Dagli anni della crisi ad oggi, mentre il Nord Italia ha comunque visto incrementare l’occupazione complessiva (385 mila unità in più), così come il Centro Italia (239 mila unità in più), il Sud non riesce ancora a colmare il crollo e registra 157 mila occupati in meno rispetto al 2008. In questo quadro, il Molise ne esce con le ossa rotte: nel periodo dal 2008 al 2017 ha registrato la perdita di ben ottomila posti di lavoro, passando da 113 mila a 105 mila occupati. Il crollo è stato del 7,1 per cento. Solo la Calabria (8,2) e la Sicilia (7,5) hanno fatto peggio. Addirittura la Campania è in crescita, seppure dello 0,2 per cento. Il Lazio, con l’8,8 per cento, ha fatto meglio di tutti, seguito dal Trentino-Alto Adige. I dati, di fonte Istat, fanno parte della ricerca “I 23 milioni di occupati prima e dopo la crisi, le modifiche della struttura occupazionale in Italia” elaborata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro e presentata nei giorni scorsi.
Tali numeri non solo “sconfessano” un riequilibrio economico e, di conseguenza, occupazionale nel nostro Paese, ma, dimostrano che la forbice del divario continua ad allargarsi.
Per quel che riguarda il Molise, inoltre, dimostrano come le ultime amministrazioni abbiano davvero lavorato male ed i dati occupazionali, specie se affiancati a quelli demografici (con i tantissimi che scappano dalla più piccola regione del Mezzogiorno) ne sono la prova più evidente.
Il quadro generale dimostra come dopo la grande crisi economica, finanziaria e occupazionale, la struttura dell’occupazione sia profondamente cambiata anche se, nel confronto 2008-2017, il numero di occupati sia rimasto pressoché uguale a livello nazionale, grazie appunto ad un Centronord che ha colmato i disastri di buona parte del Sud.
In particolare, rispetto a dieci anni fa:
1) gli occupati sono mediamente sempre più anziani: ci sono 2,8 milioni di lavoratori over 44 in più e 2,9 milioni di lavoratori under 45 in meno;
2) aumentano di numero i dipendenti part-time, che sono passati da 2,5 a 3,5 milioni, pari ad un aumento del 40 per cento;
3) l’industria ha perso 900 mila occupati, mentre i servizi sono aumentati di 800 mila unità;
4) sono “scomparsi” un milione di operai e artigiani e gli addetti ai servizi sono aumentati di 810 mila unità.
Se consideriamo l’orario di lavoro stabilito dal contratto, notiamo che i dipendenti a tempo parziale sono aumentati di oltre un milione, mentre i dipendenti full time sono diminuiti di 547 mila unità.
Insomma, la nuova amministrazione regionale molisana dovrebbe partire da un’analisi approfondita della situazione per evitare gli errori del passato. Anche questa analisi, con i trend, può risultare utile. Inseguire le chimere dell’industria è fuori tempo massimo: meglio l’innovazione, la green economy e soprattutto gli investimenti stranieri.
(G.C.)
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