Molise “colonia” dell’Abruzzo? Meglio il Sannio…

Siamo stati facili profeti quando, negli anni Ottanta, a fronte delle previsioni demografiche, lanciammo l’idea di una nuova regione “disegnata” sui confini dell’antico Sannio. Sembravamo un po’ dei visionari, ma i fatti di questi giorni – il progetto di riaccorpare il Molise all’Abruzzo a suon di firme e di pezzi euforici sulla stampa nazionale – ci stanno dando ragione. La stessa scelta di scegliere, quasi quarant’anni fa, la denominazione delle Forche Caudine per un’associazione di molisani e “sanniti” a Roma – ed oggi nel mondo – conferma la bontà di quell’orientamento.

Il problema nasce proprio con la creazione della Regione Molise nel 1963. Ha ragione Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, quando, riprendendo antiche polemiche, insinua che la nascita del Molise – molto discutibile perché già allora sotto il milione di residenti costituzionalmente previsto – è stata di fatto una furberia della Democrazia cristiana per ottenere un senatore in più nel feudo più sicuro di tutto lo Stivale, dove lo scudocrociato aveva addirittura la maggioranza assoluta, con punte del 70 per cento nella futuro provincia di Isernia (dal 1970).

Il problema s’è trascinato, poi, con una classe politica molisana in gran parte insignificante negli scacchieri nazionali e internazionali, legata strettamente al proprio campanile ed incapace di incidere a livello nazionale sia per i numeri rappresentati sia per la mancanza di grandi ambizioni personali. Mentre la regione, soprattutto a livello demografico, registrava una caduta libera, nessuno s’è mai preoccupato di contromosse in grado di salvaguardarla.

Noi di Forche Caudine proponemmo di lavorare per la Regione Sannio, sul modello mastelliano del Molisannio. Il Molise e la provincia di Benevento hanno analoghe caratteristiche morfologiche, identitarie e storiche, nonché un analogo numero di abitanti. Unendo la zona sannita di Alife, nel casertano, alcuni comuni del basso Abruzzo e dell’alta Puglia, tra l’altro da sempre desiderosi di far parte del Molise, si sarebbe potuta realizzare una Regione “dignitosa” con 700-800mila abitanti, pur “cedendo” il capoluogo a Benevento, storicamente e per patrimonio culturale certamente più importante di Campobasso. E non sarebbe stato un dramma.

Invece apriti cielo tra gli amministratori molisani, terrorizzati soltanto all’idea di perdere la poltrona, gli emolumenti e l’orticello.

Oggi, dopo oltre 60 anni di autonomia regionale, tra l’altro a lungo sudata dalla generazione molisana del dopoguerra, la stessa esistenza del Molise, quella più volte messa in dubbio nel noto tormentone, sembra davvero finire in bilico.

Del resto lo spopolamento del Molise è impietoso. Dai circa 407mila residenti del dopoguerra si è finiti agli attuali 288mila. La provincia di Benevento ne ha pochi di meno, 261mila. E molti dei residenti del Sannio, in realtà vivono fuori regione.

In una regione così piccola c’è evidentemente anche un problema di ricambio delle risorse umane e di qualificazione della classe dirigente. Quasi mai un governatore molisano è diventato un personaggio di spicco della politica nazionale, a differenza dei vertici di altre regioni, si pensi alla Toscana o all’Emilia Romagna. Il Molise, in sostanza, è sempre più chiuso in sé stesso.

La piccola regione è stata governata come un grande paese, con intrecci di tutti i tipi e servizi sempre più scadenti. Soprattutto è stata governata male, con tanti sperperi, ad iniziare da un esagerato apparato pubblico, è un debito pubblico in continuo aumento. Il Pil pro-capite è tra i più bassi in Italia.

Allora? Più che diluire ciò che resta del Molise e dei molisani nel ben più importante e popolato Abruzzo, si potrebbe ripescare proprio quell’idea del Sannio, che unisce fisiologicamente Isernia, Campobasso, Benevento e territori di limitrofe province. Non a caso l’idea di Mastella, che al di là degli aspetti ideologici o politici è pienamente condivisibile, sta tornando in auge.

Sarebbe anche l’occasione per rilanciare il simbolo identitario più importante dei territori, cioè quella civiltà sannita che potrebbe – se ben valorizzata e messa davvero in rete – costituire un indubbio fattore di richiamo turistico al pari degli etruschi nell’Alto Lazio e in Toscana.

Mastella, in un’intervista al Fatto quotidiano, ha detto cose giuste: l’annessione all’Abruzzo significherebbe per il Molise essere cancellato. “Il Molise oggi ha poche possibilità di dire la sua e con l’Abruzzo sarebbe lo stesso, mentre con noi diventerebbe una regione di medie dimensioni e costituita da città affini per storia, economia e geografia – chiosa il primo cittadino di Benevento. Ed anche per la stessa provincia di Benevento significherebbe riacquisire una propria identità, offuscata dall’ingombrante presenza di Napoli all’interno della Regione Campania. E poi il beneventano avrebbe finalmente lo sbocco sul mare, che potrebbe dare nuovo sviluppo alla sua economia, al pari di ciò che succede in Abruzzo, dove è soprattutto la costa ad assicurare vitalità all’economia e ai conti regionali.

Il presidente del Consiglio regionale del Molise, Quintino Pallante, interviene nel dibattito sull’autonomia della Regione e sull’ipotesi di accorpamento all’Abruzzo innescato da un servizio di Milena Gabanelli su corriere.it. e successivamente ‘allargatosi’ a idee e visioni differenti.

“È questo un disfattismo che non appartiene al Molise e ai molisani. Gente tenace che nei momenti difficili è sempre stata all’altezza, con orgoglio e determinazione, nel costruire una regione forte e ascoltata in un Paese, come l’Italia, che sta diventando un autorevole e importante interlocutore nel panorama europeo ed internazionale. Mi auguro che i molisani possano ricordare la strada fatta da questa regione per costruire il proprio futuro e avere, giorno dopo giorno, quella qualità di vita che è un vanto per l’intera regione. Solo qualche mese fa – ricorda il vertice di Palazzo D’Aimmo – il Molise ha compiuto 60 anni di autonomia, essendo la regione più giovane d’Italia. Un percorso, lungo e complesso, avviato con tanti sacrifici dai nostri padri e dai nostri nonni non per mera visibilità, bensì per garantire ai cittadini di questa terra più servizi e maggiore vicinanza alle istituzioni”.

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