Smart working e sostenibilità aziendale

Creare in maniera sostenibile, a lungo termine. Questa è una delle sfide principali imposte dalla società (e dal nostro Pianeta) oggi. Ignorare il tema dell’impatto ambientale, non avere cura dell’habitat in cui ci muoviamo e viviamo e non prendere coscienza del fatto che non siamo soli, ma che dobbiamo condividere spazi e obiettivi con altre persone, è impossibile.

Intorno alla parola sostenibilità c’è molto hype, ma cosa vuol dire davvero essere sostenibile? E come può esserlo un’azienda? “Una definizione unica e un unico modo non esistono: la sostenibilità dipende da tanti fattori, da quello di cui ci si occupa, dal luogo dove ci si trova e così via… Non si può limitare la sostenibilità solo a concetti di risparmio energetico, alla gestione dei rifiuti o, più in generale, all’eco-compatibilità. Occorre un approccio organico, qualcuno direbbe olistico – spiega Luca Pasqualotto, Vp Development & Asset Management in Copernico, una delle più importanti reti di luoghi di lavoro, uffici flessibili e servizi che favoriscono lo smart working e la crescita professionale e di business di freelance, professionisti, start-up e aziende, grazie alla condivisione di risorse, conoscenza, alla contaminazione di idee e al networking in un ambiente caratterizzato da stile, design ed esperienza.

Pasqualotto, uno dei massimi esperti della materia, sottolinea l’importanza dell’approccio olistico. “Per misurare la sostenibilità si devono infatti includere non solo i fattori ambientali, come la quantità di energia e acqua consumate e quella di emissioni e rifiuti generati; ma considerare anche i fattori umani, ad esempio un’offerta formativa su quali comportamenti e abitudini adottare, e i fattori economici, che tengono conto anche della qualità della vita”.

Giudizi da esperto e appassionato di sostenibilità. “Dopo molti anni di osservazione posso rilevare che spesso i luoghi di lavoro ‘ispirati’ dal concetto di smart working possono diventare un esempio virtuoso di approccio sostenibile. Perché? Perché la creazione di uffici flessibili, coworking, etc. spesso trova origine nella riqualificazione di aree dismesse o non più attive, giocando un ruolo fondamentale su più fronti e creando un impatto positivo dal punto di vista ambientale, economico e sociale – prosegue il manager.

Essere sostenibili vuol dire, anche, essere etici. “Per definirsi tale, un’azienda deve mettere l’uomo al centro, creando un rapporto bilanciato tra la retribuzione del Ceo e quella dei dipendenti – continua Pasqualotto. “Ancora: dando valore alla sicurezza e al benessere dei lavoratori; gestendo con attenzione il turnover; garantendo la presenza di donne nelle posizioni dirigenziali e gestionali – al di là delle quote rosa. In quest’ottica, i luoghi di smart working permettono, ad esempio, alle mamme (e ai papà) di avere orari flessibili e di migliorare così l’equilibrio tra vita privata e lavorativa”.

Secondo la ricerca 2018 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, l’introduzione dei modelli di lavoro smart è infatti una scelta strategica dettata dalla volontà delle aziende di incrementare il livello di soddisfazione delle proprie risorse, con conseguenti ricadute positive sul business. Tutto ruota intorno alla parola magica “sostenibilità”.

“La sostenibilità, se perseguita nella pianificazione e realizzazione degli investimenti, fa anche risparmiare e rende più competitivi – prosegue Pasqualotto. “All’interno degli spazi di smart working, proprio perché nati da progetti di riqualificazione, parte dell’impegno è promuovere pratiche green, come ad esempio eliminare la plastica dai bar e dalle caffetterie e fornire energia proveniente da fonti rinnovabili. All’interno di questo percorso verso la sostenibilità vi è anche la creazione di spazi aperti, dove le persone possono incontrarsi, confrontarsi e ‘contaminarsi’, oltre alla valorizzazione delle città in cui si trovano. Queste pratiche si stanno sempre più diffondendo: perché comunicare il proprio impegno, coinvolgere i dipendenti, ma anche la città e il quartiere in cui ci si trova, rafforza l’immagine di una società e crea fiducia. Tanti sono gli esempi di compagnie che hanno fatto scelte in questa direzione negli ultimi anni e che oggi ne raccolgono i frutti. Nike ha ridotto drasticamente gli sprechi produttivi e ha ridotto al minimo la sua impronta ambientale, recuperando la stima dei consumatori; Adidas ha invece creato una catena di approvvigionamento più ecologica, ha affrontato problemi specifici come quello della tintura (altamente inquinante) e ha eliminato i sacchetti di plastica, conquistando la fetta di mercato più attenta ai temi ambientali. Il bello dell’essere sostenibili è la capacità di creare circoli virtuosi. Biogen e Novo Nordisk sono due esempi di aziende che hanno prima lavorato per migliorare l’efficienza energetica e per ridurre i rifiuti, e che poi si sono concentrate sull’impatto sociale attraverso iniziative con i propri partner del settore… perché l’unione fa la forza”.

Un fattore necessario per definirsi sostenibili è la durata. “Le cose che creiamo, i servizi che offriamo, i prodotti che produciamo, le pratiche che seguiamo devono durare nel tempo – conclude il manager. “La sostenibilità è in effetti un approccio che contribuisce alla creazione di un valore a lungo termine, dal punto di vista ambientale-ecologico, sociale ed economico. La sostenibilità si basa sul presupposto che si sviluppino strategie pensate per assicurare longevità all’azienda.

La sostenibilità è una grande sfida, una questione che va oltre le singole persone e aziende. È il gioco il nostro presente e il nostro futuro. E le aziende che lo capiscono hanno una presa sul presente e lo sguardo al futuro”.

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