Ha scritto bene Roberto Saviano nella sua “Lettera ai ragazzi del movimento” pubblicata su “Repubblica” di giovedì: “Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi”. Ed ancora: “I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un’altra Italia”.
Checché ne dica Santoro, il quale vuol far passare la tesi che la novità sia data dal numero dei manifestanti e da quello che un tempo si sarebbe definito “l’attacco al cuore dello Stato”, in realtà ciò che è avvenuto martedì 14 dicembre è un ulteriore regalo a quell’Italia moderata, da sempre maggioritaria, che in nome del quieto vivere e del “già visto” sarà pronta a difendere con i denti l’esistente – pur cosciente delle nefandezze attuali della politica – anziché fare un salto in un buio reso anche tetro dalle scene dei giorni scorsi nella bomboniera artistica e culturale di Roma.
I ragazzi che trent’anni fa gridavano nelle piazze sono gli stessi che oggi siedono nel Parlamento, nelle poltrone delle direzioni dei giornali e che da anni occupano i gangli vitali di questo malridotto Paese.
Gli assalti ai blindati delle forze dell’ordine, giustificati dai ragazzi di oggi come risposta estrema al “non ascolto”, non rappresentano alcunché di nuovo. Anzi, incarnano strategie già viste che non hanno apportato nulla di buono a questo Paese. Contribuendo all’arroccamento del potere, favorendo strani andazzi ed eterni misteri in nome di una “responsabilità nazionale” e di un presunto – molto presunto – “amor di patria”.
La risposta, viceversa, dovrebbe venire dagli esempi. Cioè dal ribadire al centro, con forza, i grandi temi della vita pubblica, divenuti ormai vere e proprie emergenze internazionali: il lavoro, l’istruzione, l’ambiente, la sanità, il bene comune, la lotta alle omologazioni. Facendolo in un’ottica di reciproca solidarietà, di visione transnazionale, di analisi sulle discrasie generazionali.
Gli esempi offerti da una parte dei giovani (quanti strumentalizzati?) nella piazza romana rischiano invece di annullare ciò che faticosamente sta emergendo in ben altri movimenti.
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