Unde malum?



Il tema dell’origine del male nella storia e più in generale nel creato ha appassionato per secoli studiosi di filosofia e di teologia in tutte le culture ed a qualsiasi latitudine.
La riflessione si è sempre concentrata sulla compatibilità tra il male ed un Dio le cui caratteristiche sono quelle della bontà, dell’onnipotenza e dell’onniscienza.
È la questione di cui si occupa Vito Mancuso nel suo ultimo saggio intitolato “Il principio passione”.
Si parte dallo strappo di non accettazione del reale manifestato da Ivan Karamazov al fratello Alioscia ne “I fratelli Karamazov” di F. Dostoevskij per tentare un percorso di spiegazione del negativo secondo un punto di vista del modello della creazione continua e della morale della libertà.
Si tratta di un volume complesso, attraversato da una ricerca articolata ed approfondita sulle antiche cosmogonie, sulle modalità di pensare l’universo, la vita e la materia, sul concetto di creazione, sullo stato caotico del mondo ed appunto sulla causa del male.
Le tesi sono quelle di un credente in ricerca che di certo si allontanano dalle posizioni del catechismo della chiesa cattolica.
Data la complessità del tema, non è facile riassumere il pensiero dell’autore sulle modalità con cui il male entrerebbe nella storia.
La spiegazione sull’argomento attraversa l’esistenza umana secondo tutte le concezioni religiose, alcune delle quali, come il Buddismo, ne prendono semplicemente atto senza poi ricercarne le cause metafisiche, mentre altre, come l’Islamismo, ne attribuiscono l’origine a Dio stesso che lo costituirebbe per finalità alquanto articolate.
Nell’ambito del Cristianesimo né il peccato angelico né quello originale degli uomini possono per Mancuso essere la spiegazione del negativo esistente tra noi, esistendo quest’ultimo prima della trasgressione; per questo anzi tale dottrina costituirebbe una vera aporia. L’interpretazione del caos come peccato finisce, secondo l’autore, per generare solo sensi di colpa in una umanità priva di responsabilità al riguardo.
La teoria di Mancuso è che il creato è impastato di Logos e Caos e che la creatura è proprio per questo in grado di conquistare la libertà di azione, raggiungendo la pienezza dell’esistenza nel Pathos, la passione che ci guida all’amore come fondamento dell’armonia relazionale.
È a pagina 262 la sintesi di tale concezione “Ritengo che il caos vada ricondotto alla strutturale imperfezione dell’essere creato, che esce dalle mani di Dio non come perfettamente compiuto ma come strutturalmente impastato di logos e caos, di ordine e di possibilità di infrangere l’ordine, conditio sine qua non per la nascita della libertà e dello spirito capace di amore”.
Il male, dunque, non sarebbe nella necessità divina e neppure nel peccato, ma nella struttura stessa dell’universo e della creatura come lato oscuro del bene da cui nascono la libertà e l’amore.
Dio si sarebbe incarnato nel Figlio per condividere la sofferenza e il dolore nel mondo proprio per amore degli uomini secondo una logica relazionale del principio-passione tra la realtà primaria (Dio) e quella secondaria (l’umanità).
Non c’è nel saggio una distinzione tra un male strutturale, naturale o ontologico, che dir si voglia, uno incidentale o casuale ed un’altro ancora morale e sociale, legato alla volontà dell’uomo.
È una differenziazione sulla quale occorre, a nostro avviso, indagare, perché sui primi non sempre possiamo intervenire per eliminarli con l’aiuto della scienza, mentre a proposito dell’ultimo abbiamo la possibilità di ricercarne le cause ed eventualmente rimuoverlo o ridurlo.
“Penso che credere in Dio quale creatore del mondo equivale ad esprimere fiducia verso la vita, a dichiarare che l’essere, per quanto costoso, è meglio del non essere”. Così scrive l’autore a pagina 422.
Molte sono le tesi del volume non allineate con il Catechismo della chiesa cattolica, ma il percorso intellettuale e teologico di Vito Mancuso offre alla riflessione tentativi di indagine e di confronto che sarebbe sciocco non utilizzare come oggetto di discussione, lasciandoli ad un frettoloso giudizio tranchant di eresia o alla polemica fine a se stessa.
Le ultime pagine de “Il principio passione” sono a nostro avviso la testimonianza di un uomo che sicuramente all’interno del saggio manifesta tesi eterodosse, ma che alla fine dichiara con forza la sua fede cattolica in “un Dio che prende così sul serio l’alleanza col mondo da essere coinvolto nel processo vitale mediante cui il mondo si fa … ” ed ancora “Credo altresì in un Dio che legandosi al mondo rimane nel contempo sempre al di là del mondo, e che, con questo suo essere al di là, opera come una specie di attrattore cosmico cui il mondo si orienta e orientandosi produce evoluzione, e verso cui la mente umana si orienta e orientandosi produce bene e giustizia, andando a sanare laddove è possibile le ingiustizie che scaturiscono dal processo naturale”.
(Umberto Berardo – 26 maggio 2014)

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