Amici vicini e lontani



C’è un certo fermento nel “Molise istituzionale” sul fronte emigrazione. E’ ormai una costante. Nelle aule consiliari di ogni lembo di Molise c’è un continuo approdo di policrome delegazioni che sfidano le conoscenze locali in materia di geografia internazionale. Le adunate impongono ricordi, risate, la foto-ricordo, un po’ di retorica e l’immancabile riferimento alla cucina italiana, da sperimentare collettivamente sul posto. L’oste ringrazia.
Nei Palazzi si riuniscono organismi (il nome più di tendenza è “consulta”), si progettano missioni con targhe e statue incorporate, si seminano gadget, si pianificano gemellaggi (è di moda la ex Jugoslavia). E si onora di tutto, dal personaggio – onestamente sconosciuto ai più – alla dimenticata ricorrenza.
La conseguenza è che, per chiare ragioni di bon ton, ogni tanto qualche amministratore è irrintracciabile in sede, perché “costretto” a recarsi all’estero: non per tessere opportunità, per aprire nuovi mercati, per fidelizzare rapporti con imprenditori, politici e docenti universitari, ma per garantire la pacca sulla spalla al direttivo delle associazioni più o meno rappresentative di emigrati. Forti della festa annuale, del proprio gruppo folk e del santo protettore. Molise benedetto. E naturalmente meglio in Brasile che in Lussemburgo.
L’emigrazione, certo, è uno spaccato di umanità da non trascurare. Può costituire una risorsa. Specie per una regione che ha più figli fuori dai confini regionali che in patria. Ma l’efficacia degli interventi è subordinato alla qualità degli approcci.
Le nuove tecnologie, ad esempio. Possono compiere miracoli rispetto ai “viaggi della speranza”. Creare reti, effettuare concreti censimenti (al di là delle delegazioni dei soliti noti), somministrare conoscenze, favorire aggregazione sono passaggi inderogabili. In gran parte ancora tutti da compiere a livello istituzionale. E pensare che circa vent’anni fa, una persona competente come l’economista molisano Fabio Scacciavillani (che viveva negli Stati Uniti ed ora è in Qatar), propose proprio questo agli amministratori molisani dell’epoca, accorsi ad un convegno promosso dalla nostra associazione: puntare sulle nuove tecnologie. Citò una parola ancora sconosciuta: internet. Gli avessero dato ascolto allora, ci ritroveremmo un quadro certamente più chiaro e proficuo dell’universo migratorio.
C’è poi l’opportunità offerta da ben due parlamentari molisani eletti all’estero, Amato Berardi e Franco Narducci. E dai tanti amministratori d’origine molisana che vivono oltrefrontiera. Il loro coinvolgimento diretto (e quello del loro significativo background) è essenziale.
Invece siamo costretti a registrare cronici ritardi ed eterne latitanze. Soltanto oggi, mediante opportuni adempimenti normativi, le comunità molisane degli Usa possono iscriversi all’albo delle associazioni molisane nel mondo. E’ l’annuncio trionfante di due consiglieri regionali, Michele Petraroia e Nicola Cavaliere. Mentre, qui il dato è davvero paradossale, le associazioni molisane che operano in Italia non possono iscriversi ad alcun albo perché non residenti in Molise. A differenza, ad esempio, del limitrofo Abruzzo, dove addirittura una legge regionale prevede non soltanto il riconoscimento ma anche il giusto sostegno a questi organismi essenziali non solo per l’opera di aggregazione umana ma anche per le azioni di promozione del territorio.
L’emigrazione, in sostanza, non può ridursi a mero folklore. Con questo, ahimè, in Molise si convive sin troppo.
(Erennio Ponzio)

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