ROMA – La Procura di Roma ha concluso le indagini riguardo al cosiddetto “caso Marrazzo”. Un anno e mezzo fa, un blitz dei carabinieri trovò l’allora governatore Piero Marrazzo nell’appartamento di una trans, episodio che diede avvio ad un’inchiesta dagli sviluppi clamorosi.
La Procura ha depositato gli atti e ciò potrebbe tradursi in una serie di richieste di rinvio a giudizio sul presunto ricatto nei confronti dell’ex governatore del Lazio, dell’omicidio dello spacciatore Gianguarino Cafasso e di altri episodi minori.
Tra i nomi, quelli dei quattro carabinieri in servizio all’epoca dei fatti nella compagnia Roma Trionfale, Nicola Testini, Carlo Tagliente, Luciano Simeone e Antonio Tamburrino, della trans José Alexander Vidal Silva (Natali), sorpresa con Marrazzo il 3 luglio 2009 nel suo appartamento di via Gradoli, e di tre presunti spacciatori, Emiiano Mercuri, Massimo Salustri e Bruno Semprebene. Associazione per delinquere, omicidio volontario aggravato, concussione, violazione della legge sulla droga, perquisizioni illegali, rapina e favoreggiamento i reati indicati nei 26 capi d’accusa. <
Tra le altre accuse, l’indebita acquisizione di immagini attinenti alla vita privata di quanti si trovavano nell’appartamento. Per il tentativo di commercializzazione del video realizzato in quell’occasione è accusato il carabiniere Antonio Tamburrino. Per quanto concerne la morte di Cafasso, i pm ritengono che questi fosse diventato un testimone scomodo per i carabinieri infedeli e attribuiscono a Testini la responsabilità di avergli ceduto «un quantitativo di droga – si legge nel capo di imputazione – di identità non esattamente accertata, consistente in una miscela di eroina e cocaina tale che ne risultava accentuata la potenziale lesività» provocandone la morte.
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