Il mondo handicap, universo che esiste



Vorrei accendere una luce, adesso che i riflettori sono spenti, adesso che l’attenzione è spostata altrove, magari verso più appetitose bagarre premieristiche che tanto impulso danno alle vendite dei giornali. Quindi prendo un faro (in realtà un lumicino) e punto il fascio di luce – ancora solo un debole chiarore – su di un mondo dimenticato e pudico. Dignitoso e silente anche nei suoi aspetti meno nobili perché la diversità ferita si difende dalla normalità arrogante con l’anonimato.
Nasconde i propri figli, il mondo Handicap, dietro una coltre spessa per amore e per vergogna, per disperazione e disillusione. Eppur tuttavia questo universo esiste ed è immenso. Lo abbiamo visto – direi appena intravisto – recentemente in tivù e sui giornali, quando messo spalle al muro, ha levato un grido di dolore che avrebbe dovuto mandare in frantumi il nostro ottuso universo “Normale”.
Sto parlando del popolo dei diversamente abili. Non ne sappiamo nulla, spaventosamente ignoranti, costruiamo città a loro negate. Non un solo marciapiede, strada, ufficio pubblico della nostra città è pensato per coloro che non possono usare gambe, braccia, occhi; per coloro che hanno diritto alla vita ma non per viverla come noi.
Sto parlando di coloro che, ignari della bomba ad orologeria innescata alla nascita, scoprono un triste giorno che il loro sistema neuro-muscolare ha cominciato lentamente a degenerare.
Sto parlando di esseri viventi rifiutati dalla vita pensante. Vegetali senza foglie, impotenti ed innocenti.
Sto parlando a tutti noi perché potrebbe accadere in qualunque momento di cadere dall’Olimpo. Ecco dunque dove voglio dirigere la fiammella della consapevolezza. Vorrei illuminare la vita di migliaia di creature che combattono quotidianamente con il dolore e le difficoltà che la loro anomalia è costretta ad affrontare. Vorrei rischiarare le famiglie e le madri che sono il primo e (diciamocela tutta) unico Welfare di questa città “civile”.
Umanità ignorata che fa conto solo sui propri mezzi, morali ed economici, per donare ai familiari più sfortunati un’esistenza possibile, almeno un po’. Una parvenza di Stato c’è. Istituti, Centri specializzati ed Enti vari sono fondati e, malamente gestiti, da coloro che ne auspicano l’esistenza solo per accaparrarsi i finanziamenti pubblici e privati. Così, al di là dello spudorato lessico politichese, recentemente la protesta del personale specializzato di istituti pubblici, non pagato da anni, è balzata agli occhi di uomini “comunemente abili”. Migliaia di persone nella nostra città insieme alla sua abbandonata periferia, si sono viste minacciate dalla perdita di quella minima, eppur utile, assistenza quotidiana garantita dallo Stato. Spalle al muro, soli ed inascoltati, che fare?
Barricate inoffensive, cortei pacifici, slogan, striscioni e su tutto un unico grido lancinante: non lasciateci al nulla!
Per alcuni giorni le nostre cene sono state scosse dalle richieste e dalle rimostranze di coloro che sono chiamati al lavoro ma non retribuiti. Eppure ciò che più mi ha ferita e che trovo difficile da dimenticare è quel corteo di disabili insieme ai loro familiari che davanti alle telecamere, per la prima volta, mostravano tutta la loro disperazione. Indegno di una società civile è abbandonare i propri membri in difficoltà ad una miserabile deriva. Disumano è raccontar frottole politiche, amorale è prendere per i fondelli la sofferenza, illegale è abusare dei più deboli!
Eppure… eppure a riflettori spenti chi si ricorda ancora di quel torrente di dolore in piena? Le promesse di squallidi politici alla ricerca di voti ed impunità chi le rammenta?
Le ricorda il mio vicino di casa che che per sopravvivere si può affidare solo ai suoi cari. Beato chi ce li ha.

(Maria Garofalo) – 10 giugno 2010

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