Molise, uscire dalla babele impazzita

Ciò che sta vivendo il Molise in questi giorni sul piano sanitario non è solo preoccupante, ma è diventato profondamente allarmante, perché il sistema è davvero collassato.

La convinzione che il Molise da anni ormai sia diventata terra per l’esperimento di un possibile passaggio dalla sanità pubblica ad una di tipo prima convenzionato e poi semplicemente privatizzato è innegabilmente radicata in quanti cercano di osservare con spirito critico quello che avviene intorno a loro.

Quanto accaduto da noi è riscontrabile nel percorso simile avuto in Lombardia e non è un caso se alla lunga le due regioni sono quelle che hanno avuto i maggiori problemi nell’affrontare la pandemia in atto in quanto i fondi del sistema sanitario pubblico, dirottati in grandissima parte nelle strutture private, non sono riusciti ad esempio a rendere efficienti servizi quanto meno decenti in una medicina territoriale che in certe realtà è del tutto assente.

Siamo di fronte ad uno spirito iperliberista che cerca il profitto in ogni cosa e che per questo non si fa alcuno scrupolo a distruggere i tanti servizi socializzati che in qualche modo, grazie alle lotte popolari, ci avevano condotto in Italia negli anni ’70 del secolo scorso ad un sistema di welfare che tutelava in maniera decente almeno taluni diritti fondamentali quali la salute e l’istruzione.

Con il sistema della rana bollita, principio metaforico così ben descritto dal filosofo e linguista Noam Chomsky, le lobbies del sistema economico stanno cercando di attuare tutti i sistemi che, sottraendo risorse ai servizi pubblici e spostandole verso il privato, possano rendere sempre più inefficienti i primi per dirottare la popolazione verso i secondi.

Nella nostra regione ci sono stati anni in cui comitati spontanei tra i cittadini hanno cercato di coscientizzare la popolazione sull’assurdità di un simile percorso che ovviamente sarebbe stato penalizzante soprattutto per la popolazione meno abbiente e perciò impossibilitata nel futuro a pagarsi prestazioni sanitarie progressivamente allontanate dal sistema convenzionato e rese del tutto privatizzate.

La grande manifestazione a Campobasso nel maggio del 2016 con più di cinquemila persone a rivendicare un cambiamento di rotta sembrava aprire nuovi orizzonti.

Taluni errori di tipo metodologico ed operativo sempre più orientati ad azioni di natura giuridica ed alla ricerca di un dialogo impossibile con forze politiche senza una visione davvero orientata al bene comune hanno portato ad una rottura del fronte di lotta che si è disperso e sfilacciato fino a non destare più alcuna preoccupazione, considerata anche la consistenza numerica della popolazione, né nelle classi dirigenti regionali e tantomeno nei vertici ASREM o nei commissari ad acta e da ultimo nello stesso ministero della salute.

La popolazione molisana ha necessità di convincersi che, mancando del tutto di una seria e coerente rappresentatività dei sui bisogni nelle istituzioni locali e nazionali, non ha altra forza che una lotta dura e costante per tutelare un diritto sacrosanto quale quello alla salute.

Il teatrino grottesco di quanti non hanno mosso un dito ed anzi sono stati tra gli artefici di quanto avvenuto o di altri che, pur presenti ai livelli apicali di governo del Paese, vorrebbero incantare l’opinione pubblica con il gioco delle tre carte va smascherato con chiarezza raccontando alla popolazione la verità sui processi in corso relativi all’inefficienza del sistema politico e burocratico sulle cui decisioni occorre portare la riflessione in maniera aperta e senza alcun ritegno abbandonando perciò anche le residue proposte di dialogo che alcuni si ostinano ancora a portare avanti dimenticando che tale paradigma, pure tentato inutilmente per anni, non ha prodotto alcun risultato.

Da tempo si cerca da parte di tanti volontari di produrre idee per un progetto di Piano Sanitario Regionale che, partendo da un quadro epidemiologico, purtroppo fin qui mai delineato, sia in grado di dare al Molise un’azione efficace di prevenzione collegata con l’apparato scolastico, una medicina territoriale articolata ed una cura qualificata e di eccellenza delle acuzie.

Nulla di tutto ciò è stato realizzato fin qui e l’insorgere della pandemia da Covid-19 ha messo poi a nudo tutti i problemi di un sistema sanitario che, nonostante l’immensa abnegazione di tutto il personale medico e paramedico, si è trovato assolutamente inerme ad affrontarla con il suo ospedale più importante, il Cardarelli di Campobasso, nel quale erano previsti allora due soli posti di malattie infettive.

Al momento in cui scriviamo una piccola realtà come la nostra regione vede 1699 positivi e siamo a 354 decessi dall’inizio della pandemia, ma i dati più pesanti in questa direzione riguardano la seconda ondata dal settembre dello scorso anno, considerato che i morti per Covid al 25 aprile 2020 erano 21.

Sono gli unici numeri inoppugnabili e purtroppo molto pesanti che raccontano di una gestione del tutto inadeguata di questa terribile epidemia soprattutto nella seconda fase della diffusione del virus con le sue nuove varianti.

