Maria Centracchio, emblema di una regione

Il libro di Antonio Morici
sulla jodoka molisana Maria Centracchio

Capita raramente che una vincitrice di una medaglia olimpica dedichi il trionfo non alla sua nazione, specie nell’Olimpiade più florida nella storia per i colori azzurri, ma alla sua regione d’origine. Tanto più se questa regione si chiama Molise. “Nell’impresa che ho fatto c’è una bella parte di questa terra – ha detto con riferimento a tale inesplorato lembo d’Italia “lontano da tutto, sconosciuto anche in Italia”, come ha voluto puntualizzare l’atleta. E ha scolpito, con orgoglio, una frase, entrata nella storia regionale, che ribalta un radicato tormentone: “Il Molise esiste e mena forte”.

Perché, in fondo, la storia esistenziale di Maria Centracchio, la judoka 26enne che a sorpresa ha conquistato il bronzo ai Giochi olimpici di Tokyo 2020, partendo dal 27esimo posto in classifica, è osmotica con la sua piccola regione e con i suoi pochi abitanti scampati al dissanguamento migratorio. Duecentonovantamila i reduci residenti in Molise, molti tra l’altro abitanti altrove, almeno novecentomila quelli con sangue molisano sparsi per il mondo.

Maria, da molisana doc, è un poderoso concentrato di forza e di determinazione. Di perseveranza e di tenacia. Una miscela, di cui è imbevuto il suo “ruralissimo” Molise, essenziale per affrontare i sacrifici, i tanti sacrifici che sono pratica quotidiana da queste parti.

Nel suo omaggio territoriale c’è la piena immedesimazione nella sua gente. “Sono felicissima perché speravo con tutto il cuore che i miei concittadini fossero orgogliosi di me – ha dichiarato dopo aver battuto lo scorso 27 luglio, in modo prorompente nella finale per il bronzo, l’olandese Juul Frassen, costringendola a stare sulla difensiva per l’intero incontro. Una finalina vinta sul tatami al golden score grazie a uno shido dopo undici minuti di lotta. Poi un pianto liberatorio, tra le braccia dell’amica e compagna di squadra Odette Giuffrida. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo, come tutte quelle che palesano emozioni e sentimenti che solo lo sport sa far affiorare. Così il pensiero di una motivata Maria Centracchio è andato a quel suo ambiente particolare, a quello scrigno territoriale isolato ed ignorato dai più, alla sua gente straordinariamente resistente. I social, animati dal popolo molisano, sono letteralmente impazziti.

“Vederli tutti in piazza per me è una soddisfazione grandissima – ha detto Maria. “E voglio dire grazie a tutti perché vi ho sentiti vicini fin dall’inizio. Sapere che il mio popolo, la mia terra, tifava per me da casa mi ha dato tanta forza. Quindi nell’impresa che ho fatto c’è una bella parte di questa terra e tutte le persone vicine con il cuore”.

Così l’impresa della Centracchio, la prima atleta molisana a vincere una medaglia alle Olimpiadi, si conferma una bella pagina di valori umani e sportivi. E per comprendere la sua ostinazione, basta soffermarsi su una sua dichiarazione che racchiude appieno lo spirito dello sport più nobile: “Se credevo nella medaglia? Tutte le persone che mi conoscono sanno che gli ho sempre detto: il difficile è arrivare all’Olimpiade, poi me la vedo io”. Risoluta come ogni vera campionessa. Tanto più che ha vissuto un 2020 terribile, prima la mononucleosi e poi la positività al Covid, con il suo amato cane come compagno di quarantena. Nella sua giovane esperienza anche infortuni ai legamenti del ginocchio e alle costole e un intervento chirurgico al gomito. Tutto messo alle spalle.

Su Instagram ha scritto dopo la vittoria: “Questa è per i sognatori, per i diversi, per quelli a cui è stato detto e ridetto di non avere le capacità per intraprendere quella strada […] Questa è per noi, perché nessuno dei nostri sforzi è mai stato vano”.

