Il piano di sopra



Nel suo seguitissimo blog e nell’ultima puntata di “Annozero”, Beppe Grillo ha ribadito una tesi a lui cara: i principali partiti dei due schieramenti, Pdl e Pd (quest’ultimo non a caso ribattezzato “Pdmenoelle” dal comico genovese), in disaccordo apparente su tutto, in realtà danno vita a continue intese sottobanco, affossando la natura democratica del nostro Paese.
Grillo stila un elenco sostanzioso di casi di presunto “inciucio”: dall’immunità parlamentare al finanziamento pubblico dei partiti, dal conflitto di interessi al finanziamento ai giornali, dallo scudo fiscale all’attuale legge elettorale, fino agli atteggiamenti sugli attualissimi temi delle centrali nucleari e della privatizzazione dell’acqua. La legge elettorale di Calderoli, in particolare, escludendo di fatto l’opzione dell’elettore sul candidato, garantirebbe il miglior arroccamento dei “manovratori”.
Il comico va oltre, includendo nell’elenco anche un’ipotetica spartizione di enti locali, “elezioni decise a tavolino”, come scrive. A sostegno dell’asserzione, indica non solo la scelta di candidati deboli nelle regioni riservate alla vittoria dell’avversario (cita Buttiglione contro Chiamparino, precisando che il primo “non l’avrebbe votato neppure il cardinal Bertone”), ma anche il caso del Piemonte, dove il governatore leghista Cota avrebbe vinto a sorpresa contro la Bresso a causa proprio del “Movimento 5 Stelle”, che avrebbe sottratto voti soprattutto a sinistra. Facendo infuriare oltremodo molti esponenti del centrosinistra.
Per quanto ai limiti della fantapolitica e certamente seminatrice di disimpegno civile, la tesi di Grillo tocca un nervo scoperto: in Italia da molto tempo l’opposizione ha un ruolo più di facciata che di un sostanziale ed efficace impegno. La tesi, che ovviamente viene rifiutata nettamente nelle stanze dei bottoni, trova invece numerosi e talvolta celati sostenitori proprio nella società civile. Soprattutto tra quei cittadini che s’imbattono quotidianamente – e concretamente – nella riduzione degli spazi di democrazia e di giustizia.
C’è insomma una sempre più diffusa consapevolezza, mista talvolta ad atavica rassegnazione, di fronte alla correità dei poteri contigui. Lobbismo e corporativismo sono fenomeni ormai endemici nel nostro Paese, con radici medievali e linfa proveniente dalle radici cristiane della nostra società. La crisi di quel serbatoio di idee, di sperimentazione e di creatività produttiva rappresentato da alcuni distretti provinciali deriva spesso da assetti totalmente conformati ai modelli delle più alte establishment.
E’ una patologia, talvolta cronica, presente ormai trasversalmente in molte aree del nostro Paese. E che ha raggiunto livelli di penetrazione davvero preoccupanti, perché radicata in tanti settori produttivi, finanziari, culturali, mediatici. Un quadro che sta mettendo costantemente in pericolo in primo luogo la dignità umana e le libertà civili in un Paese che vede assottigliarsi anche quella reputazione internazionale figlia soprattutto del nostro ormai lontanissimo passato.

(Pierino Vago)

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