Il ruolo del Papa molisano Celestino V nella traslazione della Santa Casa di Nazareth

Presentato a Villa Bonaparte, sede dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, il volume “La Via degli Angeli. La traslazione delle Pietre della Santa Casa” di Fernando Frezzotti (Ed. Il Lavoro Editoriale) che ricostruisce nel dettaglio in un arco temporale di oltre 21 anni la traslazione della Santa Casa di Nazareth, salvata dalla Terrasanta individuando il ruolo avuto dagli Angelo-Comneno di Tessaglia ed Epiro, da due fra i più noti Grandi Maestri templari e da due Papi Gregorio X e Celestino V, il Papa molisano del gran rifiuto.

Una ricostruzione che si affianca alla storia religiosa sin qui tramandata senza contrapporvisi ma, anzi, confermando ed avvalorando l’autenticità della reliquia, luogo privilegiato per il culto alla Vergine Maria,

Portando i suoi saluti di benvenuto, l’Ambasciatrice di Francia presso la Santa Sede, Florence Mangin, ha ricordato gli stretti legami che uniscono la Francia al Santuario e a Loreto.

Per Alessio Ferrari Angelo-Comneno di Tessaglia, principe e discendente diretto dei Despoti di Epiro e Tessaglia, presidente dell’Accademia Angelico Costantiniana di lettere arti e scienze – Angelo-Comneno A-P “la ricostruzione storica della Traslazione della Santa Casa ad opera di Fernando Frezzotti è la definitiva conferma di quella che si sarebbe potuta definire una consolidata consapevolezza. Indubbiamente ci era pervenuta da chi ci ha preceduto, ma nessuno di noi sapeva più chi, quando, dove, perché ed in che modo. La Santa Casa di Loreto si riappropria finalmente del suo vero ruolo, quello che, sin qui, le è sempre mancato, ossia di ponte culturale tra Oriente e Occidente e quello, ancor più profondo e spirituale, del più alto testimone della Chiesa indivisa”.

 “A questo ruolo – ha detto ancora – la mia famiglia contribuì decisivamente nel XIII secolo attraverso le variegate vicende che hanno accompagnato la Traslazione tra la Tessaglia e l’Epiro per undici anni, per poi giungere definitivamente a Loreto accompagnata da Bartolomeo, fondatore di quel ramo della famiglia della “Marca Anconitana” da cui provengo.

“La “Via degli Angeli” – ha sottolineato da parte sua Frezzotti – è un’indagine storico-geopolitica dell’operazione che ha consentito il salvataggio della Santa Casa da Nazareth, ma anche del suo, non programmato, arrivo a Loreto. L’analisi, se da un lato ha confermato l’autenticità della reliquia, ponendo così fine alla cosiddetta “questione lauretana”, dall’altro, mettendo capillarmente in evidenza committenza, governo, esecuzione, custodia, relativi contesti storici, itinerari e soste, ha consentito di individuare i veri protagonisti nei loro rispettivi ruoli, consentendo, a proposito del ruolo avuto da Celestino V, una completa riformulazione del giudizio storico sul suo vissuto e sul suo pontificato. L’indagine, nella sua ultima fase, ha riguardato anche gli aspetti iconografici della Traslazione, con numerose e sorprendenti conferme del quadro storico emerso, riscontrate persino nel ciclo di affreschi all’interno della Santa Casa”.

Per Ilaria Pagani, vicedirettore di ‘Studi sull’Oriente Cristiano’, “la rivista diretta da Gaetano Passarelli è stata il primo punto di riferimento scientifico per questo lavoro di ricerca. I primi risultati degli studi di Frezzotti sulla vicenda storica della Santa Casa di Loreto sono stati infatti pubblicati a partire dal 2018 con un supplemento dedicato all’argomento; in seguito, abbiamo ospitato altri articoli dell’autore nel 2020 e nel 2022 seguendo lo sviluppo degli studi che hanno portato alla pubblicazione del volume che presentiamo oggi”. 

“LA VIA DEGLI ANGELI”

LA TRASLAZIONE DELLE PIETRE DELLA S. CASA

di Fernando Frezzotti (Ed. Il Lavoro Editoriale, 2023)

Il ruolo degli Angelo-Comneno Despoti di Epiro e Tessaglia, degli Angiò e dei “Gran Maestri” Templari

1 – Quadro sintetico dell’apparato cronologico da FERNANDO FREZZOTTI, La Via degli Angeli, Ancona, 2023, p. 503.

