Dall’Abruzzo un libro sulla biocucina mediterranea

Prende forma un nuovo approccio di Cucina Gourmet sana, attenta, scrupolosa, che non rinuncia al piacere, al colore e all’innovazione. Non un gesto eccentrico, né alternativo “per forza”.

Da Bio Cucina Mediterranea, concetto ideato dallo Chef Massimiliano Capretta, patron del ristorante abruzzese “Arca” ad Alba Adriatica, si sviluppa un vero e proprio metodo, messo a punto cercando risultati perfetti, nel gusto e nella presentazione, eliminando o cambiando molta parte delle comuni procedure.

L’idea è quella di una cucina che abbracci un’alimentazione variata e controllata, così come lo è sempre stata la “dieta mediterranea”, sotto il cui cappello si è messo di tutto, ma che qui trova un’applicazione diversa: la semplicità.

Il libro, scritto in collaborazione con la sorella Dalila, oggi a capo del comparto pane, pasta e dolci e con la quale Massimiliano ha condiviso tutte le fasi del progetto editoriale, si pone l’obiettivo di unire tecniche e pratiche che sintetizzano percorsi diversi, che trovano nell’esperienza macrobiotica, nella cucina di tradizione e in quella nipponica le principali fonti ispiratrici. 

Un approccio non convenzionale alla formazione ha portato l’autore a raggiungere una certa elasticità.
Non avendo un “copione” in testa sul “come si fa una cosa”, la mente ha recepito stimoli nuovi e differenti, dando vita alla seguente filosofia culinaria: far star bene le persone e non solo a tavola mentre mangiano, ma quando si alzano e riprendono la loro vita.

Non è necessario l’uso di un grasso per avviare la cottura. Si possono mangiare carni evitando le condizioni di stress degli allevamenti in batteria.

Si possono evitare sprechi, ma anche inutili dispendi di energia. Ci sono componenti nei cibi che non ha senso conservare.

Una corretta attenzione a questi, e altri temi contenuti nel libro, permette di creare le condizioni per cui in un piatto ci sia: un buon prodotto, eticamente giusto, centrato sul territorio a cui appartiene e che faccia bene a chi lo mangia.

Perché è buono, perché è nutrizionalmente corretto, equilibrato, senza grassi in eccesso e senza l’utilizzo di tecniche di cottura che impoveriscano i nutrienti. Tutto questo è racchiuso nel nome che l’autore ha scelto. 

“Bio-Cucina-Mediterranea”, equivale a leggerezza, gusto e qualità di vita. Mangiare bene non è solo una questione di gusto, ma anche di alzarsi da tavola appagati ma non appesantiti, sazi ma pronti alle mille attività quotidiane.

Bio perché si predilige la selezione delle materie biologiche a km zero o di provenienza certificata; Cucina per affermare l’importanza delle tecniche di cottura al fine della salvaguardia dell’alimento e infine Mediterranea – unica dieta patrimonio dell’Unesco – per l’ispirazione ad una tradizione culinaria in grado di inglobare in sé tutto quello che il ricchissimo territorio è in grado di offrire.

Una lunga formazione sul campo, quella dell’autore, nel corso della quale ha saputo coniugare abilità culinaria e storia dell’alimentazione con sapienza e originalità.

In questo libro, arricchito da ricette, consigli e preziosi segreti del mestiere, lo Chef accompagna il lettore in un percorso nuovo, sperimentale, capace di teorizzare tecniche, cotture, realizzazioni che possono essere insegnate, capite e adottate per la creazione di altri piatti.La tavola è una vera e propria fabbrica di emozioni. E attraverso il cibo possiamo essere più felici, coraggiosi e in salute.

“Questo libro è un tuffo nella mia vita e nella mia cucina, ma è anche un racconto dei miei sogni e dei miei obiettivi, quelli raggiunti e quelli futuri – sottolinea l’autore –. Il mio desiderio è di offrire piacere ed emozioni che non facciano male, ma anzi siano una carica di vitalità replicabile anche nella quotidianità. Ho suddiviso e organizzato il mio pensiero in tappe, in capitoli tematici che sono un po’ i miei assi cartesiani, le coordinate delle esperienze che mi hanno formato e hanno permesso la creazione di un mio metodo. L’intento di queste pagine è quello di cercare di dimostrare come sia possibile tornare a un dialogo più spontaneo con il cibo. Quanto sia necessario ritrovare a tavola una naturalezza lontana da sperimentazioni estreme e ripristinare un rapporto di maggiore spontaneità e salubrità con ciò che mangiamo”.

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