A proposito del “diseducativo” Facebook



A proposito del "diseducativo" Facebook

L’associazione "Forche Caudine" non è iscritta ufficialmente a "Facebook". Non per atteggiamenti di alterigia o di rifiuto del mezzo. Per carità. Lo strumento digitale è utile, divertente, multimediale, giovanile. "Prende", insomma. Non a caso molti giovani, iscritti e non iscritti, che condividono il nostro percorso, hanno costituito gruppi virtuali che si richiamano anche al nostro sodalizio. Ben venga.

Però, un conto è Mario Rossi che si sveglia la mattina e si diverte a relazionarsi al computer con altre persone, per quanto in modo virtuale. Mettendoci la faccia, la sua storia e la propria identità. Passi anche l’attività commerciale che utilizza lo strumento per farsi un po’ di pubblicità. Ben diverso dovrebbe essere il discorso per organismi associativi virtuali, che si basano non sulla condivisione o sul confronto di idee ma su una mera somma di numeri, di spezzoni biografici e di semplici messaggi.

E’ indubbiamente un atteggiamento demodé, specie per i tempi in cui viviamo, reclamare qualcosa "oltre" la semplice conversazione o la battuta ad effetto, le richieste "a pioggia" di amicizia o la costruzione di liste a quattro cifre, specie se si intende "istituzionalizzare" un gruppo? Fermarsi insomma all’essere "molisani", o "studenti molisani", o "molisani a Perugia", riducendo persone a carte d’identità, è sufficiente per accomunare teste? Noi pensiamo che le banalizzazioni, se possono anche pagare nel breve periodo, alla lunga siano controproducenti. Soprattutto per un’identità così labile quale quella molisana.

Proprio per l’assoluto rispetto che nutriamo verso quell’interazione di individui basata su contenuti di spessore, su valori condivisi, su scelte definite, crediamo che sul piano associativo non possano bastare "appartenenze etniche" o slogan per "fare gruppo" o, peggio, per "fare numeri". Si tratta di scorciatoie comode e, in via estemporanea, anche efficaci; in sostanza operazioni di marketing che sfruttano l’entusiasmo per il mezzo, un po’ d’ingenuità e i numeri che garantisce. Ma il Molise, nello specifico, è solo un vacuo nome su cui fondare slogan, giochi di parole, immagini associate, persino associazioni virtuali o dovrebbe rappresentare qualcosa in più?

La prova di tale "snaturalizzazione", di una totale banalizzazione di un’identità (con i relativi danni) viene dalle continue segnalazioni – anche molto risentite – che riceviamo ormai quotidianamente da iscritti e lettori (tanti, per fortuna, e non per essere stati coinvolti con un semplice "Vuoi diventare amico?") su quanto sta succedendo su Facebook a danno proprio di questa terra che da almeno vent’anni cerchiamo di valorizzare con ben altri mezzi e in ben altri ambienti.
Circa un anno fa, sul nostro notiziario, segnalammo una "moda" dilagante su internet: creare siti e gruppi di discussione per dimostrare che il Molise non esiste. Approfondimmo e contestualizzammo il fenomeno: emerse come analoghi "giochini" vengano condotti in Francia ai danni del Belgio e in Italia ai danni della provincia di Rovigo, evidentemente una sorta di "Molise del nord".
Al di là della sciocchezza o meno di queste iniziative, evidenziammo però come la diffusa scelta del Molise quale vittima di tali esercizietti ironici derivi proprio – purtroppo – dalla scarsa conoscenza della regione e del suo patrimonio storico e culturale. Diremmo quasi dalla sua "difficile legittimazione" (a quasi mezzo secolo dalla sua autonomia), soprattutto dalla sua capacità di far emergere il meglio.
Ora il fenomeno, anche con accenti più deleteri, sta invadendo Facebook. Esistono numerosi gruppi in proposito. Sono ben tre per "Il Molise non esiste" con quasi 1.500 appartenenti complessivi. Addirittura c’è il gruppo "Quelli che vogliono eliminare il Molise" dove è possibile leggere messaggi non proprio eleganti del tipo "Award per la regione più inutile d’Italia", "Distruggiamolo", "Via ‘sta regione di merda". Tutti regolarmente firmati, tra incoscienza giovanile (dove i confini tra pubblico e privato diventano sempre più labili, tv docet) e probabilmente un po’ di razzismo nordico ma anche mitizzazione (impunita) dello slogan, di cui Facebook è regno ideale.
Un altro capitolo riguarda i "luoghi comuni", conditi anche da un po’ di autoironia. La lista "Sei un molisano se", che da tempo gira su internet, è diventata anche gruppo – anzi, gruppi – su Facebook. C’è poi il gruppo "Sei veramente molisano se: u cuppìn, la mappina e u leccamusse" con un centinaio di iscritti. Esiste "I molisani non parlano tutti come Di Pietro e Biscardi" che, forse, è un po’ un boomerang. Sul fronte gastronomico spiccano "Ventricina molisana" con 120 iscritti, "Molisani, la scamorza e Roma" e persino "Burrino storia e tradizione dei molisani a Roma". Insomma la fantasia non ha limiti. C’è poi tutto un fiorire di molisani presenti nelle varie città: a Firenze l’immagine ritrae un’improbabile coppia in Harley-Davidson diretta, recita la didascalia, a Carpinone.
C’è poi un altro fenomeno: trasferire dal piano virtuale a quello reale la costituzione di "gruppi etnici", istituzionalizzando associazioni. Le liste di molisani presenti su Facebook, soprattutto dei più giovani, servono per costituire gruppi basati quasi unicamente sul fatto di "essere molisani". Dietro tali operazioni, giura qualcuno, ci sarebbero però azioni di strumentalizzazione politica.

Per tutto ciò c’è chi, tra i molisani, se la prende di brutto: da qui le tante mail che riceviamo. Per risposta molti creano contro-gruppi: "Il Molise esiste eccome!" è a quota 1.827 iscritti, "Fiero di essere molisano" è a quota 1.443. Poi un internazionale "From Molise". Ma, riteniamo noi, replicare con lo stesso mezzo e sullo stesso piano non fa altro che avallare le tendenze allo sfottò, assicurando anche soddisfazione.

Il vero problema è rispondere su terreni diversi. Dimostrando che il Molise esiste non attraverso slogan, cattedrali nel deserto e adesioni virtuali ma attraverso iniziative di spessore, al pari di una Toscana o di una Lombardia, territori da cui non abbiamo nulla da imparare. Da qui anche il ruolo di un’associazione, che non può quindi essere solo una somma di numeri – come gli elenchi su Facebook – ma un volano di iniziative concrete per dare forza non solo alle idee ma anche agli ideali.

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