Non essere riusciti a controllare in alcun modo la diffusione dei contagi, un’APP come IMMUNI che non sappiamo quale utilità abbia avuto, l’inefficienza e il ritardo negli screening, l’insufficienza del numero delle USCA, il mancato rafforzamento della medicina territoriale, l’assoluta incapacità di giungere alla creazione di un centro Covid dedicato, certamente collegato ma isolato dalle strutture ospedaliere, la pubblicazione di concorsi per il personale sanitario andati deserti per la precarietà assoluta dei posti previsti, l’organizzazione assurda della rete ospedaliera come sistema misto per il trattamento del Covid e delle altre patologie con percorsi diagnostici molto spesso comuni, l’aver perso la capacità di prevenire la formazione e l’ampliamento di molti cluster come il controllo degli indicatori dei positivi, l’indisponibilità di posti sufficienti di malattie infettive e di terapia intensiva e la deficienza di controllo della responsabilità di comportamento dei cittadini sono stati errori che richiamano precise responsabilità e di cui oggi stiamo pagando conseguenze gravissime che sono soprattutto le centinaia di morti, la dislocazione dei malati negli ospedali da campo con il Vietri utilizzabile ad appena 25 chilometri o il loro trasferimento con l’elitrasporto o con le ambulanze in altre regioni.

È passato un anno in cui la palla delle decisioni è rimbalzata in uno strano ed incomprensibile gioco egocentrico tra soggetti provenienti dalle sfere politiche regionali e nazionali, dai dirigenti sanitari, dai commissari ai centri del potere economico.

Nessuna determinazione razionale ed efficace si è vista finora mentre si continua a navigare a vista con l’invenzione di soluzioni del tutto provvisorie e precarie che non riescono assolutamente a risolvere i gravi problemi della popolazione e che servono solo a trascinare in modo indecoroso una situazione sanitaria che ha bisogno invece di un’inversione di tendenza con strutture di eccellenza capaci di rispondere alle necessità della popolazione.

Il governo nazionale prenda in mano la situazione molisana della sanità e la gestisca senza i teatrini di commissari ed ispettori che fin qui sono serviti solo a menare il can per l’aia senza che qualcuno sia riuscito ad impegnarsi almeno nella rimozione delle figure nominate, a mettere in piedi una qualche progettualità ed a realizzarla.

Abbiamo letto addirittura su Primo Piano Molise di lunedì che la ditta Mastellone che avrebbe dovuto realizzare il Covid hospital nell’ex hospice nei pressi del Cardarelli non prenderebbe in consegna i lavori a causa di un aumento dei costi ritenendo insufficienti al completamento dell’opera i sei milioni previsti e poi aumentati a nove.

Di chi dovrebbero ormai aver fiducia i molisani se non di se stessi e finalmente di una propria capacità di reazione a tutto questo immaginando sistemi di contrasto a quanto si tenta malamente di mettere in piedi sul piano sanitario secondo logiche inaccettabili?

I sindaci, tutti i sindaci, se ancora hanno un po’ a cuore il bene della popolazione, chiedano di essere ricevuti dal ministro della sanità e rappresentino lo stato della situazione sanitaria in Molise.

I cittadini sensibili ai problemi che viviamo sul piano culturale, sanitario, economico ed occupazionale hanno assoluta necessità d’impegnarsi perché finalmente anche nella nostra regione la politica e le classi dirigenti diventino libere e decise a cambiare i paradigmi nella gestione del potere.

Le Chiese tutte non lascino solo a qualche voce isolata la denuncia degli errori nella gestione dei problemi sociali ricordando il monito di Giuseppe Dossetti che così sottolineava in una celebre omelia scritta per l’allora arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro, sostenendo che per la Chiesa “La via non è la neutralità, ma la profezia”.

Il popolo prenda coscienza dei suoi diritti e non cerchi le mediazioni delle raccomandazioni e del voto di scambio, ma si batta piuttosto per ottenerli come qualcosa di dovuto e garantito dalla Costituzione.

Al di là di tali questioni sulle quali ci auguriamo francamente si torni a discutere sempre più a livello di base per studiare soluzioni che guardino unicamente al bene dei cittadini, è necessario nell’immediato trovare vie di uscita per una situazione pandemica che nel Molise ha creato ormai una diffusione del contagio che sembra sfuggita ad ogni controllo e che non appare più gestibile con le strutture e i mezzi a disposizione.

Il lockdown in zona rossa dal 1° marzo, che pure doveva forse essere predisposto già in dicembre, potrà limitare momentaneamente i contagi ed i ricoveri, problemi che vanno tuttavia affrontati con sistemi molto più articolati.

La necessità del ritorno ad un rapporto corretto con la natura e gli animali, il potenziamento dell’agricoltura biologica, un’alimentazione genuina, la responsabilità nei comportamenti personali per i quali tra le proteste dei NoVax abbiamo nei giorni scorsi stilato un vademecum sul nostro profilo Facebook, l’allargamento degli screening per controllare la diffusione dei contagi, l’accelerazione delle sperimentazioni e del riconoscimento da parte di EMA e AIFA dei nuovi vaccini e l’estensione della loro somministrazione a tutte le persone esposte al virus per ragioni di lavoro, l’espansione del numero delle USCA, la creazione di luoghi attrezzati per paucisintomatici, l’aumento del numero dei posti letto di malattie infettive e di terapia intensiva in strutture pubbliche che esistono e che possono essere attrezzate all’uopo collegate eventualmente, se necessario, a vicine strutture ospedaliere, necessità urgente di strutture e personale medico e paramedico, progetto e realizzazione immediata con fondi statali o derivanti da una raccolta pubblica di un centro Covid possibilmente legato anche alla ricerca epidemiologica, sono tutti obiettivi che occorre impegnarsi a realizzare nel più breve tempo possibile garantendo nei posti apicali di ordine politico e sanitario persone libere, responsabili ed oneste sul piano intellettuale, scientifico ed etico.

Per tutto questo devono attivarsi finalmente ed unicamente il Ministero della Salute e l’intero governo nazionale che finora non hanno certo manifestato un’attenzione costante e adeguata per una regione che adesso è davvero in una situazione drammatica.

(Umberto Berardo)

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