Moltissime pronunce dei Tribunali amministrativi regionali, del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale sembrano voler vanificare l’operare virtuoso di alcune regioni (e provincie) preoccupate di salvare i propri territori ed il loro paesaggio da devastanti progetti eolici.
Questa mia personale constatazione ha trovato ulteriore e recente conferma in una sentenza della Corte costituzionale (n° 13 del 28 gennaio 2014) con la quale si è affermato un principio di segno opposto e contrastante con quello espresso dall’art. 9, comma 2 della costituzione italiana (“La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”), arrivando a mortificare e declassare tali valori la cui tutela è, invece, prevista tra i principi fondamentali della Costituzione.
E’ avvenuto, in pratica – per illustrare riassuntivamente il caso -, che la Corte, al di là di altre elucubrazioni giuridiche sugli effetti del differimento di un termine abrogativo già interamente maturato, ha di fatto confermato la illegittimità, già rilevata in precedenti occasioni e, da ultimo, dal TAR Campania e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una norma della Regione Campania, poi abrogata per effetto della sua paventata anticostituzionalità, con cui si stabiliva “che la costruzione di nuovi aerogeneratori è autorizzata esclusivamente nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dall’aerogeneratore più vicino preesistente o già autorizzato”. Una norma più che sensata, direi, finalizzata, evidentemente, ad evitare una palificazione selvaggia e aggressiva e ad assicurare un minimo di “respiro” a quel poco di paesaggio che residua a seguito dei devastanti interventi per la realizzazione di impianti dell’eolico industriale.<
A rigor di logica non sembra che possa negarsi ai governi regionali tale facoltà, dovendo, diversamente, rilevarsi che il profilo di illegittimità costituzionale attiene proprio e soltanto a quelle leggi, apparentemente a tutela dell’ambiente, antitetiche, invece, ai principii fondamentali della nostra Carta (vedasi il citato art. 9, comma 2) e ad altre norme (Codice dei Beni culturali e paesaggistici, Convenzione europea del paesaggio, etc.).
Ma la logica, in questo Paese, si sa, è troppo spesso un optional.
Gianluigi Ciamarra
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