L’insieme dei risultati ottenuti con l’indagine di cui al volume “La Via degli Angeli. La traslazione delle pietre della S. Casa”, è compendiato in questo schema. Come è possibile costatare la complessiva operazione, che ha portato la S. Casa da Nazareth a Loreto, si è articolata in quattro fasi cronologicamente distinte. Per ognuna di esse sono state individuate:
1) le motivazioni dello spostamento (colonna in rosso all’estrema sinistra);
2) la data in cui è avvenuta (colonna “TRASLAZIONE”);
3) il “PERCORSO” seguito;
4) la “COMMITTENZA”, ovvero per ordine di chi avvenne lo specifico trasporto/spostamento;
5) il “GOVERNO”, ovvero a chi fu affidato il controllo dell’operazione di trasporto/spostamento;
6) la “ESECUZIONE” ovvero chi materialmente si occupò del trasporto/spostamento;
7) in ultimo la “CUSTODIA”, ovvero chi poi si occupò della custodia della S. Casa al termine
di quello specifico trasporto/spostamento.

Nello schema generale delle quattro fasi della Traslazione sono stati riportati i rispettivi protagonisti utilizzando colori diversi. In rosso sono stati evidenziati i Templari (termine al quale è perfettamente associabile la qualità di “francesi”), nello specifico i Grandi Maestri Guillaume de Beaujeu e Jacques de Molay che sono francesi. A essi va aggiunto re Carlo I d’Angiò, francese anch’egli, subentrato in Italia alla dinastia Sveva nel Regno delle Due Sicilie, formalmente investito, dal luglio 1263, da papa Urbano IV, pure lui francese. In blu sono stati evidenziati gli Angelo-Comneno Despoti di Epiro e Tessaglia.

Il primo punto della indagine è il seguente. Su committenza di papa Gregorio X, la Santa Casa fu materialmente messa in salvo, prelevata da Nazareth, nell’estate del 1273 (occupata dai musulmani
nel 1263), smontandone le pietre, dal Gran Maestro templare Guillaume de Beaujeu.

In modo che tutti comprendano i tre livelli (committenza, governo ed esecuzione), durante le presentazioni mi avvalgo della seguente similitudine. Quando decidiamo di acquistare un libro su Amazon, noi siamo i committenti, Amazon governa l’operazione e dà disposizione al corriere di eseguire la consegna.

Per quanto riguarda la Traslazione, papa Gregorio X è il committente (noi), Carlo I d’Angiò governa l’operazione (Amazon) e dà incarico al cugino, Guillaume de Beaujeu, Gran Maestro templare (corriere), di salvarla portandola in salvo da Nazareth in quanto città caduta in mano musulmana.

La particolarità consiste nel fatto che, per portare a termine l’operazione ci sono voluti ben 21 anni e 4 mesi, il trasporto è stato completato in quattro distinte operazioni, i protagonisti dell’ultimo trasporto sono tutti diversi rispetto a quelli del primo perché, nel frattempo, i primi erano tutti morti.

La prima traslazione da Nazareth a Cipro avvenne nel 1273, l’ultima nel 1294.

A partire dal 1279, Cipro non era più sicura per i Templari. In quell’anno Ugo III di Lusignano, re di Cipro, pose sotto sequestro tutti i possedimenti templari nell’isola. Guillaume, appena gli fu possibile, al fine di rimediare alla situazione di grave pericolo in cui era venuta a trovarsi la S. Casa, decise per un nuovo spostamento, presso un altro luogo giudicato “politicamente” più stabile, affidabile e sicuro. La scelta cadde sulla Tessaglia di Giovanni Angelo-Comneno. Fu così che, dieci anni dopo, nel 1283, le pietre vennero nuovamente trasportate e condotte a Pyli in Tessaglia. Là rimasero custodite dai Templari di Guillaume, presso il monastero di Porta Panagià, dal 1283 al 1291.

Un importante elemento di indiretta, ma decisiva conferma, tanto del ruolo di protagonista svolto da Guillaume, quanto dell’entrata in scena della famiglia imperiale degli Angelo-Comneno, ci proviene dalla consultazione dell’albero genealogico di Bartolomeo, di colui cioè che, nel 1294, fu il co-protagonista del trasporto della S. Casa a Loreto e che, da allora, si stabilì definitivamente in Italia.

