Roma, ma che v’ha fatto di male il quartiere San Giovanni?



La nostra associazione, che dal 1989 riunisce quasi duemila persone d’origine molisana, ha la sua sede storica a San Giovanni, a ridosso proprio di quella via La Spezia che in questi giorni è al centro delle polemiche per il dopo cantieri della metro C. In sostanza questa via, un tempo bellissima (con ricche alberature) e dai palazzi affascinanti (con vetrate belle epoque nell’atrio di ingresso e ampi cortili interni), per dieci anni ha sofferto l’insistenza del cantiere della metro C lungo tutto il suo esteso percorso (da piazza Lodi fino a piazzale Appio). Ha pagato un prezzo altissimo: quasi tutti i negozi storici hanno chiuso i battenti, persino il distributore di benzina se n’è andato (ora è ubicato in zona Colli Albani), moltissimi proprietari hanno venduto o affittato le proprie case, l’insicurezza nel quartiere è cresciuta (e sono state necessarie le telecamere sopra i pannelli del cantiere per prevenire le rapine per strada). Per non parlare dei tanti edifici, i più con quasi un secolo di vita, che hanno “fisicamente” sofferto i lavori.
Ora, con il cantiere che progressivamente è in via di rimozione, in zona si vorrebbe un po’ di pace. Ma così non è.
In superficie è stata adottata la sistemazione precedente l’apertura del cantiere. Con un bel po’ di alberi in meno e qualche ingombrante sfiatatoio della metropolitana in più. L’inevitabile prezzo da pagare al progresso, si dirà. In fondo questa condizione è la stessa di prima, quindi poco da ridire. Il vero problema è che per un decennio, pur con il duro impatto dei lavori in corso, di traffico automobilistico se n’è visto poco. A transitare in via La Spezia erano soprattutto gli autobus. Grandi periodi di irreali silenzi, specie nel weekend.
Ora via La Spezia è tornata autostrada. Esattamente com’era prima. Due corsie da una parte e due dall’altra. Con un’aggravante: essendo ancora chiusa la stazione di San Giovanni, i tanti autobus della linea-navetta 51, che raccolgono gli utenti della metro in uscita dall’attuale capolinea di Lodi, fanno la differenza. Le fermate dei bus, inoltre, sottraggono molti parcheggi e i residenti si lamentano soprattutto di questo.
L’attuale giunta del VII Municipio, monopolio Cinquestelle, risponde alle variegate proteste – tra il partito del parcheggio, quello del verde e quello delle piste ciclabili -spiegando che l’attuale progetto è frutto degli amministratori precedenti. Ma, siccome il consenso è fatto anche di sigle, ecco che un discutibile progetto (chiusura di viale Castrense e restringimento delle corsie di via La Spezia) sostenuto da gente che non abita in zona e appoggiato da qualche comitato locale sulla cui rappresentatività ci sarebbe molto da discutere, trova qualche interesse persino da consiglieri del Municipio che vivono soprattutto a Cinecittà.
Il progetto prevede, in sostanza, la totale chiusura al traffico di viale Castrense nel tratto da via Nola a piazzale Appio, quindi addio anche ad un altro centinaio di parcheggi. Parallelamente la riduzione delle corsie automobilistiche in via La Spezia. L’enorme flusso di traffico che fuoriesce dalla tangenziale est finirebbe per la massima parte su via Monza, via Aosta, piazza dei Re di Roma, via Cerveteri, strade già attualmente molto problematiche (e iper-inquinate).
La chiusura di viale Castrense sarebbe giustificata dalla “salvaguardia delle millenarie Mura aureliane”. Chissà se i proponenti hanno valutato cosa significherebbe chiudere una strada come viale Castrense (senza negozi né condomini), consegnandola quindi direttamente all’insicurezza e al degrado, delle Mura comprese. La splendida idea attuata a piazzale Metronio, con la strada limitrofa alle Mura trasformata in giardino (seppur pieno di problemi e di immondizia), presenta caratteristiche totalmente differenti in quanto quella era una strada di traffico prettamente locale, vi affacciano condomini, è gestita da un Comitato di quartiere realmente funzionante.
L’idea di chiudere viale Castrense ricorda un po’ quegli “illuminati” progettisti che realizzano immobili di “avanguardia ideologica” (succedeva soprattutto negli anni Settanta), salvo poi non abitarci loro stessi: vedi il lungo serpentone di Corviale, per fare un esempio.
Siamo tutti favorevoli – in linea teorica – ad una città con più verde, più spazi pedonali, piste ciclabili, una migliore qualità della vita. Ma bisogna anche fare i conti con la realtà e ricordarsi che San Giovanni è ormai un territorio semicentrale, totalmente urbanizzato e per ottenere verde vero (parchi non aiuolette) bisogna andare fuori città. Dov’erano questi signori quando per la realizzazione della metro C sono stati sventrati alberi storici sia in via Sannio sia in piazzale Ipponio?
Chiudere viale Castrense – se mai si farà – riteniamo sia un boomerang. I tanti forum on-line stanno raccogliendo centinaia di messaggi di opposizione al progetto. A cui uniamo quello della nostra associazione che, operando da quasi trent’anni in zona, ne conosce bene le problematiche.

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