreschi, in parte datati (per esempio quelli di Carpignano Salentino, del 959 e 1020), confermati inoltre dall’analisi paleografica e testuale di Jacob (1988) delle iscrizioni superstiti, che si collocano fra X e XI secolo.

Proprio alcune iscrizioni sono incise sull’affresco eseguito sull’ultimo pilastro di sinistra della navata centrale, dove è campita una Vergine con Bambino.

Altri affreschi decorano le navate dell’edificio sacro, tra i più significativi ricordiamo i due cicli delle sante martiri Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia ascrivibili ambedue all’età sveva.

Poco lontano dalla chiesa, in direzione Est, insiste un cimitero medioevale del quale si conservano numerosi loculi scavato nella roccia affiorante.

Il centro storico si caratterizza per numerose chiese e monumenti. La chiesa dell’Immacolata a Nord di Casaranello sorge sui resti della cinquecentesca cappella della Madonna Annunziata. Il 1743 rappresenta la data d’inizio lavori della nuova opera completata nel 1760, grazie ai proventi della confraternita dell’Immacolata. La facciata è caratterizzata da linee semplici, un sobrio portale e una finestra vagamente ovale, dalla forma mistilinea; il tutto è coronato da un timpano curvilineo e statuine di santi. Il prospetto è animato dalla presenza di due affreschi settecenteschi riproducenti la Vergine Annunziata e l’Arcangelo Gabriele, in ricordo della primitiva intitolazione. L’interno è ad aula unica con un transetto aggettante. Dominano la scena le sei canoniche tele mariane del pittore leccese Oronzo Tiso (1725-1800), eseguite negli anni ’70 del 1700: Presentazione di Maria al Tempio, l’Annunciazione, la Visitazione, la Purificazione, la Natività di Maria e l’Assunzione. Alle spalle del sacro edificio è posto il calvario monumentale, realizzato tra il 1913 e il 1918. Nei pressi della chiesa insiste il monumento ai caduti realizzato dal celebre scultore Renato Brozzi. L’opera bronzea fu donata da Gabriele D’Annunzio alla città di Casarano per tramite del suo concittadino di Don Pompe Nuccio.

Altro importante edificio sacro è la chiesa Madre Vergine Annunziata. Ricostruita a partire dal 1699 e completata in larga parte nel 1712, come ci ricorda l’epigrafe posta in facciata nell’anno 1719. IL prospetto è caratterizzato da due ordini sovrapposti: quello inferiore è delimitato da due colonne che si innestano su alti piedistalli, tra le quali si aprono tre nicchie con le statue di S. Pietro, S. Paolo e S. Giovanni Elemosiniere, poggiante su un ricco portale barocco. L’ordine superiore è coronato da un’elegante balaustra e scandito da lesene. L’interno a croce latina conserva alcune tele di grande pregio, espressione del Barocco leccese; in particolare si annoverano le opere di Oronzo Tiso e Giovanni Andrea coppola. Tra le tele del Tiso spicca quella intitolata “Fornace di Babilonia”, lunga più di 5 metri, collocata sulla controfacciata. Si conservano inoltre due altari provenienti, secondo quanto emerso dalla documentazione archivistica, dalla Chiesa di San Francesco della Scarpa a Lecce, aggiunti solo nel 1874. Pregevoli sono anche gli altari posti sulla destra rispetto all’ingresso, ospitanti le tele della Madonna del Rosario di Giandomenico Catalano (inizi del 1600) e della Madonna delle Anime del Purgatorio, tela iniziata da Giovanni Andrea Coppola e completata dal suo presunto allievo, frate Angelo da Copertino (1660). L’edificio subì continui rimaneggiamenti, tra cui la costruzione al suo interno della cappella del Santissimo (inizi del 1900).

Numerosi sono anche i palazzi storici, tra questi ricordiamo palazzo D’Elia e palazzo De Judicibus.

