Si chiama “Sardinia Everywhere” la nuova rete che intende collegare gli operatori economici e culturali sardi e quelli presenti fuori dalla Sardegna, attraverso il contributo dei sardi che vanno all’estero per lavorare e studiare. Per quanto si tratta, finora, soltanto di un progetto, promosso dalla Regione Sardegna con la collaborazione dei Circoli dei Sardi all’estero e in Italia, l’iniziativa è indubbiamente meritoria e va nella direzione – in un periodo comunque di crisi – di rilanciare le reti e quindi la collaborazione tra operatori già collegati da un’identità comune.
L’iniziativa sarda è stata presentata a Cagliari ai rappresentanti di Fasi, Faes, Federazione dei Sardi in Svizzera, associazioni di categoria e operatori turistici e commerciali. A illustrare la strategia che ruota attorno al progetto, inserito all’interno delle più ampie politiche portate avanti dalla Regione sul tema dell’emigrazione, è stata l’assessora del Lavoro, Virginia Mura.
“Si tratta di un’occasione importante di rilancio dei Circoli e delle Federazioni che vengono coinvolti per la prima volta in un’attività strutturata per creare partnership e reti di promozione con diversi attori – ha detto l’assessora sarda. “La Giunta ha da subito incentivato le iniziative di qualità e ha riconosciuto il ruolo svolto dalle organizzazioni rappresentative dei sardi emigrati, veri e propri ambasciatori della nostra terra all’estero. I risultati, grazie anche al lavoro svolto dalla Consulta regionale degli emigrati, stanno arrivando. Sardinia Everywhere – ha continuato l’assessora – rientra nei progetti per la promozione economica della Sardegna e per la creazione della rete dell’Emigrazione attraverso i social network. Mettiamo a sistema le energie e valorizziamo la rete dei sardi nel mondo, inserendola in un programma di azioni condivise. Nel caso di Sardinia Everywhere, ci rivolgiamo soprattutto agli operatori economici, a chi lavora e fa impresa all’estero, e ai giovani che scelgono di andare a studiare fuori dall’Isola. Sono loro i protagonisti dell’esportazione dei fattori di identità, delle bellezze e delle eccellenze della Sardegna. La Regione – ha concluso l’assessora Mura – continuerà a supportare le iniziative degli emigrati perché il legame con la Sardegna non sia soltanto identitario e sentimentale, ma porti a benefici economici e di crescita, sia per le persone che per la nostra terra”.
Tutto molto bello. Viene allora da pensare al Molise, che ha uno dei più ricchi bacini di emigrazione in Italia (circa 200mila presenze) e all’estero (altre 500mila presenze). Se molti imprenditori – basti pensare alle industrie alimentari – beneficiano dell’apporto dei corregionali specie in America, la Regione Molise si limita a retoriche commemorazioni, in genere sempre di tragedie del passato, o a qualche festa invernale per onorare l’emigrato che ha fatto fortuna. Per il resto scarsissimi rapporti con un mondo dell’emigrazione molto spesso (giustamente) risentito per l’assenza delle istituzioni, spesso ignare persino di ciò che le associazioni promuovono.
Va detto che tutto ciò, se non cambia, condurrà alla fine del Molise. Perché i legami tra emigrati (il cui numero continua a scendere inesorabilmente, anche perché c’è poco ricambio con una regione di 300mila residenti) e terra d’origine s’indebiliscono anno dopo anno. Oggi avere una casa d’origine al paesello molisano è spesso un problema, a causa dei crescenti costi di gestione e di oneri fiscali. E vendere (anche svendere) è praticamente impossibile.
Le conferenze dell’emigrazione rappresentano, per noi, sempre più scatole vuote: grandi proclami, promesse, “da oggi si cambia tutto”, e poi il ‘more solito’ di latina memoria.
Eppure si potrebbe fare tanto: basterebbe utilizzare in modo sistematico e mettere a regime le competenze (tante) della platea di molisani nel mondo. Ma nel Molise di Frattura (ma anche di molti governatori precedenti) tutto ciò è pura utopia.
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