Abruzzo e Molise "in vetta"
Nel gennaio 2009, Carlo Di Giambattista ha compiuto una nuova ed esaltante impresa ed è salito sulla cima della più alta montagna del continente africano: il Kilimangiaro. Alle ore 5,33 del 1 gennaio 2009, la mattina di Capodanno, Carlo ha puntato saldamente i piedi sull’Uhuru Peak, in Tanzania, che con i suoi 5895 metri rappresenta il punto più alto del Kilimangiaro, piantando ancora una volta la bandiera dell’Abruzzo e della FIAA sulla vetta più alta dell’Africa.
Festeggiato così un Capodanno davvero originale e sicuramente esaltante, Di Giambattista ha arricchito la sua impresa salendo, quattro giorni dopo, alle ore 5,28 del 5 gennaio 2009, anche sulla Punta Lenana del Monte Kenia che con 4895 metri di altezza è la terza cima del massiccio che sovrasta l’omonima nazione africana.
Appassionato della montagna, questo vastese trapiantato a Torino, pratica da anni questo sport che lo ha portato prima sulle più alte cime dell’Appennino e delle Alpi per poi volare sulla cima più alta del continente americano e questa volta sulla più alta vetta africana. Medico, dirigente di una importante clinica piemontese, Carlo Di Giambattista è presidente della Famiglia Abruzzese e Molisana in Piemonte e segretario della FIAA la Federazione che riunisce le Associazioni Abruzzesi in Italia.
L’iniziativa di "piantare" i vessilli dell’Abruzzo e della FIAA sulle più alte cime mondiali è nata da un "progetto" sorto all’interno della nostra Federazione in omaggio al mondo dell’emigrazione abruzzese, e non solo, che trova spunto nel simbolismo della montagna come ideale punto di riferimento dei popoli, tanto più per la gente della nostra Regione dominata dai massicci del Gran Sasso e della Maiella, la montagna madre di tutti gli abruzzesi.
"Sono le montagne, infatti, – afferma Carlo Di Giambattista – una metafora della vita, grandi sacrifici, grandi sforzi, a volte amarezze e a volte tragedie, come purtroppo vediamo in questi giorni, ma poi alla fine la vetta … la nostra vittoria dove più in là, più sù, non si può andare,, dove abbiamo toccato il limite, piccolo o grande che sia. Ed è in questa metafora che riconosciamo ancora più spinto il grande sacrificio dei nostri emigranti, per loro la vita è stata una dura scalata irta di ostacoli, amarezze, tragedie, bufere, cadute ma alla fine molti hanno conquistato la vetta della vita, il riscatto di una vita per i più dura ed umiliata".
Ecco, condividendo queste considerazioni, è nato il progetto della FIAA, tramite la passione e il valore sportivo di Carlo, di dedicare alla nostra gente, emigrata e non, prima l’Aconcagua ed ora la vetta simbolo dell’Africa: il Kilimangiaro.
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