  • Palazzo D’Elia, di origine cinquecentesca, si affaccia sull’omonima piazza con un’imponente facciata. Il prospetto è diviso in due ordini da una lunga balaustra in pietra leccese, la cui linearità è interrotta da un balcone sostenuto da sette mensole decorate con putti che reggono grappoli d’uva e ghirlande di fiori e da figure allegoriche della prosperità e dell’abbondanza. Il portale, che si apre sotto il balcone, è sormontato dallo stemma della famiglia, raffigurante il profeta Elia su di un carro mentre attraversa le fiamme. Il prospetto è delimitato da una colonna angolare che affaccia su via Pendino, sormontata da una figura apotropaica. L’interno, ricco di grandi stanze finemente decorate, ospita una piccola cappella gentilizia e un frantoio ipogeo. L’edificio, di proprietà comunale, fu sede di pretura durante il Regno d’Italia.
  • Palazzo De Judicibus è stato abitato fino a pochi anni fa dalla facoltosa famiglia De Judicibus, originaria di Molfetta, giunta a Casarano tra ‘800 e ‘900, oggi è proprietà del Comune. Fu edificato nel Seicento, ma subì nel corso dei secoli rilevanti rifacimenti e l’attuale aspetto è dovuto agli interventi del XVIII secolo. Sul prospetto si apre un portale barocco a volute sormontato da una loggia con due finestroni a forma di cuore. L’ampia loggia si affaccia sulla piazza tramite un’elegante balaustra. Attraversando il patio ci si immette in un tipico esempio di giardino “all’italiana”: di forma rettangolare, è solcato da due assi che s’incrociano ortogonalmente. Sulla terrazza del palazzo, dalla quale si può ammirare per intero il giardino, vi sono i resti di un’antica colombaia.

Infine ricordiamo chiesa della Madonna della Campana. Posta sulla serra salentina, in un punto panoramico, la chiesa della Madonna della Campana sorse come ex voto di un marinaio al quale, secondo la tradizione, la Madonna salvò la vita. Le origini sono incerte ma il nucleo originale potrebbe essere medievale: vi è infatti una notizia nei registri della cancelleria angioina del 1308 che parla di una chiesa intitolata “S. Maria de Casarano” che potrebbe riferirsi proprio a questo edificio di culto. Nel 1639 fu ricostruita su impulso del feudatario Matteo D’Aquino. La facciata appare slanciata e sobria, caratterizzata dalla presenza di un semplice portale ed una finestra; l’interno è a navata unica, con un arco trionfale a separare il presbiterio dal resto della navata. L’altare maggiore reca la data 1692, ma è attribuito al copertinese Giovanni Donato Chiarello e realizzato nel 1656, quando l’artista era altresì impegnato nella chiesa Matrice di Casarano; l’altare incastona, all’interno di un’icona radiata, l’affresco su pietra della Madonna con Bambino, monolite che ha a che fare con un altro miracolo, ovvero il rinvenimento della sacra effige all’interno di un’antica masseria.  Sul muro di fondo, in alto, è affrescata una Trinità con la Vergine Maria, San Giovanni Battista e una schiera di santi e fedeli, opera firmata “frate Honofrio 1679”. L’altare posto a sinistra di quello maggiore custodisce la tela di S. Antonio da Padova, attribuita di recente dallo studioso Stefano Tanisi a frate Angelo da Copertino (1600); tale attribuzione conferma, ancora una volta, che le maestranze impegnate in quegli anni nella Chiesa Madre di Casarano ebbero modo di eseguire opere anche in questo cantiere. Di fronte all’altare di Sant’Antonio è ubicato quello del Crocefisso del quale rimane solo la mensa sovrastata da un affresco trompe – l’oeil. Qui le uniche cromie sono riservate al riquadro centrale dove compaiono il Crocefisso, San Giovanni Evangelista, la Vergine e due figure di santi, S. Nicola e S. Vito (fine del 1600); tutto il resto è monocromo, così come gli ornamenti sui lati. Infine, in prossimità dell’ingresso sono presenti l’altare con la tela di San Biagio (1903) e l’altare con tela della Vergine Desolata (inizi ‘900). Gli abitanti di Casarano erano soliti percorrere una scalinata monumentale, ancora oggi esistente, scandita dalle diverse edicole raffiguranti le stazioni della Via Crucis.

(G.C.)

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