Lo storico molisano Emilio Gentile intervistato da “Repubblica”

È stato allievo di Renzo De Felice. È uno dei massimi esperti del fascismo. Emilio Gentile, professore emerito di storia contemporanea dopo essere stato docente ordinario presso l’Università “La Sapienza” di Roma fino al 2012, è molisano di Bojano, classe 1946. Ha insegnato in Australia, Francia e Stati Uniti.

Accademico dei Lincei, ha ricevuto numerosi premi tra cui il Premio Hans Sigrist attribuitogli dall’Università di Berna nel 2003 per i suoi studi sulle religioni della politica. Molti dei suoi volumi sono tradotti in diverse lingue.

Sul quotidiano “La Repubblica” di oggi, è pubblicata una sua intervista realizzata da Simonetta Fiori in occasione dell’uscita del suo saggio sui totalitarismi.

Scrive la Fiori: “Ci deve essere una ragione se il più autorevole storico del fascismo decide di tornare con un nuovo saggio sul tema del totalitarismo, già analizzato in volumi che hanno segnato la storia della storiografia.

Commenta il professore: «La mia potrebbe apparire una fissazione, soprattutto per chi ignora la storia. Per chi studia il fascismo da mezzo secolo, l’ignoranza attuale è inquietante».

Gentile racconta che dopo i progressi compiuti dalla storiografia italiana nell’ultimo mezzo secolo, si assiste oggi ad una grave regressione non solo nel campo della conoscenza, ma anche nella sensibilità collettiva verso i problemi storici analizzati nella loro complessità e concretezza. Lo studioso mette in guarda da quella che definisce “la defascistizzazione del fascismo”, cioè “la sua riduzione a regime involontariamente autoritario”, che ha favorito la modernizzazione dell’Italia, finito sulla cattiva strada solo con le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei.

In realtà il fascismo equivale al totalitarismo, cioè alla distruzione del regime liberale – profetizzata ad esempio da don Luigi Sturzo – e al potere assoluto assunto dal duce.

Gentile avverte, anche, che il fascismo è penetrato nella società, nella cultura, nelle istituzioni, nel costume. E con la natura totalitaria del regime non si siano mai fatti i conti. «Le nostre classi politiche non conoscono la storia. La divulgazione storica per il grande pubblico è condita di storielle, pettegolezzi, effetti sensazionali. È un racconto che coltiva i luoghi comuni o asseconda il nuovo potere. La complessità annoia. O non interessa – avverte il professore, denunciando la “diffusa banalizzazione”, l’incapacità di trasformare la Costituzione in un costume politico collettivo, ma anche l’impotenza della scuola.

Gentile intravede una nuova “democrazia recitativa”, democratica nel metodo, ma senza l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini alla politica. Un fenomeno ormai mondiale.

Articoli correlati