Non è un Paese per trote dalle pinne mar(r)oni



Non è un Paese per trote dalle pinne mar(r)oni

I giornali sono pieni di editoriali costernati per la defenestrazione di un ceffo che ha tenuto in ostaggio l’Italia vendendo a Berlusconi l’appoggio parlamentare della Lega in cambio di soldi, poltrone immeritate e potere per i suoi mediocri famigli. Noi a differenza dei cosiddetti giornalisti che per sopravvivere devono servire uno o piu’ padroni non ci uniamo al coro in gramaglie. Anzi speriamo che lo stesso destino sia riservato anche a quelli coinvolti nelle vicende dei vari Penati, Lusi e Verdini.
Insomma non siamo costernati ma in piena estasi. Con la fine di Bossi e la sua corte dei miracoli di razzisti, profittatori e squinternati si sollevano le fette di prosciutto rancido sugli occhi di certa opinione pubblica abbindolata da questa feccia.
Ma evidentemente ci sono ancora in giro apologeti del pataccaro che ha fatto tre feste di laurea (a detta della sorella) e raccontava alla moglie di essere medico (facendo pure finta di uscire di casa per andare al lavoro). Con lo stesso spirito e rigore morale ha promesso secessione, federalismo, devolution alle folle di bipedi raglianti, mentre intanscava i soldi di Roma Ladrona.
Un politico vero lo definiscono i maitre a penser come se non lo avessero mai sentito parlare. Certo i rigurgiti di ignoranza emessi da un pancia intrisa di veleni e i gesti volgari attirano sempre una certa fetta di elettorato becero. E continueranno a farlo, purtroppo. Pare che un certo Maroni, sassofonista che ha retto la coda al capo in disgrazia si sia messo in testa di fare il capetto. Uno che puer essendo stato Ministro dell’Interno insiste di non essersi accorto di quello che stava succedendo intorno a lui vorrebbe mostrare un imene politico intonso alle celtiche moltitudini. Io prevedo che fra sei mesi al massimo sarà fuori dai suoi quasi omonimi con due erre.

(Fabio Scacciavillani – 11 aprile 2012)

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