Lucio Caracciolo: Israele, Palestina e le identità perdute

“In questa fase storica sembra prevalere un pensiero apocalittico. Ma se entriamo in questa logica, non ne usciamo più. Serve un certo grado di freddezza”. Così Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes e tra i massimi esperti di geopolitica in Italia, ha aperto l’incontro intitolato “Il mondo non è impazzito”, incentrato sul conflitto israelo-palestinese in corso, ma anche sulla guerra russo-ucraina. L’evento, svoltosi presso il Palazzo Lateranense a Roma, è stato promosso dal Vicariato di Roma, Ufficio per la formazione permanente del clero e Ufficio per la cooperazione missionaria tra le chiese, il cui direttore, padre Giulio Albanese, ha introdotto i lavori.

La “freddezza” del professor Caracciolo ha avuto conferma nell’affermare che “molte delle cose che vediamo orribili in questi giorni in realtà non hanno nulla di sorprendente per chi conosce la storia”. Per consolidare la tesi, lo studioso ha ripercorso le molteplici e complesse tappe delle crisi in corso, non solo quella tra i popoli ebreo e palestinese, evidenziando come gli attuali conflitti abbiano radici ultrasecolari. “È come se stessimo ancora nella prima guerra mondiale – ha detto Caracciolo – ad esempio con la disgregazione degli imperi russo e ottomano. Si ripercorre una memoria lunga e siamo ancora nella difficoltà di capire gli scenari e le prospettive”.

Il direttore di Limes, soffermandosi sul conflitto israelo-palestinese, ha messo in evidenza come si tratti di una contrapposizione tra due entità quanto mai parcellizzate e in crisi anche di identità. “In Israele la popolazione è divisa in mondi paralleli. C’è una parte araba, crescente, che ha raggiunto circa il 21 per cento della popolazione totale; c’è la parte ortodossa con circa il 13 per cento, anch’essa in crescita grazie ai tanti figli in ogni famiglia; c’è la parte sionista laica, quella che è stata di Ben Gurion e di Golda Meir, oggi minoritaria e in crisi; anche la parte religiosa moderata è sempre più debole. Ce ne sono altre. Questi mondi paralleli lo sono anche fisicamente, con quartieri rigidamente separati, o nei sistemi scolastici contrapposti. Israele è oggi minacciato su più fronti, in gioco ci sono il suo futuro e la sua stessa esistenza, benché ritengo che nessuno sia in grado di annichilirlo. Ma indubbiamente è soprattutto questa crisi interna a pesare. Israele ha sempre vissuto giorno per giorno, ma è proprio in questa difficile fase che deve decidere cosa diventare”.

La situazione palestinese non è dissimile. “Non esiste una vera rappresentazione del popolo palestinese. C’è la Cisgiordania con l’Anp, l’Autorità nazionale palestinese, che di fatto rappresenta solo sé stessa, tenuta in piedi dagli aiuti americani, europei, israeliani. Ha creato un proprio ambiente e c’è una sorta di congelamento della questione palestinese: si pensi che la Nakba, la catastrofe del 1948-49 con cui i palestinesi hanno perso i propri territori, è stata celebrata addirittura con sfilate di moda. C’è poi Gaza, dominata da Hamas. E qui bisognerebbe parlare della coesistenza di un Medio Oriente reale e di uno invisibile costituito dalla convergenza di interessi, da compromessi retti con valigette di soldi dall’occidente, dalla perpetuazione di uno status quo accettabile, ad esempio nel non far morire di fame e di sete gli abitanti. Equilibri validi fino a poco tempo fa e oggi saltati. C’è poi la diaspora del popolo palestinese, si pensi alla Giordania o al Libano”.

Come uscirne? “La retorica dei due popoli in due Stati non ha senso – sostiene Caracciolo. “Attualmente la Palestina è divisa formalmente in tre zone ma con crescenti penetrazioni di colori israeliani in Cisgiordania per cui possiamo definire ‘coriandoli in Cisgiordania’ le porzioni di territorio. La prospettiva ideale ma improbabile potrebbe essere costituita da uno Stato unico con israeliani e palestinesi, soluzione che non manca di adesioni, ma inverosimile”.

Il relatore ha poi compiuto un’approfondita disamina delle nazioni dell’area, dall’Egitto che “teme la fuga dei palestinesi nel Sinai perché potrebbe incendiare tutto” alla Giordania, dove la monarchia “cerca di evitare il peggio garantendo uno strano equilibrio tra i palestinesi e i beduini”, fino al Libano retto di fatto da Hezbollah e alla Turchia, che considerandosi erede dell’impero ottomano e rivendicando le radici del proprio popolo in Mongolia e in Asia, sogna in grande, con il controllo di fatto dell’Azerbaijan e di Tripoli, ma soprattutto di ampie aree marittime.

A questo proposito, Caracciolo ha ricordato l’importanza dei mari “dove transita il 90 per cento delle merci e nei cui fondali passano i cavi per internet o o gasdotti” e l’importanza del Mediterraneo, dove sono vivi i rapporti non solo tra Nord e Sud, ma anche tra Est ed Ovest, con l’Italia al centro, “più isola che penisola a causa delle lunghe coste e delle Alpi”, incapace di assumere un ruolo di guida e di mediazione di questo spazio, specie nel controllo dei mari.

Infine il professore, che s’è spinto in dettagliate e puntuali analisi geopolitiche anche negli altri continenti, ha richiamato i dati del trend demografico che rischiano di accentuare la crisi occidentale: se l’Europa passerà da 741mila a 704mila residenti tra il 2025 e il 2050, nello stesso periodo l’Africa passerà da un milione e mezzo di abitanti a due milioni e 400mila, mentre l’Asia crescerà da 4,8 a 5,3 milioni. E mentre in Italia l’età media degli abitanti sta toccando i 50 anni, in Africa in molti Stati è ferma a 18 anni.

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