Restyling di piazza San Silvestro, emblema di finta modernità



Restyling di piazza San Silvestro, emblema di finta modernità

Il peana a sostegno degli imprenditori edili romani (“Chiedo un applauso per l’edilizia romana, apportatrice di sviluppo”) lanciato da Cremonesi, presidente della Camera di commercio di Roma (viene dal mondo del cemento), nel corso della presentazione di “Porta Futuro” a Testaccio la dice lunga sull’aria “al calcestruzzo” che si respira a Roma. Il piatto presenta il solito menù: cantieri lungo la Cristoforo Colombo che sottraggono verde alla città, l’area del Grande raccordo anulare completamente cementificata, infiniti scavi per una metropolitana di cui non tutti sentono l’esigenza, plurime aperture di “Pup” (box e parcheggi interrati) da parte di ditte in salsa campana e con diecimile euro di capitale, discutibili restyling di piazze storiche con immancabile corollario di polemiche, “riqualificazione” di archeologia industriale a furia di centri commerciali.
Se questo è il quadro dello sviluppo per il futuro, siamo davvero messi bene. La Roma della “seconda repubblica”, con una sorta di continuità di poteri in stile vintage tra il centrocentro-sinistra di Rutelli & Veltroni e “il vecchio che avanza” del duo Alemanno & Polverini offre un revival di quegli anni Cinquanta-Sessanta quando i costruttori lasciarono segni (ferite? cicatrici?) indelebili a questa nostra città. “Qualità della vita” e “mobilità sostenibile” sono evidentemente due questioni estranee all’agenda di un’amministrazione che stende tappeti rossi al passaggio dei signori del cemento.
Indicativo il progetto, al centro di feroci polemiche, per rinnovare piazza San Silvetro. Lo scandalo investe soprattutto l’adozione delle panchine-sarcofago che dovrebbero occupare tutta la piazza.
Partendo dall’assunto che ogni piazza storica di Roma è bella soltanto eliminando le automobili, senza insomma aver bisogno di “orpelli” da museo di arte contemporanea e da autoreferenzialità di presunti artisti ben ricompensati in cambio di fedeltà ideologiche, l’ipocrisia assoluta si raggiunge quando la discussione si fossilizza sulla possibilità di “abbellire” un progetto grazie ad una “dose” più o meno rilevante di verde pubblico. Come se qualche vaso di fiori o l’albero immolato allo smog possano trasformare improvvisamente un’idea di per sè assurda, tanto più perché ispirata al progetto del Federal Center a Chicago, città americana notoriamente con analoga storia sociale, artistica e culturale della plurimillenaria Roma.
C’è di più. Che senso ha pedonalizzare una piazza che rappresenta l’unico snodo del trasporto pubblico nel centro di Roma (tra l’altro gli autobus continuerebbero a passare nella limitrofa via del Tritone), non inserendo il progetto in un quadro organico del centro storico, oggi mortificato non tanto dai mezzi pubblici, ma dalle migliaia di automobili riservate alla pubblica amministrazione (il megaparcheggio limitrofo a Montecitorio non rappresenta forse uno scempio ben maggiore degli storici capilinea degli autobus a piazza San Silvestro?).
La giunta Alemanno, che utilizzò come bandiera del suo programma culturale proprio la rimozione della copertura dell’Ara Pacis, non si discosta molto da quel modo di concepire una città che ha solo bisogno di essere liberata da automobili, cementificatori e pseudoartisti contemporanei e non di continuare a subire le bizze di questa miscela micidiale.
(Pierino Vago)

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