Fenomeni meteo estremi, ne parliamo con il geologo Ruggeri

È toccato alla Romagna nel maggio scorso. Ora le alluvioni stanno mettendo in ginocchio la Toscana. Ancora morti, almeno cinque dalle prime notizie, tanta distruzione, famiglie sfollate. Ad essere più colpita è l’area di Campi Bisenzio. Ovunque i mezzi meccanici sono al lavoro. Il timore è che ritorni la pioggia, con l’incubo di nuovi allagamenti. Ma gravi danni si registrano anche in altre regioni, dal Friuli al Molise, dove è crollato il tetto di una palestra scolastica a Casacalenda.

Insomma, ormai i fenomeni meteorologici cosiddetti “estremi” non risparmiano alcuna zona del nostro Paese. Facendo riemergere, ad orologeria, un dibattito che dovrebbe rappresentare una costante: davvero la nostra coscienza è in pace quando si parla di rispetto per l’ambiente? E quanto incidono le attività umane nelle conseguenze di questi fenomeni meteorologici?

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Ne parliamo con il geologo Rudi Ruggeri, 57 anni,, membro del Consiglio nazionale dei geologi. Ruggeri ha frequentato l’Università di Milano e ha una lunga carriera in campo manageriale, in particolare nel campo della gestione ambientale, con valutazioni di siti, progettazione e esecuzione di piani di risanamento, analisi e gestione dei rischi. Inoltre ha una grande esperienza nella direzione di importanti progetti ambientali in vari settori, quali quello petrolifero, chimico e industriale.

– Dottor Ruggeri, l’accentuarsi dei fenomeni atmosferici estremi dovrebbe confermare il sopravanzare dei cambiamenti climatici, smentendo i cosiddetti “negazionisti”. Ma, secondo i principali studi internazionali, quanto sta avvenendo è un fenomeno ciclico o sono rilevanti le colpe dell’azione umana?

“Non tutti i fenomeni estremi sono riconducibili al cambiamento climatico e per poter associare causa ed effetto a un singolo episodio è necessario fare adeguati approfondimenti. Certamente la frequenza e l’intensità con cui si registrano fenomeni meteo di portata disastrosa negli ultimi 20 anni indicano un collegamento con il cambiamento climatico”.

– Perché la cura del territorio, quindi la prevenzione dei disastri, è materia di cui si è preso coscienza in tempi relativamente recenti? E che peso ha la trasformazione dell’agricoltura nel dissesto ambientale?

“La gestione del territorio va effettuata con puntualità ed in maniera diffusa, perché una delle cause principali di questi ‘disastri’ deriva da una certa propensione al non mantenere in ordine il territorio, non solo da parte degli agricoltori che non riescono più a far quadrare i bilanci, ma anche da parte della pubblica amministrazione, che non cura il ‘reticolo’ di corsi d’acqua, anche quello minore”.

– Quali sono le proposte del Consiglio nazionale dei geologi per cambiare rotta?

“Velocizzare l’attuazione delle azioni di adattamento in parte previste dal Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), ma bisogna fare di più con una forte spinta agli investimenti sui progetti territoriali che consentano la gestione e il corretto drenaggio delle acque soprattutto durante questi eventi estremi, la sistemazione dei pendii in area a alto e medio rischio idrogeologico. Insomma, impostare una pianificazione che sia capace di far fronte a queste accelerazioni meteorologiche e in parallelo spingere sulla mitigazione ovvero accelerare la realizzazione di progetti che riducano il pompaggio di CO2 in atmosfera quindi spinta sulle rinnovabili, la geotermia in primis”.

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