Afganistan: quando la politica assumerà le proprie responsabilità?
ROMA – Molti sono i morti in Afghanistan, troppe anche le persone innocenti colpite dagli assurdi e inaccettabili “effetti collaterali” dei bombardamenti o da una disumana insorgenza.
Gli interrogativi che Intersos ha posto negli anni su questa “missione di pace”, la confusione dei suoi obiettivi, la poca chiarezza della strategia adottata, non hanno mai trovato adeguata risposta. Mentre continua a dominare un’ansiosa e timorosa incapacità di uscire dalla guerra, comunque la si voglia chiamare.
Quando a cadere sul campo sono connazionali, giovani vite che ben altro avrebbero meritato per il loro futuro, che piangiamo ogni volta uniti ai loro familiari, gli interrogativi si fanno ancora più pesanti.
Sull’Afghanistan, come in molte altre crisi degli ultimi vent’anni, la politica non ha mostrato il suo volto migliore. Per incapacita, superficialita e insufficienti analisi non è riuscita a proporre soluzioni diverse dall’impegnativa ma anche troppo facile decisione dell’intervento militare. Tranne i momenti tragici che segnano la morte di connazionali, ci si è soffermati troppo poco sul significato di questa decisione: in Afghanistan come in Iraq e prima ancora in Somalia. Essa nasconde, dietro alle celebrazioni, agli applausi, agli elogi, vent’anni di sconfitta della politica. La scelta militare è diventata l’alibi, la scorciatoia, la facciata dietro a cui nascondere la costante incapacità e impotenza politica, indubbiamente non solo italiana, sia all’inizio che nel perdurare delle crisi internazionali. In questa prospettiva, esprimiamo rispetto – specie in questo momento – verso i militari dato che, per senso dello Stato, acconsentono di coprire l’inadeguatezza e le carenze della politica, coscienti di ciò, ma accettandolo in ogni caso come proprio dovere istituzionale.<
per info: comunicazione@intersos.org
<div class="