Nata a Castel di Sangro, ai confini tra l’Abruzzo e il Molise, ma cresciuta ad Isernia, le sue origini sono a Rocchetta a Volturno, splendido borgo montano con un migliaio di anime in provincia di Isernia. Molise vero, quello delle catene montuose e della schiettezza della gente. Il piccolo comune le ha naturalmente assegnato la cittadinanza onoraria e il sindaco, Teodoro Santilli, ha accompagnato l’onorificenza con un messaggio estremamente caloroso: “Nessuno dimentichi mai quello che Maria ci ha insegnato, e cioè il valore del sacrificio nello sport e nella vita. Siamo fieri di lei, ha fatto parlare di sé e della sua terra, onorando il Molise. Tutti facevamo judo qui a Rocchetta, solo che noi siamo rimasti dilettanti, mentre i figli di Bernardo hanno messo da sempre impegno e dedizione”.

Sì, gli enormi sacrifici sospinti dall’abnegazione. Come quelli che ha raccontato Pino Maddaloni, campione olimpico di Sydney 2000 e telecronista di Eurosport; “Questa ragazzina ha macinato chilometri nella sua vita, da Isernia veniva a Napoli e Roma ad allenarsi. I sacrifici di una famiglia di judoka, fratelli e sorelle, il papà e la mamma”.

Maria è cresciuta nello sport sotto la guida tecnica del padre Bernardo, anche lui judoka, emblema dello sport nel Molise insieme a campioni figli dell’emigrazione, che di questa terra hanno solo le radici, come i calciatori Patrick Cutrone o Matias Vecino, o l’immortale Rivelino del Brasile di Pelè, quello che calciava punizioni da manuale. Nel palmares olimpico il Molise può vantare solo due medaglie, quella di Aldo Masciotta nel 1936 nella sciabola a squadre e quella del pallavolista Pasquale Gravina, argento ad Atlanta 1996 e bronzo a Sydney 2000.

La Centracchio ricorda che il papà l’ha guidata in palestra sin da quando aveva cinque anni. Sport puro, lontano dai riflettori e dalle mode, integrato nell’ambiente, capace di assicurare l’equilibrio con sé stessi e con gli altri. In Molise si vive il valore dello sport con sacrificio, spesso con privazioni, ma sempre con gioia. Ecco perché i risultati, da queste parti, hanno il sapore dell’unicità. Come il paesaggio racchiuso dalle imponenti montagne o le temperature rigide anche d’estate. E di risultati Maria ne ha già raccolti tanti: campionessa italiana nel 2017, medaglia di bronzo ai Giochi europei di Minsk nel 2019, medaglia d’oro al Judo Grand Prix di Tel Aviv 2019 nella categoria -63 chili.

Pure il fratello di Maria, Luigi, classe 2003, è una promessa del judo, che sogna di partecipare alle Olimpiadi di Parigi del 2024. La mamma Silvia il titolo italiano l’ha vinto nel 1991. Il fratello Giorgio è ex giocatore di rugby. Maria ha anche una sorella, Chiara, e un altro fratello, Emidio.

Che Maria sia diventata una sorta di monumento regionale trova conferma anche nel libro “Cadi sette volte, rialzati otto” che le è stato dedicato dal giornalista Antonino Morici, naturalmente molisano, inviato della Gazzetta dello Sport alle Olimpiadi di Tokyo. Racconta di questa “incredibile corsa ad ostacoli”, un avvincente romanzo di sport italiano, una narrazione autentica sul valore delle arti marziali.

Tra le quaranta medaglie vinte dall’Italia a Tokyo, quella conquistata dall’atleta molisana è tra le più significative, come ha scritto l’agenzia Ansa. Perché, questa giovane agente della Polizia di Stato, non si è mai arresa alle avversità. Un’importante testimonianza di quanto sia prezioso non capitolare mai. Nello sport e nella vita.

(Giovanni Castellotti)

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