Sono anni che molti rappresentanti delle istituzioni molisane ripetono un consumato ritornello: le tante persone d’origine molisana sparse per l’Italia e per il mondo, perlomeno quelle che tendono a non nascondere le proprie origini, rappresenterebbero una grande opportunità per il Molise. E per dare forza al ragionamento, con fare roboante si sparano numeri tutti da verificare: centinaia di migliaia di oriundi molisani sarebbero disponibili a tornare nella terra d’origine per conoscere le proprie radici o per investire. L’avete mai visti? Lo si dice da anni, ma, di fatto, l’apporto offerto oggi dall’emigrazione all’economia regionale è davvero irrisorio: i dati attestano che i rientri nei paesi d’origine sono sempre più ridotti (o ormai assenti), specie dall’estero (ma anche dall’Italia) e l’apporto all’economia locale in termini di ristrutturazione di appartamenti, rimesse o acquisti di beni è sempre più flebile. Il classico “zio d’America” appartiene ad un passato che sfocia ormai nella leggenda.
L’unico concreto beneficio offerto dal “pianeta emigrazione” è stato quello di permettere di organizzare, per anni, “trasferte istituzionali all’estero” (pagate dalle tasse dei cittadini) – dal Brasile al Canada – giustificate dall’improvvisa “ipersensibilità” per il tema delle radici da parte di amministratori regionali.
La realtà migratoria è oggi ben diversa rispetto a retoriche e nostalgie imperanti: l’emigrazione italiana all’estero è ormai suddivisa in due grandi componenti, molto differenti tra loro.
Da una parte c’è, appunto, la vecchia emigrazione, quella che in Molise non passa mai di moda, specie per organizzare mostre e cerimonie. Infatti ha un peso quasi esclusivamente culturale, perché fatta di persone di terza o quarta generazione, che a malapena conservano un cognome e qualche ricordo indiretto. In termini di rimesse economiche, ad esempio, è oggi praticamente inconsistente questo “Molise altrove”: appartiene decisamente al passato quel quasi miliardo di dollari all’anno che giungeva dagli italiani all’estero verso la fine degli anni Sessanta all’intero Paese. Anche in termini di turismo e di rientri, nonostante qualcuno esalti questo aspetto, i numeri smentiscono qualsiasi lettura ottimistica: i flussi turistici molisani, i più bassi dell’intera Europa, lo dimostrano. Se si vuole individuare un ruolo storico interessante va riconosciuto quello di aver orientato le nostre esportazioni – soprattutto alimentari – verso quei Paesi con la più forte presenza di comunità italiane. Va tenuto in considerazione, però, che molti di quei Paesi sono oggi in crisi, vedi Venezuela, Argentina e Brasile. Eppure in Molise le attenzioni verso il “pianeta migratorio” sono rivolte quasi esclusivamente a questo bacino, spesso ormai anacronistico.
Ben diverso è l’altro pianeta, quello della “nuova emigrazione”, meno retorica e più cruda realtà. Si parla di ingenti flussi di “cervelli in fuga” di cui le istituzioni sono in gran parte colpevoli. Ecco perché di quest’altra faccia dell’emigrazione, quella di italiani (e molisani) a tutti gli effetti, non si parla spesso.
I dati sono emblematici: sono ben 816mila gli italiani che si sono trasferiti all’estero negli ultimi 10 anni. E quasi tre su quattro hanno un livello di istruzione medio-alto (dati Istat). Di questi, i molisani sono circa 30mila. Se consideriamo gli ultimi vent’anni, cioè dal 1999, il numero complessivo degli italiani arriva ad oltre un milione e 244mila persone, con i molisani a quota 40mila. Insomma, dal momento che i molisani ufficialmente residenti all’estero sono circa 85mila, più o meno la metà è di recente emigrazione. E la “nuova emigrazione”, quindi, ha analogo peso numerico di quella precedente, benché la prima sia composta soprattutto da giovani, mentre la seconda da persone ormai anziane, andate via dal Molise soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta oppure discendenti di quelle persone emigrate in un passato ormai lontano.
C’è un problema, però: i rappresentanti regionali che ciclicamente tirano fuori dichiarazioni sul “valore” dell’emigrazione sono spesso gli stessi che hanno causato – con le loro politiche scellerate – fughe di massa dei migliori “cervelli molisani”. Ormai è come se sparisse un paese medio molisano ogni anno.
In termini percentuali, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di “emigratorietà” in Molise è del 2,4 per mille, decisamente alto. La provincia di Isernia, con il 3,1 per mille, ha uno dei tassi di “emigratorietà” più elevati dell’intero Paese.
Tra le destinazioni, domina l’Europa, in particolare il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Svizzera e la Spagna (globalmente quasi il 60 per cento degli espatri). Tra i Paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada.
Il peso dei “cervelli in fuga” è enorme, specie se si considera un altro aspetto: uno degli ultimi rapporti Istat attesta che mentre il numero degli immigrati è in calo, quello degli italiani che si trasferiscono all’estero cresce sensibilmente. Nel 2018 le cancellazioni anagrafiche per l’estero sono state 157mila (più 1,2 per cento sul 2017), mentre le iscrizioni anagrafiche dall’estero sono state circa 332 mila, in calo rispetto all’anno precedente (meno 3,2 per cento). Tale doppia tendenza – aumento degli espatri e calo degli immigrati – dovrebbe essere confermata nel 2019.
Insomma, anziché continuare ad alimentare fiumi di retorica sui “molisani all’estero”, molti amministratori farebbero bene ad interessarsi concretamente a quei tanti giovani molisani costretti oggi ad ingrossare le fila dell’emigrazione perché il Molise non offre opportunità di lavoro e di vita.
Eppure la Regione Molise continua ad investire risorse per finanziare mostre o organismi di cui qualcuno ci dovrebbe rendicontare sull’attività degli ultimi anni. Ad esempio, il Consiglio dei molisani nel mondo, una consulta disciplinata dalla legge regionale, con ruoli prevalentemente consultivi, cosa ha fatto di concreto in questo decennio di esistenza? E davvero la sua struttura tiene conto dell’evoluzione del mondo migratorio con i nuovi “addii” al Molise oppure continua a privilegiare i protagonisti delle vecchie migrazioni nel Sud America? Forse non è un caso se alcuni nomi sono presenti da tanti anni. Non sarebbe più proficuo lavorare per mantenere rapporti con gli attuali giovani molisani scappati all’estero, i quali, però, spesso del Molise non vogliono più sentir parlare?