L’addio a Mario Monicelli, gigante del cinema italiano



ROMA – Di lui rimangono pellicole immortali che costituiscono la storia del cinema italiano. Da “I soliti ignoti” a “La grande guerra”, da “L’armata Brancaleone” ad “Amici miei”. Ma anche “Guardia e ladri”, “Un borghese piccolo piccolo”, “Il marchese del Grillo”. E poi “Totò cerca casa”, “Guardie e ladri, “Totò e le donne”, “Padri e figli”, “La ragazza con la pistola”, “Capriccio all’italiana”, “Le coppie”, “Romanzo popolare”, “Bertoldo, Bertoldino e… Cacasenno”, “Speriamo che sia femmina”, “Parenti serpenti”, “Le rose del deserto”.
Con Mario Monicelli se n’è andato un pezzo di tutti noi. Uno degli inventori della commedia all’italiana, genere che rispecchia meglio di tutti questo nostro Belpaese. Lo scopritore di talenti comici per antonomasia, da Gassman a Mastroianni, da Sordi a Monica Vitti. Il forgiatore del cinismo che diventa risata, alchimia che nessuno riesce a capire al di fuori dei confini nazionali. E’ un patrimonio unico e raffinato, purtroppo destinato ad annacquarsi con le sistematiche ondate di basso umorismo “made in Usa”.
Con lui scompare definitivamente la stagione dei grandi “geni” del cinema italiano, da Antonioni a De Sica, da Fellini a Germi, da Leone a Pontecorvo, da Risi a Visconti e molti altri. Ha diretto 68 film, almeno una decina i capolavori assoluti, con le sceneggiature si arriva a quota 106.
Ha collaborato praticamente con tutti i più importanti attori italiani: Alberto Sordi, cui ha garantito anche due straordinarie prove drammatiche in “La grande guerra” e “Un borghese piccolo piccolo”, Totò, con cui ha stretto un sodalizio all’inizio della carriera, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Walter Chiari, Elsa Martinelli, Anna Magnani, Nino Manfredi, Paolo Villaggio, Monica Vitti, Enrico Montesano, Gigi Proietti, Gastone Moschin, Giancarlo Giannini, Philippe Noiret, Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Ornella Muti, Ivo Garrani e Gian Maria Volonté.
Quattro le nomination agli Oscar: con “La grande guerra” (Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia del 1959), “I compagni” (1963), “Casanova ’70” (1965) e “La ragazza con la pistola” (1968).
Sua anche la voce al nonno di Leonardo Pieraccioni nel Ciclone (1996).
Nato a Viareggio il 15 maggio 1915 da una famiglia mantovana, con padre giornalista e scrittore (suicida nel 1946), imparentato con i Mondadori, frequenta il liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in storia e filosofia.
Inizia l’attività cinematografica quasi per caso, lavorando poi nel settore per settant’anni.
Numerosi i flirt lungo una vita che ha consumato fino in fondo. La sua ultima compagna è stata Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lui aveva 74 anni e lei 34.
Di recente aveva dichiarato: “Per rimanere vivo il più a lungo possibile bisogna vivere da soli. L’amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell’animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più”.
Ha sempre detto di non aver alcuna paura della morte, ma di temere il momento in cui avrebbe dovuto smettere di lavorare, perché si sarebbe annoiato moltissimo. Così ha messo termine lui stesso alla vita, buttandosi dal balcone dell’sopedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato da un giorno per un male alla prostata.
Nel suo sito una frase di Sant’Agostino: “Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra”.

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