La Cassazione sul saluto romano e l’anomala convergenza tra Anpi e Casa Pound (mentre il molisano Francesco Ciavatta resta senza giustizia)

Il paradosso della sentenza – non proprio estranea ad una certa ermeticità – della Corte di Cassazione sul saluto romano è che a “gioire” contemporaneamente sono sia l’Anpi, l’associazione dei partigiani (che ha presentato un esposto-denuncia sui saluti romani di Acca Larentia), sia Casa Pound, una delle più rappresentative comunità dell’estrema destra.

Per l’avvocato Emilio Ricci, vice presidente dell’Anpi “è una presa di posizione molto significativa assunta al massimo livello possibile, cioè dalle Sezioni unite della Cassazione. È molto importante perché fa chiarezza su questi profili che da tempo abbiamo segnalato. Adesso vengono stabiliti alcuni criteri fondamentali che distinguono i saluti romani come espressione individuale da quelli di carattere generale con più persone che richiamo tutti i segni e rituali di tipo fascista e che possono essere letti come ricostituzione del partito fascista”.

Da parte sua, l’ufficio stampa di Casa Pound fa sapere a Forche Caudine con una nota che “la decisione della Cassazione che annulla la sentenza di condanna per le otto persone identificate che hanno partecipato alla commemorazione di Sergio Ramelli nel 2016 è una vittoria che finalmente mette fine a una serie di accuse che non avevano alcun senso, con buona pace di chi, ad ogni ‘Presente’, invoca condanne e sentenze esemplari. Il saluto romano – continuano gli esponenti di destra – sarà reato solamente se c’è un effettivo pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, cosa assolutamente esclusa nel caso di commemorazioni. Questa vittoria mette la parola fine anche alle polemiche indegne che si sono scatenate dopo la commemorazione di Acca Larenzia dove, invece di indignarsi perché dopo 40 anni degli assassini sono ancora a piede libero, la sinistra democratica ha subito chiesto processi e condanne per chi ha deciso di ricordare”.

L’anomala convergenza, condita da toni di entusiasmo, delle opposte forze politiche e sociali, conferma che l’insidiosa decisione si presta a diverse interpretazioni.

In sostanza – ma non è facile sintetizzare – viene confermata reato l’apologia di fascismo, come da legge Scelba del 1952, ma simbologie e rituali che si richiamano al Ventennio, come il saluto romano e il “presente”, lo diventano solamente se concorre un effettivo pericolo di ricostituzione del partito fascista. Qui tutto diventa più opaco in quanto il “pericolo” va ovviamente dimostrato.

“La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla ‘chiamata del presente’ e nel cosiddetto ‘saluto romano’, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista”, integra il reato previsto dall’articolo 5 della legge Scelba (n.645/1952), “ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”. Così sanciscono le sezioni unite penali della Cassazione, le quali hanno anche affermato che “a determinate condizioni può configurarsi anche il delitto” previsto dalla legge Mancino (art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205) che “vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Infine, le sezioni unite hanno anche stabilito che “tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità e che essi possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”.

La Suprema Corte ha quindi disposto un nuovo processo di appello per gli otto imputati “per il saluto romano”, che erano stati assolti in primo grado, ma poi condannati dai giudici in secondo. Condanna che viene meno e fa quindi esultare Casa Pound.

Lettura positiva della sentenza anche da parte del Pd in una dichiarazione congiunta di Sandro Ruotolo, Andrea De Maria e Walter Verini. “La sentenza delle sezioni riunite della Cassazione è significativa. Innanzitutto perché conferma, riprendendo l’attuale impianto normativo, come il saluto romano, per esempio nelle manifestazioni esterne, di piazza, negli stadi, rappresenti una apologia di fascismo che può creare seri problemi di ordine pubblico. Conferma i contenuti della legge Scelba (legati alla ricostituzione del partito fascista) e richiama anche il tema nel quadro della legge Mancino, delle manifestazioni di odio, di violenza, di istigazione al razzismo e all’antisemitismo. La sentenza, fotografando per alcune parti la situazione attuale, lascia perciò aperti dubbi interpretativi da parte degli uffici giudiziari”.

Come molisani dobbiamo però evidenziare un dramma nel dramma: Angiolina Mariano Ciavatta, molisana di Montagano (Campobasso), madre del diciottenne Francesco Ciavatta, una delle due vittime della strage di Acca Larentia avvenuta a Roma il 7 gennaio 1978, mai ripresasi da quel dolore, è scomparsa ad ottobre 2022 senza avere giustizia. Il marito Antonio Ciavatta, anche lui molisano, portiere in una stabile al Tuscolano a Roma, si tolse la vita per la disperazione due anni dopo la strage, bevendo dell’acido. In mezzo alle beghe ideologiche, il loro assurdo dolore è stato spento unicamente dalla loro scomparsa da questo mondo ingiusto.

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