Nel 1285, ovvero durante il periodo della custodia delle pietre in Tessaglia, nacque il primogenito di Bartolomeo al quale fu posto il nome di Guglielmo, ovvero la traduzione in italiano di Guillaume.

Fu il primo e unico Guglielmo Angelo-Comneno di tutta la discendenza fino a oggi.

Sul finire del 1290 la situazione in Terrasanta era precipitata. La città/porto di Acri, ultimo baluardo dei cristiani in Terrasanta, accerchiata da un esercito di duecentomila musulmani, stava per essere assediata.

Nel frattempo Giovanni di Tessaglia era morto (1289). I Templari di Guillaume, prima di lasciare Pyli, si accordarono con Niceforo Angelo-Comneno, despota d’Epiro, fratellastro di Giovanni, per proseguire nella custodia delle pietre della Santa Casa. Alla morte di Michele II (1271),

Epiro e Tessaglia erano state separate e assegnate ai suoi due figli primogeniti che pertanto, nel 1291, appartenevano a due rami distinti degli Angelo-Comneno: a Giovanni, primogenito naturale, fu assegnata la Tessaglia. A Niceforo, primogenito legittimo, fu assegnato l’Epiro.

Il 9 maggio 1291 le pietre vennero quindi nuovamente trasferite, da Pyli in Tessaglia, ad Arta Capitale dell’Epiro. Il trasferimento e la successiva custodia (fino al settembre 1294) vennero verosimilmente affidati al Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, ordine che, nella diaspora che seguì all’occupazione franco-latina di Costantinopoli del 1204, si trasferì insieme agli Angelo-Comneno Ducas nella nuova capitale Arta. La momentanea assenza dei Templari nella custodia della S. Casa per “causa di forza maggiore” diede il pretesto a Niceforo per valorizzare la sua prestazione di “custode in conto terzi”. Fu così che le pietre della S. Casa entrarono contestualmente a far parte della dote della figlia Ithamar per la quale è documentato che, fin dal giugno 1291, cominciarono le trattative per il suo matrimonio con Filippo d’Angiò, uno dei figli di Carlo II, re di Napoli. È a partire da questo fatto, di rilievo “novativo” per lo status giuridico delle pietre, che prende avvio il leit motiv che farà da sfondo all’intera quarta fase traslativa, ivi compresa l’imprevista, ma definitiva, destinazione lauretana: la disputa fra Celestino V e Carlo II d’Angiò sulla destinazione della S. Casa 1.

I protagonisti sono diversi, ma i rispettivi ruoli istituzionali sono identici. Il committente del quarto trasporto che si concluse a Loreto è sempre un papa, Celestino V (al posto di Gregorio X), mentre il governo/esecuzione del trasporto venne affidato a Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro templare. In questa ultima fase, nel ruolo di “governo” avrebbe dovuto e voluto esserci Carlo II d’Angiò (re di Napoli e figlio di Carlo I), ma è proprio in seguito al contrasto intervenuto fra Celestino e lo stesso Carlo II, in merito al luogo di deposizione della S. Casa, se la S. Casa si trova oggi a Loreto e non a Napoli (come avrebbe preteso Carlo II d’Angiò), o a L’Aquila (come avrebbe ardentemente desiderato Celestino).

L’aspetto “eclatante” di questa indagine consiste nel fatto che, giunto quasi al termine di nove anni di ricerche, ho maturato la consapevolezza che tutto quello che avevo sino a quel momento scoperto, in realtà era presente sotto i nostri occhi, da sempre, in quanto riprodotto nel ciclo di affreschi eseguiti all’interno della S. Casa (ca. 1310) e tuttora visibili.

In sostanza, all’interno della S. Casa che – perduta la Vera Croce per mano di Saladino nel 1187 era diventata la reliquia più importante della cristianità, nel suo luogo più sacro (cioè, a fianco della
finestrella dell’Annunciazione, quella attraversata dall’Arcangelo Gabriele per annunciare Maria), è stato rappresentato, per interposta persona, Guillaume de Beaujeu.

Prima d’ora nessuno se n’era accorto perché, per ritrarre Guillaume de Beaujeu, è stato elaborato un linguaggio di comunicazione evoluto, basato sull’utilizzo di figure retoriche, una cosa non nuova nel Medioevo (la Divina Commedia di Dante, tutta basata sull’utilizzo di allegorie e figure retoriche, vedeva la luce proprio in quegli anni), ma alla quale non siamo più abituati. In particolare, nel ciclo di affreschi all’interno della S. Casa, è stato fatto ricorso alla figura retorica della “metonimia”.

