La scuola è partita male

A meno di due settimane dall’apertura delle scuole a Roma, il bilancio non è dei più esaltanti.

Per cominciare, mancano numerosi professori e molti di quelli che dovrebbero assicurare continuità, per svariati motivi, non sono sempre presenti. Più assenze del solito, insomma. Per loro, del resto, la professione è sempre più apprensiva e complicata. Il Sole 24 Ore di oggi apre con il titolo “Pensioni, rischio fuga dalla scuola”, ulteriore prospettiva non certo rosea.

La didattica a distanza, da parte sua, in molti casi presenta problemi. Soprattutto per ragioni tecniche: sarebbe stato più utile investire nelle nuove tecnologie, a supporto di questo utile strumento, anziché sui banchi.

A tutto ciò si somma il Covid “in carne e ossa”: il diabolico virus sta già svuotando alcune scuole. Soltanto nella nostra città ci sono decine e decine di casi, con classi a casa e sanificazioni in corso. Di cui, tra l’altro, poche volte si ha notizia tramite i mezzi d’informazione, probabilmente per non alimentare il panico, specie tra genitori e nonni.

Certo, tutto ciò era prevedibile. E se pensiamo che la ricaduta dell’apertura delle scuole sul numero complessivo dei contagi avverrà solo tra qualche settimana, anche sul più esteso fronte sociale e sanitario le prospettive onestamente preoccupano.

Sul Corriere della Sera di oggi, nell’articolo di fondo in prima pagina, Ernesto Galli della Loggia dedica alcuni ragionamenti alla scuola. Si domanda: che significa “investire nell’istruzione”, formula che sentiamo ripetere come un mantra da settimane? Investire nel diritto allo studio? Nell’edilizia? Nel Mezzogiorno? Nella riduzione dell’abbandono scolastico? Nelle retribuzioni degli insegnanti? Nel favorire corsi e sedi d’eccellenza? Nella digitalizzazione? “Riempirsi la bocca di chiacchiere e concepire progetti grandiosi per poi alla fine distribuire un mare di mance che lasciano le cose come prima – scrive l’intellettuale.

Il caso dei banchi è emblematico, aggiungiamo noi. Si è trasmesso il concetto che sarebbe stato sufficiente il distanziamento grazie ai “banchetti” per assicurare una scuola in sicurezza. Il nodo è che il discutibile aspetto materiale – i banchi salvatori della patria – finisce per nascondere ben altri problemi, tra cui quelli elencati da Galli della Loggia. In sostanza, si è pensato al contenitore ma non al contenuto. Per cui, in questo anno scolastico 2020-21, il rischio è che quella trasmissione di saperi e di “vita” – essenza centrale della scuola – avvenga a ranghi ridottissimi.

L’attenzione ai banchi ha posto in secondo piano un altro tassello centrale dell’istruzione: il ruolo del corpo docente. Galli della Loggia ritiene che la decadenza della scuola sia legata proprio alla crisi del valore dell’insegnante, figura centrale per la formazione dei giovani, ma la cui funzione è svilita dal “dilagante burocratismo cartaceo e da una pervasiva ideologia che ha fatto della scuola un’istituzione di tipo socio-assistenziale”.

Tutto vero. Ma come se ne esce, tanto più in un periodo ulteriormente emergenziale come quello attuale?

L’emergenza Covid, si spera limitata a questo anno scolastico, purtroppo impone scelte pragmatiche rispetto a quelle questioni di principio che stanno caratterizzando tanti contributi firmati da fior di pedagogisti. Ovviamente la “scuola in presenza” è la regola, con il suo carico di relazioni umane essenziali per la formazione di un bambino o di un ragazzo. Nel contempo, però, il soccorso offerto dalle nuove tecnologie – che volenti o nolenti rappresentano uno strumento ormai essenziale per la nostra quotidianità – dovrebbe essere colto appieno.

Se nelle scuole di grado inferiore, la “scuola in presenza” è essenziale anche per ragioni logistiche, tanto più in un periodo complicato come quello che stiamo vivendo, per le superiori – che coinvolgono quasi tre milioni di persone – il discorso potrebbe essere differente. Occorre superare i pregiudizi verso la didattica a distanza e renderla realmente funzionale per la formazione, in particolare per le spiegazioni dei docenti e per l’arricchimento multimediale, mentre, al contrario, occorre pretendere interrogazioni in presenza per evitare quegli “scopiazzamenti” che l’uso delle tecnologie favorisce.

(Antonella Cifelli)

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