Nell’epoca dell’iperconnessione a distanza, grazie alle nuove tecnologie, che tante critiche suscita da parte soprattutto dei sociologi per il venir meno dei rapporti umani diretti, il digitale potrebbe ora servire – e molto – per limitare il contagio da coronavirus.
Non è chiara, ad esempio, la ritrosia del premier Conte per la chiusura delle scuole, come attuato dal governatore delle Marche. Gli istituti sono i principali spazi di convivenza ad alto tasso, quindi potenziali moltiplicatori di un eventuale virus. In questa fase drammatica, soprattutto per le conseguenze economiche e sociali, perché non estendere la chiusura delle scuole in tutta Italia, perlomeno di quelle superiori. Per i ragazzi più piccoli si porrebbe il problema dell’assistenza a casa, ma favorendo parallelamente il telelavoro si potrebbero tenere a casa mamme (o padri) e figli. Esistono ormai tante soluzioni per studiare o lavorare a distanza. Tra l’altro lo Stato risparmierebbe anche i costi di gestione.
Secondo noi si sta sottovalutando il pericolo che potrebbe venire dalla convivenza scolastica: a Roma, ad esempio, ci sono istituti anche con oltre 1.500 studenti e circa 400 docenti, oltre al personale Ata. Chiudere le scuole, secondo noi, costituirebbe la migliore prevenzione. Sarebbe inutile, infatti, chiudere le stalle una volta che i buoi sono scappati.
Inoltre avere meno studenti in giro servirebbe a limitare il flusso sui mezzi pubblici, altro potenziale veicolo di contagio, tra l’altro con l’impossibilità di risalire ai contagiati.