Mario ha 18 anni. Viene dal Molise, s’è trasferito a Torino con la sua famiglia. Fa il meccanico. E’ nel fiore della vita.
Dopo l’armistizio entra nel movimento di liberazione, aggregandosi, con il nome di battaglia “Nando”, alle Bande Pugnetto. Opera nell’entroterra ligure e sulle montagne piemontesi. Ferito in combattimento, viene arrestato, ma riesce a fuggire.
Viene di nuovo ferito (ad una gamba) nel corso di un’azione che lui stesso comanda. Nonostante l’infermità, partecipa ai successivi combattimenti.
Durante l’assalto ad un convoglio ferroviario tedesco sulla linea Milano-Torino, tra Brianzé e Livorno Ferraris (29 marzo 1945), è ferito per la terza volta, gravemente. Tre compagni lo portano in un covo. Ma nel corso della notte, i quattro vengono scovati da alcuni elementi del Rau, Reparto arditi ufficiali.
Imprigionati a Livorno Ferraris (Vercelli), vengono processati e condannati a morte. <
La mattina del 30 marzo Mario Brusa Romagnoli è condotto con i tre compagni in piazza Vittorio Emanuele II (oggi piazza Galileo Ferraris) a Livorno Ferraris e fucilato da un plotone d’esecuzione composto da militi del Rau.
Nelle poche righe che scrive su un pezzo di carta e lascia nelle mani del prete locale, che gli si avvicina prima della fucilazione, c’è la dignità forte di un ragazzo molisano di Guardiaregia, il quale, insieme agli altri compagni partigiani, grida “Viva L’Italia” davanti al plotone d’esecuzione.
“Papà e Mamma, è finita per il vostro figlio Mario, la vita è una piccolezza, il maledetto nemico mi fucila; raccogliete la mia salma e ponetela vicino a mio fratello Filippo. Un bacio a te Mamma cara, Papà, Melania, Annamaria e zia, a Celso un bacio dal suo caro fratello
Mario che dal cielo guiderà il loro destino in salvo da questa vita tremenda. Addio. W l’Italia – scrive Mario.
Mancano appena 26 giorni al 25 aprile.
Americani e partigiani libereranno l’Italia dopo pochi giorni. Sarà come una nuova primavera per il nostro Paese che avrebbe scelto la Repubblica, adottato una Costituzione e garantito il pluralismo democratico che si fonda sulla divisione dei poteri.
Della famiglia Brusa Romagnoli, Mario non è stato il solo caduto per la libertà. Altri due suoi fratelli, Filippo di 24 anni e Teobaldo di 18, si sacrificano seguendo gli insegnamenti del padre Giuseppe Brusa che, negli anni della dittatura, per sfuggire ai fascisti, lascia il Piemonte e si trasferisce in Molise, dove incontra la molisana Nicolina Romagnoli, che sarà sua moglie.
A Mario Brusa Romagnoli (un cui scritto è riprodotto nel volume della Einaudi “Lettere dei condannati a morte della Resistenza”) è intitolata una scuola a Guardiaregia. Nel sessantesimo della Liberazione, nel 2005, un suo fratello, nato nel dopoguerra e al quale è stato imposto lo stesso nome del partigiano ucciso (celebre doppiatore), è tornato in Molise per presenziare alle celebrazioni.
Mario Oberdan Brusa Romagnoli è stato insignito medaglia d’argento al valor militare. Le sue spoglie, come quelle dei due fratelli, riposano in una piccola tomba nel cimitero di Villamiroglio, Monferrato casalese.
Il 25 aprile, giornata della memoria, vogliamo ricordare il coraggio di Mario Oberdan Brusa Romagnoli, molisano in Piemonte. Caduto, come tanti giovani come lui, per la nostra libertà.
Il 25 aprile, alle ore 9,30, un gruppo di molisani andrà davanti alla sua casa natale a Guardiaregia, in via Ospedale, per portargli un fiore. Idealmente ci saremo anche noi.
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