Coloro che limitano territorialmente l’ideologia illuminista nel solo continente ignorano la vita avventurosa e spregiudicata, nonché le opere dell’intellettuale siciliano Saverio Scrofani, nato a Modica nel 1756 e morto a Palermo nel 1835. Un’esistenza inquieta, brillante, caratterizzata da una costante indole passionale, da intelligente curiosità e da interessi diversificati.
Radici nella formazione ecclesiastica, sotto la guida dello zio vescovo di Siracusa, e negli studi letterari, filosofici, scientifici ed economici, ha quindi intrapreso una vita da girovago tra Italia. Francia e Grecia, sia per sfuggire ai debiti e alle frodi, sia per entrare nelle grazie dei potenti, grazie anche ai suoi scritti adulatori (da Ferdinando III di Borbone a Leopoldo III di Toscana fino a Napoleone), sia per scrivere la sua opera più importante, “Viaggio in Grecia”, diario dei quasi quattro anni trascorsi nella penisola ellenica dal 1794 al 1798 in cui, oltre a magnificare con spirito neoclassico il glorioso passato, ne denuncia la decadenza presente con pura ideologia illuminista.
Ma come per tutti i personaggi che hanno lasciato tracce multiformi, a volte ambigue e contraddittorie, l’analisi della vita di Scrofani si è sempre prestata storicamente a molteplici interpretazioni: vale l’immagine idealizzata delle più antiche fonti di questo fine intellettuale che ha sposato principi fisiocratici e un riformismo liberale o quella più impietosa fatta emergere da Benedetto Croce, che ha affiancato all’abile studioso quella del cinico e disinvolto affarista?
Il professor Salvatore Russo, grecista e insegnante di materie letterarie, anch’egli siciliano ma di Favara, analizza con grande scrupolo, sostenuto dalle numerose fonti letterarie, la vicenda umana e letteraria di Scrofani nel volume “L’avventuriero galante”, appena edito da Herkules Books. Oltre alle ricostruzioni biografiche, l’esame dell’autore si sofferma soprattutto sull’opera “Viaggio in Grecia” che racchiude le molteplici sfaccettature dell’eclettico intellettuale siciliano.
Scrofani mette in contrapposizione l’incanto della Grecia antica, la sua storia umanistica, la magnificenza dell’arte e dei costumi, il culto della bellezza, il ricordo delle istituzioni, con la decadenza contemporanea, secondo lui iniziata già con l’impero romano. E a questo proposito mette in relazioni la decadenza dei costumi romani rispetto alla fierezza e al coraggio dei Sanniti.
Sono pagine attualissime, anche perché l’intellettuale chiama in causa l’Europa, sorda alla solidarietà verso questa antica patria che è scuola di virtù civiche e private.
“La personale attitudine letteraria di Scrofani, la sua curiosità aperta ed intelligente, il suo temperamento passionale e insieme la sua abitudine alla logica ed al ragionamento, la sua capacità d’incantarsi e il suo amaro disincanto hanno fatto sì che lo scrittore ci desse la ‘sua’ Grecia” scrive l’autore del libro.
Profetico Scrofani anche quando condanna il governo ottomano dispotico e corrotto, profetizzandone l’imminente fine, mentre con moderno slancio illuminista si scaglia contro la tratta degli schiavi e loda l’attenzione umanitaria verso i malati di mente (“Io credo che togliendo gli spedali de’ matti, se ne scemerebbe il numero anche fra noi”).
Ambivalente il rapporto con la religione. Pur nella polemica, rivolta soprattutto agli aspetti “istituzionalizzati” della chiesa e a chi specula sulla credulità dei fedeli, non manca di esaltare il Vangelo per la sua moralità rivoluzionaria nei sentimenti dell’amore, della fratellanza e della pace.
Esemplare quel suo spirito civico oggi purtroppo smarrito, specie quando denuncia il sacco delle antichissime vestigia. Scrive l’incantato siciliano: “Ma cosa vedo? Perché gettare a terra questa colonna, perché ridurla in pezzi? Per farne calce. Scellerati ! Sotto i miei occhi, due manuali, dico meglio, due manigoldi hanno rovesciata una colonna de’ Propilei che sarebbe adorata… da me, da tutta l’Italia e la rompono…”. Appelli con la forza del presagio.