Guillaume non era santo e quindi il suo ritratto non poteva “entrare” nella S. Casa. Il committente degli affreschi, Bartolomeo Angelo-Comneno, ne era consapevole, non si era perso d’animo. Decise di utilizzare la figura di S. Venanzio martire, patrono di Camerino, una figura retorica, la “controfigura”, potremmo definirla, di Guillaume. La scelta di Bartolomeo è caduta su S. Venanzio in quanto Guillaume, nel 1269, prima di essere incaricato, nel 1273, di salvare la S. Casa, era stato protagonista del “salvataggio” delle reliquie dello stesso S. Venanzio. Anche in quel caso venne incaricato da suo cugino, il re delle Due Sicilie, Carlo I d’Angiò. Quindi Guillaume aveva maturato sul campo lo specifico skill e anche agli occhi dell’opinione pubblica del tempo, egli era il salvatore/liberatore di reliquie cristiane.

Inoltre, analogamente a S. Venanzio, Guillaume subì il martirio in nome della fede proprio il 18 maggio. Pertanto, quando si entra nella S. Casa a Loreto e si rende omaggio al santo più vicino alla “finestrella”, insieme a S. Venanzio “liberato”, si rende omaggio anche a colui che lo liberò e che per questo venne incaricato di salvare/liberare la S. Casa, Guillaume de Beaujeu.

Volendo estendere il concetto, poiché nell’ultima fase della Traslazione – il trasporto Arta- Loreto del settembre-dicembre 1294 – governo ed esecuzione, vennero affidati all’ultimo GM del Tempio, Jacques de Molay (poco dopo l’ordine venne soppresso e Jacques de Molay fu condannato al rogo a Parigi nel 1314), potremmo affermare che alla metonimia “S. Venanzio” vadano associati i Templari in genere.

Infatti, all’interno della S. Casa, la sezione che contiene uno specifico messaggio, veicolato attraverso l’utilizzo di figure retoriche, comprende anche il S. Giorgio, un santo altrimenti mai rappresentato nelle Traslazioni. Questa semplice costatazione rafforza l’ipotesi che anche il S. Giorgio intenda rappresentare altro, un’altra figura retorica. Il riferimento non può che andare al “Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio” la cui titolarità, dal 1190, era prerogativa della famiglia Angelo-Comneno, trapiantatasi ad Arta nel 1204 a seguito della conquista franco-veneziana di Costantinopoli.

Il ruolo chiave della Francia nella vicenda, va senza dubbio valorizzato anche tenendo conto dell’importante riferimento alla città di Lione, città dove, nel 1274, si svolse l’omonimo “Concilio II” promosso da Gregorio X, il primo committente della Traslazione.

In quella città a gennaio 1274, ancor prima dell’inizio del Concilio (maggio 1274), il già presente Gregorio X ricevette la visita dell’eremita Pietro del Morrone, colui che, vent’anni dopo, nel 1294, sarebbe diventato Celestino V, committente a sua volta dell’ultima traslazione, quella che portò la S. Casa a Loreto. Durante la sua permanenza di tre mesi a Lione, Pietro/Celestino fu ospite della Magione dei Templari (quasi certamente era presente anche Guillaume, dato che è documentata la sua presenza al Concilio).

Con la S. Casa che era già stata messa in salvo l’anno prima (1273) e si trovava a Cipro custodita dai Templari, Gregorio X e i Templari affidarono a Pietro/Celestino, recatosi a Lione, l’incarico di realizzare una grande basilica destinata a ospitare la S. Casa. Al ritorno da Lione, le biografie di Pietro/Celestino concordano, infatti, sull’episodio del “sogno rivelatore” occorsogli quando, trovandosi a transitare per Collemaggio (L’Aquila) e fermandosi a riposare, la Vergine Maria gli apparve in sogno chiedendogli di costruire per lei una grande chiesa.

Per amore di verità, va comunque segnalato che, mentre oggi siamo portati a considerare Lione semplicemente una “città francese”, nel XIII sec., per gli equilibri politici dell’epoca, essa esprimeva piuttosto il valore di “città neutrale”, un valore sottolineato dall’avere già ospitato, nel 1245, un Concilio ecumenico, quello indetto da papa Innocenzo IV.

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