“Repubblica” denuncia: soldi no a Pompei, sì ad Isernia



“Repubblica” denuncia: soldi no a Pompei, sì ad Isernia

ROMA – I soldi mancano per Pompei, non per Isernia. E’ quanto denuncia Antonello Caporale, giornalista di punta del quotidiano “La Repubblica”, nel suo blog “Piccola Italia” di mercoledì 10 novembre.
Esordisce Caporale, non nuovo a inchieste sul Molise: “Ci sono soldi o mancano? E’ questione di punti di vista. Viene prima Pompei o il nuovo auditorium di Isernia? Questione di punti di vista. Bisogna chiudere gli aeroporti bonsai, quelli cioè che non raggiungono almeno i 500mila passeggeri annui, o finanziare come opera strategica lo scalo di Perugia (un volo quotidiano per Milano, uno alla settimana per Tirana, e altri tre per Londra)? E’ sempre questione di punti di vista. O forse di convenienze, e forse di connivenze. Gli aquilani dicono che lo Stato li ha abbandonati. Il premier invece comunica che ci sono 14 miliardi e mezzo di euro a disposizione e diecimila cantieri aperti (quindi 1400 euro a cantiere). Dov’è il vero e dove il falso?”.
Caporale va nel dettaglio proprio sulla nuova opera molisana. “A Pompei la domus dei gladiatori viene giù, mentre a Isernia sale verso il cielo un fantasmagorico teatrone da settecento posti, con un palco di trecento metri quadrati. Isernia conta 21mila abitanti e un teatro, seppur modesto, lo aveva. Cucito per le sue esigenze, certo. E però: viva l’Italia! Il centocinquantesimo anniversario dell’unità è consacrato dalla Repubblica con l’edificazione di questo gioiello architettonico. La cultura ha bisogno di spazi, ed è noto che la campagna le fa bene. Perciò il governo Prodi incluse nel 2007 proprio quest’opera ritenendola imprescindibile, inamovibile, irrinunciabile. E’ andato Sandro Bondi il 20 maggio del 2009 a inaugurare il cantiere. Spesa prevista 5 milioni di euro, poi rimodulata a 20 milioni, poi a 40. Con la scoperta della cricca, l’opera di tessitura di amici e soci lungo il
canale privilegiato degli appalti di Stato, si è notato che anche a Isernia i nomi in circolazione (alcuni denunciati a piede libero, altri già in manette) erano gli stessi. Medesime triangolazioni, uguali disponibilità”.
Quindi il giornalista di “Repubblica” si domanda: “Con 40 milioni di euro si sarebbe potuta salvare la domus dei Gladiatori? Certo che sì. Ma era troppo semplice e nell’Italia sottosopra, nel capovolgimento delle gerarchie e dei bisogni, la cultura ha cercato altri spazi e nuove prospettive. Come detto: è sempre questione di punti di vista. Adesso Isernia. Che ha triturato un po’ di milioni di euro fino a quando qualcuno si è chiesto: a cosa serve? I tagli dei fondi successivi restituiscono alla bellezza del cemento grezzo quest’opera faraonica e inutile, testimonianza viva di ciò che non andrebbe mai fatto. Andrebbe, condizionale. Perché con le parole si gioca, e il falso può divenire vero. Un investimento inutile spacciarlo per strategico per esempio”.

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